Un Paese non si salva con i voti di protesta. Quale elettorato cattolico per le imminenti elezioni che rischiano di essere l’ennesimo “voto di pancia”?
UN PAESE NON SI SALVA CON I VOTI DI PROTESTA. QUALE ELETTORATO CATTOLICO PER LE IMMINENTI ELEZIONI CHE RISCHIANO DI ESSERE L’ENNESIMO “VOTO DI PANCIA”?
Della politica nostrana ci rimangono con ilare amarezza le boutade di alcuni personaggi-farsa, frasi iconiche più degne di un guitto d’avanspettacolo che di un uomo di stato chiamato a custodire il buono e il bello di un paese: «Apriremo il Parlamento come una scatoletta di tonno […] Siam mica qui a smacchiare i giaguari». E tra una scatoletta di tonno e un giaguaro il 25 settembre si avvicina e i cattolici che cosa fanno, cosa pensano, dove sono?
— Attualità ecclesiale —
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Temo che anche le elezioni politiche del 25 settembre saranno più l’espressione di un voto di pancia che non di un reale sentire democratico che tenga nel dovuto conto il bene del nostro Paese. Ragion per cui sono indeciso se andare a votare oppure no. Per un presbitero il voto è una seria questione di coscienza morale, non solo un dovere civico sancito dalla Costituzione.
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Un voto di pancia, come sarà quello del 25 settembre, adesso non ci serve, non è mai servito e mai servirà per costruire un futuro equilibrato e sensato. Chi ancora pensa che dalle prossime elezioni possa cambiare qualcosa si sbaglia di grosso, non cambierà proprio nulla, perché la politica ― quella vera, quella dei nostri padri greci ― era pensata non per cambiare il sistema ma per cambiare l’uomo dal di dentro. Come presbitero mi è concesso dire che l’uomo va convertito? Perché è questo il cuore del problema, lo sforzo pelagiano del volontarismo non basta. Difficilmente l’uomo si educa da sé, imparando dai propri errori e dalla sua storia, che il più delle volte non conosce e ignora. Se fosse così semplice, da tempo avremmo smesso di formulare e perseguire leggi e politiche antiumane, degne delle più spietate politiche totalitarie che volta per volta ciclicamente si ripropongono.
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Se avessimo fatto più attenzione alla storia, avremmo capito che le realtà che migliorano veramente il mondo possiedono tutte la nota della gratuità e dell’investimento a fondo perduto. Penso, ad esempio, alla sanità pubblica, alla scuola e al mondo dell’educazione. Scuola e sanità sono quelle realtà magnifiche in cui bisogna investire in generosità senza aspettarsi nulla in cambio, perché i frutti non sono visibili nell’immediato ma nel tempo e la ricompensa non sarà certo quantificabile in cifre monetarie ma in uomini migliori, compassionevoli e sapienti.
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Abbiamo voluto trarre profitto dagli ospedali tramutandoli in aziende dove è buono e bello risparmiare sulle infermità per far crescere in visibilità il dirigente di turno e dove le patologie sono categorizzate secondo una valenza politica e non certo clinica. Le scuole nel giro di cinquant’anni sono diventate i centri di una tolleranza ideologica in cui gli studenti ― sempre meno sapienti e fieri di esserlo ― non sono condotti a pensare con senso critico e libertà. Anzi si è arrivati a supporre che il troppo studio fosse finanche deleterio, per cui era necessario introdurre un po’ di alternanza con del lavoro, nell’illusione di programmare il posto fisso dopo la maturità. Ma anche in questo abbiamo fatto di peggio, arrivando a concepire il mirifico reddito di cittadinanza che conduce alla prova dei fatti a valutare lo studio e il lavoro come dei disvalori da cui guardarsi per cui è possibile vivere solo e soltanto accampando diritti anziché darsi da fare nei doveri.
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Sono stati proprio i diritti a costituire l’inceppamento del cardine di quella politica tutta italiana degli ultimi dieci anni. Diritti, puntiamo sui diritti, solo e soltanto diritti! Dimenticandosi del fatto che per crescere bene il seme di qualunque diritto si deve incontrare con il terreno dei doveri, terreno faticoso da lavorare che richiede il sacrificio di ognuno.
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Per questo motivo sono convinto, sia da credente che da presbitero, che le prossime elezioni scontenteranno ancora la maggior parte dell’Italia e di quell’elettorato cattolico che ancora v’è rimasto.
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Emblematica è stata l’intera gestione politica durante la pandemia da Covid-19 sia dell’ultimo governo Draghi che dei due governi Conte. Si è ben messo in evidenza quanto sia profondo l’oscuro barile dentro cui la politica italiana, ferita e feritrice, è chiamata a raschiare. Negli ultimi due anni abbiamo veramente sfiorato l’insurrezione popolare, come per i fatti di Trieste ― cosa che in un Paese più realista dell’Italia sarebbe accaduto per certo ― ma da noi no, noi siamo da sempre i campioni nello scollamento con il reale, così da mettere una pezza su tutto e farcela piacere, fino alla connivenza con il male.
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Anche davanti a questo importante distacco dalla realtà, sono convinto che in Italia ci siano ancora tante brave persone: ci sono, esistono ed esisteranno anche in futuro, ma sono sufficientemente assennate per non entrare nel vortice della politica che appare come quel Conte Ugolino che non lesina a divorare i suoi figli. Ben coscienti dei meccanismi del potere politico, si tengono socraticamente lontani dalle lusinghe dei tiranni, i quali declamano virtuosamente esempi di credibilità, onestà e incorruttibilità ma che alla fine si corrompono facendo la fine di quei famosi pifferi di montagna che andarono per suonare e furono suonati.
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Della politica nostrana ci rimangono con ilare amarezza le boutade di alcuni personaggi-farsa, frasi iconiche più degne di un guitto d’avanspettacolo che di un uomo di stato chiamato a custodire il buono e il bello di un paese: «Apriremo il Parlamento come una scatoletta di tonno […] Siam mica qui a smacchiare i giaguari». E tra una scatoletta di tonno e un giaguaro il 25 settembre si avvicina e i cattolici che cosa fanno, cosa pensano, dove sono? Sì, dove sono? Non nel senso del loro peso politico che è inesistente (non c’è più un politico cattolico vero dai tempi di Giorgio La Pira) ma almeno come credenti dove sono? Quale direzione sono chiamati a scegliere per evitare di essere conniventi con certe strutture di peccato? Purtroppo, ne abbiamo già fatto esperienza, esiste il serio pericolo che la politica, svincolata da tutto e da tutti, possa corrompersi in una struttura di peccato, nemica di Dio e dell’uomo, e cadere in quel peccato originale in cui la verità e la virtù vengono estromesse. Davanti all’ossessiva preoccupazione di rendere laica la politica (e i politici) si è arrivati a dimenticare l’areté (ἀρετή), la virtù sacra per eccellenza che ogni politica e uomo politico dovrebbe perseguire.
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San Tommaso Moro, politico cattolico anche lui, era ben cosciente del pericolo per un credente di vivere in uno Stato corrotto e dell’esigenza di resistere come credenti, in quanto il male dei governanti non colpisce solo una parte della nazione ma tutti i suoi membri e ciò che è oggettivamente male per una parte lo è anche per l’altra. Dice San Tommaso Moro:
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«se abbiamo vissuto in uno stato dove la virtù era proficua, il buonsenso ci avrebbe reso santi. Ma dato che vediamo che l’avarizia, la rabbia, l’orgoglio e la stupidità rendono comunemente molto più che la carità, la modestia, la giustizia e il senno, forse dobbiamo mantenerci un po’ saldi, anche a costo di essere degli eroi».
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Oggi avarizia, rabbia, orgoglio e stupidità sono le direttrici dentro le quali si tesseranno le trame di un voto di pancia che finirà per creare cittadini scontenti e ingannati. Non facciamoci illusioni, oggi anche quei partiti che si costruiscono attorno ai capisaldi del pensiero alternativo e dell’anti-sistema e che insistono sull’abolizione del GreenPass, sulla fine dell’obbligo vaccinale, sul reintegro dei sospesi dal lavoro, sulla posizione della guerra in Ucraina, sul caro bollette, si fermeranno davanti ai valori non negoziabili. E un cattolico cosa dovrà fare? Turarsi il naso e scegliere tra il peggio e il leggermente meno peggio? Ma anche no!
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È lapalissiano che nessun partito che conta (non quelli da zero virgola) oserà dire nulla sui valori non negoziabili essenziali per un credente, perché ben coscienti di assottigliare il proprio elettorato. Davanti a questioni importanti come l’aborto, il fine vita, il suicidio assistito, la legalizzazione delle droghe leggere, le tematiche LGBT quali partiti potranno dirsi veramente antisistema? Quali partiti sposeranno la carità, la modestia, la giustizia e il senno nel loro programma elettorale? Non certo l’attuale centro destra la cui attuale coalizione è tanto imbarazzante quanto quella del centro sinistra. Basta solo guardare qualche talk-show per udire in che modo molti politici uomini, ma soprattutto donne candidate in quei partiti che virtualmente si richiamerebbero persino ai valori cristiani, divengono morbidi come burro al sole su certi temi molto sensibili, mettono le mani avanti e giustificano prontamente in modo deciso e rassicurante che la Legge 194 non si tocca. Qualcuna si è lasciata persino sfuggire che è un «diritto acquisito», sottinteso: intangibile! E questi sarebbero i partiti e i loro rispettivi candidati che vorrebbero tentare di corteggiare lo smarrito, confuso e sfiduciato elettorato cattolico? E non aspettatevi la salvezza neanche dalle nuove coalizioni che sono nate dalla gestazione tormentata di un tempo di pandemia, in cui i Masanielli si sono sprecati, tempo qualche anno e saranno dei cloni del fu Movimento Cinque Stelle.
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Da cristiani non ci resta altra cosa sensata da fare se non quella di pregare, con quella stessa richiesta che il beato apostolo Paolo fece a Timoteo:
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«Ti raccomando dunque, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo trascorrere una vita calma e tranquilla con tutta pietà e dignità» (1Tm 2,1-2).
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Dobbiamo pregare ― così come facciamo nella preghiera universale del Venerdì Santo ― affinché coloro che sono chiamati a governare la comunità civile siano illuminati dal Signore nella loro mente e nel loro cuore affinché si giunga al bene comune, alla vera libertà e alla pace. Dobbiamo pregare, chiedendo al Signore la forza di promuovere una politica cristiana che cambi l’uomo dal suo interno e non il sistema. Una politica della virtù, in cui il bello, il buono e il vero ispirino i governanti a un qualcosa di più che una poltrona e un vitalizio. Non so se sarà possibile ma del resto abbiamo già toccato il fondo, quindi che dite, perlomeno ci proviamo?
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Laconi, 12 settembre 2022
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