Ci voleva Daniele Capezzone, l’allievo meglio riuscito di Marco Pannella, per togliere di mezzo il «Codice Katzinger» di Andrea Cionci

CI VOLEVA DANIELE CAPEZZONE, L’ALLIEVO MEGLIO RIUSCITO DI MARCO PANNELLA, PER TOGLIERE DI MEZZO IL «CODICE KATZINGER» DI ANDREA CIONCI

Quando alla direzione editoriale di Libero è giunto Daniele Capezzone, che del liberalismo e dell’onestà intellettuale è un modello ― tanto che vivendo con lui n’è divenuta modello persino la sua gatta Giuditta ―, le cose sono cambiate. Perché per un professionista di primordine come l’allievo meglio riuscito di Marco Pannella, certi articoli da neurodeliri pubblicati sotto il marchio editoriale da lui diretto erano graditi come un cactus al posto del cuscino da letto.

— Le brevi dei Padri de L’Isola di Patmos —

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Correva l’anno 2010 quanto nel mio libro E Satana si fece trino scrissi che la nostra dignità cattolica sarebbe stata salvata da liberali e miscredenti che riconoscono però nel Cristianesimo un valore che sta alla radice della nostra cultura occidentale. Oltre un decennio dopo tornai a ribadirlo nel mio libro Digressioni di un prete liberale,  quando ormai la nostra disastrata, ma per mistero di grazia sempre Santa Chiesa, aveva toccato il fondo della decadenza irreversibile.

Che Andrea Cionci sia un contaballe lo prova l’immonda spazzatura del suo Codice Ratzinger, doverosamente ribattezzato Codice Katzinger, dove sostiene la fantastica tesi della invalida rinuncia di Benedetto XVI e l’elezione di un antipapa usurpatore portato avanti da «poteri forti occulti».

Privo di senso del ridicolo, ancor più che della misura, avrebbe scoperto e reso noto che Benedetto XVI, parlando attraverso un codice criptico — che solo questo eletto aveva colto e decifrato —, era stato costretto a rinunciare al sacro soglio e a vivere prigioniero.

La singolarità è che costui può vilipendere pubblicamente il Pontefice regnante affermando che non solo è un «falso papa», ma peggio: pure «eretico, apostata, usurpatore». Però, se qualcuno conferisce all’autore di Codice Katzinger il titolo che merita, vale a dire minchione, eccolo annunciare d’aver già passato la terrificante “diffamazione” al suo agguerritissimo «collegio di avvocati» (!?).

Per anni questo ciarpame è stato pubblicato sotto il marchio editoriale di Libero, finché n’è stato direttore responsabile quella faccia da becchino malinconico di Alessandro Sallusti, che di certe assurdità pubblicate se n’è fregato. In fondo, con decine di articoli scritti sotto il marchio di Libero, il Cionci offendeva solo il Romano Pontefice, mica i leader della destra.

Quando alla direzione editoriale di Libero è giunto Daniele Capezzone, che del liberalismo e dell’onestà intellettuale è modello ― tanto che vivendo con lui n’è divenuta modello persino la sua gatta Giuditta ―, le cose sono cambiate. Perché per un professionista di primordine come l’allievo meglio riuscito di Marco Pannella, certi articoli da neurodeliri pubblicati sotto il marchio editoriale da lui diretto erano graditi come un cactus al posto del cuscino da letto. E così, circa un migliaio di articoli fanta-complottardi sono spariti dal sito di Libero, dal quale mesi fa era già stato eliminato il blog del Cionci.

Un paio d’anni fa indirizzai a questo triste personaggio delle parole che dimostrò però di non essere proprio in grado di recepire:

«L’Autore del Codice Katzinger ha scelto di colpire da anni un bersaglio che non dimentica, soprattutto quando tace. Mao Zedong che attende lungo il fiume che passi il cadavere del nemico, in confronto alla Santa Sede e al clero è un principiante alle prime armi. Se conoscesse un po’ il clero dovrebbe essere spaventato, per non avere mai ricevuto alcuna considerazione e smentita dall’Autorità Ecclesiastica o dai suoi organi o portavoce ufficiali, perché vuol dire che il regalo arriverà del tutto inaspettato. Quando poi giungerà, finirà per non poter più deambulare. A quel punto può essere che l’Autorità Ecclesiastica gli esprima persino accorato dolore e solidarietà. In un certo senso siamo stati noi preti a ispirare ai Mammasantissima in che modo porgere le condoglianze alle vedove, con la lacrima all’occhio, ai funerali dei loro mariti “serenamente spirati”» (vedere articolo QUI).

Come volevasi dimostrare …

Dall’Isola di Patmos, 8 aprile 2025

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I Padri dell’Isola di Patmos

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L’ultima del Senatore Dario Franceschini: «Il cognome paterno è una tradizione patriarcale» …

L’ULTIMA DEL SENATORE DARIO FRANCESCHINI: «IL COGNOME PATERNO È UNA TRADIZIONE PATRIARCALE»

Se vogliamo un pensiero per così dire “di sinistra”, bisogna tornare indietro al finire degli anni Sessanta del Novecento, aprire una enciclica scritta da Paolo VI nel 1967 intitolata Populorum Progressio, leggerla con attenzione e imparare quel che dovrebbe essere realmente il progresso dei popoli basato sul buon senso umano e cristiano, non sulla cieca ideologia.

— Attualità —

Autore:
Jorge Facio Lince
Presidente delle Edizioni L’Isola di Patmos

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La proposta di legge del Senatore Dario Franceschini che prevede la possibilità di attribuire automaticamente il cognome materno ai neonati ha generato un acceso dibattito pubblico, con voci e commenti contrastanti. Proposta da lui definita come

«un risarcimento per una ingiustizia secolare che ha avuto non solo un valore simbolico, ma è stata una delle fonti culturali e sociali delle disuguaglianze di genere» (cfr. QUI)

I Sostenitori della proposta la vedono come un adattamento legislativo e sociale necessario che segue i cambiamenti costitutivi delle famiglie, affinché vi sia maggiore parità di genere e sia eliminata l’usanza del cognome paterno, considerata “tradizione patriarcale”. A questo modo sarebbe dato un ruolo maggiore alle madri a livello sociale, con maggiore libertà di scelta del cognome da trasmettere ai figli da parte dei genitori, promuovendo una visione più equilibrata e reale del concetto più ampio di famiglia rispetto a quello considerato troppo restrittivo della cosiddetta “famiglia non tradizionale”. La proposta non esclude la possibilità per i genitori di scegliere congiuntamente il cognome, inclusa l’opzione del doppio cognome.

I critici della proposta sostengono che essa rischia di creare confusione sull’identità familiare, influenzare la percezione del rapporto coi genitori e relativa figliolanza, producendo divisioni all’interno delle famiglie in caso di disaccordo tra i genitori per la scelta del cognome.

Per i giuristi e gli esperti esistono innegabili problematiche sulla proposta riguardo la complessità burocratica che potrebbe derivare dall’applicazione della legge, come ad esempio le difficoltà nella gestione dei documenti e delle pratiche amministrative. A tal proposito la Suprema Corte Costituzionale ha già dato delle indicazioni per il superamento del cognome prettamente paterno, in cui possono rientrare le fattispecie e le casistiche a cui è mirata la proposta.

È difficile prevedere con precisione quanti neonati riceverebbero il cognome materno in seguito all’approvazione della legge, senza dati specifici sulle preferenze dei genitori, qualsiasi calcolo sarebbe approssimativo ma comunque indicativo. Analizzando alcuni dati dell’ente nazionale di statistica (cfr. QUI), si evince che:

– La natalità in Italia è in costante calo, nel 2023, i nati residenti in Italia sono stati 379.000, segnando un nuovo minimo storico con un calo di 14.000 unità rispetto al 2022 (-3,6%);
– Le madri sole, o le cosiddette famiglie “monogenitoriali”, hanno statistiche ancora molto approssimative per il campione così ridotto, tuttavia, i nuclei famigliari in cui la madre è il genitore unico è aumentato come conseguenza dei divorzi, separazioni e scelte singolari di maternità;
– I “monogenitori”, ossia padri e madri soli, tra il 2011 e il 2021 hanno registrato un aumento del 44%: le madri sole sono aumentate del 35,5%, mentre i padri soli si sono incrementati attestandosi all’85%.

Questa proposta di legge sarebbe interessante per i nuclei “monogenitoriali” che secondo i dati ISTAT sarebbero in crescita e che comprendono le famiglie sensibile alle questioni di parità di genere, le famiglie con genitori non sposati in cui la scelta del cognome può essere più complessa, in questo e altri casi la proposta semplificherebbe il processo di assegnazione del cognome. È estremamente difficile calcolare con precisione quante famiglie sceglierebbero effettivamente di utilizzare il cognome materno, ma potrebbe arrivare anche al 10-20% delle famiglie, ciò rappresenterebbe un numero significativo di individui che non devono essere esclusi.

La scelta politica della sinistra, negli ultimi anni potrebbe essere considerata progressista, ma volendo anche una forma di lotta radicale per il riconoscimento civile e l’adeguamento giuridico e sociale verso i gruppi minoritari. Secondo quello che dicono gli attuali esponenti politici nei loro discorsi ideologici fatti sulle televisioni e nei comizi sulle piazze, questi gruppi, ostracizzati o condannati nel corso della storia, oggi devono ricevere il proprio pieno riconoscimento all’interno della società, se la società stessa vuole essere veramente civile. Questo abbandono della sinistra verso l’ideale della lotta di classe o contro certi sistemi economici in cui l’operario o il membro della classe proletaria era strumentalizzato come elemento di propaganda, non è più così importante e rilevante, come lo è la lotta per questi gruppi minoritari, o per dirla in altri termini: dalle lotte operaie di piazza con le sfilate dei metalmeccanici in tuta, siamo passati al gay pride con gli uomini arcobalenati vestiti come grottesche fatine in tacchi e calze a rete.

È una scelta ideologica, quella dei post-comunisti, che appare oggi più in contradizione con un mondo nel quale la difesa dei deboli, all’interno di poteri economici-cannibali, è favorita nelle sue tragiche diseguaglianze tra le classi proprio dalle Sinistre internazionali, quelle che ieri urlavano “peace and love” e che oggi urlano al riarmo dell’Europa, con in testa la Germania, che a suo tempo non fu disarmata propriamente per caso.

Il transfert freudiano su certe minoranze privilegiate come i cisgender e chi non vuole accettare e adeguarsi a ruoli e schemi “tradizionali” sociali, sembra una sorta di “aggiornamento della lotta di classe” o, meglio una sua parodia, affinché si possa rivoluzionare i concetti basilari della cultura che a poco a poco riescono a “educare” le nuove generazioni, oltre al popolo obbligato a sua volta a cambiare la società alla propria radice. La scelta comunque ideologica, anche se rivendica una maggiore inclusione e tolleranza, troppo spesso mette in risalto la esclusività di questi gruppi minoritari a discapito della maggioranza della popolazione. Sono segmenti statisticamente inferiori che vengono salvati e protetti dalla “massa” quasi come una nuova sorta di “fascio” superiore diverso e accogliente. Tema complesso, questo, sul quale ha scritto un saggio lungimirante un nostro autore, Francesco Mangiacapra, nella sua opera Il golpe del politicamente corretto – Quando le minoranze divengono dittatura.

La nuova lotta degli esponenti di sinistra non solo dimentica il popolo, come provano i fatti, ma con inconsapevole vena comica usa quella dialettica in cui sono presentate le politiche degli avversari come “retorica di pancia”, o come “bieco populismo”, fomentati da talk show che alimentano il vittimismo, le pose da perseguitati e il bisogno di un riscatto vendicativo, anziché la ricerca della giustizia retributiva e dei beni di ogni individuo al di sopra di loro personali piaceri egoistici o egocentrici. 

Se vogliamo un pensiero per così dire “di sinistra”, bisogna tornare indietro al finire degli anni Sessanta del Novecento, aprire una enciclica scritta da Paolo VI nel 1967 intitolata Populorum Progressio, leggerla con attenzione e imparare quel che dovrebbe essere realmente il progresso dei popoli basato sul buon senso umano e cristiano, non sulla cieca ideologia.

dall’Isola di Patmos, 9 aprile 2025

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