Fede e tatuaggi: connubio possibile? È lecito per un credente tatuarsi il corpo? Ma soprattutto: è proprio il caso di urlare “al satanismo!” dinanzi a un tatuaggio sul corpo?

— attualità ecclesiale —

FEDE E TATUAGGI: CONNUBIO POSSIBILE? È LECITO PER UN CREDENTE TATUARSI IL CORPO? MA SOPRATTUTTO: È PROPRIO IL CASO DI URLARE “AL SATANISMO!” PER UN TATUAGGIO SUL CORPO?

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Il cristianesimo cattolico conosce ben chiara teologia della corporeità che non trova parallelismi nelle altre religioni o fedi. Segnato dal sigillo battesimale, il corpo fisico è immerso nel mistero della passione, morte e risurrezione di Gesù che è il vero signum sacrum che la grazia imprime nell’anima. Voler però ravvisare elementi satanici nel tatuaggio, non solo rischia di essere una esagerazione, ma un ridurre la questione ai minimi termini, o forse peggio a termini di chiusa banalità, sino a vedere il male ovunque, salvo non vederlo dove veramente è.

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Autore
Ivano Liguori, Ofm. Capp.

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Jorge Facio Lince
Presidente delle Edizioni L’Isola di Patmos

Da tempo ai Padri de L’Isola di Patmos sono giunti sia da parte di giovani sia da parte di genitori, quesiti sui tatuaggi impressi nel corpo. Si è preso cura di rispondere il nostro editorialista cappuccino, Padre Ivano Liguori, che sta lavorando a un saggio breve su questo tema che sarà pubblicato e distribuito prossimamente dalle nostre Edizioni L’Isola di Patmos. Intanto vi offriamo alcune anticipazioni.

 

 

 

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«Non vi spaventate dei tatuaggi. Gli eritrei, già molti anni fa, si facevano la croce sulla fronte».

Francesco I

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immagine del Sommo Pontefice Francesco tatuata su un braccio

Queste le parole del Santo Padre [1] in risposta alla domanda di un giovane seminarista di Leopoli, Yulian Vendzilovych, che si poneva il problema delle attuali sfide pastorali della Chiesa all’interno dell’universo e del mondo giovanile.

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Uno dei temi affrontati, in quella intervista è proprio il tatuaggio, ormai diventato lo status symbol più comune dei giovani Post-Millennials [2] che emulano così i loro beniamini del mondo dello sport e della musica, molto più di quanto si verificò per la generazione dei loro padri.

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tatuaggio su braccio: crocifissione sul Calvario sormontata da due mani che stringono una corona del rosario

Non è certamente un interrogativo banale quello sottoposto dal seminarista al Papa, tanto meno l’argomento appare superficiale come lo si potrebbe considerare a prima vista. Anzi, una tale provocazione può certamente favorire un dialogo sincero e illuminante sullo status quaestionis dello sconfinato mondo del tatuaggio e del tatuarsi.

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Non è solo il mondo giovanile che desidera tatuarsi, secondo una certa stima sarebbero circa 20 milioni le persone nel mondo a voler avere un tatuaggio [3]. Tra gli italiani — secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità [ISS [4]] aggiornati al 17 ottobre 2019 e diffusi dal sito Epicentro — il 12,8% della popolazione ha almeno un tatuaggio, percentuale che sale al 13,2% se si considerano anche gli ex-tatuati.

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Il popolo dei tatuati comprende tutte le fasce d’età: adolescenti, giovani e adulti di ambo i sessi e appartenenti ai contesti sociali e religiosi più disparati.

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San Pio da Pietrelcina tatuato su una spalla

Sebbene tale argomento sembri per certi versi di nicchia — tanto da non interessare i tabloid di moda o di costume più in voga — relegando l’intero ambito alle riviste specializzate, la vicenda non resta priva di fascino, controversie e pregiudizi, insieme a quelle frettolose analisi che risentono di generalizzazioni semplicistiche e spesso fuori luogo. Tutte cose che da un punto di vista della fede cristiana, esigono una spiegazione chiara, adeguata e soddisfacente per evitare il rischio di collocarsi come impedimento a una fede libera e liberante.

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La questione tatuaggio, posta in tali termini, può consentirci di riformulare la domanda del seminarista al Papa tanto da rievocarne una eco in quella domanda etica che il giovane ricco rivolse a Gesù [cf. Mc 10,17]: “Forse a noi futuri sacerdoti i tatuaggi possono anche non interessare. Ma visto che i nostri coetanei che frequentano la Chiesa, che sono battezzati come noi ne fanno sfoggio è d’obbligo un chiarimento: per un cristiano è buono averli?”.

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Santa Rosalia patrona di Palermo tatuata su un polpaccio

La domanda, come mi sono permesso di riformulare, è di carattere evidentemente morale e la risposta va cercata in quel bene eterno che si cela anche dentro le zone d’ombra e di fragilità umana. Luoghi intimi e arditi in cui solo Dio può operare e dove un bravo direttore spirituale può mettervi mano. Sgombriamo il campo da qualsiasi fraintendimento: non è il tatuaggio come ente in sé ad essere oggetto di contestazione ma l’opzione fondamentale che spinge a farsi queste decorazioni corporee all’interno di un discorso di fisicità umana già perfettamente armonica perché riflesso dell’opera di Dio creatore.  

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Infatti, se Isaia può parlare a nome del Signore testimoniando come Jahvè conosce così intimamente l’uomo da usare l’immagine «Sulle palme delle mie mani ti ho disegnato» [Is 49,16], sembra realizzarsi quel traguardo che individua nel corpo un luogo di scrittura in cui «la pelle è una superficie sulla quale è possibile scrivere la propria storia» [5], anche quella con Dio e che altri possono leggere.

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tatuaggio della Croce di San Benedetto da Norcia con la colomba raffigurante lo Spirito Santo

Così come è avvenuto nella vicenda di malattia della giovane Ségolène affetta da sclerosi principiata al braccio sinistro:

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«L’uomo ha bisogno di simboli, io avevo bisogno di un simbolo, di un segno fisico, visibile, di Cristo vicino a me. Quando il mio braccio non funziona correttamente, questa croce mi dà la speranza e la forza di andare avanti nella vita, malgrado tutto» [6].

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Sfido chiunque a giudicare una giovane malata per la sua scelta carica di speranza che, condivisibile o meno, ci interpella proprio in quel campo che è la testimonianza e il martirio in cui si trovano a vivere tanti uomini e donne, cristiani del nostro tempo.

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Ecco perché gli interrogativi sul tatuaggio fatto su un cristiano interrogano la scelta battesimale che è totalizzante anche di una fisicità umana già redenta. Sicché i dubbi inespressi alla domanda posta dal seminarista al Papa sono questi: il tatuaggio mi avvicina o mi allontana da Cristo? Mi avvicina o mi allontana dalla comunità ecclesiale? Questi gli interrogativi da risolvere, senza aver paura di andarne a cercare le risposte.

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immagine della passione di Cristo coronato di spine tatuato su una schiena

Sappiamo già dalla storia che i cristiani ortodossi, armeni, copti [7], eritrei praticavano il tatuaggio come segno di testimonianza di fede, di partecipazione alle sofferenze di Cristo e come certificazione di un pellegrinaggio [8] avvenuto nei luoghi santi.

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Chi sostiene che il tema del tatuaggio sia solo un retaggio di stereotipi di civiltà del passato, di ambienti criminali al limite della legalità o di un mondo religioso le cui direttrici sono rappresentate dal semplice dualismo permesso/vietato o innocenza/peccato, compirebbe una appropriazione indebita in ambito di onestà intellettuale. Il tatuaggio può essere anche tutto questo, ma certo è molto altro ancora. Questo mondo è molto vasto, tanto da non poter pretendere una lettura immediatamente univoca del problema. È necessario delimitarne gli ambiti di approfondimento, creare collegamenti, inseguire connessioni temporali, capire i simboli, gli archetipi e quella sottocultura del mondo antico che ha determinato la culla in cui è nato il tatuaggio e la sua pratica.

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Su di una cosa però conviene dare ragione a Papa Francesco: il cristiano non deve temere nulla, tanto meno il tatuaggio. Perché è Cristo che ha comandato ai suoi discepoli di non temere [cf. Mt 10,31; 10,28; 14,27; Mc 4, 40 Gv 6, 20 Att 18, 9] e la Chiesa non genera mai dal suo grembo figli pavidi e timorosi.

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tatuaggio di San Michele Arcangelo su un braccio

Il seguente studio vuole soffermarsi sulla storia e la cultura del tatuaggio così come necessaria argomentazione introduttiva, andando poi ad analizzare alcuni aspetti che riguardano la liceità morale e religiosa del segno pittorico sulla pelle alla luce del Magistero della Chiesa. Alcune tematiche particolari concluderanno lo studio, come il rapporto che esiste tra fede e tatuaggi e il dibattito, ancora aperto, tra i sacerdoti esorcisti su una certa influenza demoniaca del tatuaggio e dei suoi effetti spirituali. Le conclusioni dello studio cercheranno di unire le prospettive teologiche alle linee guida pastorali. In tal senso tendo a chiarire fin da subito qualche perplessità eventuale. Queste pagine non possono e non devono essere prese come una sorta di apologia cristiana del tatuaggio. Chi, dopo averle lette, volesse sostenere una tesi del genere sarebbe manifestamente in malafede e fuori strada.

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Da sacerdote cattolico e teologo, però, ho il dovere di indagare sul piano teologico anche su quelle questioni che si trovano oltre la linea, in quelle terre di nessuno dov’è facile perdersi o inseguire miraggi che, per quanto allettanti, restano solo e soltanto evidenze inconsistenti.

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tatuaggio sul petto con Gesù Cristo e la Beata Vergine Maria

Il cristianesimo cattolico conosce una ben chiara teologia della corporeità che non trova parallelismi nelle altre religioni o fedi. Segnato dal sigillo battesimale, il corpo fisico, è immerso nel mistero della passione, morte e risurrezione di Gesù che è il vero signum sacrum che la grazia imprime nell’anima. Un sigillo identitario indelebile – sfraghis – che come appartenenza a Dio ci identifica nello Spirito Santo come figli beneamati (cf. Mc 1,11). Capire questo, già dai suoi primi sviluppi e implicazioni, aiuta il discernimento della persona che arriva anche a rinunciare al fascino di avere un segno tatuato che, per quanto bello e artisticamente valido, resta sempre transitorio e opera delle mani dell’uomo. Voler però ravvisare elementi satanici nel tatuaggio, non solo rischia di essere una esagerazione, ma un ridurre la questione ai minimi termini, o forse peggio a termini di chiusa banalità, sino a vedere il male ovunque, salvo non vederlo dove veramente è.

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Laconi, 15 settembre 2020

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NOTE

[1] Cf. https://www.agensir.it/quotidiano/2018/3/19/papa-francesco-ai-giovani-non-spaventarsi-dei-tatuaggi/

[2] Con tale etichetta ci si riferisce a quella generazione di giovani nati successivamente a quella dei Millennials (1980-1995), quindi dal 1996 in poi.

[3] Cf. Francesco Bungaro, Piercing e tatuaggi: il corpo riadattato. In Studia Bioethica – vol. 3 (2010) n°3 pp. 39-49.

[4] Cf. https://www.epicentro.iss.it/tatuaggi/aggiornamenti

[5] Cf. B. Andrieu – C. Bimbi, “Il corpo Decorato” in Mente e Cervello, 37 (gennaio 2008).

[6] https://it.aleteia.org/2019/02/28/tatuaggi-copti-wassim-razzouk/

[7] Cf. https://it.aleteia.org/2019/02/28/tatuaggi-copti-wassim-razzouk/

[8] Cf. https://www.tatuaggistyle.it/razzouk/8752

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