« Also hab keine Angst: du bist viel mehr wert als die Spatzen“

Homiletik der Väter der Insel Patmos

„HABT KEINE ANGST: DU BIST MEHR WERT ALS VIELE SPATZEN»

 

… Es gibt Angst, die blockiert, Dadurch verliert man den Mut, etwas zu verkünden und Zeugnis abzulegen, die Angst, Ihr Gesicht zu verlieren, un privilegio o di non essere Auf Seite. E si diventa pigri e man mano si perde forza e si arriva a non riconoscere più Gesù, der Lehrer.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Ogni mattina, appena sveglio, provvedo a versare un bicchiere generoso di chicchi di riso soffiato in un contenitore poggiato su un albero del giardino. Appena rientrato in casa mi godo lo spettacolo. Decine e decine di passeri prima svolazzanti intorno, sugli alberi o nelle siepi, cominciano a planare, azzuffandosi o rincorrendosi, sulla ciotola di riso e un po’ lo mangiano, altro ne gettano intorno, oppure se lo portano via, probabilmente per sfamare i nuovi nati che in questo periodo dell’anno escono dalle uova.

Nel Vangelo di questa XII domenica del tempo ordinario, proprio al centro del breve discorso di Gesù si parla dei passeri. Egli rassicura i discepoli: “Voi valete più di molti passeri”. Ecco il brano del Vangelo:

„Zu dieser Zeit, Gesù disse ai suoi apostoli: “Non abbiate paura degli uomini, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze. E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, aber sie haben keine Macht, die Seele zu töten; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo. Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri! Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, Ich werde vor meinem Vater anerkennen, der im Himmel ist; Wer mich aber vor den Menschen verleugnen, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli”» [MT 10, 26-33].

Siamo all’interno del decimo capitolo del Vangelo di Matteo, dove si racconta dell’invio in missione dei dodici apostoli. Ma è anche un discorso che è rivolto ai discepoli di ogni tempo e luogo, quindi anche a noi che sentiamo proclamare oggi una pagina che ci giunge da lontano e che probabilmente già risentiva di quelle difficoltà che non solo incontrarono i primissimi discepoli del Signore inviati ai territori di Israele e solo a quelli, ma anche le asperità del cammino che trovarono le successive generazioni di discepoli che si ispirarono alla tradizione dello scritto matteano.

Jesus, proprio nel Vangelo di domenica scorsa, aveva avvisato i discepoli che sarebbe toccata loro la stessa sorte del maestro:

«Un discepolo non è più grande del maestro, né un servo è più grande del suo signore; è sufficiente per il discepolo diventare come il suo maestro e per il servo come il suo signore. Se hanno chiamato Beelzebul il padrone di casa, quanto più quelli della sua famiglia!» (MT 10,24-25).

Das heißt, ciò che Gesù ha vissuto, sarà vissuto anche dai suoi inviati, che verranno chiamati diavoli, al servizio del capo dei demoni, Beelzebul, e verranno perseguitati fino a essere uccisi da chi crede di dare in questo modo gloria a Dio (GV 16,2). Per questo motivo nel Vangelo odierno Gesù sente il bisogno, non di indorare la pillola, ma di rincuorare i discepoli e per tre volte (vv. 26. 28.31) li invita a non temere: «Non abbiate paura!».

Vorrei dire la stessa cosa ai miei passeri das, se faccio un movimento brusco o involontario, fuggono via spaventati. La paura è un precoce istinto che l’imprinting ha fissato nelle diverse specie, anche nella nostra. C’è una paura buona che ci consente di non cadere nei pericoli e di essere prudenti. Nello stesso discorso Gesù aveva infatti detto:

"Hier: io vi mando come pecore in mezzo a lupi; sein so klug wie die Schlangen und ohne Falsch wie die Tauben ". (10, 16).

E poi c’è la paura che blocca, Dadurch verliert man den Mut, etwas zu verkünden und Zeugnis abzulegen, die Angst, Ihr Gesicht zu verlieren, un privilegio o di non essere Auf Seite. E si diventa pigri e man mano si perde forza e si arriva a non riconoscere più Gesù, der Lehrer.

Come Pietro nella notte della passione: «Chi mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli» (v. 33). Ma «Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il Padre vostro»¹.

Mi dispiace per i traduttori della Conferenza Episcopale Italiana, ma «volere» non c’è in greco. E invece occorre rendere, Verbatim: «… senza il Padre vostro». Das heißt, neppure un passero, cadendo a terra, è abbandonato dal Padre! A maggior ragione i discepoli e pure Pietro che ne è a capo. gleichfalls, anche i capelli della nostra testa (v. 30), che perdiamo ogni giorno senza accorgercene: sono tutti contati, tutti sotto lo sguardo del Padre. Da una tale contemplazione nasce la fiducia che scaccia il timore: Dio vede come ci vede un padre, che ci guarda sempre con amore e non ci abbandona mai, neanche quando cadiamo.

Quando pensiamo di essere soli come discepoli, lasciati in balìa delle prove che la vita ci presenta o degli avversari che non danno tregua, ripensiamo al profeta Geremia della prima lettura di questa domenica: «Sentivo la calunnia di molti. Terrore all’intorno… Ci prenderemo la nostra vendetta» (Bietet 20,10). Geremia si lascia andare a un momento di rabbia per la situazione che si è creata: «possa io vedere la tua vendetta su di loro» (v. 12). Chi non lo capirebbe? Ma poi prevale l’uomo di fede chiamato dal seno della madre: „Singet dem Herrn, lodate il Signore, perché ha liberato la vita del povero» (v. 13). Gli fa eco il salmista del responsorio odierno:

«Vedano i poveri e si rallegrino; voi che cercate Dio, fatevi coraggio, perché il Signore ascolta i miseri non disprezza i suoi che sono prigionieri. A lui cantino lode i cieli e la terra, i mari e quanto brùlica in essi» (Soll 68).

Ora ditemi se c’è un protagonista della Scrittura al quale il Signore Dio non abbia rivolto l’incoraggiamento che Gesù dice in forma triplice ai discepoli: non aver paura e non temere. Neanche uno, da Abramo a Giuseppe di Nazareth. Pensate che la Vergine Maria non se lo sia sentito dire? Anche lei: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio» (LC 1,30). Poi possiamo discutere fino a domattina sulla differenza fra il temere di Maria e quello del parente Zaccaria, fra quello di Geremia o di San Pietro mentre Gesù veniva interrogato nel Sinedrio. La cosa importante che il Vangelo di oggi ci rivela è questo invito a lasciar cadere la paura, a non permettere che questa emozione primaria prenda il sopravvento, a motivo della speciale protezione di Dio, il Padre che Gesù ci rivela, il quale non ci abbandona come spazzatura², la qual cosa fa invece l’avversario per eccellenza.

Perché Gesù dopo aver inviato i suoi, compresi noi oggi, invita a non aver paura davanti a niente e nessuno? Perché questo è il tempo della rivelazione (v. 26) o come qualcuno ha detto «il tempo della fine»³ inaugurato da Gesù. Il tempo della missione è un tempo di apocalisse, non nel senso catastrofico solitamente attribuito a questo termine, ma nel senso etimologico di ri-velazione, di alzata del velo. L’annuncio del Vangelo, in der Tat, richiede che ciò che Gesù ha detto nell’intimità sia proclamato in pieno giorno, ciò che è stato detto nell’orecchio sia gridato sui tetti.

«Nulla vi è di nascosto (verb Startseite, kalýpto) che non sarà ri-velato (verb αποκαλύπτω, apokalýpto) né di segreto (κρυπτός, kryptós) che non sarà conosciuto (verb γιγνώσκω, ghinósko)» (v. 26).

Le cose nascoste fin dalla fondazione del mondo (MT 13,35; Soll 78,2) sono rivelate da Gesù e poi dai discepoli nella storia. E, nascosto nel cuore di questo messaggio inesauribile, sta l’annuncio di Dio come Padre, che è quel «molto di più» come lo chiama l’Apostolo Paolo nella seconda lettura di questa domenica (RM 5, 12), ovvero l’abbondanza della sua grazia che salva, redime e ama.

Fröhlichen Sonntag euch allen!

aus der Eremitage, 25 Juni 2023

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HINWEIS

1 MT 10, 29b “καὶ ἓν ἐξ αὐτῶν οὐ πεσεῖται ἐπὶ τὴν γῆν ἄνευ τοῦ πατρὸς ὑμῶν”. Traduzione CEI: «Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro».

2 La Gehenna (MT 10,28) era la valle che raccoglieva la spazzatura di Gerusalemme

3 g. Gaeta, Die Zeit des Endes, prossimità e distanza della figura di Gesù, Beliebig 2020

San Giovanni all'Orfento. Abruzzen, Maiella-Berg, Es war eine Einsiedelei, die von Pietro da Morrone bewohnt wurde, hereingerufen 1294 auf den Stuhl Petri, den er unter dem Namen Celestine V. bestieg (29 August – 13 Dezember 1294)

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