La trasfigurazione di Gesù è quell’evento che invita a trasfigurare noi stessi per poi risorgere con lui

Padre Gabriele

Omiletica dei Padri de L’Isola di Patmos

LA TRASFIGURAZIONE DI GESÙ È QUELL’EVENTO CHE INVITA A TRASFIGURARE NOI STESSI PER POI RISORGERE CON LUI

la preghiera dona anche a noi l’autorevolezza e il coraggio di rendere ragione della speranza che è in noi. Dunque di testimoniare la fede anche in ambienti che la rifiutano

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Autore:
Gabriele Giordano M. Scardocci, O.P.

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La trasfigurazione di Gesù, opera di Raffaello Sanzio

In questa II domenica di Quaresima, nelle letture della Liturgia della Parola ricordiamo il momento della Trasfigurazione, un evento che dà vita a una festa in cui Dio ci chiede di essere intimamente unito a Lui nella Preghiera e di ascoltarlo. A proposito dell’ascolto, sentite un po’ cosa scrive Clive S. Lewis, immaginando di essere il diavoletto Berlicche, che dà istruzioni a suo nipote Malacoda per allontanare l’uomo da Dio:

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«Mio caro Malacoda, le proposte da dilettante che appaiono nella tua ultima lettera mi suggeriscono che è ormai tempo che ti scriva esaurientemente sul penoso argomento della preghiera […] la cosa migliore, se fosse possibile, sarebbe di tenere il paziente completamente lontano da qualsiasi seria intenzione di pregare».

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Per il Demonio è davvero importante che noi cessiamo di pregare perché facendolo si cessa di essere sotto lo sguardo di Dio e cuore a cuore con Gesù. Esaminiamo meglio questi punti.

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«Circa otto giorni dopo questi discorsi, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare».

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Provando ad immaginare un po’ la scena, possiamo vedere il monte Tabor. Desertico, caldo e in alto. Forse luogo inospitale per una camminata. Ma Gesù chiama tre apostoli proprio lì. Perché siano da soli con Lui. Gesù dunque li fa uscire dalle piste desertiche della Palestina per farli salire sull’alto monte. Questa immagine è il richiamo alla Chiesa che cammina con Gesù. Ma questo è un po’ il senso anche per noi in questa Quaresima: camminare e lasciarci prendere dal Signore, che viene nei nostri momenti di deserto, di incomprensione, nei momenti in cui le nostre anime crescono, in un momento di preghiera profonda. Come Pietro, Giacomo e Giovanni così anche noi possiamo entrare nello spazio segreto fra Dio Eterno Padre e Dio Eterno Figlio, incunearci fra loro per essere da soli. Soli con Dio per rinnovare la nostra visuale su tutte le cose e osservarle dall’alto. Da un punto di vista divino e umano insieme. Gesù stesso mentre prega cambia d’aspetto. La sua tunica diventa bianca. Colore della presenza di Dio. Improvvisamente compaiono Mosè ed Elia. Un’apparizione improvvisa [cfr. vv. 29 – 32] mentre Gesù inizia a parlare dei suoi giorni che verranno in Gerusalemme. Una scena davvero gloriosa e al tempo stesso tremenda deve essere apparsa ai tre apostoli. Mosè, colui che ha ricevuto la Legge, Elia, il grande profeta. I due messaggeri veterotestamentari per eccellenza. Il tutto mentre Gesù sta offrendo il messaggio centrale della sua missione: offrirsi in croce per la nostra redenzione.  Probabilmente i tre apostoli sono un po’ frastornati. Fin quando alcuni istanti dopo la nube irrompe sul monte, e a quel punto cominciano ad aver paura.  Come se non bastasse, immediatamente dopo, accade l’annuncio più importante. Il motivo stesso per cui il Signore li aveva portati lì. Sentiamo:

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«Dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!».

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Questa voce è l’Eterno Padre che chiede di ascoltare Gesù suo Figlio. Una rivelazione shock per i poveri tre, che pure erano stati spettatori, fino a quel momento, di diversi eventi straordinari. Gesù è uomo ma anche Dio. Dio è anche l’Eterno Padre che lo annuncia e che chiede di ascoltarlo. Infatti, dopo dei momenti di intimità con Gesù, nella preghiera profonda bisogna ascoltare.

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Che vuol dire per noi oggi questo? Ascoltare vuol dire trasformare la preghiera in azioni concrete. Così, come accadde a Pietro, la preghiera dona anche a noi l’autorevolezza e il coraggio di rendere ragione della speranza che è in noi. Dunque di testimoniare la fede anche in ambienti che la rifiutano [cfr.1 Pt 4]. Esattamente come nell’esperienza di Giacomo, la preghiera ci permette di attuare le opere di misericordia materiali e spirituali, per mostrare la bellezza e la pienezza delle fede proprio tramite le opere [cfr. Gc 2]. Infine, come Giovanni, la preghiera ci permette di contemplare il mistero profondo dell’Incarnazione, per meditare che chi era in principio del Mondo, Dio è anche principio e linfa della nostra vita [Gv 1, 2 -4].

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La trasfigurazione di Gesù è dunque quell’evento che invita a trasfigurare noi stessi per poi risorgere con lui. Con l’ascolto e la messa in pratica, tutti quanti noi, giorno dopo giorno, siamo trasfigurati in Cristo, con un volto cambiato, sorridente e aperto dinanzi alle dimensioni del sacro, a stupirsi di un amore che ci accoglie fino alla fine. Per questo chiediamo al Signore, con l’esempio e l’aiuto di Maria, l’umiltà del cuore per aprirci a un ascolto attento di Dio per donare al mondo la speranza della vita eterna.

 

Roma, 12 marzo 2022

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