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Il sito di questa Rivista e le Edizioni prendono nome dall’isola dell’Egeo nella quale il Beato Apostolo Giovanni scrisse il Libro dell’Apocalisse, isola anche nota come «il luogo dell’ultima rivelazione»
«ALTIUS CÆTERIS DEI PATEFECIT ARCANA»
(in modo più alto degli altri, Giovanni ha trasmesso alla Chiesa, gli arcani misteri di Dio)
La lunetta usata come copertina della nostra home-page è un affresco del Correggio del XVI sec. conservato nella Chiesa di San Giovanni Evangelista a Parma
Creatrice e curatrice del sito di questa rivista:
MANUELA LUZZARDI
Reverendo p. Levi Di Gualdo,
leggo ora il Suo interessante articolo. Mi rincresce ma non ho capito bene la Sua argomentazione. Ci dice che “indurre” è la traduzione corretta perché riflette il latino “inducere” che a sua volta traduce il greco “eisferein”. Poi allude all’aramaico ma di fatto non ne parla.
In ogni caso, il testo aramaico dice ולא תעלן che Lei sa benissimo che corrisponde al siriaco ܘܠܐ ܬܥܠܢ. In entrambi i casi il verbo appare in forma causativa attiva aphel e va correttamente tradotto come “far finire in una situazione in cui…” ovvero “non farci finire in una situazione in cui siamo preda della tentazione” il che, Ella ne converrà, è differente da “indurre.” Che ne pensa?
Mi permetto anche di farle notare che la foto della fonte aramaica che Lei riporta, se ne sarà forse accorto, ha un errore di battitura mentre alla fine del Suo articolo per errore Ella non riporta il testo aramaico bensì quello ebraico moderno.
Con i migliori saluti,
Paolo Di Burgo
La ringrazio molto per questo articolo, Padre! Il cambiamento del Padre Nostro è qualcosa che mi fa problema e non riesco proprio a seguire la versione della CEI, preferisco mantenere il Latino o il testo originale.
Alcune considerazioni, spero non impertinenti.
1) Negli ultimi anni c’è stata una foga nel cambiare i Testi. Così, si assiste a nuove traduzioni del Vangelo e della Bibbia in generale brutte e qualche volta addirittura meno comprensibili delle precedenti. Mi ha colpito la traduzione di Χαιρε con rallegrati nel brano dell’Annunciazione con rallegrati (la mia prof del ginnasio sarebbe inorridita) e peggio ancora l’uso del verbo coprire (sono nipote di un veterinario). Possibile che chi è venuto prima di noi non abbia capito proprio niente? 2) Sono anche io convinto che, trattandosi di Parola di Gesù, ci sarebbe voluta molta più prudenza nel cambiare non la traduzione, ma il senso stesso della Preghiera, secondo quanto la sua analisi (che è quella che avevo fatto anche io prima di leggerla) ha brillantemente mostrato.
Intendiamoci, non tutti i cambi mi sono dispiaciuti, ma questo proprio mi pesa e non mi lascia sereno…
Una domanda: ma è vero che il testo greco del Gloria dice come la nuova versione?
Grazie ancora!
A parte le controversie di tipo esegetico, teologico o pastorale contrari alla nuova traduzione, la petizione “non abbandonarci alla tentazione” è almeno grammaticalmente corretta? Perchè se uso il verbo abbandonare nella forma riflessiva, deve seguire un complemento di termine ( io mi abbandono alla disperazione, lui si è abbandonato alla pazza gioia). Altrimenti segue il complemento di luogo (Io non ti abbandono nelle difficoltà, non abbandonarmi nel bosco). Se proprio non si ha meglio da fare che correggere Nostro Signore Gesù Cristo (che ci ha insegnato il Padre Nostro) e lo Spirito Santo ( che ha ispirato gli evangelisti), non bisognerebbe dire “non abbandonarci nella tentazione”?
Molto opportuna la sua citazione delle parole di S. Paolo. Ce ne sono anche altre.
Ho invece due obiezioni alla sua domanda:
1. coloro che ora pregano … hanno fede nelle Scritture? – Più che ai fedeli la domanda andrebbe rivolta a chi ha deciso la nuova formulazione.
2. la modifica apportata alla preghiera non è “non abbandonarci nella tentazione” ma “non abbandonarci alla tentazione” che suona ancora peggio, più estensivo.
Ecco uno stralcio di ciò che scrive Aldo Maria Valli al riguardo:
“Se invece dico “non abbandonarmi alla tentazione” affermo due cose. Primo, che la tentazione, la prova, non ha alcun valore educativo ma è solo una cattiveria. Secondo, che il Padre può in effetti abbandonarmi, cioè togliersi di mezzo, sparire, lasciarmi solo di fronte al peccato. E, in questo modo, dico una cosa terribile, perché implicitamente accuso il Padre di potersi disinteressare di me.”
https://www.aldomariavalli.it/2020/11/23/padre-nostro-ecco-perche-continuero-a-pregare-dicendo-e-non-ci-indurre-in-tentazione/
“Nessuna tentazione vi ha còlti, che non sia stata umana; però Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze; ma con la tentazione vi darà anche la via d’uscirne, affinché la possiate sopportare.” (1Cor 10.13): ma coloro che ora pregano dicendo “non abbandonarci nella tentazione” hanno fede nelle Scritture?
Due sole cosette:
– si sarebbe potuto, se proprio si voleva essere più aderenti all’originale, sostituire il temine tentazione con prova;
– la votazione dei vescovi è finita in parità ed è stata perciò adottata la modifica secondo la volontà di papa Francesco.
La ringrazio per l’articolo. È stato decisamente chiarificante ed illuminante come sempre.
Sia lodato Gesù Cristo
A questo punto, S. Messa attuale o tridentina che sia, meglio recitare le preghiere in latino e leggere le letture in latino.
Ma Origene, citato nell’articolo, non è stato considerato un eretico?
Caro Domenico,
La storia di certi grandi dottori della prima epoca cristiana è molto complessa.
Erano epoche nelle quali, alcune verità fondamentali della fede, non erano state ancora definite.
Nell’antichità come nella modernità, anche diversi santi, sono caduti involontariamente in pensieri eretici, dai quali poi si sono corretti ed emendati.
Si pensi solo a quanto tempo impiegò il futuro Sant’Agostino per liberarsi dal manicheismo.
Gesù sta tornando, ė chiarissimo. Non praevalebunt
Ci si potrebbe organizzare per recitare il padre nostro in latino oppure sarebbe un problema?
Caro Padre,
ne vedremo di cambiamenti ancora…… Comprendo la rabbia, la delusione di chi afferma che ormai la Chiesa è in mano a massoni, ad ateisti o come li si voglia chiamare e che questa non è più chiesa, ma una sua parodia e capisco chi si allontana e passa semmai alle chiese ortodosse o peggio diventa ateo. Padre Ariel ma secondo lei questa è la crisi finale che si concluderà con il Giudizio Universale o la Chiesa ne uscirà più “forte “, più pura che mai.
“Non abbandonarci nella tentazione” sarebbe stato almeno più corretto e chiaro, anche se non avrebbe colto tutta la pregnanza del “non indurci”. Così è solo una manomissione ambigua, frutto dell’ideologia. Tanto più che quel “popolo” – che si adula – non ha mai avuto problemi col “non indurci”, intendendone istintivamente il significato anche quando poi non sarebbe stato in grado di elaborarlo intellettualmente e quindi di spiegarlo adeguatamente. Insomma, un problema inventato. Più sottilmente, si potrebbe dire che questo “non abbandonarci alla tentazione” toglie qualcosa alla maestà di Dio, perché “induce” a credere che se Dio, sì, può sottrarci alla tentazione, la tentazione stessa non sia poi governata dalla Provvidenza divina, che pure è estranea al male.
Non vorrei peccare ma lo dico sempre. Dico “maledetto libero arbitrio!” Io non vorrei avere il libero arbitrio vorrei fare solo del bene, stop. A me piacerebbe se Dio abolisse il libero arbitrio. Lo so che non si può ma so anche che togliendo il libero arbitrio questi sui finirebbero di stravolgere i testi in nome delle “False autentiche origini” interpretati dalla “Nuova Chiesa” e soprattutto accadrebbe che chi soffre a causa di altre persone che esercitano il loro libero arbitrio in modo negativo contro di loro non soffrirebbe più. Ottima disamina Padre Ariel ma articolo meno ironici degli altri suoi scritti. Scusi mi ero abituato. Laudetur Iesus Christus e Ave Maria a tutti.
Mi chiedo una cosa, che forse mi è sfuggita. Tale variazione del padrenostro, riguarda solo il messale italiano? Nella versione in altre lingue e nella versione latina del messale di Paolo VI è rimasto indurre?
Per quel che ne so, solo in Italiano. Ricordo che l’anno scorso ero in vacanza in Alto Adige e, durante una messa in Tedesco, il prete disse che gli Italiani avevano ovviato al problema sollevato dal Papa che Dio non può tentarci.
Lucidissimo p.Barzaghi: non indurci in tentazione vuol dire, in pratica, non mandarci un’altra croce, risparmiaci quest’ulteriore prova, rendici degni e giustificati con quelle che già abbiamo affrontato; che non succeda che dopo averne superate tante, cadiamo proprio in quest’ultima.
Pienamente azzeccato, poi, il concetto di preghiera, non per ottenere, ma come coscienza di ciò che Dio già fa come azione ordinaria preservandoci dal cadere durante la prova (“Egli non permetterà che il tuo piede vacilli”).
Il Padre Nostro è perciò la preghiera del giusto, recitandola Dio ci fa giusti e ci mantiene nella giustizia.
San Tommaso dice in sostanza la stessa cosa, ma con una lettura, per così dire, al negativo, cioè, non punirmi con le tentazioni che io stesso mi cerco (Dio infatti ci castiga con il male che noi stessi ci procuriamo). Una preghiera che, così intesa, è una specie di pentimento preventivo che ci evita (o ci protegge) dal cedere alla tentazione consumando il peccato e distruggendo così la Grazia in noi.
Però, anche prescindendo da queste ragionevolissime spiegazioni che i teologi del Papa non possono non conoscere e non giudicare coerenti con la fede, viene da chiedersi con quale impudenza e spirito temerario si sia deciso di cambiare le ipsissima verba in bocca a Gesù. Sembra si voglia a tutti i costi assecondare il livore ideogico dei nemici della fede, più che rinvigorire la fede stessa.
La tentazione di Pietro di saperne più del Maestro è dura a morire nonostante il “vade retro satana, tu mi sei di scandalo perché non pensi secondo Dio, ma secondo…
Gentile padre Ariel,
Secondo lei, sarà mai possibile che la chiesa venga fuori da tale decadenza? Chi le sta parlando conosce molto bene tutto ciò che le afferma poiché (senza entrare nello specifico) ho avuto modo di conoscere dall’interno la realtà di una abbastanza nota congregazione religiosa e di una diocesi.
La cosa che mi ha colpito, è la totale nonchalance, diciamo così, con cui ormai i sacerdoti agiscono. Come se ormai sanno che niente e nessuno potrà toccarli. Né i superiori (nel caso di religiosi) né tantomeno i vescovi. Macchinosi sistemi di coperture, di detto non detto, del “vabbè che ci vuoi fare, siamo tutti peccatori”. Questa frase viene utilizzata oggi negli ambienti ecclesiastici per coprire le peggio porcate (ribadisco, parlo perché ho avuto modo di conoscere dall’interno tali realtà). Ormai non si può più parlare di “casi isolati”. Sarò esagerato, ma si tratta di vere e proprie strutture di peccato. Diffuse e ramificate. Tipo la mafia. Che alla fine, talmente tanta è la diffusione, che non si riesce più a capire chi è coinvolto e chi no, chi sono i colpevoli e chi no. Si rimuovono i boss mafiosi, sì, ma il problema rimane. Sì è tolta la porpora a un vecchio cardinale. E quindi? Il problema ora è risolto? Non lo so. Senza essere catastrofisti, ma c’è veramente qualcosa di diabolico in tutto ciò. Io non so se nella storia della Chiesa si sia mai assistito a una decadenza simile. Forse l’epoca di Lutero o del Papato Borgia? Forse l’epoca in cui scrisse San Pier Damiani? Bo. È desolante tutto ciò.
Caro Andrea,
dico sul serio e non per scherzo: magari oggi avessimo un Alessandro VI, al secolo Rodrigo Borgia.
Alessandro VI, a parte la sua vita privata movimentata, per la gran parte precedente all’elezione al sacro soglio, come pontefice fu un difensore del deposito della fede e della Chiesa.
La sua bolla redatta per l’apertura dell’Anno Santo del 1500, Inter multiplices, è un capolavoro di dottrina e di spiritualità, che andrebbe letta in ginocchio con le lacrime agli occhi.
Davvero illuminante questo articolo. Le volevo fare una domanda: è vero che la riforma del messale romano è un processo che risale già a Sua Santità Benedetto XVI? Se è vero mi chiedo: in questa riforma era già anche contemplato il cambio del “Padre Nostro”? Oppure quest’ultimo è stato poi voluto e inserito nel quadro più ampio della riforma del messale da Papa Francesco. La ringrazio di cuore in anticipo. Sia lodato Gesù Cristo!
Caro Valentino,
il Sommo Pontefice Benedetto XVI permise, obtorto collo, solo la modifica nei lezionari, ma precisando e chiarendo che non doveva essere fatta alcuna variazione nelle testi liturgici della Santa Messa e nello specifico nella recita della preghiera del Padre Nostro.
Ciò che invece fece, fu la variazione della parola “per tutti” in “per molti” nella Preghiera Consacratoria del vino, posto che l’edizione tipica del Messale latino del Santo Pontefice Paolo VI dato dopo la riforma liturgica, recita “pro multis” (per molti) indebitamente tradotto nella edizione italiana del Messale in “per tutti”.
Questa variazione voluta da Benedetto XVI non risulta però nel Messale tradotto in lingua italiana, mentre è stata inserita in quelli in lingua inglese e spagnola.
La invito a leggere questa lettera di Benedetto XVI indirizzata all’episcopato tedesco:
http://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/letters/2012/documents/hf_ben-xvi_let_20120414_zollitsch.html
Non avere inserita questa correzione nella nuova edizione del Messale in lingua italiana è uno sgarbo vero e proprio a Benedetto XVI da parte del nostro episcopato e dei nostri vescovi, pronti però a strepitare come vergini vilipese se qualche prete e teologo li pone dinanzi alle loro incoerenze, posto che noi preti dobbiamo ubbidire ai vescovi che sono tenuti a ubbidire ed eseguire quanto disposto dal Successore del Beato Apostolo Pietro.
E i nostri vescovi, a Benedetto XVI, non hanno di fatto ubbidito, però, se qualcuno gli muove a tal proposito contestazioni, ti mettono subito dinanzi la loro indiscussa autorità.
«Così è (se vi pare)» scrisse Luigi Pirandello …
Il Gotteslob (Messalino) tedesco almeno per la zona Baviera / Austria riporta correttamente “Fuer viele” – e nel testo latino a fronte “pro multis” -.
Pero’ moltissimi sacerdoti continuano a consacrare dicendo “fuer alle”. Personalmente ho sentito solo un francescano a Villach consacrare con il testo “stampato”.
In tal contesto mi sovviene il fu mio carissimo prof di matematica e sacerdote che, per spiegarci il concetto relativo all’enunciazione corretta dei teoremi, usava dire “E’ come la formula del Battesimo: bisogna dire cosi’ e cosi’, altrimenti non e’ valido”.
Talvolta mi vien voglia di chiedere al celebrante perche’ non recita le parole stampate? poi rifletto su tutto il resto e mi dico “Tempo perso…” e lascio perdere.
Le chiedo un consiglio: faccio bene? O dovrei chiederne ragione, sapendo che nulla o poco cambiera’?
Lei è saggio quanto basta per avere capito che, purtroppo, «è tempo perso».
È sempre un piacere leggere di lei padre Ariel, ancora meglio sarebbe vederla dal vivo. Purtroppo il mio aupicio di vederla di nuovo a “Dritto e rovescio” su Rete 4 non ha avuto (per ora) esito, per questa nuova stagione l’ho vista solo una volta in studio e un’altra volta con un contributo video. In merito ai vostri libri devo dire che sono molto belli,
io già ne ho comprati tre compreso l’ultimo sull’islam che lei ha scritto. Dio la Benedica.
Io continuo a recitare il Pater noster e anche le altre preghiere in latino… ma non mi dispiacerebbe imparare il testo in aramaico. Ci fosse la possibilità di seguire un corso, magari on line, visto la pandemia in atto??? ?