Los Apóstoles entendieron tan bien que comenzaron a discutir sobre quién era el mayor entre ellos.

Homilética de los Padres de la Isla de Patmos

GLI APOSTOLI COMPRESERO COSÌ BENE CHE SI MISERO A DISCUTERE SU CHI FOSSE TRA DI LORO IL PIÙ GRANDE

«E il Signore ebbe pietà di questa moltitudine… Prese una bambina, teresa, y la puso entre los apóstoles; y esta pequeña niña les reveló verdades tan simples, tan atractivo, che i dottori furono costretti a confessare la loro ignoranza, e si fecero discepoli della fanciulletta per insegnare al popolo la sua dottrina».

 

 

 

 

 

 

 

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Il Vangelo di Marco riporta tre annunci della passione (MC 8,31; 9,31; 10,33 e ssg.). Questo che si legge nel Vangelo della XXV Domenica del tempo ordinario è il secondo e tutti e tre costituiscono un filo redazionale attraverso il quale Marco ha tessuto il racconto che va dalla confessione di Pietro all’ingresso di Gesù in Gerusalemme. Aquí está el pasaje evangélico..

"En ese momento, Jesús y sus discípulos pasaron por Galilea, pero no queria que nadie lo supiera. De hecho, enseñó a sus discípulos y les dijo: "El Hijo del Hombre es entregado en manos de los hombres y lo matarán; sino, una vez asesinado, después de tres días se levantará de nuevo ". Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo. Giunsero a Cafàrnao. Cuando estaba en la casa, les preguntó: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Y ellos se quedaron en silencio. En la calle, de hecho, habían discutido entre ellos quién era el más grande. Sentarse, llamó a los Doce y les dijo: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». Y, tengo un bebe, lo colocó en medio de ellos y, abrazándolo, El les dijo: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, me da la bienvenida; y quien me recibe, no me da la bienvenida, ma colui che mi ha mandato» (MC 9,30-37).

Gesù, traversando la sua terra di origine, la Galilea, non cerca stavolta il consesso della folla, ma richiedendo l’anonimato piuttosto dedica il suo insegnamento ai discepoli che lo accompagnavano più da presso. Egli cerca di spiegare loro cosa gli accadrà. Ma ogni volta che Gesù parla della propria morte, con uno schema che si ripete, interviene la reazione opposta dei discepoli. Prima Pietro (MC 8,32-33) e poi tutti gli altri (MC 9,32) rifiutano o non comprendono le parole del Maestro. Subito dopo gli ultimi due annunci gli apostoli addirittura rivendicano per loro primazia e privilegi (MC 9,33-37; 35-40). Per questo motivo il brano evangelico di oggi costituisce una piccola unità, formata dalla profezia di Gesù circa il suo destino e poi dall’incomprensione dei discepoli. Quest’ultima è espressa nel nostro brano dal commento di Marco: «Essi però non comprendevano» del v. 32; ed è rafforzata infine con le parole fuori posto degli stessi discepoli, riportate dall’evangelista: «Per la via infatti avevano discusso tra loro chi fosse il più grande», al v. 34.

Gesù per annunciare la sua passione definisce se stesso come il «Figlio dell’uomo», un’espressione che ricorre tante volte nei Vangeli (ben 82, de los cuales 14 in Marco) e viene adoperata da Gesù soprattutto per descriversi come protagonista o destinatario di una condizione umiliata e dolorosa, a cui seguirà la sua esaltazione o risurrezione. I discepoli che per un verso si fanno problema di tale destino, dall’altro conoscono evidentemente questa figura che si credeva esistesse in cielo come gli angeli e che era prima del mondo, cioè esisteva quando c’era soltanto Dio (Libro delle parabole di Enoc). Al Figlio dell’uomo Dio concede sue prerogative e poteri, tanto da sembrare un’ipostasi divina. Non è un angelo, non esegue ordini, ha compiti generali ma non comandi precisi: la sua volontà sembra essere la stessa di Dio e i suoi compiti riguardano essenzialmente la giustizia ed il diritto (Y 7, 13-14). Dato questo sfondo soteriologico e messianico, Gesù, ahora, almeno ai discepoli, può rivelarsi per quello che è. Può parlare loro con parresía e affermare che Egli è quel Figlio dell’uomo, figura a noi nota dal libro di Daniele e dall’apocrifo veterotestamentario de Il Libro delle Parabole. E’ l’inizio di un tempo nuovo della missione di Gesù: «E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere» (cf.. MC 8, 31). Ma per i discepoli è una sorta di doccia fredda, perché Pietro prima ed i discepoli poi sanno che la figura del Figlio dell’uomo è potente e gloriosa, impossibile quindi che vada incontro a sventure, sufrimiento, sconfitte. Pietro respinge questa presentazione e Gesù lo bolla come Satana (MC 8,33), mentre i discepoli parlano d’altro.

Con molta probabilità è per questo che Gesù, dopo qualche giorno, decide di prendere tre dei suoi discepoli a lui più vicini, Pedro, Giacomo e Giovanni e di portarli con se su un alto monte dove «si trasfigurò davanti a loro» (MC 9, 2). Lì questi discepoli sanno che il Figlio dell’uomo, di cui avevano qualche cognizione, el es el hijo de dios: "Este es mi Hijo, el amado: Escúchalo a él!» (MC 9, 7). Scendendo dal Tabor Gesù ripete l’invito ai discepoli di non parlare a nessuno della visione se non dopo la morte e risurrezione. Per i lettori del Vangelo di Marco è sempre più chiaro che Gesù è quel «nascosto» nel mistero di Dio, destinado a revelarse.

Annunciando la sua passione Gesù afferma che verrà consegnato. Il verbo «consegnare» (paradídomi) è molto importante per il racconto delle ultime ore di Gesù. Si ritrova, in Marco, non soltanto negli annunci della passione e risurrezione di Gesù, ma talvolta ha anche Giuda come soggetto (MC 3,19; 14,10-11) ed è riferito perfino alla sorte dei discepoli (MC 13,9.11.12). Tutto questo per sottolineare che il destino di chi segue Gesù è solidale e simile a quello del Maestro.

Ma più sopra abbiamo accennato alla reazione dei discepoli al secondo annuncio di Gesù, al loro non comprendere (v. 32) e ai discorsi sul «più grande» (v.v.. 33-34). También en este caso, come è stato per Pietro, Gesù deve correggere i discepoli, rispondendo loro in due modi, con parole e con un gesto simbolico rimasti imperituri.

Innanzitutto notiamo che Gesù non raccoglie il frasario dei discepoli, non lo accetta. Mentre questi discorrono su «chi fosse il più grande», Egli invece parla di primo e di ultimo. Qué significa esto? Che Gesù non esclude che nella comunità ci siano precedenze, che qualcuno sia il primo e non semplicemente il più grande. Ma dice anche che costui dev’essere uno che si mette al servizio in modo incondizionato, es, es decir, il diacono (diakonos) de todos los demás. Lungo la strada che conduce a Gerusalemme, la ricerca di potenza, di benessere e di prestigio dei discepoli si scontra con la logica di Gesù, secondo cui il Regno è servizio e in esso il primo è colui che serve. Gesù, si ferma, si siede, nell’atteggiamento di chi sta per dare un’istruzione importante. La discussione culminerà più avanti con questa affermazione che ricapitola tutto, dove Gesù di nuovo si pone come esempio: «Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (MC 10,45).

Ecco allora che il gesto di prendere un bambino e abbracciarlo rafforza il contenuto delle affermazioni di Gesù. Il Maestro vuole essere accolto non solo perché lui è il «più grande», come potrebbe apparire agli occhi dei discepoli. Ma il bambino (paidion) che ha le dimensioni dell’ultimo, essendo il più piccolo, ritenuto senza importanza e soggetto senza particolari diritti, agli occhi di Gesù incarna la misura ideale del Regno di Dio. Questo è paragonato ad un seme di modeste dimensioni che pure cresce e diventa un albero. Allo stesso modo Gesù, come il seme, dovrà morire per portare frutto (MC 4,8). Per questo chi accoglie il piccolo bambino, non solo accoglie Gesù stesso, ma perfino il Padre da cui tutto ha origine e che ha mandato Gesù.

Secoli più tardi il Signore susciterà nella Chiesa la santità di Teresa del Bambin Gesù, nel Carmelo di Lisieux. Il suo cammino spirituale, l’infanzia evangelica, così fu descritta nel 1913 da Joseph Lotte, un letterato francese convertito, amico e confidente di Péguy:

«E il Signore ebbe pietà di questa moltitudine… Prese una bambina, teresa, y la puso entre los apóstoles; y esta pequeña niña les reveló verdades tan simples, tan atractivo, che i dottori furono costretti a confessare la loro ignoranza, e si fecero discepoli della fanciulletta per insegnare al popolo la sua dottrina».

Desde la ermita, 21 Septiembre 2024

 

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Los Padres de la Isla de Patmos

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A la muerte de su madre: la madre del sacerdote es siempre la madre de todos los sacerdotes

SOBRE LA MUERTE DE LA MADRE: LA MAMMA DEL SACERDOTE È SEMPRE LA MAMMA DI TUTTI I SACERDOTI

Un’antica tradizione cristiana narra che quando la madre di un prete si presenta dinanzi al cospetto dell’Altissimo, él le preguntará: «Te di la vida, que me diste?». La madre responderá: «Io ti ho donato mio figlio come tuo sacerdote». E l’Altissimo le spalancherà le porte del Paradiso.

 

Autor
Redacción de la Isla de Patmos

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Ieri è morta Enrica, madre del nostro confratello Simone Pifizzi, redattore liturgista de L’Isola di Patmos.

La famiglia Pifizzi: a sinistra Claudio, a destra Simone, al centro i due genitori

I funerali si svolgeranno domani nella Chiesa Parrocchiale del Sacro Cuore in Firenze, in via Capo di Mondo 60, en 15:30. Tutti i Padri de L’Isola di Patmos si stringono con fede e affetto al confratello Simone. I Padri Ariel S. Levi di Gualdo, che si trova a Roma, e Gabriele Giordano M. Scardocci, che risiede al Convento di Santa Maria Novella in Firenze, saranno presenti alle esequie anche per i Confratelli redattori Ivano Liguori, Teodoro Beccia, il Monaco Eremita e per il presidente delle Edizioni L’Isola di Patmos Jorge Facio Lince, ai quali è impossibile raggiungere domani il Capoluogo toscano.

desde la Isla de Patmos, 16 Septiembre 2024

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Es verdad que todos preguntan., pero nosotros, los Padres de la Isla de Patmos, somos sin duda especiales. Sabes que pronto será nuestro cumpleaños.?

ES VERDAD QUE TODOS PREGUNTAN, PERO NOSOTROS PADRES DE LA ISLA DE PATMOS NOS FUERA DE NINGUNA DUDA ESPECIAL. SABES QUE PRONTO ES NUESTRO CUMPLEAÑOS?

El 19 de Octubre del 2014 nuestro administrador de página web subió el sitio web de la revista L'Isola di Patmos a la plataforma en la que 20 Octubre estuvo abierto en línea., Desde entonces nunca hemos experimentado una disminución sino sólo un crecimiento continuo en las visitas..

Autor
Redacción de la Isla de Patmos

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Estimados lectores:,

cuando el 20 de Octubre del 2014 debutó en línea La Isla de Patmos, fundada por el difunto académico de la Escuela Romana Antonio Livi, por el académico pontificio Giovanni Cavalcoli y por el teólogo Ariel S. Levi di Gualdo, algunos decían que no nos quedaría más de un año de vida. Y efectivamente así hubiera sido, si por el elevado número de visitas no hubiésemos facilitado la nuestra administrador de página web y el nuestro gerente social trasladar el sitio web de esta revista a un sitio menos de dos años después servidor dedicado, lo cual, sumado a todos los demás gastos, supone un gasto de para nuestra redacción 5.200 all'anno euros.

La Isla de Patmos se lleva a cabo por uno Redacción compuesto por seis presbíteros especializados en las diversas ciencias teológicas, litúrgico y jurídico, más cuatro colaboradores. Ha publicado hasta la fecha 948 artículos y suman más 500.000.000 de visitas. En el 2018 ellos nacieron Ediciones La isla de Patmos que han publicado y distribuido hasta la fecha 25 Libros.

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Los Padres de la Isla de Patmos

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Las personas a las que nosotros mismos hemos renunciado hace tiempo a educar con nuestra autoridad y autoridad dieron una lección diciendo «Basta!» al arzobispo de Brindisi

Y LAS PERSONAS A LAS QUE NOSOTROS MISMOS HEMOS RENUNCIADO DURANTE MUCHO TIEMPO PARA EDUCAR CON NUESTRA AUTORIDAD Y AUTORIDAD DADA UNA LECCIÓN QUE DECÍA «BASTA!» AL ARZOBISPO DE BRINDISI

Mucho se ha hablado de la excesiva extensión de las homilías, como se ha mencionado más arriba, El Papa también intervino. A propósito, inapropiadamente? Es algo que el Papa debe decir.? Personalmente creo que no y ocho minutos me parecen un lecho de Procusto., pero lo sabemos, asi es el.

 

 

 

 

 

 

 

 

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No tener en cuenta o tal vez no recordar la sugerencia del Sumo Pontífice sobre las homilías que no deben durar más de ocho minutos[1] (AQUI), el arzobispo de Brindisi-Ostuni, S.E. Mons. Giovanni Intini, En los últimos días ha considerado oportuno añadir diez minutos más a los ocho, con motivo de las celebraciones de los santos patrones de Brindisi, San Lorenzo y San Teodoro d'Amasea. Se esperaban los discursos del alcalde, Duró, casualmente, exactamente ocho minutos., y el arzobispo. Pero las quejas sobre la duración del discurso, unos dieciocho minutos, interrumpen varias veces las palabras del prelado de Brindisi. El murmullo de la multitud, procedente de la escalera Virgilio y del paseo marítimo de Brindisi, se han convertido en "suficientes!» (AQUI). Y estos fueron acompañados de aplausos irónicos y algunos sonidos más.. El Arzobispo terminó el discurso sin dar ningún signo de perturbación y, según lo programado, Comenzó el esperado espectáculo de fuegos artificiales seguido de la procesión..

Al día siguiente, en la Iglesia durante el solemne Pontificio, el obispo, quien evidentemente había digerido mal el asunto, decidió no dar la homilía, de hecho, mantener uno muy breve de esta naturaleza.:

«Para no cansarlos esta noche, como anoche cansé a los oyentes y no quisiera que nadie más gritara lo suficiente., Pensé en quedarme callado esta noche. Acojamos en silencio la palabra de Dios que ha sido sembrada en nuestros corazones" (AQUI).

Por su protesta silenciosa sacó provecho, excusado es decir que, la solidaridad de una facción política, sin embargo, en conclusión, Excelencia, Es posible que una noche entera no haya sido suficiente para superar algo tan modesto.? Tal vez no fue una oportunidad para reírnos de ello y tal vez lanzar un corto, Mensaje incisivo y constructivo a los manifestantes., dado que la cosa ya había acabado en los periódicos y por tanto era bien conocida? Así fue como fue. Al pie del Arzobispo de Otranto Stefano Pendinelli empeoró mucho: fue masacrado por los turcos que esperaban sentado en su silla episcopal junto con los devotos fieles reunidos a su alrededor en la iglesia catedral, en la lejana 11 agosto del 1480, transformado por los infieles en un horrible matadero (cf.. Los mártires de Otranto).

El arzobispo Giovanni Intini no fue el primero en ser cuestionado en la historia y ni siquiera el más famoso. Todos recordamos que incluso el apóstol Pablo, pensando bien en aprovechar las circunstancias y encontrándose en un lugar autoritario como el Areópago de Atenas, se lanzó a un discurso con un incipit altisonante.: «Atenienses, veo eso, en todo, eres muy religioso". Pero todos sabemos cómo terminó tan pronto como Pablo introdujo el tema central del cristianismo., es decir, la resurrección de Cristo: «Ya tendremos noticias tuyas sobre esto en otra ocasión» (Hc 17). Un fracaso diríamos hoy, pobre apóstol. Pero no es que al día siguiente San Pablo se desanimó. En efecto, salió y se fue a Corinto sin dejar nunca de anunciar la palabra de su Evangelio..

Todos aquellos que tienen que ver con el mensaje cristiano. saben que tienen que tener en cuenta la objeción o molestia de una parte. En estos tiempos en los que existe la obligación de dar la opinión social, Incluso y quizás especialmente si no conoces el tema., es casi un abstenerse que apenas se reportan las palabras de algún eclesiástico hay quienes comentan: «ah sobre la pedofilia?»; «Las riquezas del Vaticano?» …O el más clásico: «Bienvenidos vosotros los que tenéis las facilidades»; en todo caso estamos hablando de inmigrantes. Si escuchas las noticias sobre social que concernía al arzobispo de Brindisi, como veis, no hay desviación de esta regla, algunos lo defienden, otros lo critican, muchos se ríen, hacen bromas y no faltan las blasfemias.

Pero eso no significa que tengas que culparlo., tal vez un poco por el momento, mucho menos callar. A veces el arma de la ironía, para saber usarlo, se vuelve más eficaz que el silencio y abre posibilidades de diálogo.

Sobre la excesiva extensión de las homilías Se ha dicho mucho y, como se ha mencionado más arriba, El Papa también intervino. A propósito, inapropiadamente? Es algo que el Papa debe decir.? Personalmente creo que no y ocho minutos me parecen un lecho de Procusto., pero lo sabemos, asi es el.

Recuerdo un hecho curioso. que he presenciado más de una vez. En una parroquia rural donde yo estaba, el respeto por el "Señor Cura" estaba muy arraigado.: ¡Ay de quien tocara al sacerdote!. Pero sucedió que también él a veces podía extenderse mucho en sus homilías.. Había un agricultor directo en la parroquia., no de alta cultura, pero de sólida sabiduría, que no faltó a misa a pesar de sus compromisos. Él se paró de lado, a lo largo de la nave y a veces, afortunadamente raro, si el sermón se volvió excesivamente largo o repetitivo, lo señaló poniéndose de pie. Sin ofender ni ser grosero., solo una señal de amistad, porque quería mucho al párroco, y el, comprensión, rápidamente llegó a la conclusión.

No es que uno quiera enseñar a Credo a los apóstoles, como dicen, y menos dar consejos a un Arzobispo. Pero si volviera a suceder y, Pobre de mí, sucederá de nuevo, sería mejor no enojarse demasiado por una disputa. Sabemos bien que hay caballeros defensores de la fe que, en ocasiones tan tentadoras como ésta, se lanzan a ella de lleno.. Pero ¿con qué resultado?? Para amargar los ánimos y con la excusa de defender a un bando acaban ensanchando el foso que divide? Es un poco difícil decir cómo se debe comportar en tales circunstancias., El episodio del arzobispo de Brindisi nos enseña que las emociones son difíciles de contener o controlar.. siempre recordamos, sin embargo, que cada ocasión, bueno o malo, adverso o favorable, es bueno para ofrecer la palabra del evangelio, para no silenciar el hecho cristiano. Incluso después de tantos siglos, los mismos primeros Apóstoles nos recuerdan esto, San Pablo a quien hemos mencionado anteriormente, que no se desanimó y Pedro que escribió en su carta:

«Si luego tuvieras que sufrir por la justicia, eres afortunado! No desmayéis por miedo a ellos ni os turbéis., pero adora al Señor, Cristo, en tus corazones, siempre dispuesto a responder a cualquiera que os pregunte la razón de la esperanza que hay en vosotros" (1punto 3,14-15).

Desde la ermita, 4 Septiembre 2024

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[1] «La homilía no debe exceder los ocho minutos, porque con el tiempo perdemos la atención y la gente se queda dormida, y tiene razón. Una homilía debe ser así"

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A los hermanos sacerdotes: cómo defenderse de ciertos obispos de nueva generación, especialmente desde la invasión de los Apulianos?

A LOS HERMANOS SACERDOTES: COME DIFENDERSI DA CERTI VESCOVI NEW GENERATION, ESPECIALMENTE DE LA INVASIÓN DE LOS PUGLIÈNI?

Esiste il senso delle proporzioni che va sempre applicato mediante l’esercizio di quella sapienza che i giuristi romani chiamavano aequitas, poi trasferita di sana pianta nel Diritto Canonico Romano. Cosa vuol dire aequitas e come si applica? Pronto dicho: se ai membri del Senato Romano è concesso di insultare e di stuprare la moglie di Cesare, senza che Cesare e suoi preposti reagiscano in alcun modo, non si può applicare poi il massimo rigore stroncando le gambe a chi si è permesso di rispondere male a una servetta preposta alle pulizie del calidarium delle Terme di Diocleziano.

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Ormai l’Italia è piena di vescovi ― o per meglio dire di episcopetti ― tutti molto sociali, con un occhio strizzato al PD e l’altro agli attivisti LGBT. Y todo, come dischi rotti, pronunciano precise parole d’ordine: «Chiesa in uscitarompere gli schemisporcarsi le mani …», ma soprattutto «poveri e migrantimigranti e poveri …».

Poi ci sono anche quelli che ti si rivoltano dicendo: «Come osi chiamarmi Eccellenza? Non siamo mica più in epoca rinascimentale, non vedi che porto al collo la crocetta di legno e che sono un oriundo della terra del santissimo Tonino Bello? Chiamami Don Checco, perché forse non lo sai, ma io sono un episcopetto uscito dalla scuola di Checco Zalone. In fondo appartengo alla specie dei puglièni, mezzi apùlei e mezzi alièni, oggi in gran voga. Perché se non sei puglièno, divendare episcopo nueva generación in Italia non è facile, ma neppure nunzio apostolico, accademico o officiale della Curia Romana». Anche perché i vescovi, sebbene non siano santi, pare che li facciano direttamente presso il Dicastero delle Cause dei Santi, dove oggi alberga un celebre prefetto puglièno, mezzo apùleo e mezzo alièno.

Ahora bien, cari Confratelli, tutte queste immagini grottesche che circolano sui social media, raffiguranti preti grotteschi la cui esistenza è dovuta a vescovi più grotteschi di loro, mettetele da parte, in un archivio, tutte quante. Luego, la prima volta che l’episcopetto di turno che in pubblico parla continuamente di «più dialogo, più democrazia nella Chiesa… occorre sinodalità e conversazione nello Spirito …», vi chiamerà a rapporto dentro una chiusa stanza più autoritario e dispotico di Pol Pot e del coreano kim jong, semmai per rimproverarvi di essere troppo cattolici, che oggi vuol dire essererigidi” y “cupi”, fategliele vedere tutte quante queste immagini e questi filmati: dal prete col baffo, l’orecchino e gli occhiali da sole durante le sacre liturgie, a tutti gli altri che sembrano concorrere tra di loro a chi fa la cazzata più grossa, ma soprattutto la più dissacrante

Se l’episcopetto oserà fare un sospiro, ricordategli che esiste il senso delle proporzioni che va sempre applicato mediante l’esercizio di quella sapienza che i giuristi romani chiamavano aequitas, poi trasferita di sana pianta nel Diritto Canonico Romano. Cosa vuol dire aequitas e come si applica? Pronto dicho: se ai membri del Senato Romano è concesso di insultare e di stuprare la moglie di Cesare, senza che Cesare e suoi preposti reagiscano in alcun modo, non si può applicare poi il massimo rigore stroncando le gambe a chi si è permesso di rispondere male a una servetta preposta alle pulizie del calidarium delle Terme di Diocleziano. E se gli episcopetti dovessero insistere, pur contro l’evidenza dei fatti, come sono capaci a fare, avendo ormai perduto assieme al pudore anche il senso della vergogna, sapete bene dove mandarli, perché in discussione non è la loro autorità, che resta indiscussa, ma la loro intelligenza, sulla quale si può e si deve discutere. Anche un vescovo, fatta salva la sua auctoritas apostólico, può essere un perfetto cretino. Y hoy, di vescovi cretini, ne abbiamo a un tasso di inflazione da fare invidia alla moneta argentina al massimo storico della sua svalutazione.

desde la Isla de Patmos, 4 Septiembre 2024

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«No voy a ir al concierto, No soy un príncipe renacentista", dijo el Santo Padre, Sin embargo, esto no significa eliminar lo peor del descuido

«NO VOY AL CONCIERTO, NO SOY UN PRÍNCIPE RENACENTISTA" DIJO EL SANTO PADRE, CIÒ NON VUOL DIRE PERÒ SDOGANARE IL PEGGIO DELLA SCIATTERIA

I nostri saggi maestri ci hanno messi in guardia sin da giovani su diversi insidiosi pericoli, haciéndonos conscientes de que el inconformismo de los conformistas existe, che è il conformismo peggiore; lo sprezzo del clericalismo da parte dei clericali, che si traduce poi nel clericalismo peggiore; il fascismo degli antifascisti, che finisce col manifestarsi come una forma violenta di neofascismo persino peggiore di quello del Ventennio Fascista.

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Autor
simone pifizzi

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Da allora sono passati ormai undici anni, era il giugno del 2013 quando il Santo Padre Francesco lasciò vuota la poltrona al centro dell’aula Paolo VI, mentre invitati e autorità ascoltavano un pointerdetti il «Grande concerto di musica classica per l’Anno della Fede», il tutto all’assenza, anziché alla presenza, del Papa. Pochi giorni prima, parlando ai nunzi di tutto il mondo, il Santo Padre aveva denunciato la «mondanità spirituale» che è la «lebbra» della Chiesa, il «cedere allo spirito del mondo» che «espone noi pastori al ridicolo», quella «sorta di borghesia dello spirito e della vita che spinge ad adagiarsi, a ricercare una vita comoda e tranquilla». Fatto sta che a nessuno era mai capitato di annunciare ciò che è toccato all’Arcivescovo Rino Fisichella quando tutti, Todo el mundo 17,30, si attendevano l’ingresso in sala del pontefice: «Il Santo Padre non potrà essere presente per un’incombenza urgente e improrogabile» (cf.. Gian Guido Vecchi, Corriere della Sera, AQUI).

Cercherò di essere breve, ma non perché mancano argomenti, por el contrario: di argomenti ce ne sarebbero fin troppi e, se in alcuni casi proprio non si può tacere, è bene essere molto misurati.

Chi di noi ha avuto la grazia di avere degli autentici maestri ― e ciascuno di noi Padri de L’Isola di Patmos, per divina grazia, li ha avuti ― ha potuto imparare ciò che forse qualcuno non ha avuto modo di imparare a Buenos Aires prima come religioso, poi come presbitero gesuita, infine come vescovo. Giunto infine al sacro soglio a 77 años, non è facile cambiare visuale e prospettiva da anziani, affinché ciò avvenga sarebbe necessario che lo Spirito Santo si posasse sul capo del prescelto non come una colomba ma come un condor delle Ande.

I nostri saggi maestri ci hanno messi in guardia sin da giovani su diversi insidiosi pericoli, haciéndonos conscientes de que el inconformismo de los conformistas existe, che è il conformismo peggiore; lo sprezzo del clericalismo da parte dei clericali, che si traduce poi nel clericalismo peggiore; il fascismo degli antifascisti, che finisce col manifestarsi come una forma violenta di neofascismo persino peggiore di quello del Ventennio Fascista.

Qualcuno pensa che a esporre «noi pastori al ridicolo» siano soltanto le parate di quei personaggi, así llamado encaje & cordones, che estetizzano la sacra liturgia in modo esasperato e talvolta esasperante? Nessuno nega la sussistenza dell’elemento del ridicolo in questi soggetti, se vogliamo pure del grottesco, ma il ridicolo ha però tante facce, quindi non dovrebbe essere considerato meno ridicolo che il Cardinale Sebastian Francis, Vescovo della Diocesi Penang in Malesia celebri la Santa Messa seduto a un tavolo con altri concelebranti e che elevi il Corpo di Cristo a capo coperto dallo zucchetto rosso; il tutto quando persino noi, all’epoca che facevamo i chierichetti, sapevamo che dinanzi al Santissimo Sacramento esposto il vescovo sta a capo scoperto e che durante le liturgie, finché l’Eucaristia non è stata riposta dentro il tabernacolo, non torna a coprirsi il capo (cf.. Ceremonial de los Obispos, NN. 153-166). Esta aquí, está despejado, non si tratta di essere iper-critici, perché le foto che documentano il tutto sono veramente inquietanti.

Il Cardinale Sebastian Francis, che sarà sicuramente un sant’uomo, ha 72 años. Se il Pontefice felicemente regnante non giungerà centenario, entrerà in conclave come elettore, dove si ritroverà di fronte a fratelli cardinali di precise tendenze, ma soprattutto di paesi ricchi in grado di sostenere intere Chiese locali dei paesi poveri, che con un dito gli indicheranno la sacca di soldi, con un altro dito gli indicheranno il candidato da scrivere sulla scheda.

Questo accade quando si cade nell’anticonformismo dei conformisti, nello sprezzo del clericalismo dei clericali, nel fascismo degli antifascisti. Ma il bello, se bello lo vogliamo chiamare, è ancora tutto da venire. E che Dio ci assista!

Florencia, 1Septiembre 2024

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