Das provokative Lob Jesu an den unehrlichen Administrator

Omiletica dei Padri deL'Isola di Patmos

Homiletik der Väter der Insel Patmos

LA PROVOCATORIA LODE DI GESÙ ALL’AMMINISTRATORE DISONESTO

Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

.

.

Artikel im PDF-Druckformat

.

Liebe Brüder und Schwestern,

il Vangelo di questa XXXV Domenica del Tempo Ordinario ci offre la parabola dell’amministratore infedele. Un racconto che, auf den ersten Blick, sembra colmo di contraddizioni: un amministratore, che avrebbe dovuto agire con giustizia, viene lodato per il suo comportamento astuto e disonesto.

Come possiamo conciliare questa lode con l’insegnamento cristiano sulla giustizia e l’onestà? Ecco il testo:

„Zu dieser Zeit, Gesù diceva ai discepoli: un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Er sagte es ihm: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Beantwortet: “Cento misure di grano”. Er sagte es ihm: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, weil er klug handelte. Die Kinder dieser Welt, in der Tat, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. Brunnen, Ich sage es dir: Macht euch Freunde mit unehrlichen Reichtum, Warum, wenn es scheitert, essi vi accolgano nelle dimore eterne. Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra? Nessun servitore può servire due padroni, weil es heute heute den anderen wird und lieben wird, oder es wird an einen gebunden und den anderen verachten. Du kannst Gott und Reichtum nicht dienen ". (LC 16, 1-13).

Questo amministratore, che avrebbe dovuto agire con giustizia e lealtà verso il suo padrone, finisce per essere lodato proprio per il suo comportamento astuto e disonesto. Come possiamo conciliare questa lode con la virtù cristiana di onestà e giustizia? Se il Vangelo ci invita a «render conto» delle nostre azioni e a vivere nella giustizia (MT 12,36), come possiamo leggere, ma soprattutto spiegare che il comportamento disonesto dell’amministratore venga, in einem Sinn, apprezzato e persino lodato? La risposta si trova nella natura della saggezza che Gesù intende comunicare. Das Gleichnis, in der Tat, non esalta la disonestà in sé, ma la capacità di guardare al futuro e di fare scelte sagge, anche se compiute in un contesto fallace. Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

Gesù ci insegna «dove è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore» (MT 6,21), damit, non è il comportamento illecito che viene lodato, ma la consapevolezza che dobbiamo vivere in modo saggio e responsabile, amministrando non solo i beni terreni, ma soprattutto quelli spirituali, con l’intenzione di costruire un tesoro che non svanisce. Come infatti ci ricorda il Salmista:

«L’uomo malvagio prende in prestito e non restituisce, ma il giusto è pietoso e generoso» (Soll 37,21).

Qui vediamo che il contrasto tra l’infedele e il giusto è anche un confronto tra due visioni completamente diverse della vita: una egoista e disonesta, l’altra caritatevole e giusta, orientata al bene comune.

Cosa vuole insegnarci Gesù attraverso questa complessa parabola di non facile comprensione, almeno al primo ascolto, nella quale si parla di «disonesta ricchezza» e di saggezza nelle azioni quotidiane? Per comprenderlo è necessario anzitutto chiarire che l’Amministratore Infedele è la plastica immagine di una figura volutamente ambigua sulla quale grava l’accusa di sperperare i beni del suo padrone. Quando il padrone lo licenzia, egli si trova in una situazione disperata: non è in grado di fare lavori manuali e non intende finire a chiedere l’elemosina. Decide quindi di ridurre i debiti dei creditori del proprio padrone per crearsi delle amicizie utili che possano garantirgli il futuro quando sarà senza più lavoro. Un comportamento moralmente discutibile, quello dell’Amministratore, che però Gesù non condanna, perlomeno in modo chiaro e aperto. Lo stesso Padrone, seppur danneggiato dalla sua disonestà, lo loda per l’astuzia e la prontezza con la quale ha dimostrato di saper pensare al futuro.

La reazione ammirata del Padrone, strana di per sé e anche ingiusta, costituisce il punto centrale della parabola: Gesù non approva la disonestà, ma riconosce la saggezza nell’agire con lungimiranza e prontezza di spirito. Non esalta il comportamento illecito dell’amministratore, ma ci invita a riflettere sulla nostra attitudine nei confronti delle risorse che Dio ci ha affidato, sia materiali che spirituali. Per guidarci a una corretta comprensione del brano San Giovanni Crisostomo evidenzia che «questa lode non è per la disonestà, ma per la prontezza con cui l’amministratore ha usato ciò che aveva in vista del futuro» (Commentario su Luca, Homilia 114,5). È quindi la sua capacità di guardare avanti e di agire con saggezza che viene apprezzata, anche se ciò avviene in un contesto moralmente ambiguo, non la sua disonestà.

La parabola ci insegna che, come l’amministratore è stato astuto nel prepararsi per un futuro materiale, così anche noi dobbiamo essere saggi e previdenti riguardo al nostro futuro proiettato verso l’eterno. La saggezza di cui Gesù parla non riguarda l’astuzia materiale, ma quella spirituale: dobbiamo imparare a utilizzare le risorse che Dio ci ha dato, non per fini egoistici o temporanei, ma per costruire la nostra strada verso il suo regno che non avrà fine, come recitiamo nella nostra Professione di Fede. Il complesso tema della ricchezza spirituale è ripreso anche dal Santo vescovo e dottore Agostino nel dove afferma:

«Quindi, cosa significa accumulare tesori in cielo? Non è altro che l’amore verso il prossimo. In der Tat, l’unico tesoro celeste è la carità, che santifica gli uomini» (De sermone Domini in monte, Sermone 19,3).

La ricchezza celeste di cui parla Gesù è quella che si accumula attraverso l’amore disinteressato verso gli altri e la carità che trasforma la vita attraverso la Folge Christi del Verbo di Dio fatto uomo che è via, Wahrheit und Leben (vgl.. GV 14,6).

Una delle affermazioni più provocatorie di Gesù in questo passo è che «i figli di questo mondo sono più astuti dei figli della luce». Gesù non ci invita a imitare la scaltrezza dei figli di questo mondo, ma a imparare da loro la lungimiranza e la determinazione. Dobbiamo essere altrettanto attenti e previdenti nel nostro cammino spirituale, orientando le nostre azioni verso il bene eterno. Il Santo vescovo e dottore Cirillo di Alessandria spiega:

«Gesù non ci invita a diventare furbi come i figli di questo mondo, ma a essere vigilanti e lungimiranti nella cura della nostra anima, proprio come loro lo sono nel curare i propri affari» (Commentarius in Evangelium Lucae, 10, 33).

La saggezza di cui Gesù parla non riguarda l’astuzia per i guadagni terreni, ma la saggezza spirituale, quella che ci porta a usare il nostro tempo e le nostre risorse non per scopi egoistici, ma per costruire il Regno di Dio, che non ha fine. È una saggezza che guarda oltre il temporaneo, proiettandoci verso l’eternità. Il Santo Vangelo ci ricorda che non siamo proprietari di ciò che possediamo: siamo solo amministratori. «Rendi conto della tua amministrazione», dice il padrone all’amministratore infedele. Questo ci fa pensare: come stiamo amministrando la nostra vita, le nostre risorse? E qui è racchiuso, übrigens, un riferimento implicito alla narrazione racchiusa nella Parabola dei Talenti (vgl.. MT 25, 14-30), come infatti l’amministratore ha il compito di rendere conto dei beni del suo padrone, anche noi siamo chiamati a rendere conto di come amministriamo i doni che Dio ci ha dato: non solo la ricchezza materiale, ma anche la nostra vita, le nostre capacità, il nostro amore. È un’amministrazione che, se vissuta con fedeltà, ci condurrà alla salvezza.

In un contesto di apparente disonestà e scaltrezza, tale da rendere quasi incomprensibile questo brano, la frase dell’Evangelista Luca «Chi è fedele nelle piccole cose, è fedele anche nelle grandi» (LC 16,10) diventa chiara dopo che è stato colto e chiarito questi due elementi sono usati come paradigma, lo chiarisce il Santo vescovo e dottore Basilio Magno sottolineando come ogni piccolo atto di giustizia è un passo verso la grande fedeltà che siamo chiamati a vivere:

«Se non sei fedele nelle cose piccole, come puoi essere fedele nelle grandi? L’amministrazione di ciò che ci è stato dato da Dio è una prova di fedeltà al suo amore e alla sua volontà» (De Spiritu Sancto, Par. 30).

Quando Gesù parla didisonesta ricchezza (in Griechenland: μαμωνᾶς τῆς ἀδικίας), der begriff “disonestanon si riferisce semplicemente alla ricchezza in sé, ma sottolinea la natura ingannevole e corrotta di questa ricchezza, che può facilmente diventare il fine di azioni disoneste o egoistiche. La ricchezza, nella sua forma più comune, è facilmente legata all’accumulo di beni materiali e terreni, che possono distogliere il cuore umano dal vero scopo della vita: la ricerca del bene eterno.

Gesù non sta elogiando la ricchezza in sé, ma ci mette in guardia contro l’uso distorto e idolatrico dei beni materiali, che può facilmente portarci a trascurare la ricerca del bene eterno. La parola «disonesta» (in Griechenland, ἀδικία, adikía) si riferisce a una ricchezza acquisita tramite mezzi ingiusti, ma anche più generalmente a quella ricchezza che, se non ben gestita, tende a separare l’uomo dal vero scopo della sua vita, wer ist Gott. In der Tat, come afferma San Gregorio Magno, la ricchezza è spesso un «falso bene», capace di ingannare l’animo umano e di allontanarlo dalla virtù (vgl.. Moralia in Iob).

Quando Gesù dice «Fatevi amici con la disonesta ricchezza», non intende che dobbiamo usare la ricchezza in modo disonesto, né ci invita a fare della ricchezza l’oggetto del nostro amore. Piuttosto ci esorta a usare i beni temporali con saggezza e generosità, in modo da creare rapporti di amicizia, e più ampiamente, der Nächstenliebe. WHO, l’idea centrale, è che dobbiamo gestire i beni materiali in vista del bene eterno, perché la ricchezza che accumuliamo in questa vita non è un fine in sé, ma un mezzo che può essere utilizzato per fare del bene e prepararsi per la vita futura.

San Giovanni Crisostomo nel suo Commentario su Luca, osserva che la lode non è rivolta al comportamento disonesto dell’amministratore, ma alla sua abilità nell’usare ciò che aveva per il proprio bene futuro (vgl.. Homilia 114,5). gleichfalls, Jesus, ci invita a usare i beni materiali con una visione spirituale, cioè per costruire relazioni di giustizia e carità che ci accompagneranno verso l’eternità; come se Gesù ci invitasse a usare la ricchezza non per accumulare per noi stessi, ma per aiutare gli altri, per fare il bene, per prepararsi al Regno di Dio.

La ricchezza può essere il mezzo per un fine più grande, quello della salvezza, se la usiamo per alleviare le sofferenze degli altri, per aiutare i bisognosi, per costruire un’amicizia che trascenda il tempo. San Cipriano di Cartagine ci insegna che «Colui che dà ciò che ha in questo mondo riceve per sé una ricompensa eterna» (De opere et eleemosynis, 14), sottolineando che l’uso giusto dei beni materiali è un modo per «accumulare tesori» nel cielo, dove «né la ruggine né la falce li possono corrompere» (MT 6,19-20). Quando Gesù parla di «dimore eterne» (LC 16,9) ci invita a riflettere su ciò che costruiremo durante la nostra vita. La vera ricchezza non è quella che si accumula su questa terra, ma quella che si fonda sull’amore per Dio e per il prossimo, che trascende il tempo e rimane per l’eternità. La dimora eterna è il nostro cuore preparato ad accogliere Dio, che trova il suo posto nel Regno dei Cieli, dove il tesoro che abbiamo costruito con la carità e la fede sarà il nostro gioioso premio.

Questa riflessione ci porta a comprendere che la ricchezza può diventare uno strumento di salvezza se usata correttamente, sino a divenire un mezzo per accumulare «tesori in cielo» (MT 6,20), in un investimento spirituale che rimane al di là del tempo e dello spazio.

Il messaggio finale di Gesù nella parabola è che la «disonesta ricchezza» può diventare quindi, paradoxerweise, un’opportunità per accumulare beni eterni. Non si tratta di una benedizione della ricchezza fine a se stessa, tanto meno, come spiegato, una benedizione della disonestà, ma dell’invito a usarla con saggezza e generosità:

«Chi usa la ricchezza con giustizia, accumula per sé un tesoro che non sarà mai rubato» (St. Augustin, De sermone Domini in monte, 19,4).

L’uso delle risorse terrene, se orientato alla carità e al bene comune, diventa un mezzo per crescere nella grazia di Dio e prepararsi a entrare nel Regno dei Cieli. Questo concetto percorre l’insegnamento di Gesù nelle parabole del Buon Samaritano (LC 10,25-37) e del giudizio finale (MT 25,31-46), dove l’amore per il prossimo e l’uso giusto delle risorse costituiscono i criteri per essere accolti nel Regno di Dio:

«la vera ricchezza è quella che non possiamo trattenere sulla terra, ma che ci seguirà nella vita eterna, dove la carità è il tesoro che non perisce mai» (St. Augustin, De sermone Domini in monte, 2,4).

Questa complessa parabola dell’amministratore infedele ci invita a riflettere su come amministriamo i nostri beni e le nostre risorse, i talenti che Dio ci ha donato, chiedendoci se siamo disposti a vivere con saggezza, non solo nei confronti delle cose materiali, ma soprattutto nella nostra vita spirituale. Stiamo accumulando tesori in cielo, usando ciò che Dio ci ha dato per aiutare gli altri, per fare il bene, per costruire il nostro futuro eterno? Perché è questa la vera astuzia che Gesù, con questo racconto provocatorio, ci invita a seguire, lanciandoci al tempo stesso un preciso monito:

„Kommen Sie durch das schmale Tor, für die Pforte ist weit und breit der Weg, der zum Verderben führt, e molti sono quelli che vi entrano. Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano!» (MT 7, 13-14).

È il prezzo da pagare per la ricchezza vera, quella eterna, che viene dal cielo e che porta in cielo nella beatitudine eterna di Colui che per la nostra salvezza discese dal cielo facendosi uomo, ma che non cade per niente e come niente dal cielo.

Von der Insel Patmos, 21 September 2025

.

.

______________________

Sehr geehrte Leserinnen und Leser, Dieses Magazin erfordert Verwaltungskosten, die wir immer nur mit Ihren kostenlosen Angeboten hatten. Wer unsere apostolische Arbeit unterstützen möchte, kann uns seinen Beitrag bequem und sicher zukommen lassen PayPal indem Sie unten klicken:

Oder wenn Sie bevorzugen, können Sie unsere verwenden Bankkonto im Namen:

Editions Die Insel Patmos

n Agentur. 59 Aus Rom – Vatikan

IBAN: IT74R05034032590000000301118

Für internationale Banküberweisungen:

Kodex SWIFT: BAPPIT21D21

Bei Banküberweisung senden Sie bitte eine E-Mail an die Redaktion,

Die Bank gibt Ihre E-Mail-Adresse nicht an und wir können Ihnen keine Dankesnachricht senden: isoladipatmos@gmail.com

Wir danken Ihnen für die Unterstützung, die Sie unserem apostolischen Dienst anbieten möchten.

Die Väter der Insel Patmos

.

.

.

.

.

.

.

.

.