Riflessioni su Lutero, alle porte dell’anniversario della sua pseudo “riforma”, per la quale nulla, i cattolici, avrebbero da festeggiare
— Theologica —
RIFLESSIONI SU LUTERO, ALLE PORTE DELL’ANNIVERSARIO DELLA SUA PSEUDO “RIFORMA”, PER LA QUALE NULLA, I CATTOLICI, AVREBBERO DA FESTEGGIARE
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«Noi cattolici non abbiamo alcun motivo per festeggiare il 31 ottobre 1517, la data considerata l’inizio della Riforma che portò allo scisma della cristianità occidentale»
[Cardinale Gerhard Ludwig Müller¹]
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Mentre si avvicinano i festeggiamenti della pseudo-riforma dell’eresiarca Martin Lutero, i Padri dell’Isola di Patmos propongono ai Lettori due saggi brevi: il primo, redatto in questi giorni da Giovanni Cavalcoli OP, il secondo, è la riproposizione di un testo scritto e pubblicato oltre un anno fa da Ariel S. Levi di Gualdo.
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Lutero voleva una riforma interna della Chiesa, ne desiderava la purificazione e il rinnovamento, desiderava che molti fedeli fossero liberati da forme di mera superstizione popolare; e sia di purificazione sia di rinnovamento sia di liberazione da forme di mera superstizione popolare la Chiesa aveva profondo bisogno. Il movimento che a partire da lui e che da dopo di lui ha preso vita non ha però generato alcuna riforma ma solo un’insanabile rottura divenuta presto scisma; il tutto più per interessi e per egoismi politici che per esigenze e per ideali di fede. Questo il motivo per il quale non amo usare il termine diffuso ― purtroppo anche in ambito cattolico, anzi persino ripetutamente citato su L’Osservatore Romano ― di «riforma protestante». Ritengo infatti che Lutero abbia desiderato una riforma. I suoi seguaci e quanti hanno raccolto e fatta propria la sua voce hanno invece concorso a creare una rottura drammatica in virtù della quale la Chiesa Cattolica, ben presto indotta a un bagno di sano e forse anche meritato realismo, fu costretta a reagire con una riforma interna: il Concilio di Trento, chiamato a mio parere in modo del tutto improprio col nome di contro-riforma anche ― purtroppo! ― nell’ambito di quelli che dovrebbero essere i più colti e alti studi teologici e storico-teologici promossi all’interno delle nostre istituzioni accademiche ecclesiastiche.
La Chiesa reagì a quella dolorosa lacerazione attraverso i mezzi, il linguaggio e i modi efficaci e pertinenti adottati dai Padri del Concilio in quel loro tempo storico. Ma da quando il termine “tridentino” è divenuto una sorta di sinonimo dispregiativo, purtroppo anche in ambito “teologico” cattolico, si rischia di perdere la straordinaria portata di quel grande Concilio che nei concreti fatti fece la riforma che Lutero avrebbe voluto, ma che in parte per sua colpa, in parte per colpa dei suoi ciechi e sordi interlocutori romani, ma soprattutto per causa della politica e degli interessi personali di molti regnanti, non riuscì a far passare.
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[1] Dal libro intervista al Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, Cardinale Gerhard Ludwig Müller, Informe sobre la esperanza, 2016
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