Nella ricorrenza dei defunti, una riflessione sulla Chiesa Cattolica come pellegrina di speranza
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IL SITO DI QUESTA RIVISTA E LE EDIZIONI PRENDONO NOME DALL’ISOLA DELL’EGEO NELLA QUALE IL BEATO APOSTOLO GIOVANNI SCRISSE IL LIBRO DELL’APOCALISSE, ISOLA ANCHE NOTA COME
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«ALTIUS CÆTERIS DEI PATEFECIT ARCANA»
(in modo più alto degli altri, Giovanni ha trasmesso alla Chiesa, gli arcani misteri di Dio)
La lunetta usata come copertina della nostra home-page è un affresco del Correggio del XVI sec. conservato nella Chiesa di San Giovanni Evangelista a Parma
Creatrice e curatrice del sito di questa rivista:
MANUELA LUZZARDI
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gentile padre conosce il rito domenicano? Le segnalo un video https://www.youtube.com/watch?v=9ew0Gwky6ko
Padre, la scorsa domenica ero alla Santa messa alla chiesa di S. Maria alla Minerva e ho sentito la sua omelia, se avessi avuto il coraggio le avrei chiesto gli appunti, ma non ce l’ho avuto.
Perchè non pubblicate quelle omelie?
Alessandra da Roma
Gentile Padre,
forse Padre Ariel le ha detto che ieri, all’uscita dalla chiesa della Minerva, l’ho fermato sotto la pioggia?
Non avrei immaginato di trovare Padre Ariel presso di lei alla Minerva per la Messa.
E’ stata proprio una piacevole conoscenza, lo leggo da anni ma non l’avevo mai visto di persona.
Grazie di nuovo.
Alessandra (Roma)
Grazie Padre e ben arrivato.
L’Isola di Patmos è qualità alla quale lei aggiunge qualità.
Grazie e un saluto dal suo convento domenicano di Siena che da molti anni frequento, e infatti mi domandavo … questo frate non è “faccia nuova”.
Può essere che io l’abbia vista a Siena a San Domenico questa estate?
Si, sicuramente lo avrà visto, perché tra la professione solenne e l’ordinazione diaconale trascorse in estate un periodo di tempo nel Convento domenicano di Siena.
Ben arrivato Padre e grazie per questo suo articolo che in breve dice tutto ciò che purtroppo da tempo non ci viene più detto …
Andrea Petitti (Ivrea)
Reverendo Padre, credo di non essere eccessivamente vecchio, ho 60 anni, e desidero dirle che mi ha commosso con il canto dei defunti messo in fine di articolo.
Circa mezzo secolo fa ho sentito da ragazzino più volte quel canto nella parrocchia di Roma che all’epoca frequentavo, e ricordo che quando lo sentivo cantare mi dava un senso istintivo di pace.
Poi le cose sono cambiate e sono arrivati i canti sulla musica di When the Saints go marching in [Ndr. QUI] divenuti canti eseguiti nelle nostre chiese [Ndr. QUI].
Non ho più sentito quel canto e non ne ricordavo neanche le parole, mi ha riportato piacevolmente indietro nel tempo, e di questo la ringrazio.
Padre Gabriele, ben arrivato!
Rimani, e prosegui come hai iniziato, te lo dice un vecchio prete “gloriosa” classe 1946. Pensa, cominciai la prima elementare sei anni dopo la fine dell’ultima guerra, con le maestre che ci narravano quanto eravamo stati fortunati a nascer dopo la guerra. di certo non immaginavo che sei decenni dopo mi sarei ritrovato (come molti altri) dinanzi ad una guerra forse molto peggiore, sotto vari aspetti. Nell’ultimo conflitto le bombe distrussero o danneggiarono gravemente molte città d’Europa, oggi, altri generi di bombe, le hanno rase moralmente al suolo. Molte chiese, durante quel conflitto, furono ridotte in macerie dalle bombe, oggi, sono ridotte in macerie da noi preti, ma di più ancora dai nostri vescovi socio-politologi.
Non sono disilluso ma nemmeno illuso, non pessimista ma neppure surrealista. Poi, venissi meno alla virtù teologale della speranza, me la dovrei vedere con il mio confessore, che è un certo Padre Ariel S. Levi di Gualdo, che di certo tu conosci, e che martella spesso su due elementi: “la speranza” e “la libertà dei figli di Dio”.
Stamattina ho già stampato e dato questo articolo al gruppo dei catechisti della mia parrocchia affinché ne possano trarre ottimi spunti.
Le “versioni stampabili” dell’Isola di Patmos sono un gran bella e comoda trovata,
Tanti auguri e buon lavoro!
Salve Don Pino !
Anch’io diffondo spesso i testi stampati dell’Isola di Patmos, mentre invece non mi è mai capitato di fotocopiare e diffondere pagine dell’Avvenire o di Famiglia Cristiana, almeno nel corso degli ultimi cinque anni il primo quotidiano succitato, e nel corso degli ultimi vent’anni il secondo settimanale sempre succitato …
Gentile Padre,
seguo assiduamente L’Isola di Patmos da metà di novembre 2014, se non ricordo male questo sito-rivista aprì verso la metà del precedente mese di ottobre.
Non so quanti anni lei abbia ma vedo che è molto giovane.
Sono una ex insegnante di filosofia, fino al 2013 ho fatto la catechista, poi dopo molti anni ho lasciato il posto a persone meno vecchie (ho 78 anni) ma soprattutto più misericordiose di me che … terrorizzavo (fu ripetutamente detto) i ragazzi della Cresima parlando loro di Paradiso, Inferno e Purgatorio, mentre pare che oggi si debba parlare solo del Paradiso, quindi di un Dio che non giudica, non castiga, non da a ciascuno secondo i propri meriti e secondo i talenti messi a frutto oppure sotterrati.
Sicché mi sono rifugiata nell’angolo tutto sommato più bello: la preghiera.
Sono terziaria domenicana dal 1981 e le assicuro Padre carissimo le mie preghiere alla Vergine Maria di Pompei.
Spero che questo sia solo il primo di una lunga serie di articoli, considerando che lei scrive e trasmette i misteri della fede con una chiarezza preziosa oggi più che mai.
Infine mi immagino la contentezza di Padre Giovanni Cavalcoli, come me anziano, ad avere un giovane confratello domenicano in questa felice isola.
Anna Loffredo
Napoli
Signora Anna,
un domenicano che esordisce parlando di un bimbo napoletano che gli pone una domanda sulla vita eterna e implicitamente sul giudizio di Dio, promette proprio bene. Non tanto perché parla dei nostri bimbi partenopei, ma perché parla dei novissimi e della escatologia in maniera chiara e precisa.
Purtroppo oggi pare si parli solo dei “modernissimi” e della più banale “scatologia”, o forse peggio “rompiscatologia”.
Il giovane domenicano conferma la mia modesta teoria che la nostra speranza sono i trentenni divisi oggi in due categorie:
1) i totalmente apatici ripiegati sull’edonismo, il narcisismo e l’egocentrismo;
2) i fortemente motivati sul piano della fede, della morale e della tradizione perenne della Chiesa.
Delle clerical-generazioni dei sessanta/settantenni bisogna attendere solo la natura estinzione, perché sono irrecuperabili! E con i loro feretri speriamo di seppellire dentro le bare anche le chitarrine, i tamburelli, i messali personalizzati, le preghiere dei fedeli spontanee improvvisate e tutte le dottrine annacquate che non disturbano l’uomo moderno ed il padrone di questo mondo alle cui dipendenze l’uomo moderno pare si sia messo.
Scriva alla redazione dell’Isola di Patmos e si faccia dare i miei contatti, perché se non è molto lontana dalla mia parrocchia (zona Vomero), un incarico come catechista glielo do io, e pure molto volentieri. Poi semmai un giorno invitiamo anche Padre Gabriele a parlare ai nostri ragazzi del catechismo.
don Ciro
… a proposito di preghiere dei fedeli spontanee, voglio proprio offrirvi alcune perle.
Celebrazione in parrocchia presieduta dal vescovo diocesano che invita alla preghiera spontanea, ignorando che il parroco ha sempre evitato il tutto.
Il mio parroco evita pure di usare le preghiere dei fedeli quelle riportate sui foglietti della messa, perché due o tre anni fa (ma la cosa non sembra migliorata oggi) diceva che parevano scritte dalla Boldrini e dalla Bonino.
Bene bene … il vescovo apre alle preghiere spontanee con questo risultato: “… vorrei pregare per una coppia di ragazzi che hanno deciso di vivere assieme, uno dei quali soffre molto perché la famiglia non ha accettato il suo legame d’amore con questo compagno, che lo Spirito Santo illumini i suoi genitori, Preghiamo”, e tutta l’assemblea dice: “ascoltaci Signore!”.
Aperta la diga ecco la donna di mezz’età che mette il carico da novanta: “Preghiamo per tutte le coppie gay affinché possano vivere serenamente senza discriminazioni sociali, preghiamo”. e tutta l’assemblea … “ascoltaci Signore!”. Poteva poi mancare … “Per i profughi, affinché non siano discriminati da questo governo razzista, preghiamo” …
A quel punto il parroco che faceva da cerimoniere al vescovo ha fatto cenno con la mano all’organista, che però non capiva, allora lo ha guardato con gli occhi fuori dalle orbite e gli ha detto a bassa voce con un altro cenno della mano: “vai, vai!”.
L’organista ha attaccato il canto d’offertorio prima che il vescovo recitasse l’orazione conclusiva.
Io sono quell’organista.