Pietro, esperto pescatore figlio di pescatori, getta le reti sulla parola del figlio di un falegname

Omiletica dei Padri de L’Isola di Patmos

PIETRO, ESPERTO PESCATORE FIGLIO DI PESCATORI, GETTA LE RETI SULLA PAROLA DEL FIGLIO DI UN FALEGNAME

Gesù, che era un falegname, non era un esperto di pesca, eppure Simone il pescatore si fida di questo Rabbi, che non gli dà risposte ma lo chiama ad affidarsi. La sua reazione davanti alla pesca miracolosa è quella dello stupore e della trepidazione: «Signore, allontanati da me che sono un peccatore»

 

 

 

 

 

 

 

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Pietro era un ebreo credente e osservante, fiducioso nella presenza operante di Dio nella storia del suo popolo, e addolorato per non vederne l’azione potente nelle vicende di cui egli era, al presente, testimone. In tale frangente avviene il suo primo incontro con Gesù.

I Vangeli sinottici ci informano che Pietro è tra i primi quattro discepoli del Nazareno (Lc 5,1-11), ai quali se ne aggiunge un quinto, secondo il costume di ogni Rabbi di avere cinque discepoli (Lc 5,27: chiamata di Levi). Quando Gesù passerà da cinque a dodici discepoli (Lc 9,1-6), sarà infine chiara la novità della sua missione. Egli non è uno dei tanti rabbini, ma è venuto a radunare l’Israele escatologico, simboleggiato dal numero dodici, quante erano le tribù d’Israele. I Vangeli consentono di seguire passo dopo passo l’itinerario spirituale di Pietro. Il punto di partenza è la chiamata da parte di Gesù. Avviene in un giorno qualsiasi, mentre Pietro è impegnato nel suo lavoro di pescatore. Gesù si trova presso il lago di Genesaret e la folla gli fa ressa intorno per ascoltarlo. Il numero degli ascoltatori crea un certo disagio. Il Maestro vede due barche ormeggiate alla sponda; i pescatori sono scesi e lavano le reti. Egli chiede allora di salire sulla barca, quella di Simone, e lo prega di scostarsi da terra. Sedutosi su quella cattedra improvvisata, si mette ad ammaestrare le folle dalla barca. E così la barca di Pietro diventa la cattedra di Gesù. Quando ha finito di parlare, dice a Simone:

«”Prendi il largo e calate le reti per la pesca! Simone risponde: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti”».

Gesù, che era un falegname, non era un esperto di pesca, eppure Simone il pescatore si fida di questo Rabbi, che non gli dà risposte ma lo chiama ad affidarsi. La sua reazione davanti alla pesca miracolosa è quella dello stupore e della trepidazione: «Signore, allontanati da me che sono un peccatore» (Lc 5,8). Gesù risponde invitandolo alla fiducia e ad aprirsi ad un progetto che oltrepassa ogni sua prospettiva: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». Rileggiamo questo emozionante racconto:

«In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca. Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono» (Lc 5,1-11).

Il racconto di Luca segue il canovaccio di Mc 1,16-20 a cui si rifà, ma con inserzioni proprie e l’aggiunta di una scena che ricorda molto da vicino quella di Gv 21, dove lì è un Gesù ormai risorto a dialogare con Pietro per una definitiva chiamata a seguirlo. Mentre due domeniche fa abbiamo lasciato Gesù a Nazareth non compreso e addirittura rifiutato; qui invece le persone Lo cercano e Pietro, in particolare, lascia tutto per seguire il Maestro. Fin da questo iniziale momento cogliamo la particolare attenzione e stima che l’evangelista Luca rivolge a questo discepolo; qualcosa che evidentemente aveva appreso ed ereditato dalla comunità primitiva. Notiamo infatti che, mentre in Matteo e Marco la formula di vocazione è al plurale, «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini» (Mc 1, 17; Mt 4,19), nel racconto lucano è alla seconda persona, quella di Pietro. E sullo sfondo, nella pesca infruttuosa, già si intravedono metaforicamente le fatiche apostoliche delle prime comunità cristiane.

La narrazione della pesca miracolosa, infatti, presenta i tratti di una catechesi sulla fede per mezzo della quale il Signore ribalta le situazioni umane chiuse e senza speranza. Pietro ne diventa il paradigma. Nelle sue parole, «abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla», non vi è solo amarezza e delusione per l’inane pesca, ma traluce anche un significato più forte che designa la spossatezza e la stanchezza fisica (cfr. il verbo κοπιάω (kopiao). Un’esperienza che troviamo di frequente nella Bibbia, soprattutto nei Salmi: «Sono stremato dai miei lamenti» (Sal 6, 7; cfr. anche Sal 69, 4; Sal 127, 1); e che l’antico Israele più volte aveva sperimentato nel corso delle sue vicende. Vi è dunque uno spazio di delusione e di limite nel quale Dio agisce. Per quella parentela fra il presente testo e il capitolo 21 del Vangelo di Giovanni, più sopra ricordata, comprendiamo che senza la presenza del Signore i discepoli si affaticano inutilmente fino alla spossatezza. Ma Lui presente, che invita a gettare le reti nuovamente, tutto cambia. La prima trasformazione avviene nella fiducia del discepolo e qui è Pietro ad esplicitarla: «sulla tua parola calerò le reti» (Lc 5,4).

Ma di fronte alla pesca miracolosa sembra non basti lo stupore registrato (v. 9) da Luca, poiché Pietro sente di dover dire: «allontanati da me, perché sono un peccatore». Per alcuni ancora una volta dovrebbe soccorrerci il brano parallelo di Giovanni dove il dialogo fra il Risorto e Pietro, incentrato sull’amore, serve all’apostolo per guarire la ferita del rinnegamento nella notte della passione. Ma forse, semplicemente, visto che qui l’Apostolo compare protagonista per la prima volta nel Vangelo, la richiesta di perdono è da intendersi come il riconoscimento della propria fragilità di fronte al manifestarsi della grandezza di Dio e al compimento della «sua parola». Ma ciò che ancor più colpisce è l’atteggiamento di Gesù verso il discepolo dal quale ha udito la confessione di colpevolezza. Non la sottolinea, non vi insiste, poiché essa non dice tutto della vita di Pietro, il quale dovrà passare attraverso molteplici confessioni. Gesù, più che sottolineare la peccaminosità del futuro apostolo, preferisce invitarlo alla fiducia ed alla sequela: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». Qui conviene sottolineare il verbo usato da Luca per designare questa pesca di uomini e non di pesci, poiché in greco «zogreo» contiene in sé sia il vocabolo ζῷον (zoos vivo) che il verbo ἀγορεύω (agreuo, prendere a caccia o a pesca). Si tratta perciò di un prendere vivo, di un catturare lasciando vivi (cfr. vocabolario Rocci). In questo modo l’opera pastorale di Pietro e dei suoi soci (v.10), metaforicamente espressa tramite la pesca che era il loro mestiere originario – e qui torna alla mente l’abbondante pesca di Gv 21, 11: 153 grossi pesci tirati in barca, senza che la rete si divida – sarà un servizio alla vita. Coloro che, attraverso il loro ministero, verranno raggiunti dal Vangelo, saranno attirati al Cristo, il vivente apportatore di vita: «io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10, 10).

 

Dall’Eremo, 8 febbraio 2025

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Grotta Sant’Angelo in Ripe (Civitella del Tronto)

 

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I Padri dell’Isola di Patmos

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Si dice che il Diavolo fa le pentole ma non i coperchi: per alcuni è senz’altro garanzia di guadagno e di visibilità narcisistica – It is said that the Devil makes the pans but not the lids: for some it is definitely a guarantee of earnings and narcissistic visibility – Se dice que el Diablo hace la olla pero no la tapa: para algunos es garantía economica y visibilidad narcisistica

(English text after the Italian / texto español posterior al engles)

 

SI DICE CHE IL DIAVOLO FA LE PENTOLE MA NON I COPERCHI: PER ALCUNI È SENZ’ALTRO GARANZIA DI GUADAGNO E DI VISIBILITÀ NARCISISTICA

Sul Diavolo è meglio e prudente parlarne poco e con precisi riferimenti alla Parola di Dio, alla Rivelazione e al Magistero. E sapete perché? Perché la nostra fede non è mai stata fondata ― e mai lo sarà ― sul Diavolo ma su Cristo e sulla sua risurrezione che vince le opere del Diavolo: il peccato e la morte. Se si capisse almeno questo non si avrebbe più l’angoscia della demonopatia con la sensazione di essere attanagliati dal Diavolo.

— Attualità pastorale —

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Autore
Ivano Liguori, Ofm. Capp.

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Il 6 gennaio dell’anno appena iniziato, nella solennità dell’Epifania del Signore, L’Associazione Internazionale degli Esorcisti (A.I.E.) ha pubblicato una nota che invito tutti i nostri lettori a leggere con attenzione (QUI), il cui titolo è abbastanza chiaro: «Nota su alcuni aspetti del ministero degli esorcismi». 

La nota non ha intenzione alcuna di ribadire l’ovvio in materia di esorcismi e di disciplina ecclesiale in tal senso, ma i suoi obiettivi sono altri e riguardano solo alcuni aspetti particolari. Vi si legge:

«Con questa nota si intende offrire dei chiarimenti necessari al fine di ben operare nell’elargizione della divina Misericordia tramite il Ministero dell’esorcismo. Non saranno qui ripresentati i criteri per stabilire le condizioni di attuazione dell’Esorcismo Maggiore né tantomeno le Linee Guida di questo delicato Ministero [6], ma verranno semplicemente offerte delle osservazioni su alcune prassi pastorali le quali, invece di rendere un servizio al corpo piagato del Cristo, ne aumentano la sofferenza e provocano disorientamento, osservazioni che i fedeli (chierici, consacrati e laici) è auspicabile possano conoscere al fine di evitare atteggiamenti e modalità non rispondenti all’autentico operare del Cristo Signore, modello per chiunque eserciti il ministero di liberazione dall’azione straordinaria del Maligno [7]».

L’esorcismo è un ministero pastorale di misericordia e di consolazione, questo è il riferimento base per poterlo rettamente intendere. Sebbene si tratti di un sacramentale e non di un sacramento ― dato il particolare soggetto personale affrontato ―, non deve essere considerato con leggerezza ma altresì con grande serietà, coscienza e maturità umana e cristiana, sia dai pastori che dai fedeli laici.

Ho parlato di serietà, di coscienza e maturità per sottolineare che con il demonio non si gioca e non si scherza ma neanche lo si può strumentalizzare per i propri fini: ad esempio per favorire un rendimento economico o per ottenere un certo guadagno e visibilità a livello sociale ed ecclesiale. Detto questo, mi soffermo solo su alcuni punti che desidero ribadire e che la nota dell’A.I.E. chiarisce ed esprime in modo molto puntuale di quanto riuscirò a fare io in queste righe.

1. Obbedienza alla Chiesa e all’Ordinario diocesano

La convinzione di essere preda del Demonio spinge spesso le persone ad andare alla ricerca spasmodica di coloro che sono di fatto esorcisti o di coloro che si sono autonominati tali sul campo. La Chiesa nella sua saggezza chiede anzitutto un discernimento serio e questo normalmente passa attraverso il proprio parroco, il proprio confessore o un sacerdote di riferimento a cui spetta fare una prima diagnosi per poi raccogliere tutti gli elementi utili per poter, nel caso, inviare all’esorcista nominato oppure suggerire alla persona un serio cammino di conversione, unita a una pratica sacramentale seria con opere di carità concrete e fattive.

Mi sia permesso il paragone sanitario, è come quando il medico di base invia il proprio assistito dallo specialista per successivi approfondimenti. Solo quando c’è il fondato sospetto di una patologia che deve essere affrontata diversamente da un collega che è specializzato in quella materia, si richiede la visita specialistica, altrimenti è tempo perso e le soluzioni devono vertere su altre analisi e campi. Se questo è vero nella pratica della cura fisica, quanto più questo discorso diventa vero nella cura dell’anima e del cammino battesimale.

In questo caso è solamente la Chiesa che nomina e fa discernimento sui sacerdoti adatti ad operare questo grande ministero, così come sul caso specifico della persona che chiede un aiuto spirituale in tal senso. Mai ci si improvvisa e mai ci si propone esorcisti, guaritori e liberatori. Altra cosa fondamentale è che non esistono laici (neanche i diaconi transeunti e permanenti possono) autorizzati dalla Chiesa a compiere esorcismi. Anche le cosiddette preghiere di liberazione o di guarigione devono essere fatte con saggezza e opportunità sotto l’accompagnamento di un sacerdote preparato e seguendo le norme che la Chiesa ha già stabilito. Uscire al di fuori di questi criteri significa mettersi sul terreno della disobbedienza alla Chiesa a cui il Demonio spinge sempre l’uomo, così come un tempo spinse i nostri Progenitori alla disobbedienza verso Dio (cfr. Gn 3).

2. Superstizione e reiterazione delle formule

Spesso la voglia di scacciare il Demonio fa cadere nel peccato di superstizione che si insinua anche nel mondo cattolico, sia dalla parte dei laici che dei consacrati. Ad esempio, ci si mette alla ricerca dell’esorcista più “potente” (anche fuori dalla propria diocesi o regione) così come se si trattasse di una virtù propria e non dell’opera dello Spirito Santo che agisce nel ministro ordinato a nome della Chiesa. Si collezionano compulsivamente sacramentali che dovrebbero allontanare più efficacemente di altri le influenze maligne come crocifissi, medaglie, candele, immagini o il sale, l’acqua e l’olio.

Si moltiplicano le preghiere di liberazione che non hanno avuto alcuna approvazione ecclesiastica e che spesso vengono mutuate da ambienti extra cattolici o confezionate sul momento dal “sensitivo” o dal presunto carismatico laico di turno. Oppure si reiterano compulsivamente anche le preghiere ufficiali e formule approvate con la speranza che la semplice recita protratta nel tempo basti ad operare il beneficio. E spesso ci troviamo davanti all’andamento degli indici di borsa in riferimento alle novene e alle suppliche più adatte contro il Demonio: la Madonna che scioglie i nodi va bene, San Pio da Pietrelcina è il più forte, Santa Rita non è male, Sant’Espedito qualche volta fallisce mentre San Vicinio funziona solo se sei emiliano o romagnolo. Anche nell’accostarsi alle Sante Messe c’è il rischio di cadere nella superstizione con un susseguirsi di strumentalizzazioni dissacranti per chiedere la liberazione. Si pensa che basti comandare al solo sacerdote di officiare una messa senza la necessità di parteciparvi in prima persona e ci si lega al numero di celebrazioni comandate, come se la quantità fosse il criterio preminente per la liberazione. Un meccanismo simile, legato alle messe, si trova in alcuni libri devozionali in riferimento alle anime del purgatorio, ma questo è un altro discorso.

3. “Meeting e Convention di liberazione” in hotel

Da qualche anno è invalso l’uso dei presunti “sensitivi” e carismatici laici di organizzare incontri di preghiera in location laiche, come ad esempio gli hotel stellati (almeno 4 stelle). Già questo dovrebbe fare storcere parecchio il naso ai fedeli cattolici sani di mente che si vedono dirottare fuori da contesti ecclesiali senza la minima motivazione. Un conto è organizzare un evento per milioni e milioni di persone, così come avviene per gli eventi giubilari e nazionali, un conto è organizzare per cinquanta o cento persone. Invece degli hotel non si potrebbe optare per un capiente salone parrocchiale o di una casa religiosa ― che oggigiorno sono sempre più vuote e disertate ― così da restare dentro il recinto della normalità ecclesiale? Ma il presunto “sensitivo” e carismatico sa benissimo che così facendo resta lontano dagli occhi e dalle orecchie dei pastori e può dire e fare con libertà tutto quello che vuole. Così facendo viene pubblicizzato il pacchetto all inclusiv che con 80 o 100 euro al giorno, più l’iscrizione al corso e il pass, unendo la camera singola, la pensione completa e la cucina stellata si ha la garanzia di essere un po’ liberati dal maligno e di essere purificati nel proprio albero genealogico. Insomma, prima si andava alle terme ora va di moda il weekend esorcistico.

4. Vendita di libri e manuali di dubbia ortodossia

Oggi il Diavolo continua a essere un prodotto di marketing, fin dal lontano 1973 quando uscì il film L’esorcista di William Friedkin tratto dall’omonimo romanzo di William Peter Blatty, il Diavolo non ha conosciuto praticamente momenti di crisi. Possiamo dire che con il Diavolo si campa … e si campa anche discretamente bene. E se un tempo il Diavolo era proprietà privata della massoneria, dei satanisti e dei circoli occultisti ermetici, da più di trent’anni è diventato un prodotto pop che tutti posso usare o abusare a seconda del bisogno. Anzi sono proprio i laici, non sempre cristiani, a trovare nel “prodotto diavolo” una miniera da cui trarre notorietà e affermazione. La televisione è stata la prima a saper lucrare sul tema: non solo film, ma speciali, documentari, inchieste che si incrociano con la cronaca nera e con la politica, insomma il Diavolo è come il sale e il pepe in una ricetta, è sufficiente il “quanto basta” per rendere quel tocco in più di gradevolezza al piatto da suscitare i complimenti. Ma è forse nell’editoria che il tema del diavolo ha saputo trovare una nuova e perpetua giovinezza. La bibliografia a riguardo è quanto mai sconfinata e tra gli autori si può trovare veramente di tutto. Si inizia dalla convertita medjugorjana, all’ex adepta di una setta, per passare poi al sacerdote praticone che senza mai essere stato nominato esorcista tiene conferenze sul demonio, per finire con quello che si attribuisce la qualifica di demonologo senza averne le minime competenze accademiche o pratico-pastorali del caso. Non possono mancare poi i sempreverdi, i presunti sensitivi o carismatici che questionano sul Demonio e confezionano ricette per liberarsi dalle influenze del male, ovviamente bisogna comprare i loro libri. Molto pericolosi sono coloro che si sentono investiti dall’eredità spirituale di qualche noto esorcista ormai defunto ― mi raccomando che sia defunto! ― per fregiarsi poi di tutta una serie di eredità spirituali e di trasmigrazioni di carismi con annesso il canone del perfetto liberatore.

Quando ero un bambino, negli anni ’80, di Diavolo in Italia se ne sentiva parlare solo da Padre Gabriele Amorth e da Mons. Corrado Balducci, quest’ultimo detto demonologo ma che in vita sua non vide mai un vero esorcismo e che nel suo libro Il Diavolo riportò anche alcune inesattezze teologiche. Ma almeno con loro avevamo a che fare con dei sacerdoti onesti che avevano ben presente il loro ruolo ed erano obbedienti alla Chiesa. Oggi a scrivere sul Diavolo sono buoni tutti, specialmente quelli che dovrebbero farne a meno.

Concludendo, resta sempre vero il fatto che sul Diavolo è meglio e prudente parlarne poco e con precisi riferimenti alla Parola di Dio, alla Rivelazione e al Magistero. E sapete perché? Perché la nostra fede non è mai stata fondata ― e mai lo sarà ― sul Diavolo ma su Cristo e sulla sua risurrezione che vince le opere del Diavolo: il peccato e la morte. Se si capisse almeno questo non si avrebbe più l’angoscia della demonopatia con la sensazione di essere attanagliati dal Diavolo. Molto più importante e faticoso è crearsi una coscienza profonda che desideri vivere costantemente alla presenza di Cristo e del suo Spirito. Ma questo è quanto già il beato apostolo Giacomo ci dice nella sua lettera. Ci chiede di essere sottomessi a Dio: è questo che permette di resistere al Diavolo e di fuggire dalle sue opere e insidie. Sicuramente ci sono pochi esorcisti nella Chiesa di oggi, sicuramente molti dei nostri vescovi non sono spesso propensi a nominarne e preferiscono nominare invece presidenti di Caritas diocesana e a impiegare risorse per le politiche sociali e assistenziali, salvo poi trovarsi a pochi chilometri dalla propria curia diocesana il weekend esorcistico a cento euro al giorno del presunto esorcista, carismatico o sensitivo di grido e non fare minimamente un sospiro. E sì, perché anche nel caso in cui il vescovo diocesano fosse pure a conoscenza della cosa non gli darebbe il giusto peso: occhio non vede, cuore pastorale non duole. Purtroppo, il Diavolo certe cose ce le lascia pure fare e quando si fanno mai tutto viene allo scoperto, così come accade per certe cose vecchie quanto il mondo che si fanno ma non si dicono e come amava cantare un noto quartetto musicale italiano

«Si fa, ma non si dice, si fa, ma non si dice e chi l’ha fatto tace, lo nega e fa’ il mendace e non ti dice mai la verità».

Sanluri, 07 febbraio 2025

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IT IS SAID THAT THE DEVIL MAKES THE PANS BUT NOT THE LIDS: FOR SOME IT IS DEFINITELY A GUARANTEE OF EARNINGS AND NARCISSISTIC VISIBILITY

— Pastoral actuality —

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Author
Ivano Liguori, Ofm. Capp.

 

On January 6 of the year that has just begun, on the solemnity of the Epiphany of the Lord, the International Association of Exorcists (A.I.E.) published a note that I invite all our readers to read carefully (HERE), the title of which is quite clear: «Note on some aspects of the ministry of exorcisms».

The note has no intention of reiterating the obvious regarding exorcisms and ecclesial discipline in this sense, but its objectives are different and concern only some particular aspects. It reads:

«With this note we intend to offer the necessary clarifications in order to operate well in the provision of divine Mercy through the Ministry of Exorcism. The criteria for establishing the conditions of implementation of the Major Exorcism nor the Guidelines of this delicate Ministry [6] will not be presented here again, but observations will simply be offered on some pastoral practices which, instead of rendering a service to the wounded body of Christ, increase its suffering and cause disorientation, observations that the faithful (clerics, consecrated and lay people) should be able to know in order to avoid attitudes and methods that do not correspond to the authentic working of the Lord Christ, model for anyone who exercises the ministry of liberation from the extraordinary action of the Evil One [7]».

Exorcism is a pastoral ministry of mercy and consolation, this is the basic reference for being able to correctly understand it. Although it is a sacramental and not a sacrament – given the particular personal subject addressed –, it must not be considered lightly but also with great seriousness, conscience and human and Christian maturity, both by pastors and lay faithful.

I spoke of seriousness, conscience and maturity to underline that one cannot play or joke with the devil, but neither can one exploit him for one’s own ends: for example to favor an economic return or to obtain a certain gain and visibility on a social and ecclesial level. Having said this, I will only focus on some points that I would like to reiterate and that the A.I.E. note. clarifies and expresses in a very punctual way what I will be able to do in these lines.

1. Obedience to the Church and the Diocesan Ordinary

The belief of being prey to the Devil often pushes people to go in frantic search for those who are in fact exorcists or those who have self-appointed themselves as such in the field. The Church in its wisdom first of all asks for serious discernment and this normally passes through one’s parish priest, one’s confessor or a reference priest who is responsible for making an initial diagnosis and then gathering all the useful elements to be able, if necessary, to send to the appointed exorcist or to suggest to the person a serious path of conversion, combined with a serious sacramental practice with concrete and effective works of charity.

Allow me to make a healthcare comparison, it’s like when a general practitioner sends his patient to a specialist for further in-depth analysis. Only when there is a well-founded suspicion of a pathology that must be addressed differently from a colleague who specializes in that subject is a specialist visit required, otherwise it is a waste of time and the solutions must focus on other analyzes and fields. If this is true in the practice of physical care, how much more true does this discourse become in the care of the soul and the baptismal walking.

2. Superstition and reiteration of formulas

Often the desire to banish the Devil leads one to fall into the sin of superstition which also creeps into the Catholic world, both among lay people and consecrated people. For example, we start looking for the most “powerful” exorcist (even outside our own diocese or region) as if it were a specific virtue and not the work of the Holy Spirit who acts in the ordained minister on behalf of the Church. Sacramentals are compulsively collected which should ward off evil influences such as crucifixes, medals, candles, images or salt, water and oil more effectively than others.

Prayers for liberation are multiplying which have not had any ecclesiastical approval and which are often borrowed from non-Catholic environments or packaged on the spot by the “sensitive” or the presumed charismatic lay person on duty. Or even official prayers and approved formulas are compulsively reiterated with the hope that the simple recitation over time is enough to bring about the benefit. And we often find ourselves faced with the trend of stock market indices in reference to the most suitable novenas and supplications against the Devil: the Madonna who unties knots is good, San Pio da Pietrelcina is the strongest, Santa Rita is not bad, Sant’Espedito sometimes fails while San Vicinio only works if you are from Emilia Romagna Region. Even when approaching Holy Masses there is the risk of falling into superstition with a succession of desecrating exploitations to ask for liberation. It is thought that it is enough to command the priest alone to officiate a mass without the need to participate personally and it is linked to the number of celebrations commanded, as if quantity were the pre-eminent criterion for liberation. A similar mechanism, linked to masses, is found in some devotional books in reference to the souls in Purgatory, but that is another matter.

3. “Liberations Meetings and Conventions” in the hotel

For some years now, the practice of supposedly “sensitiv” and charismatic lay people to organize prayer meetings in secular locations, such as starred hotels (at least 4 stars) has become widespread. This alone should make sane Catholic faithful turn up their noses a lot as they see themselves diverted away from ecclesial contexts without the slightest motivation. It’s one thing to organize an event for millions and millions of people, as happens with jubilee and national events, but it’s another thing to organize it for fifty or a hundred people. Instead of hotels, couldn’t we opt for a large parish hall or a religious house – which nowadays are increasingly empty and deserted – so as to remain within the confines of ecclesial normality? But the supposedly “sensitive” and charismatic person knows very well that by doing so he stays away from the eyes and ears of the shepherds and can freely say and do whatever he wants. In doing so, the all-inclusive package is advertised which with 80 or 100 euros per day, plus course registration and the pass, combining the single room, full board and starred cuisine you have the guarantee of being somewhat freed from the Evil one and of being purified in your family tree. In short, before people went to the spa, now exorcism weekends are in fashion.

4. Sale of books and manuals of dubious orthodoxy

Today the Devil continues to be a marketing product, ever since 1973 when the film “The Exorcist” by William Friedkin based on the novel of the same name by William Peter Blatty was released, the Devil has experienced practically no moments of crisis. We can say that you can live with the Devil… and you can even live reasonably well. And if once the Devil was the private property of Freemasonry, Satanists and hermetic occultist circles, for more than thirty years it has become a pop product that everyone can use or abuse as needed. Indeed, it is precisely the lay people, not always Christians, who find in the “devil product” a mine from which to draw notoriety and affirmation. Television was the first to know how to make money on the topic: not only films, but specials, documentaries, investigations that intersect with crime news and politics, in short, the Devil is like salt and pepper in a recipe, “just enough” is enough to give that extra touch of pleasantness to the dish to elicit compliments. But it is perhaps in publishing that the theme of the Devil has found a new and perpetual youth. The bibliography in this regard is extremely boundless and among the authors you can truly find everything. We start from the Medjugorjan convert, to the former follower of a sect, and then move on to the priest who without ever having been appointed an exorcist holds conferences on the devil, ending with the one who attributes himself the qualification of demonologist without having the minimum academic or practical-pastoral skills of the case. Then there are the evergreens, the alleged sensitives or charismatics who question the Devil and prepare recipes to free oneself from the influences of evil, obviously you have to buy their books. Very dangerous are those who feel invested by the spiritual legacy of some well-known exorcist now deceased! – I recommend that he is deceased! – to then boast a whole series of spiritual legacies and transmigrations of charisms with the attached canon of the perfect liberator.

When I was a child, in the 1980s, in Italy we only heard about the Devil from Father Gabriele Amorth and Monsignor Corrado Balducci, the latter known as a demonologist but who in his life never saw a real exorcism and who also reported some theological inaccuracies in his book “The Devil”. But at least with them we were dealing with honest priests who were well aware of their role and were obedient to the Church. Today everyone is good at writing about the Devil, especially those who should do without it.

In conclusion, the fact remains true that it is better and prudent to talk little about the Devil and with precise references to the Word of God, to Revelation and to the Church’s Magisterium. And do you know why? Because our faith has never been founded – and never will be – on the Devil but on Christ and his resurrection which overcomes the works of the Devil: sin and death. If we understood at least this we would no longer have the anguish of demonopathy with the sensation of being gripped by the Devil. Much more important and tiring is creating a deep conscience that desires to live constantly in the presence of Christ and his Spirit. But this is what the blessed apostle James already tells us in his letter. He asks us to be submissive to God: this is what allows us to resist the Devil and escape from his works and snares. Surely there are few exorcists in the Church today, certainly many of our bishops are not often inclined to appoint any and prefer instead to appoint presidents of diocesan Caritas and to use resources for social and welfare policies, only to then find themselves a few kilometers from their diocesan curia on the weekend exorcism at one hundred euros a day of the alleged exorcist, charismatic or the famous sensitive and not even heave a sigh. And yes, because even if the diocesan bishop were aware of the matter, he would not give it the right weight: the eye does not see, the pastoral heart does not grieve.

Unfortunately, the Devil even lets us do certain things and when they are done everything comes out in the open, just as happens with certain things as old as the world that are done but not said and as a well-known Italian musical quartet loved to sing:

«It is done, but it is not said, it is done, but it is not said and whoever did it remains silent, denies it and is a liar and never tells you the truth».

Sanluri, 07 February 2025

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SE DICE QUE EL DIABLO HACE LA OLLA PERO NO LA TAPA: PARA ALGUNOS ES GARANTÍA ECONOMICA Y VISIBILIDAD NARCISISTICA

Sigue siendo cierto que es mejor y prudente hablar poco del Diablo y con referencias precisas a la Palabra de Dios, a la Revelación y al Magisterio. ¿Y sabeis por qué? Porque nuestra fe nunca se ha fundamentado – ni nunca lo estará – en el Diablo sino en Cristo y su resurrección que vence las obras del Diablo: el pecado y la muerte. Si al menos entendiéramos esto ya no tendríamos la angustia de la demonopatía con la sensación de estar atormentados por el Diablo.

— Actualidad Pastoral —

Autor
Ivano Liguori, Ofm. Capp.

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En la solemnidad de la Epifanía del Señor, la Asociación Internacional de Exorcistas (A.I.E.) publicó una nota que invito a leer atentamente a todos nuestros lectores (aquí), y cuyo título es bastante claro: «Nota sobre algunos aspectos del ministerio de los exorcismos».

La nota no pretende reiterar lo obvio sobre los exorcismos y la disciplina eclesial, sus objetivos son diferentes y se refieren sólo a algunos aspectos particulares. Se lee:

«Con esta nota pretendemos ofrecer las aclaraciones necesarias para operar la donación de la Misericordia divina a través del Ministerio del Exorcismo. No se presentarán nuevamente los criterios para establecer las condiciones necesarias para la realización del Exorcismo Mayor, ni las directrices para este delicado Ministerio[6]; sino que simplemente se ofrecerán observaciones sobre algunas prácticas pastorales que, en lugar de prestar ayudar al cuerpo plagato de Cristo, aumentan su sufrimiento y provocan desorientación. Observaciones que los fieles (clérigos, consagrados y laicos) deben conocer para evitar actitudes y métodos que no corresponden a la auténtica obra de Cristo Señor, modelo para todo aquel que ejerce el ministerio de liberación de la acción extraordinaria del Maligno [7]”.

El exorcismo es un ministerio pastoral de misericordia y consolación, esta es la referencia basilar para poder comprenderlo correctamente. Si bien, es un sacramental y no un sacramento – dado el particular sujeto personal que se aborda –, no debe ser considerado a la ligera sino con seriedad, conciencia y madurez humana y cristiana, tanto por parte de los pastores como de los fieles laicos.

He hablado de seriedad, de conciencia y de madurez para subrayar que no se juega ni se bromea con el diablo, ni tampoco se puede instrumentalizar para los propios beneficios: favorecerse de un beneficio económico o para obtener una cierta ganancia y visibilidad a nivel social y eclesial. Dicho esto, sólo me centraré en algunos puntos que deseo reiterar y que la nota de la A.I.E. aclara y expresa de modo más puntual de lo podría hacerlo en estas líneas.

1. Obediencia a la Iglesia y al Ordinario diocesano

La convicción de ser presidiado por el Demonio, a menudo impulsa a las personas a buscar frenéticamente a quienes son por nombramiento exorcistas o a quienes se han autoproclamado como tales. La Iglesia en su sabiduría pide ante todo, un discernimiento serio que normalmente pasa a través del propio párroco, del confesor o de un sacerdote de referencia, a quien concierne hacer un diagnóstico inicial y reunir todos los elementos útiles para poder, si es el caso, remitir al exorcista designado o sugerir un camino serio de conversión unido a la práctica sacramental de obras de caridad concretas y eficaces.

Se me permita hacer una comparación con la sistema sanitario asistencial: equivale a cuando un médico general envía el paciente a un especialista para realizar análisis más específicos. Sólo cuando existe una sospecha fundada de una patología se debe afrontar de manera diferente por un colega especializado, de lo contrario es una pérdida de tiempo y las soluciones se deben centrar en otros análisis y campos. Si es cierto esto respecto al cuidado de la salud física, cuánto más lo debe ser el discurso sobre el cuidado del alma y del camino bautismal.

En tal caso, es sólo la Iglesia la que nombra y hace discernimiento sobre los sacerdotes idóneos para desempeñar este gran ministerio, asi como sobre el caso específico de la persona que pide ayuda espiritual en este sentido. Nunca se improvisa o se propone como exorcistas, curanderos y liberadores. Otra cosa fundamental es que no existen laicos (ni siquiera los diáconos temporales o permanentes) autorizados por la Iglesia para realizar exorcismos. Incluso las llamadas oraciones de liberación o sanación, deben hacerse con sabiduría y oportunidad bajo el acompañamiento de un sacerdote capacitado y siguiendo las normas que la Iglesia ya ha establecido. Salir de estos criterios significa situarse en el terreno de la desobediencia a la Iglesia, a la cual el Demonio siempre empuja al hombre como en pasado empujó a nuestros Progenitores a la desobediencia hacia Dios (ver Génesis 3).

2. Superstición y reiteración de fórmulas

A menudo el deseo de ahuyentar al Demonio lleva a caer en el pecado de superstición y se insinua también en el mundo católico, entre laicos como consagrados. Por ejemplo: se comienza la búsqueda del exorcista más “potente” (incluso fuera de la propia diócesis o región) como si se tratase de una virtud personal y no de la obra del Espíritu Santo que actúa en el ministro ordenado en nombre de la Iglesia. Se coleccionan compulsivamente sacramentales que deberían alejar más eficazmente las malas influencias, como crucifijos, medallas, velas, imágenes, sal, agua y aceite.

Se multiplican las oraciones de liberación que no han obtenido ninguna aprobación eclesiástica y que a menudo, vienen mutadas de ambientes no católicos; o vienen confeccionadas durante la función por el “sensitivo” o por el presunto laico carismático de turno. O incluso, las oraciones oficiales y las fórmulas aprobadas se reiteran compulsivamente con la esperanza de que la simple recitación a lo largo del tiempo sea suficiente para lograr el beneficio. Y frecuentemente se eligen como si fueran tendencias de los índices bursátiles las novenas y súplicas más adecuadas contra el Demonio: la Virgen que desata los nudos es buena, San Pio da Pietrelcina es el más fuerte, Santa Rita no es mala, San Espedito a veces fracasa mientras que San Vicinio sólo funciona si eres de la región Emilia-Romaña. Incluso, en relación a las Santas Misas se corre el riesgo de caer en la superstición por la continua instrumentalización profanadora en pedir la liberación. Se piensa que basta con mandar al sacerdote a oficiar la misa sin necesidad de participar personalmente, se cree que es el número de celebraciones encargadas, como si la cantidad fuera el criterio preeminente para la liberación. Un mecanismo similar sobre la cantidad de misas se encuentra en algunos libros devocionales en referimiento a las almas del Purgatorio, pero eso es otra cuestión.

3. “Encuentro y Convención de Liberación” en hoteles

Desde hace algunos años se ha generalizado que supuestos “sensitivos” y laicos carismáticos organizan encuentros de oración en ubicaciones laicas como son los hoteles con estrellas (al menos 4). Esto de por sí debería generar desaprobación en los fieles católicos de sano juicio que se ven desviados de los contextos eclesiales sin ninguna motivación. Una cosa es organizar un evento para millones y millones de personas como ocurre en los jubileos y los eventos nacionales, otra cosa es organizar para cincuenta o cien personas. En lugar de hoteles, ¿no se podría optar por un espacioso salón parroquial o una casa religiosa – que cada día están más vacías y desiertas – permaneciendo así dentro de los límites de la normalidad eclesial? Pero el presunto “sensitivo” o el carismático saben muy bien que al hacerlo así se mantienen alejados de los ojos y oídos de los pastores y puede decir y hacer libremente lo que quiera. De esta forma, se anuncia el paquete all inclusive con 80 o 100 euros al día: inscripción al curso, pase para la función, habitación individual, alimentos incluidos con cocina Michelin, y se tiene la garantía de quedar un poco liberado del maligno y ser purificado en el árbol genealógico. En definitiva antes la gente iba al spa, ahora a los fines de semana con exorcismo que van de moda.

4. Venta de libros y manuales de dudosa ortodoxia

Todavía hoy en día, el Diablo sigue siendo un producto de marketing desde que en 1973 se estrenó la película El exorcista de William Friedkin basado en la novela homónima de William Peter Blatty; el Diablo prácticamente no ha experimentado momentos de crisis. Podemos decir que se puede ganar usando el Diablo… e incluso se puede ganar razonablemente bien.

Y si alguna vez el Diablo era propiedad privada de la masonería, de los satanistas y de los círculos ocultistas; desde hace más de treinta años se ha convertido en un producto pop del que todos pueden usar o abusar según la propia necesidad. En efecto, son precisamente los laicos, no siempre cristianos, a encontrar en el “producto diablo” una mina de la cual sacar notoriedad y afirmación. La televisión fue la primera en saber lucrar con el tema: no sólo con películas, sino también con especiales, documentales, investigaciones que se cruzan con noticias del crimen y política; en definitiva, el Diablo es como la sal y la pimienta en una receta, “lo justo suficiente” para dar ese toque extra al plato y provocar elogios. Quizás sea en lo editorial donde el tema del diablo ha encontrado una nueva y perpetua juventud. La bibliografía al respecto es sumamente ilimitada y entre los autores realmente se puede encontrar de todo: se inicia con la convertida de Medjugorje, al ex adepto de una secta, pasando por el sacerdote que sin haber sido nombrado exorcista celebra conferencias sobre el demonio, terminando con el que se atribuye el título de demonólogo sin tener las mínimas competencias académicas o práctico-pastorales del caso. No pueden faltar los supuestos psíquicos o carismáticos que tratan sobre el Diablo y preparan recetas para liberar las influencias del mal, obviamente es necesario comprar sus libros. Muy peligrosos son aquellos que se sienten investidos por legado espiritual de algún exorcista famoso defunto – ¡es recomdable si murió en “olor” de santidad! – para luego presumir de legados espirituales y transmigraciones de carismas adjunto al título de perfecto libertador.

Cuando era niño en los años 1980, en Italia sólo oíamos hablar del Diablo por boca del Padre Gabriele Amorth y de Monseñor Corrado Balducci, este último conocido como demonólogo pero quien en su vida nunca vio un exorcismo real y que relató algunas imprecisiones teológicas en su libro Il Diavolo. Al menos ellos eran sacerdotes honestos, conscientes de su papel y obedientes a la Iglesia. Hoy en día todo el mundo sabe escribir sobre el Diablo, especialmente aquellos que no deberían escribir nada.

En conclusión, sigue siendo cierto que es mejor y prudente hablar poco del Diablo y con referencias precisas a la Palabra de Dios, a la Revelación y al Magisterio. ¿Y sabeis por qué? Porque nuestra fe nunca se ha fundamentado – ni nunca lo estará – en el Diablo sino en Cristo y su resurrección que vence las obras del Diablo: el pecado y la muerte. Si al menos entendiéramos esto ya no tendríamos la angustia de la demonopatía con la sensación de estar atormentados por el Diablo. Mucho más importante y agotador es crearse una conciencia profunda que se desee vivir constantemente ante la presencia de Cristo y de su Espíritu. Esto es lo que nos dice el bienaventurado apóstol Santiago en su carta. Nos pide que seamos sumisos a Dios: esto es lo que nos permite resistir al Diablo y escapar de sus obras y trampas. Seguramente hay pocos exorcistas en la Iglesia hoy en día, de seguro muchos de nuestros obispos no estan dispuestos a nombrarlos y prefieren nombrar presidentes de la Cáritas diocesana, utilizar recursos para las políticas sociales y de bienestar, pero luego se pueden encontrar a pocos kilómetros de la curia diocesana con el weekend exorcistico a cien euros al día del presunto exorcista, carismático o vidente famoso sin ni siquiera soltar un suspiro. Y aunque el Obispo diocesano fuera consciente del evento, no le daría el peso adecuado: ojo que no ve, corazón pastoral que no siente. Lamentablemente el Diablo ciertas cosas las deja hacer, y cuando alguna vez lo hace, todo sale a la luz, tal y como sucede con ciertas cosas tan antiguas como el mundo que se hacen pero no se dicen y como les encantaba cantarlas a un conocido cuarteto musical italiano:

«Se hace, pero no se dice, se hace, pero no se dice y quien lo hizo calla, lo niega y es mentiroso y nunca te dice la verdad».

Sanluri, 07 de febrero de 2025

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