Buonismo filantropico e carità. Dinanzi alla morte di Gino Strada siamo chiamati a pregare, davanti alla sua opera, al suo pensiero, alla sua immagine di volto laico lasciateci il diritto di critica e di dubbio

— attualità ecclesiale —

BUONISMO FILANTROPICO E CARITÀ. DINANZI ALLA MORTE DI GINO STRADA SIAMO CHIAMATI A PREGARE, DAVANTI ALLA SUA OPERA, AL SUO PENSIERO, ALLA SUA IMMAGINE DI VOLTO LAICO LASCIATECI IL DIRITTO DI CRITICA E DI DUBBIO

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Madre Teresa di Calcutta, senza le cospicue entrate di una ONG come Emergency ― che per il solo Afghanistan ha potuto beneficiare di 60 milioni di euro in 10 anni ― è riuscita a portare nei sobborghi dell’India pace e assistenza. Ponendosi come discepola di Cristo dentro guerre sanitarie e sociali dilanianti, altrettanto spaventose e perverse come quelle combattute da Emergency. Con una differenza importante però, che molti cattolici ancora ignorano volutamente, quello che per il Dottor Gino Strada e Emergency è filantropia laica abbronzata alla luce dei riflettori, per la piccola suora albanese è nascondimento ed eroicità della Charis in cui la grazia fatta persona viene identificata con Cristo.

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Autore
Ivano Liguori, Ofm. Capp.

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Il grande cantautore genovese Fabrizio De André canta in un suo celebre brano degli anni Sessanta:

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«Quando la morte mi chiamerà, nessuno al mondo si accorgerà, che un uomo è morto senza parlare, senza sapere la verità, che un uomo è morto senza pregare, fuggendo il peso della pietà» [Il Testamento, 1966].

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La morte del Dottor Gino Strada mi ha riportato alla mente questi versi. Davanti alla morte ogni uomo resta solo. Ma, sia detto chiaramente, davanti alla morte ogni uomo resta solo davanti a Dio, che è il solo che può decretare il giusto senso è spessore a una intera esistenza, senza bisogno che in terra ci si preoccupi di organizzare il teatrino delle canonizzazioni per direttissima. Chirurgo e fondatore della potente ONG Emergency, è stato l’icona del filantropismo laico moderno, ateo e militante convinto [Cfr. QUI]. Personaggio carismatico, quanto controverso; amato e osteggiato da diversi fronti e spesso anche dagli stessi suoi colleghi medici che hanno sollevato diverse perplessità sulla sua “disinteressata attività umanitaria”.   

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Fin dalla giovinezza è stato un appassionato esponente della sinistra, zelante appartenente del Movimento Studentesco dell’Università Statale di Milano in cui ― in quegli scellerati Anni di piombo ― non si andava troppo per il sottile quando si doveva reprimere un pensiero diverso da quello politicamente imposto o si doveva mettere in riga un avversario dissidente. Lo stesso Gad Lerner ― ex manganellatore di Lotta Continua, passato poi sulle colonne del giornale padronale di Casa Agnelli e appresso alla direzione del Tg1 [Cfr. QUI, QUI] ― ricorda l’amico in quegli anni in cui Strada ha rappresentato:

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«[…] la Milano migliore e il Sessantotto migliore, è la dimostrazione che l’utopia non è ingenuità ma fede creatrice […] me lo ricordo in manifestazione con il casco in testa prima che col camice verde del medico di guerra» [Cfr. QUI].

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Non ci si sarebbe potuti aspettare nulla di diverso da una corrente marxista-leninista-stalinista-maoista come quella frequentata dal giovane Gino Strada negli anni Sessanta e Settanta del Novecento. A quanto ne sappiamo, il defunto chirurgo non ha mai rinnegato quel passato dal radicalismo burbero e litigioso, anzi ci sarebbero ragioni per credere che la sua bellicosità e tenacia filantropica, unita a una ben nota violenza verbale che di quando in quando si manifestava ai suoi oppositori, sia nata proprio in seno a quel periodo, sebbene dopo ci sia stata la conversione che dall’eskimo lo ha condotto alle colombe bianche, alle bandiere multicolori, al rispetto altrui e al ramoscello d’ulivo ultrapopulista [vedi QUI, QUI].

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La sua morte ha suscitato un coro di elogi sperticati che difficilmente ritroviamo per altri filantropi soprattutto da una certa frangia del mondo cattolico che nella persona del serafico Fra Enzo Fortunato non può che tesserne gli elogi [Cfr. QUI] e che con Don Vitaliano Della Sala non può che commuoversi al suo ricordo proponendolo come initium fidei per gli increduli e per coloro che desiderano scoprire Dio [Cfr. QUI]. Invece per Pax Christi, nota associazione nata cattolica e morta di sinistra, Gino Strada è un artigiano di pace [Cfr. QUI].

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Per carità, tutte le opinioni sono lecite e i pensieri degni di essere espressi, eppure cari Lettori, non so voi, ma a me l’intera questione non convince. E non convince perché questi testimonial cattolici di primo piano non hanno proferito verbo alle dichiarazioni di qualche tempo fa sui “lati oscuri” e sulle “zone d’ombra” di cui è stata illecitamente sospettata, se non addirittura apertamente accusata Madre Teresa di Calcutta [Cfr. QUI, QUI] che ― mi sia concesso il gioco di parole ― ha senza dubbio fatto più strada di Strada sulla via delle opere umanitarie e di carità tanto da ottenere nel 1979 il Premio Nobel per la Pace che ora vorrebbero dare postumo al dottore di Emergency [Cfr. QUI]. Purtroppo, Madre Teresa ha avuto l’imperdonabile difetto di essere stata una religiosa cattolica, nemica dichiarata del peccato e dell’ateismo laico, così come di tutti quei cavalli di battaglia cari alla sinistra moderna che se da un lato parla di pace dall’altro la toglie attraverso la sponsorizzazione dell’aborto, dell’eutanasia e la dissolvenza meticolosa dell’istituzione familiare naturale.

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Madre Teresa, senza le cospicue entrate di una ONG come Emergency ― che per il solo Afghanistan ha potuto beneficiare di 60 milioni di euro in 10 anni [Cfr. QUI] ― è riuscita a portare nei sobborghi dell’India pace e assistenza. Ponendosi come discepola di Cristo dentro guerre sanitarie e sociali dilanianti, altrettanto spaventose e perverse come quelle combattute da Emergency. Con una differenza importante però, che molti cattolici ancora ignorano volutamente, quello che per il Dottor Gino Strada ed Emergency è filantropia laica abbronzata alla luce dei riflettori, per la piccola suora albanese è nascondimento ed eroicità della Charis in cui la grazia fatta persona viene identificata con Cristo, pane eucaristico che le Suore di Carità adorano quotidianamente e lungamente prima di approcciarsi a poveri, malati ed emarginati. È questa la differenza fondamentale che passa tra Chiesa e Centro Sociale, tra carità e filantropia, tra Agape e Philia.

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Il testamento che il Dottor Gino Strada lascia al mondo è controverso e fugge il peso della cristiana pietas, come direbbe De André e, sebbene tanti cercheranno di farlo rientrare nel novero dei grandi italiani da lodare e idolatrare ― così come è stato fatto per la propagatrice del diritto all’aborto e all’eutanasia Emma Bonino [Cfr. QUI] ― noi sappiamo che le cose stanno diversamente e ci riserviamo il diritto di dissentire. Sì, lasciateci dire quello che non ci piace, lasciateci esprimere le nostre perplessità, anche davanti alle lodi del Dottor Gino Strada, permetteteci di fare il nostro personale cerimoniale austroungarico di lutto pronunciando un solenne «Ignosco» ― non lo conosco ― davanti a quel feretro, affinché venga riconosciuta quella fragilità che apre alla possibilità di redenzione anche nell’ultimo istante della vita.

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Ovviamente i più strenui assertori della correttezza e del rispetto tout court sosterranno che non è più il caso di inveire portando fuori gli scheletri del passato di un defunto. Scheletri che, diciamolo pure, oramai non troviamo più neanche dentro gli armadi perché sono esibiti bellamente in espositori e mostrati a tutti con orgoglio luciferino. E poi, la Sinistra pacifondista e politicamente corretta ha ripulito da anni il vero vissuto e quindi le biografie di numerosi loro personaggi-idolo …

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Tanta delicatezza è senza dubbio comprensibile, ed è una sorta di onore delle armi a colui che è stato sconfitto dalla morte e che, come ammonisce Jacopone da Todi in una sua lirica, pone termine ad ogni orgoglio e velleità: «Quando t’alegri, omo d’altura, va’ puni mente a la seppultura». Tuttavia, questo privilegio viene prontamente negato quando i kompagni, a cui Gino Strada ha sempre guardato con benevolenza e ispirazione, devono sbaragliare gli avversari di sempre. Allora, in questo caso, si scoprono non solo estimatori del passato di coloro a cui si vogliono fare le pulci ma anzi ne diventano interpreti e giudici stigmatizzando il peccato altrui, così come è stato tante volte nei riguardi della Chiesa e dei preti [Cfr. QUI].

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In questo caso non si perde tempo a gettare discredito sulla sacralità e sull’insensatezza della religione cristiana, riportando alla luce ogni minimo errore o scandalo pruriginoso e concludendo con Nietzsche che Dio è senza dubbio morto, così come va cantando da più di cinquant’anni il kompagno Guccini. E se giustamente di Benito Mussolini è vietato affermare che, tra gli innumerevoli disastri come dittatore, ha fatto anche cose buone; dei dittatori di sinistra restano solo le cose buone. Obliando i disastri che questo pensiero ha compiuto e che sono tanti e tali a quelli compiuti dal fascismo con la differenza della superiorità intellettuale che da diversi anni li contraddistingue.

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Abbiamo persino udito, ai vari talk show televisivi, esponenti della Sinistra impegnati a farsi beffa di qualche esponente politico che manifestava certi sentimenti cristiani ― sinceri o non sinceri questo non ci è dato sapere, non potendo nessuno di noi leggere le coscienze altrui ― perché colpevole di essere divorziato risposato. Salvo dichiarare pochi minuti dopo, nel prosieguo dei loro discorsi, che l’aborto è una grande conquista sociale e l’eutanasia un atto di “misericordia”, oppure sostenendo la legittimità del “matrimonio” tra coppie dello stesso sesso, il tutto ― ripeto ― dopo essersi fatta beffa del politico di opposizione in quanto … divorziato risposato (!?).

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La morte del Dottor Gino Strada assomiglia più a una apoteosi degli antichi imperatori romani, in cui non c’è ombra di peccato e la cui assunzione al cielo è scontata. Lui, l’uomo che ha fatto solo bene: Roma locuta, causa finita! Lui, l’uomo che è stato santificato da una certa sinistra che ha bisogno di un proprio credo, di dogmi, liturgie e ovviamente di propri santi. E chi si dovesse azzardare a muovere qualche critica, a sollevare qualche dubbio o magari ad avere un parere diverso è senza dubbio un criminale, un nemico della pace, una brutta persona, insensibile e senza cuore, insomma un autentico pezzo di merda, lemma usato più volte dal Padre della lingua italiana: «[…] vidi un col capo sì di merda lordo», scrive nella Commedia il Sommo Poeta Dante per indicare ruffiani e seduttori [Cfr. Inferno, 116].

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Così è capitato all’editorialista dell’Unità, Fabrizio Rondolino che in un suo tweet definisce Emergency «un’organizzazione politica antioccidentale mascherata da ospedale ambulante che va isolata e boicottata» [Cfr. QUI; QUI]. Rondolino non è certo quello che oggi potremmo definire un uomo di destra o un baciapile; eppure, anche lui è stato stretto alle corde e isolato per aver toccato l’intoccabile [Cfr. QUI]. Ebbene, vi sembra tutto normale? A me no. E personalmente desidero muovere i miei dubbi, portare delle critiche, sostenere la tesi dell’avvocato del diavolo. E lo faccio nei confronti del Dottor Gino Strada non come uomo ormai defunto a cui va la mia preghiera, ma al personaggio pubblico e volto mediatico della laicità verso il quale si può e si deve applicare il diritto alla critica in quanto viviamo ancora in un paese democratico.

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Perché un santo ― anche quando proviene dal laicismo ― è costretto a passare la prova delle opere, solo così potrà concedere i sospirati miracoli, solo così la sua credibilità ne risulterà rafforzata, altrimenti sarà solamente un povero martire così come usano dire gli amici bergamaschi. E allora vediamo queste opere del chirurgo Strada, analizziamo le sue virtù di Emergency. Mi permetto di dire che nel mondo e in Italia abbiamo tanti medici sconosciuti ai più che non hanno avuto la sua stessa fortuna di visibilità e di introiti ma che sono rimasti ugualmente fedeli al giuramento di Ippocrate. Medici che ritroviamo a salvare vite umane in una corsia di ospedale di provincia, dentro la guerriglia delle periferie esistenziali moderne, con turni massacranti, colleghi privi di scrupoli e di eticità, strutture fatiscenti e inadeguate, con una sanità pubblica al limite dello sbando. Medici che continuano a fare i medici in Italia, sacrificando famiglie e figli e che nelle loro ferie stanno gratuitamente negli ambulatori della Caritas di Roma o in quelli dell’Opera San Francesco per i Poveri di Milano. Che non percepiscono certo l’appannaggio di un chirurgo di guerra con esperienza, vale a dire circa 3 mila euro al mese [Cfr. QUI] ma anche qui le stime si confondono nell’indeterminatezza delle entrate di Emergency [Cfr. QUI].

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Difficilmente troverete questi medici nei salotti bene della TV, seduti su morbidi cuscini di quel politicamente corretto del kompagno Fabio Fazio. Uomini in camice bianco che non hanno il patronato di una rappresentativa e danarosa ONG alle spalle che, seppur contraria alla guerra, di fatto campa proprio grazie alla guerra e alle disgrazie altrui. Cosa che a me ricorda molto da vicino il bellissimo e significativo film di Alberto Sordi del 1974: Finché c’è guerra c’è speranza [Cfr. QUI]. Dice il Dottor Gino Strada «Io non sono pacifista, sono contro le guerre». Certo Dottore, lei ha saputo sapientemente scegliere quali guerre combattere e quali guerre evitare, dentro un calcolato doppiopesismo che qualcuno ha avuto la bontà di rilevare [Cfr. QUI] e che resta del tutto ignoto a molti suoi colleghi che, al limite del collasso, non hanno nessuna alternativa di scelta. O bere o affogare. O dobbiamo forse concludere che per essere considerati veri medici è necessario salire a bordo di una nave ONG o servire dentro un ospedale di guerra?

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L’idealismo va bene fino a un certo punto, lo comprendo e lo incoraggio in un ventenne ma dopo si rischia l’illusione dell’utopia che ha fatto affermare a Vauro Senesi:

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«[…] oggi è morto un utopista convinto che la pace sia un’utopia realizzabile con la volontà e con la passione. Oggi è morto un sognatore che tentava di praticare i sogni. Oggi è morto un realista certo che la pace non si costruisce con le armi» [Cfr. QUI].

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L’utopia è tale perché è irrealizzabile e quando l’uomo si sforza di realizzarla succedono i disastri. Gli stessi disastri di chi prova a fare Dio presumendo di eliminare con le sue proprie forze la povertà, la morte, la malattia, la guerra e sofferenza.

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Il Dottor Gino Strada ha prestato soccorso a tante persone nei territori di guerra è vero, ma non meno hanno fatto e stanno facendo i suoi colleghi in Italia salvando donne e bambini dall’aborto, malati terminali dalla dolce morte eutanasica, poveri derelitti che non possono pagarsi uno specialista che chiede dalle 200 alle 500 euro per una visita o per un esame diagnostico che non può attendere sei mesi di lista d’attesa per essere espletato.

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Santifichiamo pure le opere di Gino Strada e di Emergency purché insieme a lui ci siano anche i nomi e i cognomi di tanti altri medici sconosciuti, altrimenti rischiamo la propaganda e visibilità politica, motivo questo per cui in futuro Strada sarà ancora idolatrato. Eppure queste cose un filantropo le dovrebbe fuggire, ma che volete, non esistono più i filantropi di una volta.

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A chi parla in modo inappropriato, anzi del tutto a sproposito di carità, abbinando a un ateo dichiarato questa parola, indicata dal Beato Apostolo Paolo come la più alta e fondamentale delle virtù teologali [Cfr. I Cor 13, 13], basterebbe ricordare il severo monito di Gesù Cristo:

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«[…] se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» [Cfr. Mt 5, 46-48].

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Ecco spiegata la differenza sostanziale che corre tra il filantropismo e il buonismo ideologico e la carità cristiana, che sta assieme alla fede e alla speranza, ma che di tutte e tre è la più importante. È un messaggio non facile da far comprendere al nostro esercito di cattocomunisti confusi, ma noi Padri de L’Isola di Patmos, nell’esercizio della nostra opera apostolica, non cesseremo mai di spenderci, con tutte le nostre forze umane e spirituali, per cercare di far capire che il filantropismo buonista lo fanno anche gli atei, mentre invece, la carità, possono farla solo i veri cristiani.

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«La carità non abbia finzioni: fuggite il male con orrore, attaccatevi al bene» [Rm 12, 9].

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Laconi, 16 agosto 2021

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