Sobre o Ministro da Cultura. A falta de diplomas é talvez um sinal de grande genialidade na Esquerda e uma fonte de grande provocação na Direita?

SOBRE O MINISTRO DA CULTURA. A FALTA DE GRAUS É TALVEZ UM SINAL DE GRANDE GENIALIDADE À ESQUERDA E RAZÃO DE GRANDE GOSTO À DIREITA?

Os "comediantes de festa" enviados ao ataque para zombar do “pobre” Ministro da Cultura porque não se forma, poi a seguire perché laureato a quasi cinquant’anni, intendono per caso ironizzare anche su certi autori-bandiera celebrati come indiscusse icone della Sinistra, alcuni dei quali non finirono neppure i licei e le scuole superiori?

– Os resumos dos Padres da Ilha de Patmos –

AutorTeodoro Beccia

Autor
Teodoro Beccia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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L’attuale ministro della cultura Alessandro Giuli è stato oggetto di critiche e lazzi perché non era laureato, poi perché solo di recente ha conseguito la laurea alle soglie dei 50 anos.

Alberto Pincherle, in arte Alberto Moravia (1907 – 1990)

Sul versante della Sinistra si sono sbizzarriti a dare il meglio di sé stessi. Personalmente penso che il Ministro meriti critiche, volendo anche severe, ma per altro, non per la mancanza di una laurea, che non ha mai costituito per alcuno garanzia di intelligenza, sabedoria, preparazione e competenza.

Prendiamo solo alcuni di quegli autori considerati intellettuali intoccabili nonché bandiere della Sinistra di ieri e di oggi:

Italo Calvino (Santiago de Las Vegas 1923 - Siena 1985) che fu studente pigro e mediocre sin dall’adolescenza, iscritto alla facoltà di agraria dove dette solo alcuni esami ritirandosi poi dagli studi, oggi è considerato uno tra i narratori più significativi del Novecento (cf.. WHO).

Elio Vittorini (Syracuse, 1908 - Milano, 1966) che lungi dall’essersi mai laureato non riuscì neppure a conseguire il diploma all’istituto di ragioneria, oggi è inserito nell’Olimpo dei letterati italiani del Novecento (cf.. WHO).

Alberto Moravia (Roma, 1907 - Roma, 1990) che non finì neppure il liceo classico interrompendo gli studi dopo i primi due anni di ginnasio, è autore di un romanzo (Gli indifferenti, 1929) consideratoopera capitaledella letteratura del Novecento (cf.. WHO).

Questi autori ebbero in comune tra loro che furono più volte editorialisti de L’Unità, órgão oficial do Partido Comunista Italiano, e por anos, a Terza Pagina del quotidiano comunista O Manifesto, dedicò loro ogni genere di sperticata critica celebrativa.

I “comici di partito” mandati all’assalto a sfottere il “pobre” Ministro da Cultura porque não se forma, poi a seguire perché laureato a quasi cinquant’anni, intendono per caso ironizzare anche su certi autori-bandiera celebrati come indiscusse icone della Sinistra, alcuni dei quali non finirono neppure i licei e le scuole superiori?

Velletri de Roma, 30 Outubro 2024

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Os Padres da Ilha de Patmos

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“Gratidão e amor de Deus”? Fora de questão eu’ “amo deuses”, enquanto estiver no “gratuitamente” é melhor avaliar e evitar se necessário. Um novo visual da Ilha de Patmos

OBRIGADO E O AMOR DE DEUS ? È FUORI DISCUSSIONE LAMOR DEI, ENQUANTO ESTÁ GRATUITO, É BEM AVALIAR E EVITAR, SE FOR APLICÁVEL. UNA NUOVA VESTE DE L’ISOLA DI PATMOS

A molti basta un telefonino tra le mani e un collegamento a Internet per credere che la cultura e la conoscenza debbano essere gratuite, se não pior: che siano dovute. Desta maneira, tutto ciò che non ha un costo rischia di diventare intrattenimento, se non peggio motivo di lite e aggressione da parte degli odiatori seriali e degli attaccabrighe internetici.

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Queridos leitores,

a 20 ottobre questa rivista ha compiuto 10 anni di attività pubblicistica. eu Padri redattori avrebbero voluto ritrovarsi tutti assieme per festeggiare, ma impegni di vario genere in diverse parti d’Italia non l’hanno consentito. Sono stati dieci anni molto belli, di continua crescita e incremento, senza mai conoscere flessione. A partir de 1 de janeiro 2024 a oggi abbiamo già superato i 30 milhões de visitas.

Nel corso dell’ultima assemblea il Consiglio delle edições L’Isola di Patmos Onlus, proprietaria di questa rivista, ha confermato il Dott. Jorge Facio Lince nella carica di presidente dell’Associazione e me come direttore responsabile della testata giornalistica A Ilha de Patmos.

O ano era 2011, quando recandomi in visita a un anziano sacerdote gli portai in omaggio il mio libro E Satanás se tornou trino. Análise sobre o Millennium Igreja Terceira. Mi disse l’anziano:

«Ti ringrazio e leggerò il tuo libro, però ti do un consiglio: non regalare le tue opere a destra e a sinistra, ciò che viene regalato spesso non è apprezzato. Scrivere certi libri costa impegno, studio e sacrifici di vario genere. Certi libri possono richiedere anni di lavoro, se qualcuno li vuole leggere, se li compri».

Feci tesoro di quel saggio insegnamento pensando anche ad altri risvolti, forse ignorati da quell’anziano, come il modo in cui certi scritti e lavori sono disprezzati e criticati a botte d’insulti da parte di soggetti più o meno anonimi che impazzano per i mídia social e che di certi articoli hanno letto solo il titolo, al massimo il sottotitolo.

Oggi la Pietà di Michelangelo si trova posta al riparo dietro un vetro, ond’evitare così che qualche altro folle possa vandalizzarla a martellate come accadde nel 1972.

Per evitare che le nostre cattedrali monumentali seguitassero a essere prese d’assalto da orde barbariche interessate solo a farsi selfies, non di rado anche danni, visto che entrare e uscire non costava niente, fu imposto il biglietto d’ingresso per ovviare problemi del genere.

A molti basta un telefonino tra le mani e un collegamento a Internet per credere che la cultura e la conoscenza debbano essere gratuite, se não pior: che siano dovute. Desta maneira, tutto ciò che non ha un costo rischia di diventare intrattenimento, se non peggio motivo di lite e aggressione da parte degli odiatori seriali e degli attaccabrighe internetici.

Os Padres da Ilha de Patmos hanno così deciso di mettere un “biglietto” in forma di abbonamento annuale per accedere a tutti quegli articoli teologici e di attualità che richiedono particolare lavoro, tempo e dedizione. Il costo dell’abbonamento è di 5 € por mês, para um total de 60 all'anno euro. I proventi saranno usati per il pagamento delle spese vive di questa nostra rivista che ammontano annualmente a 5.200 Euro.

Si è soliti dire libertar a Dei de amor. Fuori discussione è L’amor Dei, enquanto estiver no gratuitamente é melhor avaliar e evitar se necessário, specie quando non è opportuno, meno che mai dovuto. Sulla riconoscenza, em vez de, è meglio sorvolare …

Siamo riconoscenti ai Lettori che ci hanno sostenuti nel tempo e ringraziamo anticipatamente coloro che avendo compreso il significato, il valore e la qualità che viene offerta, vorranno contribuire sostenendo la rivista.

a Ilha de Patmos, 27 Outubro 2024

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Os Padres da Ilha de Patmos

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Aquela luz da fé que devolve a visão aos cegos

Homilética dos Padres da ilha de Patmos

QUELLA LUCE DELLA FEDE CHE RESTITUISCE LA VISTA AI CIECHI

I discepoli devono finalmente aprire gli occhi, especialmente aqueles do coração e da fé, para ver claramente o que está prestes a acontecer, e esse é o escândalo do Messias derrotado, compreendendo todo o seu significado e valor salvífico.

 

 

 

 

 

 

 

 

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Vi sono molti racconti nei Vangeli, in cui si mette in evidenza la sollecitudine e la premura con cui Gesù si prende cura dei malati: egli li cura nel corpo e nello spirito e raccomanda ai suoi discepoli di fare altrettanto.

il chirurgo Grazia Pertile (a mão) durante un intervento alla retina nell’Ospedale di Negrar (Verona)

Quando Giovanni Battista manda due suoi discepoli a chiedere un contrassegno del Messia, Gesù afferma la propria identità con le parole: "Ide contar a João o que vistes e ouvistes; os cegos recuperam a vista, os coxos andam, leprosos são purificados, os surdos ouvem, i morti resuscitano» (LC 7, 22). Neste domingo, trentesima del tempo ordinario, ascoltiamo proprio della guarigione di un cieco.

"Naquela época, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, Ele se sentou pela mendigando. Sentendo che era Gesù Nazareno, ele começou a chorar e dizer: "Filho de Davi, Jesus, tenha piedade de mim!». Molti lo rimproveravano perché tacesse, mas ele gritava ainda mais alto: "Filho de Davi, tenha piedade de mim!». Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: "Coragem! Àlzati, chamando você!». Elas, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: "O que você quer que eu faça para você?». E il cieco gli rispose: "Raboni, che io veda di nuovo!». E Jesus lhe disse:: "Ir, a tua fé te salvou ". E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada» (MC 10,46-52).

Il Vangelo odierno ci racconta l’ultimo miracolo compiuto da Gesù durante la sua vita terrena, se non prendiamo in considerazione la menzione di Matteo: «Gli si avvicinarono nel tempio ciechi e storpi, ed egli li guarì» (MT 21,14); e l’episodio, narrato da Luca nel racconto della passione, quando Gesù risana l’orecchio del servo del sommo sacerdote colpito da uno dei suoi (LC 22, 51).

Questa guarigione del cieco Bartimeo è emblematica, poiché nel piano narrativo del secondo Vangelo, subito dopo aver detto: «la tua fede ti ha salvato», Gesù riprende velocemente il cammino. Il verso iniziale completo che recita: «E giunsero a Gerico. Mentre partiva da Gerico insieme ai suoi discepoli e a molta folla» (v. 46) esprime infatti tutta la fretta di Gesù di portare a termine il suo viaggio che lo porterà a Gerusalemme dove si compirà il suo destino umano e la sua missione. Manca ancora un breve tratto in salita (cf. LC 10,30) e il cieco ormai guarito: «prese a seguirlo per strada» (v. 52).

Tenendo così presenti questi accenni e, em particular, che la guarigione avviene a questo punto del ministero di Gesù, in prossimità della sua passione, comprendiamo che per Marco essa possa avere un valore simbolico rilevante. Come a voler dire che i discepoli devono finalmente aprire gli occhi, especialmente aqueles do coração e da fé, para ver claramente o que está prestes a acontecer, e esse é o escândalo do Messias derrotado, compreendendo todo o seu significado e valor salvífico. Il racconto marciano del viaggio di Gesù ha avuto come intento principale quello di mostrare chi è Colui di cui si sta parlando. Non a caso lo scritto del secondo Vangelo è intimamente orientato verso il momento in cui il centurione romano, di fronte alla morte in croce di Gesù Cristo, dados: «Veramente quest’uomo era Figlio di Dio!» (MC 15,39). È presso la Croce che si svela il mistero di Gesù Cristo. Secondo le intenzioni narrative di Marco l’identità di quel «Nascosto» che era Gesù (cfr il «segreto messianico) e che solo in momenti particolari, come la Trasfigurazione, si era rivelata agli occhi di pochi discepoli, agora, al momento della crocifissione, è palesata attraverso le parole di un pagano.

Chi ha letto il Vangelo di Marco fin qui si ricorda che all’inizio del suo viaggio verso Gerusalemme Gesù aveva guarito un altro cieco. Un episodio che è stato più volte riprodotto dai pittori nel corso dei secoli, insieme a quello del cieco nato di GV 9. Quella volta la guarigione fu alquanto macchinosa e per ben due volte il Signore dovette imporre le mani sugli occhi del cieco che iniziava a vedere pian piano. Infatti invece di vedere persone vedeva «alberi che camminano» (MC 8,24). Agora, quasi alle porte della città santa, per guarire Bartimeo non serve più il gesto dell’imposizione delle mani, ma soltanto la fede è necessaria.

Si capisce così che Marco non ha solo voglia di narrare un consueto atto di potenza da parte di Gesù, mãe, especialmente neste momento, fare di esso una catechesi sulla vera fede, nascosta fra le pieghe del testo e valida per i credenti d’ogni generazione. Bartimeo che grida verso Gesù, che lo invoca forte: "Filho de Davi, Jesus, tenha piedade de mim!», mentre gli altri gli intimavano di star zitto, è l’esempio del discepolo che cerca insistentemente da Gesù la salvezza, mostrando in Lui fiducia. Questa fede di Bartimeo costringe Gesù a fermarsi, «Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!», ed è tanto forte, come la sua voce, che Gesù non ha bisogno di toccarlo, ma questa sola basta perché il miracolo avvenga: «E Gesù gli disse: "Ir, a tua fé te salvou ". Lungo il viaggio descritto in MC 8,22-10,52 Gesù ha insegnato ai suoi discepoli chi Egli sia, ciò che lo aspetta a Gerusalemme e cosa significhi seguire lui. Ma i più vicini a Gesù non lo hanno capito, hanno cercato piuttosto onori e primazie. Questo cieco che chiama Gesù col titolo messianico di Figlio di Davide e che interpellato si rivolge a Lui con quella variante aramaica, Rabbuni maestro mio, conservata solo qui da Marco e poi da Giovanni quando Maddalena riconosce Gesù Risorto (GV 20, 16), esprime in questo modo il desiderio di ogni credente di alzare lo sguardo da terra, di vedere di nuovo, di sollevare la vista; la vista a questo punto della fede. Così possiamo interpretare quel verbo (ἀναβλέψω, anablepso) utilizzato da Marco per esprimere la volontà del cieco: "Raboni, che io veda di nuovo!».

Bartimeo ricevuto il dono della vista e della fede si incammina sulla strada di Gesù, quella che porta a Gerusalemme. Diviene l’emblema del discepolo che ha riconosciuto chi è Gesù e non si scandalizza se la sua strada lo porterà alla sofferenza e alla morte per mano delle autorità giudaiche e romane, perché grazie alla fede intravede il mistero salvifico nascosto in esse.

E da ultimo un’annotazione ormai riconosciuta da diversi esegeti. Questo cieco porta un nome curioso che non ritroviamo in alcun elenco di nomi del tempo di Gesù. Un nome per metà aramaico (Barra) e per metà greco: il figlio di Timèo. Se il Vangelo di Marco, come riporta un’antica tradizione, fu scritto a Roma, diversi lettori istruiti e colti di allora non potevano non pensare al Timeo, uno dei più importanti dialoghi di Platone. È possibile che anche questo, nell’intento di Marco, sia un velato accenno. Non a caso Bartimeo si chiama così, come un greco, travestito da mendicante cieco attraverso il quale la cultura greca cerca un contatto con Gesù.

Scopriamo così che nascosta fra le pieghe di quello che inizialmente poteva apparire come l’ennesimo racconto di un miracolo, è celata la testimonianza di un’autentica fede e la ricerca sincera di un contatto fra culture. Del resto Marco ci aveva già abituato all’incontro del cristianesimo con mondi diversi. Pensiamo all’indemoniato Legione nella terra dei geraseni (MC 5, 1) e alla donna di lingua greca che domanda a Gesù la guarigione per la figlia (MC 7, 24-30).

L’opera di Marco, come si evince dai dati interni al testo, quali la conoscenza di diverse parole latine, è tradizionalmente ritenuta il Vangelo portato nel cuore del paganesimo, Roma, ed emanazione della predicazione di Pietro in quella città. Nella figura di quel povero cieco al bordo della strada tra Gerico e Gerusalemme vi è forse racchiusa la speranza di uomini e donne di ogni parte che desiderano vedere e credere in Gesù per seguirlo.

Do Eremitério, 27 Outubro 2024

 

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Caverna de Sant'Angelo em Maduro (Civitella del Tronto)

 

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Os Padres da Ilha de Patmos

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Caro Tucho, estou escrevendo para você para me distrair um pouco’

CARO TUCHO, ESTOU ESCREVENDO PARA VOCÊ, ENTÃO EU ME DISTRAI UM POUCO

No entanto, gostamos muito de falar coloquialmente, como entre velhos amigos, vai longe Muito legal. Até porque por trás daquele italiano é um pouco assim, que se encontra em documentos oficiais, sempre percebemos aquelas cadências sul-americanas que imediatamente nos fazem "fiesta", ou como cantou a falecida Raffaella Carrà: «Quão fantástica é essa festa?»

 

 

 

 

 

 

 

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artigo em formato de impressão PDF

 

Você não se importa, vero, se eu me dirigir a você assim? É que você – você e o Big Boss – limparam o estilo coloquial fora da caixa e a precisão com que aquele outro cara nos habituou. que, qual era o nome dele? Aquele que saiu antes do tempo devido. No entanto, gostamos muito de falar coloquialmente, como entre velhos amigos, também porque faz muito Muito legal. Até porque por trás daquele italiano é um pouco assim, que se encontra em documentos oficiais, sempre percebemos aquelas cadências sul-americanas que imediatamente nos fazem "fiesta", ou como cantou a falecida Raffaella Carrà: Quão fantástica é essa festa?.

Eles também nos lembram Speedy Gonzalez quando ele gritou: "Acima, Acima!»; ou a canção argentina: Meninos, esta noite estou ficando bêbado.

É que lemos sua carta enviado ao Sínodo sobre o abandono da questão da ordenação de mulheres diáconas. Foi o Grande Chefe quem disse que o assunto não está maduro. Como peras ou kiwis. Está bem. Se ele diz isso, ele obedece.

Mas que ótima desculpa você deu no começo. Isso me lembra quando me chamaram para a entrevista e eu não estava preparado. Acho que fiz minha avó morrer não sei quantas vezes, pobre mulher! Mas isso fez bem a ela, porque ela saiu em boa idade. Como se escreve em um documento oficial dirigido justamente àquele “Grupo 5” que deveria debater o assunto, do que o coordenador do grupo, O Secretário Doutrinário do Dicastério para a Doutrina da Fé, ele faltou porque teve que ir ao médico? E já que eles estavam esperando por você, então você mandou outras duas pessoas para anotar as propostas. Vamos. Não era melhor dizer, como você faz agora: Deixa para lá. Se houver alguma coisa, informe-os no dia anterior: "Dia de folga amanhã", como Ancelotti disse aos jogadores do Real Madrid no dia em que venceram o Campeão.

No entanto, muito tricotar também as razões por que isso não pode ser feito. O primeiro. Desde o ministério dos catequistas, proposta pelo Grande Chefe, os bispos não aceitaram, exceto por muito poucos, então diaconisas não servem. Uma lógica convincente. Como dizer: Como a aspirina não cura o câncer, então vamos esquecer essas drogas que curam esse mal. Ótimo. Você diz: Mas nem os bispos da Amazônia fizeram isso, que mulheres e catequistas se encontrem liderando comunidades sem sacerdote. Graça ao repolho. Eles pediram a ordenação de pessoas casadas, o que eles fazem com aspirina, voltar ao exemplo.

O segundo também é forte. O acólito das mulheres foi aceite em pequena medida nas dioceses e os sacerdotes são muitas vezes os primeiros a não propor ninguém. Outra lógica que te coloca em um canto. Então, como um produto não vende, ou é impedido por alguém, vamos fechar a fábrica ou mandar para o inferno outra cadeia de suprimentos que poderia render um bom dinheiro. Extraordinário.

Mas o unha é abordado na última motivação que é realmente de Emoção felina. Principalmente se considerarmos que vem de alguém que preside um Dicastério da Santa Sé:

«O diaconado para os homens: em quantas dioceses do mundo ele foi acolhido. E onde foram recebidos, com que frequência eles são apenas coroinhas ordenados?».

Agora, se eu fosse diácono permanente, me sentiria ofendido, mas muito, hein, que uma caricatura tão vulgar do diaconado vem do lugar que você ocupa. Em seguida, senti, Posso dizer que todos os padres são pedófilos? Que você no Vaticano viva uma vida boa e que esteja no estado mais rico do mundo, como dizem os oradores das lendas negras? Claro que posso dizer isso, porque esta é a lógica que você usa, tocar, da mesma forma que os oradores das lendas negras.

Desculpe, hein, se eu te dissesse tão diretamente. Se você ficar com raiva, me desculpe, eu retiro tudo. Porque eu também teria alguns sobre o Big Chief. Ah sim. Você diz que Ele teria escolhido que a Comissão criada durante o ano continuasse trabalhando no assunto 2020. Quatro anos que «trabajan», repolho. Quanto tempo leva?? E há doze deles, como os apóstolos. oh bem, você sabe como as coisas acontecem por lá. Quarenta anos para dizer algo sobre Medjugorje. De propósito, Não é como se aquela senhora falante pudesse nos dizer algo preciso sobre esses assuntos., até espionando a porta do diretor? Em vez de todos esses segredos serem revelados?

no entanto, o que eu queria te dar é uma sugestão. Da próxima vez, em vez de nos considerar tolos, diga-nos: «Está feito, ou, não está feito". Se alguma coisa adicionar: «Porque é uma coisa difícil para todos digerirem». É melhor. Que não temos tempo a perder, nem mesmo para nos iludir.

Sempre seu mais dedicado, Atenciosamente de um eremita preocupado.

 

Do Eremitério, 24 Outubro 2024

P.S..

Para quem vai ler: a escrita não é a favor das mulheres diáconas, nem padres casados. Estas são teorias debatidas, não? Ele só está interessado na forma de comunicação atualmente em vigor naquelas partes, no Vaticano. eu te imploro: não seja Tucho também.

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Nada além de lendas negras sobre a Idade Média, devemos estabelecer um dia de ação de graças pelas cruzadas e pelos cruzados

NADA ALÉM DE LENDAS NEGRAS SOBRE A IDADE MÉDIA, DEVE SER ESTABELECIDO O DIA DE AÇÃO DE GRAÇAS PARA AS CRUZADAS E OS CRUZADOS

Aquela muito loira Maja nua que nas redes de televisão Rai fala com desdém arrogante e ignorante sobre certos acontecimentos históricos usando o termo Idade Média num sentido negativo, hoje ele usariaabaya no corpo e na cabeça xador, na melhor e mais liberal das hipóteses, ohijab Nero, se as cruzadas tivessem falhado e os cruzados tivessem perdido algumas batalhas delicadas.

– Os resumos dos Padres da Ilha de Patmos –

AutorTeodoro Beccia

Autor
Teodoro Beccia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Entre as lendas negras sobre a Idade Média Cruzadas e cruzados estão na moda, segue-se a caça às bruxas da qual falaremos em outro Breve.

No Egito, onde eu “mau” Os cruzados não venceram e essas foram as consequências

Para aqueles que fazem aculturano entre mídia social e programa de entrevista deve ser explicado que os maometanos destruíram todas as comunidades cristãs mais antigas do Norte de África no século VII, pátria dos maiores pais e doutores da Igreja. Para citar apenas um: Aurélio, que mais tarde se tornou Agostino, ele era originalmente de Tagaste, o atual Souk Ahras, ele foi mais tarde bispo de Hipona, o atual Annaba, ambas as cidades da atual Argélia.

Se não fosse pelas Cruzadas e pelos Cruzados hoje a Arquibasílica Papal de São João de Latrão seria uma grande mesquita como a antiga catedral bizantina de Santa Sofia uma Istambul. Eu conheço Lepanto “Santa Liga” não havia derrotado os maometanos em 1571, com dois saltos eles teriam chegado a Roma, e hoje, muitas de nossas mulheres vagando pelas ruas íngremes, decotado e com barriga descoberta, eles usavam vestidos até os tornozelos e andavam de cabeça baixa.

Aquela muito loira Maja nua que nas redes de televisão Rai fala com desdém arrogante e ignorante sobre certos acontecimentos históricos usando o termo Idade Média num sentido negativo, hoje ele usaria’abaya no corpo e na cabeça xador, na melhor e mais liberal das hipóteses’hijab Nero, se as cruzadas tivessem falhado e os cruzados tivessem perdido algumas batalhas delicadas.

Velletri de Roma, 24 Outubro 2024

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Nenhuma crítica por si só sobre os balés dentro das basílicas romanas, apenas três breves perguntas teológicas aos Bispos

NENHUMA CRÍTICA AO SEU FIM NOS BALÉS DENTRO DAS BASÍLICAS ROMANAS, SOLO QUATTRO BREVI QUESITI TEOLOGICI AI VESCOVI

Deve essere la locale particolarità etnica a sottomettersi alla universalità cattolica o piuttosto l’universalità cattolica a sottomettersi invece alla locale particolarità etnica?

— Os Resumos dos Padres da Ilha de Patmos —

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Autor
Simone Pifizzi

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Primo quesito: era necessario inscenare queste danze etniche nella Arcibasilica Papale di San Paolo Fuori le Mura in occasione della canonizzazione del santo sacerdote missionario Giuseppe Allamano, fondatore dei Missionari della Consolata?

Secondo quesito: questi balletti etnici fanno parte della nostra cultura e tradizione liturgica latina?

Terzo quesito: deve essere la locale particolarità etnica a sottomettersi alla universalità cattolica o piuttosto l’universalità cattolica a sottomettersi invece alla locale particolarità etnica?

Si tratta di tre quesiti puramente teologici, nessuna critica astiosa, nessun malanimo verso le danze etniche del Continente Nero, che da sempre piacciono molto a me e a tutti gli altri confratelli di questa nostra Isola di Patmos, ma che troviamo fuori luogo dentro le antiche basiliche romane.

Rivolgiamo questi tre quesiti ai nostri Vescovi non per noi Presbìteri che forse conosciamo anche la risposta, ma per i nostri fedeli cattolici, sempre più disorientati e smarriti.

Florença, 23 Outubro 2024

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Algum “Namorados dos sonhos” dos nossos pares e uma legítima pergunta póstuma

ALCUNI “FIDANZATI DEI SOGNI” DELLE NOSTRE COETANEE E UNA LEGITTIMA DOMANDA POSTUMA

«L’indimenticabile Mia Martini, em sua música “Gli men” ele cantou: “A paciência das mulheres começa nessa idade”. Hoje, em retrospecto, devo dizer que tenho vontade de parafrasear: “L’irrazionalità di noi donne incomincia a quell’età”»

— Os Resumos dos Padres da Ilha de Patmos —

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Ormai sono anziano e alla mia mente tornano ricordi lontani, a partire da quelli dell’adolescenza.

Vi presento alcuni dei numerosi sciupafemmine, scelti a caso, idolatrati dalle nostre compagne, all’epoca che avevamo tra i 16 e eu 20 anos, uomini dei sogni e loro modelli maschili ed erotici indiscussi. E quando qualcuno di noi, forse un po’ più intuitivo e introspettivo, diceva di sentir odore di un certo ortaggio — oggi innominabile, salvo essere accusati di cosiddetta omofobia — le folli innamorate insorgevano e, bene che andasse, ci davano degli invidiosi, perché con alcune si rischiava veramente il linciaggio, specie se erano in gruppo.

Recentemente, a una mia amica di giovinezza, ripercorrendo assieme certi ricordi domandai: «Se tu avessi sposato uno di questi sciupafemmine nonché modelli maschili ed erotici indiscussi, avresti avuto una vita sentimentale soddisfacente, una vita sessuale appagante, dei figli …?».

Mi ha sorriso e risposto: «L’indimenticabile Mia Martini, nella sua canzone Gli uomini cantava: “A paciência das mulheres começa nessa idade”. Hoje, em retrospecto, devo dizer que tenho vontade de parafrasear: “L’irrazionalità di noi donne incomincia a quell’età”».

a Ilha de Patmos, 21 Outubro 2024

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Os Padres da Ilha de Patmos

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O pequeno pedido de Giacomo e Giovanni: «Senhor, deixe-nos sentar, em sua glória, um à sua direita e outro à sua esquerda"

Homilética dos Padres da ilha de Patmos

O PEQUENO PEDIDO DE GIACOMO E GIOVANNI: "HOMEM, PERMITA-NOS SENTAR, NA SUA GLÓRIA, UNO ALLA TUA DESTRA E UNO ALLA TUA SINISTRA»

Della pagina evangelica di questa domenica si potrebbero sottolineare molte cose, também importante, che vanno dalla menzione della morte salvifica come bere un calice o ricevere un Battesimo, alla risposta di Gesù: «Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti».

 

 

 

 

 

 

 

 

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Do Evangelho segundo Marcos: "Naquela época, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: "Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo”. Egli disse loro: “Che cosa volete che io faccia per voi?”. Eles responderam a ele: “Concedici di sedere, em sua glória, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra”. Jesus disse-lhes:: “Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?”. Eles responderam a ele: “Lo possiamo”. E Jesus disse-lhes:: “Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato”». Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «”Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”» (MC 10,35-45).

Andrea Mantegna, Crucificação (1457-1459), Musée du Louvre, Paris

Per comprendere la conosciuta scena che il Vangelo odierno ci presenta dovremo fare un passo indietro e rileggere i tre versetti che la precedono: «Mentre erano sulla strada per salire a Gerusalemme, Gesù camminava davanti a loro ed essi erano sgomenti; coloro che lo seguivano erano impauriti. Presi di nuovo in disparte i Dodici, si mise a dire loro quello che stava per accadergli: “Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani, lo derideranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno, e dopo tre giorni risorgerà”» (MC 10, 32-34).

Si tratta della terza predizione della sua Passione da parte di Gesù mentre procede camminando verso Gerusalemme e queste parole, premesse al testo odierno, evidenziano uno schema narrativo: uma) annuncio della Passione; b) incomprensione da parte dei discepoli; c) ulteriore insegnamento di Gesù sull’essere suoi discepoli. Ci permettono anche di capire il valore teologico delle parole di Gesù ricordate nel passo evangelico. In esso risalta quanto i discepoli siano totalmente allineati con ciò che il mondo, perfino oggi, predilige e cioè l’onore, il rispetto ed una posizione sociale elevata. Le due risposte di Gesù (MC 9, 33-37 e 10, 41-45) mettono in evidenza da un lato quanto questi discepoli fossero lontani dal modo di intendere la missione per cui Egli era stato inviato e come grossolanamente l’avessero fraintesa. Por outro lado, in un senso positivo, la cantonata dei discepoli ha favorito il ricordo e la trasmissione di un detto di Gesù molto significativo sul modo di intendere il potere nella Chiesa, valido per tutti i tempi.

In particolare viene messo in evidenza dal Signore il suo esempio che diventa paradigmatico per la comunità dei credenti, uno speciale modo di servire che va a beneficio di tanti (anti pollôn, ἀντὶ πολλῶν) descritto come un «dare la propria vita in riscatto per molti» (v. 45). Questo termine usato da Gesù, «riscatto» (em grego: lytron), è singolare e va un po’ spiegato per evitare fraintendimenti col modo attuale di interpretarlo e cioè come un pagamento in denaro allo scopo di liberare una persona rapita per farla uscire dalla prigione nella quale è detenuta. Sulla bocca di Gesù ha un significato teologico. Esso si trova pure nel passo parallelo di Matteo: «E chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (MT 20,27-28).

«Riscatto», sfondo scritturale e teologico di questa parola, è la figura del «Servo sofferente» di cui parla il profeta Isaia. Nella Prima Lettura di questa domenica si legge: «Il giusto mio servo giustificherà molti (rabbim em hebraico), egli si addosserà le loro iniquità» (É 53,11). Un concetto che sarà ripreso anche dalla Prima lettera di Pietro: «Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, Por que, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia» (2,24). Così pure scriveva Isaia: «Egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per i nostri delitti, moído pelas nossas iniqüidades;. O castigo de nossa paz estava sobre ele; e pelas suas pisaduras fomos sarados " (É 53,4-5). Quando i cristiani, dopo la morte di Gesù, hanno tentato in vari modi di interpretare in senso salvifico quel fatto tragico, hanno utilizzato diversi linguaggi. Tra gli svariati tipi, quello del sacrificio, dell’espiazione, della soddisfazione o del merito, vi è anche quello del «riscatto». Ciò «Significa che l’opera della liberazione è stata onerosa per Cristo; non che egli abbia pagato il prezzo a Dio come a un creditore esoso. Anzi l’iniziativa parte proprio dall’amore di Dio ed è assolutamente gratuita, come la liberazione dall’Egitto» (Catechismo degli adulti, a, não. 254). Quel linguaggio, che Gesù ha usato paragonandosi al Servo sofferente, esprime infatti un grande amore, quello per il quale il Padre ha mandato il Figlio, fino al punto da permettere che morisse per noi: «Porque Deus amou tanto o mundo que deu o seu Filho unigênito, para que quem nele acredita não se perca, mas tenha vida eterna " (GV 3,16).

Della pagina evangelica di questa domenica si potrebbero sottolineare molte cose, também importante, che vanno dalla menzione della morte salvifica come bere un calice o ricevere un Battesimo, alla risposta di Gesù: «Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti». Vorrei però concludere facendo risaltare un dettaglio significativo che diventa esemplare per noi, poiché ci dimostra come da una posizione sbagliata si possa invece passare ad una giusta. A differenza di Marco, Matteo fa porre la domanda incriminata a Gesù dalla madre dei figli di Zebedeo (MT 20,20), una donna rimasta anonima. Diversi interpreti si sono dilungati su questa inclusione per parlare dello status sociale delle donne in quel tempo o per dire che il primo evangelista forse ha voluto evitare di mettere in cattiva luce i due importanti apostoli. Ma quando si tratterà di descrivere la scena della passione, il momento in cui quasi tutti hanno abbandonato Gesù, perfino i suoi discepoli, per Matteo ella invece è presente: «… C’erano Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedeo» (MT 27,56). Marco, em vez de, mostra di non conoscerla, perché nella sua posizione colloca una certa Salome: «Vi erano anche alcune donne, che osservavano da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salome» (MC 15,40). Nella sinfonia dei Vangeli questa donna svolge per noi una funzione fondamentale. Se Matteo infatti è a conoscenza della frase di Mc 15,40, la sostituzione di Salome con «la madre dei figli di Zebedeo» è voluta e serve proprio per completare la definizione del suo ruolo e il processo che aveva preso l’avvio al capitolo 20 del suo Vangelo, prima menzionato, quando aveva posto la domanda a Gesù. Diventa cioè un simbolo: ha seguito, con le altre donne, Jesus, fin dalla Galilea, e si appresta ora ad andare con lui a Gerusalemme. Alla sua domanda di primazia per i figli, Gesù si rivolge anche a lei, insieme ai figli, e la invita a bere il calice che lui sta per bere. Mentre però i figli non lo faranno, «lei, sorprendentemente, che aveva avanzato in modo inappropriato quella richiesta, alla fine berrà quel calice, stando al fianco di Gesù, alla sua esecuzione» (A.J. Saldarini).

Do Eremitério, 20 Outubro 2024

 

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Caverna de Sant'Angelo em Maduro (Civitella del Tronto)

 

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Medjugorje de Agatha Christie: «Uma pista é uma pista, duas pistas são uma coincidência, mas três pistas provam isso"

MEDJUGORJE E AGATHA CHRISTIE: «Uma pista é uma pista, DUAS PISTAS SÃO UMA COINCIDÊNCIA, MA TRE INDIZI FANNO UNA PROVA»

«I fedeli, sobre o culto a Maria “Rainha da Paz”, estão “autorizados a observá-lo com prudência”, sebbene ciò non implichi l’approvazione del carattere soprannaturale del fenomeno in questione, con la nota che i credenti non sono obbligati a credervi. Che i sacerdoti di questa Diocesi, accettando e rispettando la decisione della Chiesa, sono liberi di essere d’accordo o in disaccordo con questa proposta spirituale» (Decreto del Vescovo di Mostar-Duvno, 19 setembro 2024).

 

 

 

 

 

 

 

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Che con l’avvento di Francesco, sia avvenuto nella Chiesa un cambiamento di paradigma, non è più un caso che necessita di prove. Non è ancora possibile, né prudente fare un bilancio del suo pontificato svolto fin qui, ma alcune cose si possono già dire. Che per esempio con l’attuale pontefice sia cambiato il modo di comunicare lo scrive perfino Padre Antonio Spadaro S.J.., da subito suo fidato interprete, in un articolo apparso recentemente su A República:

«Francesco ha compreso che la comprensibilità non è la stessa cosa della chiarezza… L’uomo di oggi, più che di discorsi semplicemente “chiari”… ha bisogno di discorsi che siano credibili, portatori della complessità, delle situazioni, delle esperienze, della vita che a volte non è e non può essere così “chiara”. Il linguaggio chiaro è quello della norma. Se il pastore lo assume come modalità comunicativa finisce per confondersi e vestire i panni del legislatore e del giudice» (A República, 19.09.24, página. 39).

Cosa c’è di peggio rispetto al mentire e ingannare il Popolo di Dio? La consapevolezza che si sta mentendo e ingannando il Popolo di Dio

Diceva la celebre scrittrice di libri gialli Agatha Christie: «Uma pista é uma pista, duas pistas são uma coincidência, mas três pistas provam isso". Quindi non più le idee chiare e distinte, così care al suo ultimo predecessore, ma uno stile nuovo che sia attento alle complessità, alle situazioni e alle esperienze, dei singoli come delle comunità. Probabilmente è per questo che il Papa si è scelto come stretto collaboratore a capo del Dicastero per la Dottrina della Fede il Cardinale Victor Manuel Fernandez. Il quale in occasione dell’incarico ricevette dal Pontefice queste raccomandazioni, in una lettera che qui riportiamo nella versione spagnola perché non esiste una traduzione ufficiale della Santa Sede:

«El Dicasterio que presidirás, en otras épocas llegó a utilizar métodos inmorales. Fueron tiempos donde más que promover el saber teológico se perseguían posibles errores doctrinales. Lo que espero de vos es sin duda algo muy diferente… Es más, sabés que la Iglesia «necesita crecer en su interpretación de la Palabra revelada y en su comprensión de la verdad» sin que esto implique imponer un único modo de expresarla. Porque «las distintas líneas de pensamiento filosófico, teológico y pastoral, si se dejan armonizar por el Espíritu en el respeto y el amor, también pueden hacer crecer a la Iglesia». Este crecimiento armonioso preservará la doctrina cristiana más eficazmente que cualquier mecanismo de control. Es bueno que tu tarea exprese que la Iglesia «alienta el carisma de los teólogos y su esfuerzo por la investigación teológica” con tal que «no se contenten con una teología de escritorio», com «una lógica fría y dura que busca dominarlo todo». Siempre será cierto que la realidad es superior a la idea. En ese sentido, necesitamos que la Teología esté atenta a un criterio fundamental: considerar «inadecuada cualquier concepción teológica que en último término ponga en duda la omnipotencia de Dios y, en especial, su misericordia». Nos hace falta un pensamiento que sepa presentar de modo convincente un Dios que ama, que perdona, que salva, que libera, que promueve a las personas y las convoca al servicio fraterno» (cf.. texto WHO, corsivi e sottolineature mie).

Vaticano, 1 Julio 2023

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Da quel giorno il Cardinale non è venuto meno a questo affidamento e ciò si può facilmente riscontrare nelle note o nelle risposte date dal Dicastero presieduto. Fra queste ha fatto tanto scalpore la Nota sulla benedizione da potersi dare, a determinate condizioni, alle coppie irregolari o omosessuali e quella recentissima circa l’esperienza spirituale legata a Medjugorje, che ha creato un ampio dibattito nella comunità ecclesiale. Non si può tacciare il Cardinale Prefetto di esser venuto meno al suo mandato, del resto il suo orientamento è chiaro ed esplicitato in più occasioni, como quando ele disse, in un incontro presso l’Università Lateranense nel febbraio di quest’anno:

«Una teologia per il Popolo di Dio è una teologia attenta alle dinamiche che questo popolo sta vivendo in questo momento storico, per aiutarlo ad interpretarle alla luce della fede, sia per purificarle sia per favorire tutto ciò che è positivo. Questo è tipico di ogni processo di inculturazione che includa entrambi gli aspetti. Si auspica, Portanto, che i teologi possano essere all’altezza di questa missione. Non si tratta certo di inventare una nuova Rivelazione, ma di far scaturire dalla sorgente inesauribile del Vangelo quello che meglio possa illuminare la vita del Popolo di Dio, quello che possa aiutare questo Popolo a vivere felice in mezzo ai limiti e alle difficoltà della vita. De fato, nella lettera che il Papa mi ha scritto quando mi ha nominato Prefetto, ha detto che in fondo oggi si ha “bisogno di una teologia che sappia presentare in modo convincente un Dio che ama, che perdona, che salva, che libera, che promuove le persone e le chiama al servizio fraterno”» (WHO).

Sessant’anni fa e più si celebrava il Concilio Vaticano II. Come ebbe a dire il decano dei teologi italiani, Severino Dianich, esso rimise al centro della vita della Chiesa il tema dell’ermeneutica della fede. Da allora molte cose sono cambiate e le società e le culture profondamente trasformate. Le grandi spinte sociali, culturali e ideologiche che animavano il periodo del Concilio sono tramontate, alcune tragicamente, altre mutate e frazionate in mille rivoli. Soprattutto la perdita di grandi ideali e punti di riferimento comuni alle masse ha portato a una rivalutazione del sentimento religioso, del resto mai sopito o cancellato, come alcuni auspicavano. Ma anche all’interno di esso le medesime dinamiche che attraversano la società si sono riprodotte; tanto la perdita dell’identità comune, quanto il soggetto lasciato solo di fronte ai grandi problemi che affliggono l’esistenza e il mondo post moderno, hanno fatto risaltare le stesse nevrosi che si riscontrano altrove: angosce, spaesamento, depressões, perdita del senso della propria vita. Così la ricerca di luoghi di apparizioni che diano conferme, di messaggi provenienti dall’alto che offrano rassicurazioni si sono moltiplicati, tanto da diventare un serio problema per la Chiesa. Il segnale più eclatante è il fenomeno religioso di Medjugorje sul quale la Chiesa non ha potuto più non intervenire con una parola autorevole, favorendo il cammino spirituale che lì si porta avanti, ma mettendo seri paletti sia ai messaggi che ai «presunti» veggenti, entrambi non riconosciuti in maniera palese e chiara. Ma se guardiamo gli ultimi documenti del Dicastero per la Dottrina della Fede prima della recente Nota sul fenomeno di Medjugorje, sono ben nove i testi che la precedono, per lo più risposte ai vescovi circa asserite apparizioni e messaggi provenienti dalla Vergine Maria, in diverse parti del mondo. Queste risposte sono state possibili dopo l’emanazione da parte dello stesso Dicastero delle «Norme per procedere nel discernimento di presunti fenomeni soprannaturali» (WHO).

Ci vollero dodici anni per una prima dichiarazione per i fatti riferiti da Bernardette che permetteva l’afflusso di fedeli e la venerazione a Lourdes. Fatima ebbe una rilevanza quasi immediata; a soli due anni dagli eventi dichiarati dai pastorelli il vescovo locale, col beneplacito della Santa Sede, ele declarou:

«Degne di credenza, le visioni dei bambini pastori della Cova da Iria, avvenute nella parrocchia di Fátima, in questa diocesi, de 13 maggio al 13 ottobre 1917».

Ma erano anche altri tempi e altri contesti. Na França, al tempo dei fatti di Lourdes, l’imperatore Luigi Napoleone bloccava ogni accordo con la Chiesa oltre il concordato del 1801. In Portogallo i pastorelli furono incarcerati per due giorni per ordine dell’allora sindaco di Vila Nova. Al di là del contesto storico, potremo dire che le dichiarazioni della Santa Sede sui fatti di Lourdes e Fatima furono tempestive e riguardavano «fatti ritenuti straordinari».

Per i fatti di Medjugorje ci sono voluti oltre quarant’anni per la pubblicazione di una Nota che ha valorizzato più l’esperienza religiosa che i dati dei messaggi, definiti con estrema chiarezza “presunti”, come “presunte” sono state definite le apparizioni ma, sobre tudo, “presunti” i sedicenti veggenti. Ora è proprio questo, l’esperienza religiosa, il dato che più risalta agli occhi di chi legge la Nota del Dicastero. Certain, i partigiani, talvolta dei veri e propri talebani, della vicenda religiosa e spirituale scaturite dalla località della Bosnia-Erzegovina, non se ne avvedranno e hanno già salutato la Nota come una vittoria, come un grande riconoscimento. Ma bisogna pur dirlo. Quello che la Nota introduce, come pure nei nove documenti che la precedono, sono due aspetti: quello della percezione personale di un fenomeno da una parte, e dall’altra del riconoscimento di un’esperienza religiosa anche se non pienamente fondata e chiara in tutti i suoi aspetti. È questo il nuovo paradigma che risalta. L’importanza data alla percezione del singolo, molto in sintonia con quello che la società moderna auspica, anche in più ambiti; e il valore dato all’esperienza che può addirittura condurre a buoni frutti al di là di una dottrina ambigua presente in taluni gruppi. La Nota chiede ai vari vescovi di vigilare sulle esperienze religiose dei singoli e dei gruppi; ao mesmo tempo, richiamando le norme, chiede di «apprezzare il valore pastorale e di promuovere pure la diffusione di questa proposta spirituale».

A mio avviso si tratta di una novità nella Chiesa, che ho definito appunto nuovo paradigma, del resto anticipato dai modi di fare e comunicare dell’attuale Sommo Pontefice e messo in pratica dai suoi più stretti e importanti collaboratori. Dove porterà tutto questo non è dato saperlo. É evidente que a Igreja, no presente, è più propensa a governare questi processi affinché non deviino o si deteriorino, piuttosto che fermarli. È questa la raccomandazione data ai vescovi, cioè ai sorveglianti del Popolo di Dio. Il Vescovo di Monstar-Duvno, il diretto interessato ai fatti di Medjugorje, ha infatti emanato una sua nota successiva a quella della Santa Sede nella quale dopo una ripresa della stessa, dice chiaramente testuali parole:

«I fedeli, sobre o culto a Maria “Rainha da Paz”, sono “autorizzati ad osservarlo con prudenza” (Norme, arte. 22, §: cfr Benedetto XVI, Palavra do Senhor, n. 14), sebbene ciò non implichi l’approvazione del carattere soprannaturale del fenomeno in questione (cf.. Norme, arte. 22, §2), con la nota che i credenti non sono obbligati a credervi. Che i sacerdoti di questa Diocesi, accettando e rispettando la decisione della Chiesa, sono liberi di essere d’accordo o in disaccordo con questa proposta spirituale» (WHO).

Come si può salutare un testo di questo genere definendolo una approvazione storica da parte della Santa Sede, come ha esultato, per citarne uno tra i tanti, Padre Lívio Fanzaga, che dai microfoni di Radio Maria parla addirittura di «riconoscimento pieno» (cf.. WHO). Come si può? É uma questão.

Per inciso bisogna ricordare che tutti i vescovi che si sono succeduti in quella Diocesi a partire dall’inizio delle presunte apparizioni, non si sono limitati a essere scettici, hanno dichiarato false le apparizioni nel corso della storia e inattendibili i cosiddetti veggenti. Le presunte apparizioni furono dichiarate non autentiche da S.E. Mons. Pavao Zanic, Vescovo di Mostar-Duvno dal 1980 ai 1993, cui succedette S.E. Mons. Ratko Peric dal 1983 ai 2000, che nel suo libro Il trono della saggezza (Crkva na Kamenu, Mostar 1995), nel capitolo intitolato I criteri per la valutazione delle apparizioni dedica un paragrafo alle apparizioni di Medjugorje dove cerca di dimostrare che le apparizioni della Madonna non sono vere e che i presunti veggenti hanno mentito ripetutamente e da sùbito (cf.. pp. 266-286).

Oggi siamo certamente in una fase di transizione, ormai lontani, como dissemos, dai tempi conciliari, ma è anche cambiato rapidamente l’approccio rispetto ai precedenti magisteri dei Papi recenti. Por causa disso, talvez, si deve guardare con qualche benevolenza i tentativi, a volte anche curiosi, eccentrici e goffi usati dal Papa e dai suoi collaboratori per divulgare questo nuovo corso? Solo un esempio. Il Cardinale Victor Manuel Fernandez nella conferenza stampa di presentazione della Nota ha dovuto per forza accennare alle difficoltà che alcuni «messaggi mariani» dati a Medjugorje ponevano. Ma per interpretarli positivamente, nonostante contenessero palesi inesattezze, anche dottrinarie, ha fatto riferimento ai testi di autori mistici come San Giovanni della Croce o Santa Teresa di Lisieux, i quali anch’essi riporterebbero a suo dire imprecisioni. Ora l’esperienza mistica è di per sé indicibile e con fatica si traduce in parole umane anche scritte. Ma si tratta pur sempre di autori umani che adoperano gli strumenti umani disponibili. Si può paragonare ciò ai presunti messaggi che verrebbero dall’alto, da Virgem Maria, dei quali i cosiddetti veggenti sono solo tramite? Che messaggi sarebbero se tali non sono e vanno decriptati? Questa è una fra le molte difficoltà sulle quali bisognerebbe interrogarsi seriamente.

La Chiesa ha scelto di operare in questo modo e, provavelmente,, più che governare i processi in atto, cerca di rincorrerli e arginarli come può, accettando che l’esperienza personale e una proposta religiosa possano diventare occasione di salvezza, per quanto da sorvegliare attentamente. Ma la Chiesa è chiamata anche a confrontarsi con altri aspetti che accompagnano la nostra società contemporanea, fra questi il progressivo allontanamento di essa dalla comunità ecclesiale, la scienza e le conseguenti tecnologie che regolano ormai le vite degli esseri umani, l’incalzare degli algoritmi e della cosiddetta intelligenza artificiale che scandiscono ormai le scelte dei singoli e dei gruppi sociali. Come risponderà la Chiesa a queste istanze, mentre appare ancora troppo ripiegata su sé stessa e i sui propri problemi interni? Forse con un doppio binario, uno per i semplici che ancora cercano visioni e domandano messaggi dall’alto e un altro con il quale cerca di dialogare e interagire con la società e i mondi contemporanei?

Sempre il succitato teologo italiano Severino Dianich recentemente ha strigliato i suoi confratelli e colleghi teologi tacciandoli di tradimento (cf.. WHO), perché incapaci di proferire una parola ficcante sui fatti che accadono nel mondo e sui processi culturali in atto. Le risposte di alcuni teologi che si sono sentiti colti sul vivo sono state o fuori contesto o troppo verbose. È certo che la Chiesa sta vivendo un travaglio, chissà se esso porterà a una trasformazione o a una nuova nascita, certamente diversa dalle precedenti a cui siamo da secoli abituati. Negli anni che seguirono il Concilio, mentre si diffondeva il movimento nato nel Maggio del 1968, il gesuita Michel de Certeaux, molto ascoltato nella laicissima Francia e che arrivò a dirigere gli studi della École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi parlava di «cristianesimo in frantumi» (WHO). Una espressione scomoda che allora non fu accettata, ma di cui oggi sentiamo gli effetti. Come sarà il Cristianesimo di domani? Non è dato sapere, perché è come chiedersi come sarà il mondo nel prossimo futuro, nel quale la Chiesa coi suoi membri sarà inserita. Certain, si spera che il Cristianesimo di domani non sia composto, stando a quanto purtroppo si palesa quello d’oggi, una aggregazione di fedeli fideisti alla morbosa ricerca di Madonne che appaiono in giro per il mondo preannunciando catastrofi e consegnando terrificanti segreti a sedicenti veggenti che spuntano ormai come fiori di campo dopo la pioggia. L’auspicio, almeno mio personale, è che smetta di guardare il proprio ombelico per ricominciare ad annunciare fiduciosa il Vangelo di Gesù Cristo, capace di formare cristiani solidi e tenaci «pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi» (1PT 3,15).

Do Eremitério, 5 Outubro 2024

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«Vem Espírito Santo, alma da minha alma». O uso do Espírito Santo na Igreja deve ser diário, filial e confiante

«VEM ESPÍRITO SANTO ALMA DA MINHA ALMA». O RECURSO DO ESPÍRITO SANTO NA IGREJA DEVE SER DIÁRIO, FILIAL E CONFIÁVEL

Todos os dias precisamos da doce presença do Espírito Santo, em todas as circunstâncias da vida, não apenas em determinados momentos escolhidos. Com tristeza devemos reconhecer que mesmo na Igreja ele é frequentemente invocado de forma folclórica, fazendo dele um “fluido” que nivela e corrige as distorções do homem, também e sobretudo daquele homem que não quer submeter-se à sua ação. Resumidamente, um verdadeiro “Espírito Santo mágico... esotérico” no limite da concepção gnóstica.

— Atualidades pastorais —

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Autor
Ivano Liguori, ofm. Capp.

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De todas as orações ao Espírito Santo que a Igreja sabe, alguns dos quais são muito famosos e recitados pontual e solenemente em momentos particulares da vida eclesial, como o Veni Creator, há a oração do Cardeal Désiré Joseph Mercier (1851-1926).

Esta oração diz isso:

«Ó Espírito Santo, alma da minha alma, eu te adoro! Ilumine-me, me guie, me fortaleça, console-me, diga-me o que devo fazer, me dê suas ordens. Prometo me submeter em tudo ao seu desejo e aceitar o que você quiser me enviar! Apenas me ensine sua vontade. Amém".

O sábio cardeal belga ele continuamente exortou os fiéis a recitarem com confiança esta oração, encorajando os católicos à familiaridade e devoção ao Espírito Santo, muitas vezes considerado por nós, ocidentais, como "o grande desconhecido", ele disse:

«Quero revelar-te o segredo da santidade e da alegria, se todos os dias, por cinco minutos, você sabe impor silêncio à sua imaginação e fechar os olhos para todas as coisas externas e os ouvidos para todos os ruídos da terra para entrar dentro de você, e lá, no santuário de sua alma batizada, que é o templo do Espírito Santo, fale com este convidado divino e diga-lhe [...] Se você fizer isso, eu repito, sua vida fluirá feliz, sereno e consolado, mesmo que em tribulações, porque a graça será proporcional à prova e lhe dará forças para suportá-la e você chegará ao céu cheio de méritos. Esta submissão ao Espírito Santo é o segredo da santidade”..

A peculiaridade desta oração reside no fato de expressar uma grande verdade, o de considerar o Espírito Santo como “a alma da minha alma”, isto é, como a parte mais íntima e sagrada da alma do homem. O espírito Santo, assim, não fala apenas com a alma, mas fala sobre a alma, diz-nos quem é o autor e interlocutor privilegiado, para então dar-lhe aquela forma divina em que Deus se faz presente, aquele selo que marca indelevelmente a pertença ao Senhor (carimbo) e o configura mais perfeitamente a Cristo, dando-lhe a graça de difundir entre os homens o seu bom perfume (cf. 2 Cor2,15).

O esforço do homem que crê consiste precisamente em conhecer e guardar a alma na amizade e na comunhão com Deus, através daquela docilidade ao Espírito Santo que só pode ser contínua. Todos os dias precisamos da doce presença do Espírito Santo, em todas as circunstâncias da vida, não apenas em determinados momentos escolhidos. Com tristeza devemos reconhecer que mesmo na Igreja ele é frequentemente invocado de forma folclórica, fazendo dele um “fluido” que nivela e corrige as distorções do homem, também e sobretudo daquele homem que não quer submeter-se à sua ação. Resumidamente, um verdadeiro “Espírito Santo mágico... esotérico” no limite da concepção gnóstica.

Invoque o Espírito Santo no início de uma reunião, de um capítulo, de um sínodo, de um conselho ou conclave significa levantar as mãos diante da obra de Deus e de sua vontade, que quase sempre contrasta com a do homem e dos seus projetos. Significa falar com Deus com seu Espírito: "você age!» mas muitas vezes temos que reconhecer que costumamos questionar o Espírito Santo para ratificar decisões já tomadas, quando o homem já agiu com orientações previamente planejadas e caminhos já pensados.

Ao fazê-lo, o Espírito Santo – doce e discreto hóspede da alma – já não fala à alma do homem e já não é capaz de animá-la como nos ensina o bom cardeal Désiré Joseph Mercier. Diga isso hoje, mesmo dentro da igreja, pode parecer quase incorreto, poderia significar aparecer como um negador de algumas "realidades inspiradas". Também pode haver o risco de ser rotulado como uma personalidade problemática e propenso a resmungos e descontentamento.. Mas apesar de tudo, pode até valer a pena, se tudo isso for feito, voltar a deixar-nos guiar pelo Espírito do Senhor e correr o sério risco de entrar em crise onde temos a presunção de já ter entendido tudo.

Nos meus vinte e cinco anos de vida religiosa e quinze de vida sacerdotal Sempre tive em mente estas duas passagens da Sagrada Escritura como uma bússola pessoal na minha relação com Deus e, portanto, como uma metodologia de discernimento antes da obra do Espírito Santo.:

«Porque os meus pensamentos não são os teus pensamentos, seus caminhos não são os meus caminhos – oráculo do senhor. Assim como os céus estão acima da terra, assim são os meus caminhos mais altos do que os vossos caminhos, meus pensamentos dominam seus pensamentos". (cf.. É 55, 8 – 9).

«Se o Senhor não construir a casa, em vão fazer o seu trabalho construtores;. Se o Senhor não guardar a cidade, o guardião observa em vão". (cf.. Vontade 127, 1)

Trago essa minha experiência pessoal compartilhar com leitores e irmãos o desejo de saber que, embora sacerdotes e pessoas consagradas, nosso guia diário não é representado pelas qualificações acadêmicas obtidas em ciências teológicas, nem mesmo por insiders e entradas em estruturas de poder e prestígio. Muito menos nossos desejos de bem ou o desejo de fazer grandes coisas, muitas vezes humano, muito humano. Tudo em nós deve mover-se na harmonia do Espírito Santo, ele é o maestro da orquestra, a partitura e a música.

Sobre o Espírito Santo Eu poderia citar muitas passagens bíblicas, Entre muitos outros, este do Evangelho segundo João vem à mente: «E eu rezarei ao Pai e ele lhe dará outro Paráclito para permanecer com você para sempre, o Espírito da verdade, que o mundo não pode receber porque não vê e não sabe disso. Você o conhece porque ele permanece com você e estará em você" (GV 14, 16-17) .

Jesus promete o dom do Espírito/Paráclito que permanece não apenas conosco, mas, diz o Senhor expressamente: «Estará em você». É o tema da habitação do Espírito Santo, como um convidado divino, na alma do justo, do qual o mencionado cardeal já falou. O apóstolo Paulo também nos lembra disso em sua primeira carta aos Coríntios: «Você não sabe disso . . . o Espírito de Deus habita em você?» (1 CR 3, 16). O Espírito Santo que está presente e atua em toda a Igreja, mostra a concretização concreta da sua presença e ação na relação com a pessoa humana, com a alma do batizado onde estabelece a sua casa e derrama o dom obtido de Cristo com a Redenção. A ação do Espírito Santo penetra nas profundezas do homem, nos corações dos fiéis, e derrama nele a luz e a graça que dá vida. Isto é o que pedimos na Sequência de Missas de Pentecostes: Ó luz mais abençoada, invadir intimamente os corações dos seus fiéis".

Deus está presente entre os homens no Filho, através da humanidade assumida por Ele na unidade da pessoa com sua natureza divina. Com esta presença visível em Cristo, Deus prepara uma nova presença através dele, Invisível, que acontece com a vinda do Espírito Santo. A presença de Cristo “entre” os homens abre caminho à presença do Espírito Santo, que é uma presença interior, uma presença nos corações humanos. Assim se cumpre a profecia de Ezequiel: «Eu lhe darei um novo coração, Colocarei um novo espírito dentro de você . . . Colocarei meu espírito dentro de você" (este 36, 26-27).

Graças a esta casa os homens se tornam "templo de Deus", do Deus Trindade, porque "o espírito de Deus habita em você", como recordamos nas palavras de São Paulo. O próprio Apóstolo especifica pouco depois: «Ou não sabes que o teu corpo é templo do Espírito Santo que está em ti e que tens da parte de Deus?» (1 CR 6, 19). assim, a habitação do Espírito Santo implica uma consagração particular de toda a pessoa humana, o tamanho do corpo também está envolvido, à semelhança do templo. Esta consagração é santificadora. Constitui a própria essência da graça salvadora, através do qual o homem acessa a participação na vida trinitária de Deus. Uma fonte interna de santidade é assim aberta no homem, do qual deriva a vida "segundo o Espírito". Senhor Jesus é esta fonte da qual flui o dom da água viva do Espírito. A este respeito, São João recorda sempre o grito de Jesus: «O grande dia da festa, Jesus, pés do bloco de descanso, ele gritou: «Se alguém tiver sede, venha até mim, e deixe aquele que acredita em mim beber. Como diz a Escritura: Do seu ventre fluirão rios de água viva.". E o evangelista comenta: «Isto é o que ele disse sobre o Espírito: que aqueles que nele crêem receberiam: na verdade ainda não existia o Espírito, porque Jesus ainda não havia sido glorificado" (GV 7, 37-39). João nos prepara assim para a aspiração final do Senhor que ele falou desde a cruz: «No set». Sede de dar à Igreja aquela água do Espírito que pouco depois da sua morte flui do seu lado e que a alma crente contempla: «E, inclinou a cabeça, entregou o Espírito" (GV 19,30).

Invoque o Espírito Santo Isso significa, portanto voltemos para dentro daquele eremitério que é a nossa alma, naquele território delicado e secreto onde não podemos entrar senão com o vivo desejo místico de experimentar Deus, de ser atraído por Ele e poder desfrutá-los plenamente. E para isso devemos chamar o Espírito de Deus que tudo conhece até as profundezas de Deus (cf.. 1 CR 2,10 – 16).

Setembro é o mês em que as atividades recomeçam nas mais diversas paróquias e comunidades cristãs. Seria bom recomeçar a partir do Espírito Santo para nos ensinar o caminho a seguir e nos conscientizar dos tantos erros que se passam por seus, mas que são nossos. Uma jornada compartilhada, hoje seria chamado sinodal, em que você deseja fortemente a presença de Deus... e só isso.

Entre as muitas “coisas” espirituais que podemos inventar e fazer dentro da Igreja de Deus, seria também hora de compreender que o acréscimo do adjetivo “espiritual” é indicativo de uma orientação muito específica que nos diz que estamos aguardando o sopro do Espírito Santo, da irrupção de Deus na história do homem, na história de cada um de nós, na minha história pessoal.

Quão maravilhoso seria realizar um sínodo perene sobre o Espírito Santo, no Pentecostes! Partindo daquele pneuma vivo que tudo transforma e tudo preenche num movimento de graça que salva: da época do homem confuso e caótico [ano (cronos)] passamos para o tempo de Deus, ordenado e suave [clima (Kairós)] experimentar aquele tempo de graça do Espírito[graça (caril)] que se traduz naquele amor de que a Igreja necessita desesperadamente e que, como disse o grande poeta, «move o sol e as outras estrelas (cf.. Paraíso, XXXIII, v. 145)».

Sanluri, 2 Outubro 2024

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