Mentre nella Chiesa tutto tace, al meeting di Comunione e Liberazione di Rimini, il diavolo diventa realtà simbolica: il Preposito Generale dei Gesuiti continua a riscrivere la dottrina cattolica

– attualità ecclesiale –

MENTRE NELLA CHIESA TUTTO TACE, AL MEETING DI COMUNIONE E LIBERAZIONE DI RIMINI, IL DIAVOLO DIVENTA REALTÀ SIMBOLICA: IL PREPOSITO GENERALE DEI GESUITI CONTINUA A RISCRIVERE LA DOTTRINA CATTOLICA  

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La Felix Culpa che la madre Chiesa canta nel Preconio nella notte di Pasqua, sancisce irrevocabilmente il trionfo di Cristo sul peccato e sulla morte, armi inique di colui che è origine e causa di ogni male: il Demonio. O forse Gesù Cristo sarebbe morto in croce per salvarci da un mito, da un simbolo, da una forma di psichismo patologico? Siamo seri per una volta, è l’amore alla Chiesa che ce la impone, questa serietà.

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Autore
Ivano Liguori, Ofm. Capp.

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… ma sì, inculturiamo tutto ciò che non è cattolico! Nella foto: Padre Arturo Sosa, Preposito Generale della Compagnia delle Indie in versione Sandokan 

Al Meeting di Comunione e Liberazione di Rimini è stata tributata al Preposito Generale della Compagnia di Gesù, Padre Arturo Sosa, l’accoglienza delle grandi occasioni: applausi, molto entusiasmo, cuori palpitanti e febbricitante attesa per le dichiarazioni di Sua Paternità il papa nero che argomentava sul tema: Imparare a guardare il mondo con gli occhi del Pontificato di FrancescoTra le tante domande a cui il Padre Arturo Sosa è stato sottoposto c’è stata quella relativa all’esistenza del diavolo:

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«Padre, il diavolo esiste?»

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la risposta del superiore generale della Compagnia di Gesù è stata questa:

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«In diversi modi. Bisogna capire gli elementi culturali per riferirsi a questo personaggio. Nel linguaggio di sant’Ignazio è lo spirito cattivo che ti porta a fare le cose che vanno contro lo spirito di Dio. Esiste come il male personificato in diverse strutture ma non nelle persone, perché non è una persona, è una maniera di attuare il male. Non è una persona come lo è una persona umana. È una maniera del male di essere presente nella vita umana. Il bene e il male sono in lotta permanente nella coscienza umana, e abbiamo dei modi per indicarli. Riconosciamo Dio come buono, interamente buono. I simboli sono parte della realtà, e il diavolo esiste come realtà simbolica, non come realtà personale» [cf QUI].

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Non occorre essere dei teologi del calibro di Mons. Renzo Lavatori per controbattere e smontare pezzo per pezzo questa risposta che manca totalmente dei fondamenti basilari di quella parte della teologia dogmatica chiamata angelologia e demonologia, basta seguire l’insegnamento bimillenario della Chiesa.

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Padre Arturo Sosa, Preposito Generale della Compagnia delle Indie

Lascio ai lettori de L’Isola di Patmos questo compito, aiutandosi con gli ottimi libri di Mons. Renzo Lavatori e dei Padri Padre François Dermine, Francesco Bamonte e Cesare Truqui. 

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Non è mia intenzione polemizzare, bensì riportare all’attenzione di tutti il sano e autentico Catechismo della Chiesa Cattolica così come ogni buon parroco e ogni superiore generale dovrebbe fare con assiduità nei confronti dei suoi fedeli. Peraltro, in tempi passati, L’Isola di Patmos si occupò di un tema diverso ma analogo, sempre legato al Preposito Generale della Compagnia di Gesù, in un articolo firmato dai Padri Giovanni Cavalcoli e Ariel S. Levi di Gualdo [vedere QUI]. 

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La risposta che è stata data al Meeting, che si colloca al di fuori di ogni grazia di Dio, consta alla quale si unisce come aggravante l’autorevolezza di colui che l’ha di fatto pronunciata. Non si sta parlando di un sacerdote qualunque ma del Superiore generale di uno storico Ordine religioso che dall’alto del suo ufficio dovrebbe costituire la quintessenza dell’ortodossia e del carisma originario del fondatore, nel caso specifico Sant’Ignazio di Loyola.

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Voglio rifiutare categoricamente di pensare che Sant’Ignazio di Loyola, di cui è nota universalmente la eroicità delle virtù, considerasse il diavolo come realtà non esistente o una personificazione concettuale o mitica o simbolica del male. Infatti, chi lo definì come «una traduzione mitico-simbolica delle antiche paure ancestrali dell’uomo», percorrendo di fatto il sentiero di Rudolf Bultmann, questi fu sì un gesuita, ma non il Santo fondatore della Compagnia di Gesù, bensì Karl Rahner [cf Giovanni Cavalcoli, Kar Rahner, il Concilio tradito, 2009].

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Padre Arturo Sosa, Preposito Generale della Compagnia delle Indie

Sia ben chiaro, non mi straccio le vesti, ne griderò allo scandalo! Anche perché di questi tempi, giunti al decadente declino in cui versiamo, non serve più a nulla. Occorre invece correre ai ripari per salvaguardare quella poca credibilità che ancora noi sacerdoti possediamo verso il popolo di Dio e che ci consente di essere maestri affidabili della Tradizione della Chiesa in vista della salvezza delle anime. 

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Consapevole della mia condizione di peccatore incallito, non intendo affatto giudicare il Padre Arturo Sosa per la sua affermazione o per la sua fede. Prendo solo consapevolezza di come egli abbia indubbiamente una fede, che è però la sua fede particolarissima. Allo stesso tempo, probabilmente, ha qualche problema relativo al sentire cum Ecclesia.

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Giova inoltre ricordare che ogni buon teologo, quando esercita il suo ruolo di maestro, deve obbedire a una regola fondamentale: non è nella creatività della fede che si colloca il suo ministero ma nel compito autentico di approfondire e aiutare i fedeli a capire e ad annunciare il depositum fidei senza crearne uno nuovo [cfr. J. Ratzinger, Rapporto sulla fede, p 71]. Sicuramente, una tale affermazione, all’interno di una riflessione teologica sull’azione pastorale di Papa Francesco, stona non poco. Personalmente, nei panni del Romano Pontefice, mi sentirei a disagio nel sapere che un mio confratello, proprio nel momento in cui loda la mia condotta pastorale, allo stesso tempo compie uno scivolone teologico di questo genere, negando apertamente a chiare lettere che il Demonio sia persona, come invece insegna la dottrina cattolica, che non è un’opinione opinabile, perché si basa su certezze di fede. Ecco allora riecheggiare le parole di quel sant’uomo di Papa Leone VII:

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«ognuno ritiene ormai che debba essere tenuto per vero non ciò che è stato tramandato ma ciò che a ciascuno sembra meglio» [cfr. Leone VII, Enciclica Si instituta ecclesiastica].

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Tuttavia, come cristiano e sacerdote devo necessariamente riconoscermi bisognoso di una Chiesa che è portatrice di salvezza e di un depositum fidei che non può essere ignorato, contraffatto o mercanteggiato. Oggi, avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, è spesso etichettato come fondamentalismo e, con l’attenuante del buonismo e del misericordismo spinto, si rischia di trascurare la coscienza dei fedeli cristiani, anche a rischio della loro salvezza eterna. Volete un esempio in tal senso? Chi di voi oggi sente dai pulpiti omelie o conferenze sul tema dei Novissimi: morte, giudizio, inferno e paradiso? Nessuno, vero? Forse c’è qualche sacerdote che ha superato i settant’anni che ha ancora il coraggio di farlo. Purtroppo, alla verità, si antepone la ricerca del consenso, i likes, i selfies, il desiderio di evitare discussioni, la ricerca smaniosa della propria buona fama e della tranquillità, della visibilità mediatica e della bonarietà televisiva spinta ai massimi livelli.

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Il Preposito Generale dei Gesuiti, Padre Arturo Sosa, pare che legga e cerchi di comprendere il Catechismo della Chiesa Cattolica … questo gran testo sconosciuto!

Il politicamente corretto si muta così nel religiosamente corretto, anzi nel dogmaticamente corretto che tutto include, accoglie e livella distillando un Credo universalmente innocuo ma privo di quella tensione soteriologica che ci fa affermare con forza che il Figlio di Dio è apparso nel mondo per distruggere le opere del Diavolo [cfr. 1Gv 3,8]. Per queste ragioni, i nostri fratelli cristiani hanno il sacrosanto diritto di vedere in noi sacerdoti coloro che indicano la vera, autentica e sana dottrina tradizionale della Chiesa, così come è stata trasmessa e custodita fin dalle origini in comunione con l’Apostolo Pietro e il Collegio Apostolico. Per questo motivo, dobbiamo insistere ancora una volta sulla fede autentica e tradizionale della Chiesa così come ci è stata consegnata da Cristo e dagli apostoli. La fede non è nostra ma è dono di Dio, e la sacra Rivelazione è un messaggio che ci è stato consegnato e che non abbiamo ricevuto, perciò non abbiamo nessun diritto di modificarlo o snaturarlo a nostro piacimento.

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Diceva già Tertulliano: «Per noi non è lecito introdurre nulla a nostro arbitrio» e riferendosi agli eretici «ciascuno modella a suo piacimento il patrimonio dottrinale ricevuto» [cfr. Tertulliano, De Praescriptione Haereticorum, VI, 3 e XLII,7]. Detto questo: sgomberiamo la nostra mente e il nostro cuore di credenti dai falsi venti di dottrina e apriamoci allo Spirito Santo, l’unico vento salubre e maestro spirituale che opera un vero e autentico discernimento nella Chiesa a partire da ciò che ci è stato tramandato. La Tradizione è un tesoro che ci è stato consegnato affinché ci renda ricchi della presenza del Padre e ciò sia garanzia di salvezza: questo siamo chiamati a restituire integro ai nostri figli e nipoti. E poiché in questa Tradizione che salva, Cristo rappresenta il centro e il fulcro, è necessario conoscere bene l’opera e la potestà del Salvatore.

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Padre Arturo Sosa ricorderà senz’altro che il primo oppositore dell’opera di Dio e del Figlio suo non è l’uomo ma il Diavolo che nel Paradiso terrestre sedusse i progenitori e nel ministero pubblico del Salvatore si espresse chiaramente:

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«Che vuoi da noi, Gesù di Nàzaret? Sei forse venuto a rovinarci? Io so chi sei: tu sei il Santo mandato da Dio» [cfr. Lc 4,34].

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La Felix Culpa che la madre Chiesa canta nel Preconio nella notte di Pasqua, sancisce irrevocabilmente il trionfo di Cristo sul peccato e sulla morte, armi inique di colui che è origine e causa di ogni male: il Demonio. O forse Gesù Cristo sarebbe morto in croce per salvarci da un mito, da un simbolo, da una forma di psichismo patologico? Siamo seri per una volta, è l’amore alla Chiesa che ce la impone, questa serietà.

 

Cagliari, 23 agosto 2019

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12 commenti
  1. stefano
    stefano dice:

    Padre Sosa è del tutto coerente: il diavolo è una rappresentazione simbolica perché a sua volta Dio è un mito, la raffigurazione umana degli archetipi ancestrali. Come si può rimproverare a chi ha perso la fede di non conformare le sue opinioni al catechismo? Gli si dovrebbe chiedere piuttosto di lasciare l’abito.

  2. Non Metuens Verbum
    Non Metuens Verbum dice:

    caro padre Ivano, un conto è essere peccatori incalliti come te e me, altro conto è essere apostati e atei dichiarati.
    Se del Male esiste solo un simbolo da noi creato, perché non dire altrettanto del Bene, mitizzato nella nostra fantasia col nome di Dio ?

  3. Padre Ariel
    Don Francesco Messina dice:

    Padre Ivano,

    bell’articolo!
    Papa Clemente XIV era un francescano come te, non un cappuccino, ma un frate minore conventuale.
    E’ falso, storicamente falso affermare che questo Papa abbia soppressa la Compagnia di Gesù per compiacere diversi sovrani europei che avevano in odio i gesuiti.
    L’interpretazione dello storico Ludwig von Pastor che definisce la soppressione del 1773 come gesto di estrema resa alle corti borboniche, è cosa falsissima! Li soppresse per i gravi problemi che stavano creando e per le forti influenze anche politiche che stavano esercitando, perché ormai la pianta era già marcia, e al tempo stesso loro erano una influente potenza numerica e economica.
    Le prove? Basta vedere i risultati prodotti nei paesi evangelizzati da francescani e domenicani e nei paesi evangelizzati dai gesuiti.
    Nei paesi evangelizzati dai gesuiti troviamo: sincretismo nei paesi dell’oriente, ostacoli di ogni genere alla creazione di episcopati locali, perché i gesuiti, nei paesi asiatici, avevano in mano tutti i vicariati apostolici, commistioni con i governanti del luogo, spesso figure anche molto violente e sanguinarie, ecc …
    Poi, in America Latina? Commistioni tra vangelo e marxismo, appoggi alle guerriglie, diffusioni di dottrine eterodosse, teologia della liberazione, ecc … ecc …
    E oggi?
    Oggi abbiamo una Compagnia di Gesù (o come dice padre Ariel “Compagnia delle Indie”) infarcita delle peggiori eresie, che diffonde eresie, che si getta a gamba tesa nelle politiche della sinistra internazionale, che non mette a tacere gentaglia come James Martin che augura “felice gay pride” ai sodomiti orgogliosi, che ha come superiore generale un tizio che più e più volte è scivolato sulle basi fondamentali del catechismo …
    E a che cosa dobbiamo assistere?
    Al commissariamento di istituti religiosi che non si sognerebbero neppure, di fare, e solo in piccolissima parte, quello che hanno fatto e che stanno oggi facendo i gesuiti.
    Dio ci liberi presto da questo cancro!

    • Raffaele Vargetto
      Raffaele Vargetto dice:

      Io penso che tutto questo sia un castigo di ordine spirituale per aver disatteso i richiami del messaggio di Fatima. Ciò vale sia per i chierici di alto e basso rango, sia per i fedeli battezzati che, per la maggior parte, a partire dagli anni sessanta, hanno cominciato ad abbracciare la vita mondana, trascurando ciò che la Madonna aveva invitato a praticare: la preghiera e la penitenza, con la rinuncia a tutto quello che avrebbe allontanato le anime da Dio.

  4. Libera mente semper
    Libera mente semper dice:

    Sono una semplice fedele, moglie e mamma.
    Vorrei esprimere quello che sento riguardo a questo tema, che trovo in qualche modo collegato al precedente articolo di Padre Ariel.
    In una famiglia c’è necessità che i figli abbiano a riferimento i genitori, figura determinante nell’educazione, nella trasmissione dei valori, per un sano modo di crescere.
    Oggi i genitori non sono più genitori ma “amici”, interlocutori alla pari, risultano famiglie deboli.
    Il figlio ha bisogno di una guida sicura, forte, amorevole, “genitoriale”. Ha bisogno anche di “no”.
    Nella Chiesa mi pare succeda un po’ come nella famiglia: si è persa la guida, tutti possono fare tutto (tranne amministrare i sacramenti, spero), tutti possono dire tutto e il contrario di tutto, la figura del “Padre” (non a caso anche i sacerdoti si chiamano “Padri”), ha totalmente perso la sua dignità, il suo ruolo specifico, il suo essere riferimento per i “figli” spirituali.
    Frutto della modernità.
    O non piuttosto frutto di questa impersonificazione del male che va a minare proprio i capisaldi, le figure di riferimento, nella famiglia come nella Chiesa?
    L’attacco mi pare al “padre”, sia esso laico che religioso.

    • Padre Ariel
      Anna Maria Vanni dice:

      Si, negli ultimi due articoli Padre Ivano scrivendo sul superiore generale dei gesuiti e Padre Ariel scrivendo sul caso del card. George Pell hanno trattato due argomenti diversi, ma uniti da un unico comune denominatore: la totale alterazione della realtà.
      La realtà non è qualche cosa di oggettivo ma qualche cosa che si crea, secondo le esigenze e le circostanze.
      Ne consegue che si finisce col creare una fede secondo le proprie esigenze.
      Già in passato, il gesuita Sosa, si era dichiarato “allergico alla dottrina”, ricordate?
      Come cattolica, io rivendico invece il sacrosanto diritto di essere allergica a gente come lui, come Spadaro e … e … lasciamo perdere il resto!

  5. orenzo
    orenzo dice:

    «… è lo spirito cattivo che ti porta a fare le cose che vanno contro lo spirito di Dio… non è una persona, è una maniera di attuare il male… Il bene e il male sono in lotta permanente nella coscienza umana, e abbiamo dei modi per indicarli. Riconosciamo Dio come buono, interamente buono. I simboli sono parte della realtà, e il diavolo esiste come realtà simbolica, non come realtà personale»
    Se pertanto si afferma che:
    – lo spirito cattivo è contro lo spirito di Dio,
    – il bene e il male sono in lotta permanete,
    – Dio è buono e il diavolo è realtà simbolica,
    –>bisogna logicamente concludere che anche Dio è realtà simbolica in quanto è la personificazione del bene!!!
    Ma il Sosa si accorge che attraverso la sua bocca parla Satana in persona?

    • Raffaele Vargetto
      Raffaele Vargetto dice:

      Ho avuto la sensazione che Sosa parlasse di Dio come simbolo del Bene. Se è così, non si tratta solo di eresia, ma di apostasia e la conclusione è che l’uomo diventa Dio e determina ciò che è bene e ciò che è male.

  6. enzo
    enzo dice:

    15 novembre 1972 Udienza generale piazza San Pietro Papa Paolo VI – Liberaci dal Male –

    ………Il peccato occasione ed effetto di un intervento in noi e nel nostro mondo di un agente oscuro e nemico, il Demonio. Il male non è più soltanto una deficienza ma un efficienza , un essere vivo, spirituale, pervertito e pervertitore.Terribile realtà. Misteriosa e paurosa.
    Esce da quadro dell insegnamento biblico ed ecclesiastico chi si rifiuta di riconoscerla esistente.
    Ovvero chi ne fa un principio a se stante,non avente essa pure, come ogni creatura origine da Dio.
    Oppure la spiega come una pseudo-realtà ,una personificazione concettuale e fantastica delle cause ignote dei nostri malanni………………..

  7. fabio
    fabio dice:

    Salve vorrei domandare i santi pontefici del concilio e post, dove erano quando il modernismo penetrava nella Compagnia di Gesù, e perché non è stata sciolta?
    Vi ringrazio.

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