Domando perdono a Sua Santità per il “Pesce d’Aprile” offrendo una riflessione sul carrierismo-camaleontico
DOMANDO PERDONO A SUA SANTITÀ PER IL «PESCE D’APRILE» OFFRENDO UNA RIFLESSIONE SUL CARRIERISMO-CAMALEONTICO
Chi spera di ottenere qualche cosa non dice mai la verità, si limita solo a cercare di compiacere in tutti i modi il padrone per ottenere da esso ogni possibile beneficio. E nella Chiesa d’oggi non abbiamo purtroppo né un San Bernardo di Chiaravalle né una Santa Caterina da Siena che si rivolgano al Romano Pontefice in modo deciso, avvolti d’amore e sacro rispetto verso l’Augusta Persona della Santità di Nostro Signore; temo quindi che in questi tempi di vacche magre la Santità Vostra debba accontentarsi di un mezzo scarto come me.
«Nessuno cuce una toppa di panno grezzo su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo squarcia il vecchio e si forma uno strappo peggiore»
[Vangelo di San Marco 2, 21]
Beatissimo Padre.
Consapevole che un “rattoppo” può dare vita a uno “strappo peggiore” [Mc 2, 21] umile e sincero Vi domando perdono per avere esordito il 1° aprile sulla seguita rivista telematica L’Isola di Patmos con un genere di scherzo noto in ambito europeo come «Pesce d’Aprile» [ndr. vedere QUI], lo stesso genere di scherzo che nelle terre d’origine della Santità Vostra è noto invece come «las bromas del dia de los Santos Inocentes» [gli scherzi del giorno dei Santi Innocenti], che in America Latina cade il 28 dicembre.
Confido anche nel sorriso di S.E. Mons. Guido Pozzo che dalla Pontificia Commissione Ecclesia Dei è stato promosso nunzio apostolico nella Repubblica di Nauru, perché anch’esso nella sua vita ecclesiastica avrà forse ricevuto o fatto qualche “scherzo da prete”, a partire dai tempi in cui era studente presso l’antico Collegio Capranica, dal quale sono uscite nel corso degli ultimi decenni cordate di soggetti che di scherzi alla Chiesa ne hanno fatti svariati e pesanti; molti dei vescovi donati alle diocesi italiane da quest’Almo Collegio sotto la precedente presidenza della C.E.I. ne sono infatti prova palese.
Nessuno potrà dire che io abbia dei celati sentimenti di carrierismo, piaga contro la quale ho spesso combattuto e scritto in toni duri nei miei libri e articoli; perché chiunque miri nel proprio intimo a qualche cosa si guarda bene dal promuovere per scherzo se stesso ad una sede vescovile, tanto è noto e risaputo che neppure uno che aspiri a diventare parroco di una chiesa di campagna farebbe pubblici scherzi del genere.
I carrieristi non sono spariti, hanno solo cambiata veste: sotto il pontificato del Vostro Sommo Predecessore erano tutti presi in sfoggi d’attenzioni per la sacra liturgia ed i suoi importanti apparati, tanto che all’epoca le sartorie ecclesiastiche e le fabbriche di paramenti artistici facevano affari d’oro. Oggi invece le stesse sartorie e fabbriche piangono miseria, perché il nuovo stile inaugurato dalla Santità Vostra è tutto improntato sulla semplicità e su una povertà francescana che neppure San Francesco d’Assisi conobbe mai, visto che i suoi frati erano sì poveri, ma le loro chiese erano dotate per la gloria di Dio dei paramenti più belli e delle suppellettili più preziose. I calici di coccio hanno cominciato a usarli di recente per ostentata “povertà” quei certi Frati Minori che hanno poi spinto il proprio Ordine verso la bancarotta per speculazioni finanziarie spericolate con le banche svizzere, mentre giocondi cantavano le lodi a Madonna Povertà e ponevano al contempo il Corpo e il Sangue di Cristo in vasellami di terracotta decorati con i colori della “bandiera della pace“, la quale nasce peraltro in ambito esoterico ed occultistico, come ormai risaputo e spesso inutilmente ripetuto ai diversi preti che si ostinano a metterla sugli altari dai quali da tempo hanno tolto il crocifisso centrale, affinché l’ombra di Nostro Signore non debba offuscare l’immagine del “prete-protagonista“.
Sono quindi certo che con la Vostra grazia di stato e la sapienza di cui siete Sommo Maestro sarete prudente e lungimirante quanto basta a non fidarvi di questi camaleonti, perché i carrieristi che oggi parlano di poveri e barboni sono gli stessi che sino a due anni fa spendevano somme esorbitanti di danaro solo per organizzare una sontuosa cena per celebrare il loro anniversario di consacrazione episcopale, alla presenza del gotha della vecchia aristocrazia e dei membri degli ordini cavallereschi che durante certe feste degne delle corti rinascimentali versavano lacrime di nostalgia per il vecchio Stato Pontificio. Ma ecco che d’improvviso ce li siamo ritrovati dinanzi totalmente trasformati, ed a soli due anni di distanza da allora, oggi non perdono occasione per parlare di poveri e di barboni ad ogni pubblica occasione propizia.
Forse sarebbe bene informare la Santità Vostra che ci sono Vescovi che nelle proprie omelie hanno posto ormai in secondo piano il Verbo di Dio fatto Uomo per parlare ai fedeli dei barboni, delle docce e dei barbieri che il Romano Pontefice ha fatto mettere a loro disposizione. A quanto però ci è dato sapere nessuno di loro ha messo a disposizione dei barboni né il proprio super-attico in città, né la propria villa, né il prezioso rustico di campagna che si sono preparati con gran cura e dispendio di danaro per potersi ritirare a quieta vita quando saranno “vescovi emeriti”; né pare che alcuno di essi abbia messo a disposizione dei barboni i cospicui risparmi accumulati durante gli anni del proprio ministero episcopale.
La mia modesta esperienza mi insegna che non bisognerebbe mai fidarsi di chi passa con siffatta disinvoltura dai broccati decorati in oro e argento agli stracci dozzinali in acrilico sintentico, perché ciò denota che questi clericali trasformisti non sono mai se stessi e quindi non manifestano mai la genuina sincerità del proprio essere. Coloro che dopo la Vostra Augusta elezione al Sacro Soglio hanno riposte in cassaforte le croci pettorali d’oro per presentarsi alle assemblee episcopali o in udienza privata dal Romano Pontefice con croci pettorali di ferro, o quelli che per figurare più poveri ancora si presentano direttamente con croci pettorali di legno a forma di tau francescano, sono il segno vivente della inaffidabilità più falsa e pericolosa, oltre che paradigma di quella desolante mediocrità che oggi soffoca la Chiesa di Cristo dai più bassi ai più alti livelli.
Quelli che invece scherzano in modo molto serio sono parecchio più affidabili di questi trasformisti, perché come ci ha insegnato quel giocoso santo di Filippo Neri essi servono veramente la Chiesa e il Romano Pontefice usque ad effusionem sanguinis, mentre i camaleonti tradiscono sempre; e non si limitano a tradire i vivi, tradiscono anche i morti.
Mi piacerebbe che in occasione della benedizione Urbi et Orbi la Santità Vostra si presentasse assiso sul trono dorato con l’abito corale pontificale, dopo avere celebrato le solennità pasquali con i paramenti storici più belli di cui è ricca la papale basilica di San Pietro, perché a quel punto, coloro che cavalcano una immagine di povertà da marketing mediatico e che offrono omelie unicamente a base di barboni, descrivendo ai nostri tanti fedeli che non conoscono più neppure i rudimenti del Catechismo della Chiesa Cattolica l’importanza delle docce e dei barbieri messi a loro servizio; gli eretici modernisti per un verso e gli eretici lefebvriani per altro verso, sarebbero messi tutti quanti in totale stato confusionale; e più li metteremo in confusione, più li porteremo allo scoperto; più li porteremo allo scoperto, più possibilità avremo di liberare la Santa Chiesa di Cristo da queste cellule tumorali sparse nel suo Corpo Santo come delle metastasi.
Di questi tempi, per preservare e per salvare la Santa Chiesa di Cristo non bisogna portare la pace, ma una spada [Mt 10, 34], che all’occorrenza può essere anche la spada della sana e cristiana ironia utile a mettere a nudo quanti sono pronti a cambiare con estrema facilità bandiera ed a saltare all’istante sul carro del nuovo vincitore, pur di rimanere gli stessi di sempre, cercando di ottenere tutto quello che si può riuscire ad ottenere in benefici e cariche ecclesiastiche persino dopo certi radicali cambi di governo. E costoro, da cui la Santità Vostra è purtroppo circondato, sono la moderna incarnazione di Giuda che rimproverò Maria di avere unto il Signore con un prezioso olio di nardo che a parere dell’Iscariota poteva essere venduto per 300 denari per darne poi il ricavato ai poveri [Gv 12, 5]; sono gli stessi che dopo avere accompagnato il Signore nel suo ingresso trionfale a Gerusalemme poco dopo lo abbandonarono dinanzi al pericolo e fuggirono [Mt 26, 56], mentre la folla di ieri, come quella di oggi, sceglieva Barabba e gridava nel pretorio di Pilato: «Crocifiggilo, crocifiggilo!» [Gv 19, 6].
Il mio cuore si rallegra dinanzi alla misericordia ed alla tenerezza più volte invocata dalla Santità Vostra e questo mi rende fiducioso che assieme ai barboni potremo esserne beneficiati anche noi figli Vostri e servitori devoti della Chiesa, resi indegnamente partecipi per mistero di grazia al sacerdozio ministeriale di Cristo, pur essendo noi sacerdoti sempre più carenti sia di misericordia sia di tenerezza da parte delle nostre Autorità Ecclesiastiche.
La Santità Vostra ha mai pensato — ed assieme a Voi quei Vostri Venerabili Fratelli Vescovi dediti oggi alla predicazione del nuovo Vangelo dei barboni — di mandare questi amabili clochards a celebrare il Sacrificio Eucaristico, a dare la sacra unzione a un infermo, ad assolvere i fedeli dai loro peccati, a guidare in vario modo il Popolo di Dio sulla via della fede in tutte quelle regioni del mondo dove la mancanza di sacerdoti aumenta sempre di più e dove l’età del clero è sempre più elevata? Perché anche noi presbiteri che serviamo la Chiesa con la nostra vita ed a prezzo della nostra vita e che spesso siamo parecchio più soli e abbandonati dei barboni, abbiamo bisogno di “docce”, di “barbieri” e di varie altre attenzioni che però nessuno ci dà.
Chi spera di ottenere qualche cosa non dice mai la verità, si limita solo a cercare di compiacere in tutti i modi il padrone per ottenere da esso ogni possibile beneficio. E nella Chiesa d’oggi non abbiamo purtroppo né un San Bernardo di Chiaravalle né una Santa Caterina da Siena che si rivolgano al Romano Pontefice in modo deciso, avvolti d’amore e di sacro rispetto verso l’Augusta Persona della Santità di Nostro Signore; temo quindi che in questi tempi di “vacche magre” la Santità Vostra debba proprio accontentarsi di un mezzo scarto come me.
Prostrato ai Vostri piedi bacio con devota obbedienza l’anello del Pescatore, con gli occhi illuminati da quel dono della grazia nella fede attraverso i quali non cesserò mai di venerare in Voi il Mistero della Chiesa eretta dal Verbo di Dio sulla roccia di Pietro.
Ariel S. Levi di Gualdo, presbitero
Dall’Isola di Patmos, 1 aprile 2015, ore 23.00
Vigilia della Missa in Coena Domini
O Redemptor sumet carmen
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