«Come behind me, I will make you fishers of men ". And immediately they left their nets and followed him
«COME BEHIND ME, I WILL MAKE YOU BECOME FISHERS OF MEN". E SUBITO LASCIARONO LE RETI E LO SEGUIRONO
Come potremmo descrivere il regno di Dio proclamato da Gesù? The main difficulty is that Jesus never used any definition to talk about it. Rather, he used parables and images, paragonandolo, per rimanere sempre al Vangelo di Marco che leggeremo quest’anno, a un seminatore che getta del seme in terra o a un granello di senapa e così via.
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Lasciato alle spalle il passaggio nel Vangelo secondo Giovanni di domenica scorsa, il lezionario ci riporta a Marco, who, terminata l’esposizione della trilogia comune ai sinottici (John the Baptist, Battesimo di Gesù e la prova nel deserto), riprende la narrazione dandoci un’indicazione temporale importante che apprendiamo dall’attacco del Vangelo di oggi.
«Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «The time is fulfilled and the kingdom of God is near; convert and believe in the Gospel". Passando lungo il mare di Galilea, he saw Simone and Andrea, brother of Simone, as they cast their nets into the sea; they were in fact fishermen. Jesus said to them,: «Venite dietro a me, I will make you fishers of men ". And immediately they left their nets and followed him. Going a little further, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui. (MC 1,14-20).
Scrive Marco che Gesù inizia a proclamare il regno di Dio «dopo che Giovanni fu arrestato» (MC 1,14 cf.. also Mt 4,12). Molti immaginano che la cronologia dell’inizio del ministero pubblico di Gesù si sia svolta così: from Galilee, regione da cui viene, Gesù scende al Giordano per essere battezzato. Subito dopo, attempted, rimane quaranta giorni nel deserto per poi ritornare in Galilea. Ma deve invece essere passato più tempo e il punto di svolta, ciò che fa tornare Gesù in Galilea è rappresentato dall’arresto del Battista. Forse è in quel preciso momento che per Gesù giunge la consapevolezza che è ora di assumersi le sue responsabilità.
La voce che gridava nel deserto, poiché è stata messa a tacere, passa ora alla Parola che annuncia il regno. Questa interpretazione aiuta noi credenti nei momenti di difficoltà e sofferenza, come deve essere stato per Gesù l’arresto di Giovanni e ci fa proferire: bisogna fare qualcosa. È in tali situazioni che, se non vai tu, nessuno può andare al posto tuo. La chiamata che ora Gesù farà dei discepoli, l’ha vissuta in prima persona lui; il regno che annuncia l’ha visto arrivare per primo lui, anche nella dolorosa notizia che Giovanni non può più parlare.
Ma eccoci a una questione teologica importante. Come potremmo descrivere il regno di Dio proclamato da Gesù? The main difficulty is that Jesus never used any definition to talk about it. Rather, he used parables and images, paragonandolo, per rimanere sempre al Vangelo di Marco che leggeremo quest’anno, a un seminatore che getta del seme in terra (MC 4,26) o a un granello di senapa (MC 4,31) and so on. Il regno, says Jesus, non solo è vicino, ma bisogna accoglierlo come fanno i bambini (MC 10,15) ed entrarci dentro, anche se non è così facile, soprattutto se si hanno molte ricchezze (MC 10,23). È presente, cioè qui o vicino, ma è anche futuro, come quello in cui Gesù berrà, together with us, il vino nuovo, altro vino rispetto a quello dell’ultima sua cena (MC 14,25). La teologia cristiana ha elaborato a proposito una formula, quella del «già» ma «non ancora», quasi un ossimoro che dice però come il regno possiamo già ereditarlo e viverci, anche se non è ancora compiuto. Non è ancora esteso a tutti gli uomini, ma, come insegna il documento del Concilio Vaticano II The light «è già presente in mistero» con la Chiesa (cf.. n. 5).
In this sense Gesù si distingue dalle due principali concezioni sul regno che circolavano nel giudaismo del suo tempo. Egli infatti non ha inventato questa idea, già nota all’Antico Testamento (cf. 1Cr 28,5) e non l’ha applicata né a quel modo di pensare che vedeva il regno come una realtà «nazionalistica», tutta presente, da attuare magari ad ogni costo, né tanto meno alla concezione opposta, di tipo apocalittico, che vedeva il regno possibile solo come una realizzazione futura che negava il presente. Se vogliamo rintracciare questi due estremi nella storia dell’umanità, potremmo dire che il materialismo si è spesso fondato sull’illusione che tutto potesse risolversi qui, now; ma dall’altra parte è facile riconoscere in certi movimenti spiritualistici la svalutano del presente, considerato in modo negativo.
Gesù ha invece usato l’idea di regno per dire anzitutto che è arrivato e quindi ci si può entrare. Ma per farlo bisogna cambiare mentalità, modo di ragionare e pensare; per dirlo con le parole di Gesù: «convertirsi» (MC 1,15). "Come your kingdom!», prega ancora la Chiesa, today, after two thousand years. Il regno c’è già, ma deve ancora essere accolto come un dono e trovato lì anche dove si fatica a vederlo.
In conformità dunque con l’attesa escatologica giudaica, ma con la differenza decisiva però che non più di attesa si tratta, il Regno di Dio è l’effetto dell’evento messianico annunciato da Gesù e in lui presente. Il pieno dispiegamento della sua sovranità redentrice non si è ancora realizzato, ma il tempo della fine è giunto e dunque per parlare in modo appropriato non c’è più sviluppo storico, but rather a recapitulation of the whole story called to trial.
«È questo il contenuto dell’«evangelo di Dio» quale ci è sinteticamente riferito dalla tradizione più antica raccolta da Marco: «Il tempo è compiuto ed è vicino il Regno di Dio: convert, e credete nell’evangelo» (1,14-15). What is announced here is the time (the kairos) of definitive fulfillment, the promised coming of the Kingdom, the great turning point of the world inaugurated by Jesus whose final act is about to take place with his parousia. Evidentemente qui non può essere il Gesù storico a parlare, bensì il Risorto predicato dall’evangelista, che segna con precisione il tempo della fine tra resurrezione e parusia, come un evento unico in cui tutto il tempo, tutta la storia si condensa, ivi compresa la vita stessa di Gesù. For this now, unlike Jewish eschatology, occorre «fede nell’evangelo», that is, in Jesus Christ, in the Messiah, who is present as the one who came and who is coming. Tutto dunque in forza di questa fede precipita e si concentra nel presente, non vi è più oscillazione tra passato e futuro, tradizione e attesa; ma solo l’ora attuale in cui il passato è redento e il futuro è solo desiderio del compimento: «Come Lord Jesus» (AP 22, 20).[1]
Il Vangelo prosegue descrivendo la fretta di Gesù di portare ad attuazione la sua parola sul regno, perché “il tempo è compiuto”. Il concetto emerge molto chiaramente nel Vangelo di Marco, dove abbonda l’avverbio euthus (εὐθὺς), «subito», ripetuto decine di volte. Tale sollecitudine trova una prima applicazione nella chiamata dei quattro discepoli (vv. 16-20) e nell’episodio dell’insegnamento nella sinagoga di Cafarnao, accompagnato dalla liberazione di un indemoniato (next Sunday). Jesus, con gesti e con parole, mostra davvero come il regno è arrivato, e lo dice: to the disciples (appena chiamati a sé) e alla sua gente (nella sinagoga). Ecco che allora il regno può essere solo uno spazio in cui Dio è presente, where is that, precisely, solo lui regna. Le altre potenze non possono fare altro che riconoscerne l’autorità («Io so chi tu sei: il santo di Dio» di MC 1,24) e sottomettersi.
I padri della Chiesa erano colpiti dal modo in cui Gesù chiamò i primi a seguirlo: rilevano che erano persone semplici e illetterate (Origene), che probabilmente avranno obiettato con la loro inadeguatezza (Eusebio); noi ci stupiamo anche del fatto che questi «subito» lascino le reti lo seguano (cf.. MC 1,18), ma soprattutto per il fatto che ancora oggi, after many years, Gesù ancora «passi accanto» (MC 1,16) alle nostre situazioni, al nostro quotidiano, alle nostre reti, e ci inviti a seguirlo per stare con lui.
Ciascuno di noi viene chiamato lì dove si trova e ogni inizio ha sempre un prima che lo ha preparato su cui poi si innesta una novità, un cambiamento: come il seme che è stato seminato ha una forma diversa dalla pianta che poi germoglierà, così anche noi siamo presi dal Signore a partire dalle nostre storie e dal nostro oggi per far sviluppare quelle potenzialità di bene e di vita che sono racchiuse nel «piccolo seme» della nostra vita e che solo il Signore può dischiudere e trasformare con la forza e la fantasia del suo Spirito. A noi è chiesta l’attenzione alla sua voce che chiama, l’abbandono filiale e fiducioso alle sue parole, e la prontezza nel rispondere senza dilazioni nel tempo o attaccamenti al «già», a quel noto e conosciuto che ci rassicura ma anche rischia di bloccarci: «E subito lasciarono le reti e lo seguirono».
From the Hermitage, 21 January 2024
NOTE
[1] Gaeta G., The time of the end, Any, 2020
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