Nota chiarificatrice circa alcune parole ambigue del Santo Padre: l’uomo ha bisogno di Dio, ma Dio non ha bisogno dell’uomo

  ― aiutiamo il Santo Padre con filiale chiarezza

 

NOTA CHIARIFICATRICE CIRCA ALCUNE PAROLE AMBIGUE DEL SANTO PADRE: L’UOMO HA BISOGNO DI DIO, MA DIO NON HA BISOGNO DELL’UOMO

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Non possiamo assolutamente neppure sospettare che il Santo Padre abbia inteso cose del genere, benché il suo modo di esprimersi non sia stato dei più felici, ed avrebbe necessitato, a nostro avviso, almeno di qualche precisazione. Inoltre, il Santo Padre non avrebbe fatto male a mettere in guardia dal rischio di un’interpretazione che porta al panteismo e all’ateismo, oggi molto diffusi.

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Autori
Giovanni Cavalcoli O.P. – Ariel S. Levi di Gualdo

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Se avessi fame, a te non lo direi [Sal 50,12]

Dov’eri tu quando Io ponevo le fondamenta della terra? [Gb 38,4]

A chi ha chiesto consiglio, perché Lo istruisse? [Is 40,14]

 

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Udienza del 7 giugno 2017 – per aprire il video cliccare sopra l’immagine

Nell’udienza generale del 7 giugno, il Santo Padre ha pronunciato le seguenti parole:

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«[…] il Vangelo di Gesù Cristo ci rivela che Dio non può stare senza di noi: Lui non sarà mai un Dio “senza l’uomo”; è Lui che non può stare senza di noi, e questo è un mistero grande! Dio non può essere Dio senza l’uomo: grande mistero è questo! E questa certezza è la sorgente della nostra speranza, che troviamo custodita in tutte le invocazioni del Padre nostro» [testo ufficiale QUI].

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Queste parole potrebbero a tutta prima farci venire in mente la famosa tesi di Hegel: «Dio senza il mondo non è Dio». Se così veramente fosse, sarebbe un’affermazione gravissima, gravida di conseguenze disastrose sul piano teologico e su quello morale, giacché è chiaro che Dio è del tutto sufficiente a Se stesso e può esistere benissimo anche senza l’uomo. E difatti, Egli, esisteva già perfetto, beato e completo da solo e da Sé, dall’eternità, prima che creasse il mondo. Egli è perfezione suprema, infinita ed assoluta. Nulla Gli si può aggiungere. Nulla Gli manca. Nulla Gli si può donare. Ciò che Gli doniamo sono quei doni che ha dato a noi. Da nulla la sua essenza può essere completata, neppure dalle creature più sublimi. Dio è l’assolutamente Necessario, mentre l’uomo è contingente creatura. Egli è di per Sé Tutto; le creature di per sé sono nulla e, tutto ciò che la creatura è, lo è da Dio.

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Egli certo è Amore per essenza, ha dato suo Figlio per la nostra salvezza, ma resta sempre che avrebbe potuto benissimo non esercitare questo amore verso il mondo, perché, se avesse voluto, avrebbe anche potuto non crearlo.

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Dio ha creato il mondo per puro amore e con un atto di liberissimo consiglio ― liberrimo consilio ―, come dice il Concilio Vaticano I, lo ha creato per puro e gratuito amore, senza essere assolutamente necessitato dalla struttura della sua essenza, così come invece operano gli agenti fisici subumani.

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Pensare che Dio, per esistere, abbia bisogno del contributo fattivo o ideale dell’uomo, perché da solo non ce la fa, conduce l’uomo a credere di poter essere indispensabile a Dio e di plasmare l’essenza di Dio, per cui Dio diventa un idolo, «opera delle mani dell’uomo» [Sal 135, 15], prodotto del pensiero umano, come nell’idealismo. Da qui la tentazione dell’uomo di credersi un dio o di identificarsi con Dio o di sostituirsi a Dio. O per dirla in altre parole: se l’uomo non ci fosse, Dio non ci sarebbe.

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Nella letteratura della spiritualità degli ebrei askenaziti, alcuni rabbanim [rabbini] narrano che «Dio aveva talmente bisogno di essere amato e onorato, che ad un certo punto decise di creare l’uomo a propria immagine e somiglianza, affinché l’uomo lo amasse e lo onorasse». Si tratta, naturalmente, di un’espressione del tutto poetica. Anche se come sappiamo, in teologia, ed in specie nella teologia dogmatica, le licenze poetiche, per quanto belle, ed a volte pure efficaci a rendere l’idea, possono essere non di rado pericolose, se non spiegate, ma soprattutto se non spiegate bene e come tali, ossia come licenze poetiche.

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Ora, non possiamo assolutamente neppure sospettare che il Santo Padre abbia inteso cose del genere, benché il suo modo di esprimersi non sia stato dei più felici, ed avrebbe necessitato, a nostro avviso, almeno di qualche precisazione. Inoltre, il Santo Padre, non avrebbe fatto male a mettere in guardia dal rischio di un’interpretazione che porta al panteismo e all’ateismo, oggi entrambi molto diffusi.

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Le parole del Santo Padre possono essere quindi intese in un senso mistico-affettivo-operativo ed inoltre come riferite al mistero dell’Incarnazione, in tre modi:

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primo, in un senso mistico-affettivo: è come il linguaggio degli innamorati, come quando l’innamorato dice alla sua amata «senza di te non posso stare». O come quando l’uno dice all’altra o viceversa: «io ti adoro». Parola che rende l’idea di ciò che si vuol dire a livello di profonda espressione affettiva, ma che nel linguaggio teologico ha un significato e soprattutto una “applicazione” ben precisa, perché solo Dio può essere oggetto di adorazione, salvo correre in caso contrario il serio rischio di cadere nell’idolatria.

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Secondo, in Cristo Dio ha in certo modo voluto aver bisogno dell’uomo. Lo mostra Cristo che chiede da bere alla samaritana [cf. Gv 4, 1-26], ed ancor più lo mostra la sua richiesta di collaborazione all’opera della salvezza, benché poi la nostra libera risposta sia dono della sua misericordia.

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Terzo, le parole del Santo Padre vanno intese come riferite al mistero dell’Incarnazione: Dio si è unito in Cristo per sempre all’uomo, e nulla potrà mai scindere questa unione. L’unione dunque di Dio con l’uomo in Cristo è però una necessità di fatto, non di diritto. Se la concepissimo come fusione delle due nature umana e divina, cadremmo nell’eresia cristologica contraria al dogma della distinzione delle due nature del Concilio di Calcedonia.

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Questa consapevolezza, ci dice il Santo Padre, che Dio in Cristo Si è legato per sempre all’uomo, è certo sorgente per noi di grande confidenza nel Padre, di consolazione e di speranza, che tuttavia non deve eccedere in una falsa certezza di salvarci in ogni caso e senza condizioni, annullando un santo timor di Dio, perché resta sempre in ciascuno di noi la responsabilità di corrispondere o meno a tanto amore, perché, se ci sottraessimo col peccato, a nulla ci servirebbe l’opera della redenzione. Ricordiamo infatti le famose parole di Sant’Agostino: « Colui che ti ha creato senza di te, non ti salva senza di te ».

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da L’Isola di Patmos, 8 giugno 2017

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Cari Lettori,

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dopo la preannunciata parentesi di cui vi abbiamo informati il 19 maggio [vedere nota QUI], siamo tornati a lavoro su L’Isola di Patmos. Durante il soggiorno presso il Convento di Padre Giovanni Cavalcoli abbiamo registrato numerose video-lezioni attualmente in fase di montaggio, a breve saranno pubblicate per tutti voi sul  nostro canale.

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Varazze 2

i Padri de L’Isola di Patmos a lavoro durante le riprese video effettuate nel Convento San Domenico di Varazze (Savona)

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