Si je ne mets pas mon doigt dans le signe des ongles et que je ne mets pas ma main dans son côté, Je ne pense pas

Homilétique des Pères de l'île de Patmos
Si je ne mets pas mon doigt dans le signe des ongles et que je ne mets pas ma main dans son côté, IO NON CREDO
L’Evangelista Giovanni è uno straordinario autore, ainsi qu'un vrai théologien. Déjà au Calvaire, il avait anticipé des thèmes d'une grande importance comme la royauté de Jésus, l'accomplissement de son heure, il raduno dei dispersi e perfino il dono dello Spirito. Realtà che per altri autori neotestamentari si realizzeranno più avanti o addirittura alla fine dei tempi.

Auteur
Moine ermite
.
Article au format PDF imprimable
.
In questa seconda Domenica di Pasqua la pagina evangelica corrisponde all’ultimo dei quattro quadri che compongono il capitolo 20 St John, con la sua finale (Gv 20,30-3) — il cap. 21 con una seconda finale verrà aggiunto in seguito — e sono così individuati: Maria Maddalena va al sepolcro; quindi anche Pietro e un altro discepolo corrono alla tomba; Maria di Magdala incontra il Signore mentre crede sia il giardiniere; enfin, l’ultimo quadro, che vede protagonisti i discepoli e Tommaso.

Saint-Thomas, opera di Caravaggio
Siamo sempre nello stesso giorno di Pasqua, quello delle apparizioni del Risorto e l’evangelista ha appena terminato di raccontare l’incontro di Gesù con la Maddalena. Ecco che il Risorto appare per la prima volta ai suoi discepoli chiusi nel cenacolo.
«La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, Jésus est venu, stette in mezzo e disse loro: « Paix à vous!». A dit ceci, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: « Paix à vous! Comme le Père m'a envoyé, anche io mando voi». A dit ceci, il a soufflé et leur a dit: «Ricevete lo Spirito Santo. À ceux à qui tu pardonneras les péchés, sera pardonné; à ceux que tu ne pardonneras pas, non saranno perdonati». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: "Si je ne vois pas les marques d'ongles dans ses mains et que je ne mets pas mon doigt sur les ongles et que je ne mets pas ma main sur son côté, Je ne pense pas". Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, derrière des portes closes, stette in mezzo e disse: « Paix à vous!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mon Seigneur et mon Dieu!». Jésus lui a dit: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». Jésus, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, le Fils de Dieu, et pourquoi, croire, avoir la vie en son nom" (Gv 20,19-31).
Non avendo qui lo spazio necessario per affrontare i molti temi che il testo evangelico ci presenta, provo ad evidenziarne alcuni — qualcosa si è già accennato Domenica scorsa (QUI) — ponendoli sotto un unico denominatore che può aiutarci a capire il senso dello scritto, che definirei come un iniziare nuovamente a respirare. Stavolta non da soli, ma come comunità. Questo è molto importante soprattutto per noi che viviamo perennemente connessi, ma a scapito di una vera comunione, di un sincero e fidato incontro fra persone credenti. Per di più noi siamo abituati a pensare la risurrezione come evento escatologico, autopsie, più che esperienza da vivere qui e ora e a pensarla come evento individuale, personnel, non comunitario. Ma la fede nella resurrezione di Gesù domanda un inveramento nella comunità, oltre che chiedere di diventare esperienza qui ed ora, nell’oggi della nostra vita cristiana.
La pagina giovannea presenta la comunità dei discepoli la sera del giorno della Risurrezione. Lo stesso giorno in cui Maria di Magdala porta l’annuncio: «Ho visto il Signore»; riferendo poi ciò che le ha detto (Gv 20,18). Ma questo non basta a smuovere i discepoli, poiché la donna non viene creduta, come attestano con ancor più forza gli altri evangelisti. Il gruppo degli apostoli non solo è ferito dalla perdita del Signore, ma è bloccato altresì da emozioni come la paura e la sfiducia. Le porte di casa sono serrate per timore di rappresaglie provenienti dall’esterno, da quei giudei che avevano cospirato per la morte del Signore. Ma anche all’interno del luogo ove sono radunati la sfiducia è palpabile, nei riguardi della testimonianza di Maria come già detto, ed anche per il trauma sempre vivo del tradimento di Giuda e del rinnegamento di Pietro che sicuramente stanno alimentando un clima di sospetto, tant’è che qualcuno, Didimo, preferisce non rimanere col gruppo. La situazione è questa, interiore ed esteriore, e chi può accendere in tale circostanza di scoramento generale la fede nel Risorto?
L’evangelista Giovanni è uno straordinario autore, ainsi qu'un vrai théologien. Déjà au Calvaire, il avait anticipé des thèmes d'une grande importance comme la royauté de Jésus, l'accomplissement de son heure, il raduno dei dispersi e perfino il dono dello Spirito (Gv 19, 30). Realtà che per altri autori neotestamentari si realizzeranno più avanti o addirittura alla fine dei tempi. Ma ecco che Gesù, scrive Giovanni, venne in quel luogo serrato alle intrusioni esterne dai discepoli e «stette ritto in mezzo a loro», che è uno dei modi molto suggestivi, utilizzati nel Nuovo Testamento, per esprimere la presenza viva del Risorto. Il verbo greco Istemi — stare ritto in piedi — verrà usato per descrivere Gesù che si ferma e «sta» con i discepoli di Emmaus (Lc 24,36), è quello per cui Stefano dice di vedere Gesù che «stava alla destra di Dio» (À 7,55), ma soprattutto è il verbo che nell’Apocalisse indica lo «stare ritto» dell’Agnello, «come immolato», ma vivente (App 5,6). Gesù sta ritto in piedi alla porta e bussa, écrit, encore, l'Apocalypse (3,20), così come ora, dopo i giorni della passione e della sofferenza, torna dai suoi, entra nel cenacolo e stando ritto in mezzo ai discepoli intimoriti si rivolge a loro.
Le prime parole del Risorto alla Chiesa sono sulla pace. Scriveva Raymond Brown nel suo commento al Quarto vangelo che il saluto di Gesù, «pace a voi» (qui, dans Gv 20,19, e poi ripetuto altre due volte, dans 20,21.26) non è un semplice augurio: è un dono. Il Risorto porta la pace, ce, scriverà Paolo, che il Messia ha stabilito tra il cielo e gli uomini (cf.. Col 1,20) e chi ancora oggi incontra il Signore nella Chiesa è sicuro di poterla ricevere. La seconda parola del Risorto a questa comunità di discepoli riguarda la missione, poiché Gesù è il primo apostolo du père. San Giovanni adopera qui il verbo greco apostello che traduciamo con mandare, da cui apostolo, ovvero «quello mandato» (cf.. aussi Gv 3,17: "Ça a donné [...] ha mandato il suo figlio nel mondo»). Dopo la Risurrezione i discepoli sono inviati da Gesù per una missione che viene dall’alto, non è iniziativa umana, ma prende l’avvio da Dio stesso e si configura come continuazione della missione del Figlio.
Di seguito Gesù Risorto respira e dona lo Spirito. Il modo in cui il Quarto vangelo descrive il dono dello Spirito è unico in tutto il Nuovo Testamento. Solo Giovanni, en fait, e solo qui, nel versetto 20,22, dice che Gesù «alitò» sui discepoli. Viene usato il verbo emphysao, «insufflare, alitare», che la Bibbia utilizza per la prima volta nel libro della Genesi, durante il racconto della creazione dell’uomo (Gén 2,7). Tutta la realtà creata — si legge lì — è generata dalla parola di Dio, ma per fare l’uomo questo non basta: Dio deve alitare dentro le sue narici. Il faut, c'est-à-dire, che si chini su di lui e approssimandosi all’uomo gli dia vita attraverso il suo soffio.
Nella Bibbia troviamo altre occorrenze di questo verbo, sempre legate al tema del ridare vita, far rinascere, permettere di respirare nuovamente. È il caso di Elia che compie il miracolo della risurrezione del figlio della vedova di Zarepta: «Elia si distese (traduce la CEI, ma abbiamo lo stesso verbo emphysao all’aoristo: enephusen, ἐνεφύσησεν) tre volte sul bambino e invocò il Signore: Signore Dio mio, l’anima del fanciullo torni nel suo corpo». Nel libro di Ezechiele il verbo viene adoperato nella grande scena delle ossa inaridite, simbolo del popolo dell’alleanza oramai allo stremo. Questo popolo può risorgere solo se viene lo Spirito dai quattro venti a «soffiare» la vita su quei morti (cf.. Ce 37,9). plus tard, nella letteratura sapienziale, si userà ancora una volta il verbo «alitare, insufflare», per descrivere di nuovo la creazione dell’uomo: «Et qui insufflavit ei spiritum vitalem» (Sève 15,11).
Lo Spirito di Dio è vita per l’uomo, ma nella circostanza del cenacolo diventa anche uno dei segni visibili che Gesù è vivo. Appena dopo aver mostrato le mani ed il costato trafitti Egli può alitare sui discepoli perché respira. È un’ulteriore prova a dimostrazione che Egli non è un fantasma, ma un vivente: è tornato a respirare dopo che aveva «emesso lo spirito», come abbiamo sentito nelle letture della Settimana Santa.
Dalle occorrenze veterotestamentarie prima ricordate emergono alcune risultanze che possiamo applicare al racconto evangelico. San Giovanni lascia intravedere che come nella prima creazione Dio alitò nell’uomo uno spirito vitale, cosi adesso, nella nuova creazione che la Risurrezione inaugura, Gesù alita lo Spirito Santo promesso, donando ai discepoli una vita eterna che non inizia necessariamente dopo la morte, ma è già presente, a motivo di questo dono e per la fede nella Risurrezione del Signore: «Questa è la via eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, et que vous avez envoyé, Jésus-Christ " (Gv 17,3). E come nel simbolismo battesimale di Gv 3,5, dove viene detto che gli uomini rinascono come figli di Dio da acqua e Spirito; allo stesso modo la presente scena serve da battesimo per gli immediati discepoli di Gesù e da pegno di rinascita divina per tutti i credenti del futuro. Non ci si meraviglia se in seguito l’usanza di alitare sopra coloro che riceveranno il Battesimo entrerà nel Rito dell’iniziazione cristiana. Ora essi sono veramente fratelli di Gesù e possono chiamare Dio col nome di Padre (Gv 20,17). In questo modo il dono dello Spirito diviene così l’acme finale delle relazioni personali fra Gesù e i suoi discepoli.
Ho iniziato col dire che grazie alla presenza del Risorto e per mezzo del dono dello Spirito anche i discepoli tornano a respirare. Ma questo non corrisponde ad un tirare un sospiro di sollievo, come dopo un grosso spavento, vi è qui un profondo significato teologico ed ecclesiale. Gesù Risorto non tiene per sé la vita che ha sconfitto la morte, ma la comunica anche ai discepoli riuniti insieme comunitariamente, en tant qu'Église. Questa vita è la sua e l’ha ricevuta dal Padre, Egli lo aveva già annunciato nella sua esistenza terrena: «Io sono la via della verità e della vita». Ora essa discende sulla Chiesa pasquale grazie al dono dello Spirito ed è vita eterna che già inizia nel momento del battesimo e si dipana nelle mille forme dell’esistenza cristiana. Per questo i discepoli gioiscono nel vedere il Signore e di lì a poco anche Tommaso entrerà nella circolarità vitale di questa fede nonostante la iniziale mancanza di fiducia nella testimonianza della titubante chiesa pasquale. ce témoignage, compresa quella di Tommaso — «Mio Signore e mio Dio» — termina San Giovanni, è ormai consegnata nel Vangelo. Esso è il segno che rimane e che ci permette di partecipare alla vita dei risorti, ma ciò è possibile se lo apriamo con fede e in comunione ed obbedienza con tutta la Chiesa e la sua tradizione che dal giorno di Pasqua non cessa di annunciare: «Il Signore è veramente risorto!».
De l'Ermitage, 27 avril 2025
.
.
.

Grotte Saint-Ange à Ripe (Civitella del Tronto)
.
Visitez les pages de notre boutique de livres QUI et soutenez nos éditions en achetant et en distribuant nos livres.
.
______________________
Chers lecteurs,
ce magazine nécessite des frais de gestion auxquels nous avons toujours été confrontés uniquement avec vos offres gratuites. Ceux qui souhaitent soutenir notre travail apostolique peuvent nous envoyer leur contribution par le moyen pratique et sûr Pay Pal en cliquant ci-dessous:
Ou si vous préférez, vous pouvez utiliser notre
compte bancaire au nom de:
Éditions L'île de Patmos
n Agence. 59 De Rome – Vatican
IBAN:
IT74R0503403259000000301118
Pour les virements bancaires internationaux:
Code SWIFT:
BAPPIT21D21
Si vous effectuez un virement bancaire, envoyez un mail à la rédaction, la banque ne fournit pas votre e-mail et nous ne pourrons pas vous envoyer de message de remerciement:
isoladipatmos@gmail.com
Nous vous remercions du soutien que vous souhaitez offrir à notre service apostolique.
Les Pères Patmos Island
.
.
.
.
.