Sono un teologo custode della tradizione in linea con il pensiero del teologo Andrea Grillo, me lo impone l’onestà intellettuale

—  Pastorale liturgica —

SONO UN TEOLOGO CUSTODE DELLA TRADIZIONE IN LINEA CON IL PENSIERO DEL TEOLOGO ANDREA GRILLO, ME LO IMPONE L’ONESTÀ INTELLETTUALE

I tradizionalisti onirico-estetici sono di fondo malati patologici dinanzi ai quali si potrebbe prendere un neonato e sgozzarlo nel fonte battesimale durante il santo rito della iniziazione alla vita cristiana, però, se il Santo Battesimo è celebrato in lingua latina con l’antico rito, potete stare certi che ci passeranno sopra, o comunque troveranno in ogni caso sempre delle giustificazioni, per quanto assurde e irrazionali, sempre.  

 

 

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Un anno e mezzo fa ha creato malumore e sconcerto la Lettera Apostolica Traditionis custodes data in forma di motu proprio dal Sommo Pontefice Francesco il 16 luglio 2021 circa l’uso della liturgia romana anteriore alla riforma del 1970, che di fatto crea delle comprensibili e opportune restrizioni al Motu Proprio dato il 7 luglio 2007 dal Sommo Pontefice Benedetto XVI sull’uso del Messale Romano di San Pio V prima della riforma delineata dalla Sacrosanctum Concilium il 4 dicembre 1963.

Su questo tema è intervenuto il teologo sacramentario Andrea Grillo con un suo articolo del 24 febbraio 2022 nel quale si domanda: È legittimo creare stabili riserve indiane dell’anti-concilio? Articolo che per quanto mi riguarda ho accolto e giudicato equilibrato e anche lungimirante.

 

il teologo sacramentario Andrea Grillo

 

Sui cosiddetti e impropriamente detti tradizionalisti preferirei sorvolare, è però necessario rendere l’idea del loro status psicologico con alcuni esempi mirati a chiarire di che cosa si parla, ma soprattutto quanto irrazionale ed emotivo sia il loro approccio con la sacra liturgia. Proviamo quindi a formulare delle precise domande: i membri dei Francescani dell’Immacolata non avevano forse generato, all’interno di quella loro giovane e confusa congregazione religiosa, delle forme di vero e proprio caos giuridico? Non sono forse risultati tutt’altro che sporadici, bensì purtroppo numerosi, i casi registrati di giovani religiosi che dai loro austeri conventi sono usciti per finire sotto cure psichiatriche, dopo essere stati non tanto mal formati, ma proprio deformati sul piano umano e spirituale? Alla prova dei fatti, non hanno forse dimostrato, con inaudita arroganza, di essere una congregazione nata ieri, riconosciuta dalla Santa Sede appena nel 1990, che pur non avendo fatto in tempo a formare nemmeno una generazione di teologi, per non dire una scuola teologica, si sono messi a promuovere convegni internazionali contro i massimi esponenti della Nouvelle Théologie, che possono essere sì criticati, ma dai Domenicani o dai Francescani, che nel corso di otto secoli hanno dato vita a importanti correnti di pensiero teologico e donato alla Chiesa scuole teologiche e diversi grandi Santi e dottori della Chiesa? Con il loro alquanto confuso Padre Serafino Lanzetta, all’epoca poco più che un ragazzino, non si misero forse a battere il chiodo del Vaticano II concilio solo pastorale, quindi di fatto un concilio non dogmatico e come tale una sorta di concilietto di seconda classe? Con il loro arrogantissimo mariologo Padre Alessandro Apollonio, non si misero forse a dare per già dichiarato il dogma mariano di Maria corredentrice, chiamando la Beata Vergine con questo titolo e istituendone persino il culto e la devozione, ignari di quanto il concetto stesso di “corredentrice” crei da sempre problemi enormi nell’ambito della dogmatica e soprattutto della cristologia? Non hanno forse avuto, dulcis in fundo, problemi legati a gestioni finanziarie e patrimoniali? Come non detto, perché potremmo prendere a uno a uno questi dati di fatto e altri ancora a seguire, tutti provati e documentati, senza però riuscire a smuovere minimamente i tradizionalisti onirico-estetici convinti che i poveri Francescani dell’Immacolata siano stati perseguitati perché celebravano la Messa con il vetus ordo e perché muovevano critiche al teologo tedesco Karl Rahner.

I tradizionalisti onirico-estetici sono di fondo malati patologici dinanzi ai quali si potrebbe prendere un neonato e sgozzarlo nel fonte battesimale durante il santo rito della iniziazione alla vita cristiana, però, se il Santo Battesimo è celebrato in lingua latina con l’antico rito, potete stare certi che ci passeranno sopra, o comunque troveranno in ogni caso sempre delle giustificazioni, per quanto assurde e irrazionali, sempre. 

Andrea Grillo appartiene a quella che taluni sono soliti definire “area progressista” o “molto progressista”. Si tratta di definizioni che non mi sono mai piaciute, perché per me esistono solo teologi che discutono e che come unica e sola “etichetta” hanno quella di cattolici. Ho conosciuto Andrea Grillo in anni passati, è un uomo di profonda cultura giuridica, teologica e sacramentaria. Alla domanda se condivido certe sue tesi e posizioni risponderei di no, ma che sia uno studioso di altissimo livello, questo è indubitabile. A questo si aggiunga che è anche amabile come persona e molto talentato come didatta, sempre disponibile e premuroso con gli studenti delle scuole di specializzazione. Se certi tradizionalisti onirico-estetici la cui arroganza è da sempre pari alla loro ignoranza, si mettessero a discutere sulla struttura teologica e pastorale del Messale di San Pio V, per non parlare della sua storia ed evoluzione attraverso i secoli, con un liturgista del genere ― di cui ripeto bisogna riconoscere anzitutto la levatura e la cultura enciclopedica ― penso che dopo tre minuti scarsi non rimarrebbe di loro neppure una piuma.

Ho cercato sempre di essere uno studioso intellettualmente onesto, pertanto non ho mai avuto alcuna difficoltà ad affermare che Hans Küng aveva doti naturali e capacità speculative di gran lunga superiori a quelle di Joseph Ratzinger, perché lo provano i fatti storici e la originalità dei suoi scritti. Diversamente, quelli di Joseph Ratzinger, sono scritti di un teologo molto colto nonché eccellente didatta in grado di esporre in modo magistrale, ma l’originalità del pensiero è però tutt’altra cosa. Il mio confratello e amico Brunero Gherardini (1925-2017), che era la quintessenza dell’ortodossia più ligia e anche rigorosa, non aveva alcuna difficoltà ad ammettere in toni di stima che Leonard Boff era uno tra i più dotati e talentati ecclesiologi degli ultimi 50 anni, o che il commento e l’esegesi più bella alla Lettera ai Romani rimane quella del protestante Karl Barth, al momento insuperabile. Ma c’è di più: forse, se noi possedessimo le opere e gli scritti ― che purtroppo non ci sono invece pervenuti ― potremmo persino scoprire che l’eresiarca Pelagio era più dotato, a livello teologico e speculativo, di quanto lo fosse Agostino vescovo d’Ippona, in seguito Santo e dottore della Chiesa. Purtroppo di Pelagio non abbiamo le opere e di lui conosciamo solo le risposte e le confutazioni di Agostino. Ma se contro Pelagio si mosse un titano come Agostino, già questo dimostra che dall’altra parte, eretico quanto vogliamo, c’era un altro titano e un osso a dir poco duro contro il quale combattere. E vogliamo parlare dell’eresiarca Ario, che con le sue teorie sulla Incarnazione del Verbo riuscì a convincere quasi tutta la cattolicità che il Cristo era una creatura divina creata da Dio? Le sue teorie, molto ben strutturate e avvincenti, costrinsero i Padri della Chiesa a radunarsi nel Concilio Ecumenico di Nicea, nell’anno 325, per definire dogmaticamente che il Cristo non era una creatura bensì «generato non creato della stessa sostanza del Padre» (γεννηθέντα οὐ ποιηθέντα ὁμοούσιον τῷ Πατρί). Lungi dall’essere debellata, l’eresia ariana proseguì a diffondersi per i secoli successivi in intere regioni dell’Europa. I popoli germanici e non solo, furono evangelizzati da vescovi e presbiteri ariani agli inizi del IV secolo. Solo nel VI secolo i popoli germanici furono ri-convertiti dai missionari, dopo due secoli di arianesimo, che seguitò a lasciare comunque il proprio segno.

Questo genere di teologia e di storia della teologia certi poveri tradizionalisti onirico-estetici rinchiusi in quattro formule rancide della neo-scolastica decadente ― che della scolastica classica non è manco lontana parente ― non sanno neppure dove abita, perché come tutti i mediocri devono inventarsi nemici, sguazzare tra millenarismi e profezie catastrofiche, imminenti trionfi magici del Cuore Immacolato di Maria, dando a credere di saperla più lunga di tutti, ma soprattutto tentando di distruggere coloro che decidono di elevare a rango di supremi nemici, perché l’immagine del nemico è un presupposto fondante del loro stesso essere ed esistere. Tipica caratteristica di queste persone è quella di non combattere le idee ma le persone nel tentativo di distruggerle in ogni modo e con qualsiasi mezzo, secondo lo stile consolidato dei peggiori integralismi di matrice pseudo-religiosa.

Sulle colonne di questa nostra rivista il Padre Ivano Liguori e io siamo stati più e più volte severi con certi preti showman, ma non solo: sempre e di prassi abbiamo richiamato alla responsabilità i loro vescovi accusandoli senza mezzi termini di scarsa vigilanza. Non possiamo però dire che la Chiesa sia stata indifferente e silente da questo punto di vista, perché contro gli abusi liturgici hanno parlato e scritto sia Giovanni Paolo II che Benedetto XVI, nel 2004 fu promulgata l’istruzione Redemptionis Sacramentum che è un documento molto chiaro e preciso del quale molti si sono bellamente fregati, in testa a tutti Neocatecumenali e vari gruppi Carismatici.

Ben prima di Traditionis custodes invocai in modo provocatorio che sarebbe stato bene revocare quel motu proprio di Benedetto XVI sulla Missa vetus ordo [vedere mia video-conferenza] visti certi esiti tutt’altro che minoritari o isolati. E per anni, non per giorni o mesi, ma per anni ho ripetuto inutilmente a certi gruppi e fedeli di smetterla con le loro amenità del tipo: «Ah, questa sì che è la sola Messa, la Messa valida, la Messa di sempre, mica quella Messa protestantica di Paolo VI inventata da quel massone di Annibale Bugnini!». E quante volte gli ho ripetuto che non potevano né dovevano usare il Missale vetus ordo per attaccare un intero concilio della Chiesa, o una necessaria riforma liturgica avviata già prima del concilio dal Sommo Pontefice Pio XII e via dicendo a seguire. Altrettanto inutilmente ho ripetuto per anni che se avessero continuato a quel modo, prima o poi quel motu proprio sarebbe stato revocato. Come non detto, questa la risposta: «No, non è possibile, perché la Messa di sempre è irrevocabile, intoccabile!». E ancora, inutilmente, per anni e anni ho ripetuto loro che quel motu proprio non era una definizione dogmatica irrevocabile e che da sempre a Roma si dice che «un Papa bolla e un Papa sbolla».

Tempo perso, parole sprecate, teste ottuse che si sono sempre rifiutate di capire, andando avanti per anni, in modo ostinato e pertinace, a fare uso di un messale per creare due partiti all’interno della Chiesa, usando come elemento di divisione ciò che costituisce il cuore dell’unità: l’Eucaristia.

A mio modesto parere, con tutto il dispiacere per quelli che invece non hanno avuto questi atteggiamenti, ritengo che il Sommo Pontefice abbia fatto bene a promulgare quel motu proprio restrittivo che di fatto è Traditionis custodes, a cui riguardo possiamo dire in legittimo tono critico, ma soprattutto alla luce dei principi di prudenza, equilibrio e soprattutto aequitas, che il suo è stato un agire indubbiamente giusto, ma altrettanto indubbiamente parziale. Per quanto mi riguarda può starmi bene che si stringa la cinghia sull’uso del Messale di San Pio V, visto il modo in cui non alcuni, ma molti lo hanno usato, visti certi esiti infelici e conclamati, però, essendo intellettualmente onesto, non posso omettere di chiedermi e di chiedere: e i gruppi Neocatecumenali che hanno invaso e che hanno in mano quasi la metà delle parrocchie della Diocesi di Roma, che in modo impudente, insolente e arrogante affittano saloni negli alberghi della Capitale o nelle case religiose dell’Urbe, per fare della sacra liturgia ciò che vogliono e come vogliono direttamente sotto le finestre del Santo Padre, qualcuno gli ha forse detto qualche cosa, o intende semmai a breve dirgli qualche cosa? È stato per caso emanato un documento nel quale si proibisce di celebrare le Messe senza autorizzazione dell’Autorità Ecclesiastica fuori dagli spazi consacrati, che né a Roma né in tutto il resto dell’Italia mancano, permettendogli di seguitare a radunarsi in saloni di hotel o di compiacenti case religiose, con il prete “preso a noleggio” che esegue gli ordini dei laici genuflessi alle peggiori direttive bizzarre di Kiko Argüello? Il Sommo Pontefice, che di recente ha messo mano alla propria Diocesi con una riforma radicale, si è mai accorto che il Vicariato è da alcuni decenni in mano ai Neocatecumenali, grazie all’infausta protezione a loro accordata prima dal Cardinale Camillo Ruini e a seguire dal Cardinale Agostino Vallini? Il Sommo Pontefice, è al corrente di che cosa i Neocatecumenali hanno fatto in ostracismi e cattiverie, a quei preti da loro reputati ostili alle loro eccentricità dottrinali e liturgiche, usando il braccio armato dei loro fedeli sodali come l’inamovibile cancelliere del Vicariato di Roma Giuseppe Tonello, in grado di fare il bello e cattivo tempo, o di decidere come e in che modo tagliare le teste di certi preti ostili alla “Chiesa” del Signor Kiko Argüello? Siccome nulla di questo per adesso è stato fatto, ciò mi induce a leggere Traditionis custodes come un provvedimento reso necessario dalla situazione che si è creata, ma che al tempo stesso manifesta ancora una volta la parzialità e gli squilibri di questo Augusto Pontificato, nel quale ci si cura a giusta ragione di coloro che hanno avuto l’aperta indecenza di usare il Missale vetus ordo per attaccare un intero Concilio della Chiesa e una riforma liturgica, senza però curarsi minimamente di coloro che in modo non meno insolente e arrogante fanno della liturgia ciò che vogliono e come vogliono direttamente nella Diocesi di Roma sotto le finestre del Sommo Pontefice.

Ribadisco: le analisi del Prof. Andrea Grillo, insigne, colto e qualificato teologo sacramentario, sul piano della dottrina, della liturgia, della ecclesiologia e della pastorale non fanno assolutamente una piega. Tesi che per quanto mi riguarda approvo e condivido, mosso da quella onestà intellettuale che anima e sorregge la fede, al contrario di chi cerca di mutare la fede, vuoi col Messale di San Pio V vuoi con le stravaganze liturgiche dei Neocatecumenali e di certe frange dei Carismatici, nel mondo delle soggettive emozioni. E un Sommo Pontefice, per essere veramente giusto quando fa cose giuste, deve essere anzitutto al di sopra delle emozioni e dei partiti in lotta tra di loro. E se il caso gli impone la necessità di bastonare, in quel caso sarebbe bene bastonare in modo equo sia a destra che a sinistra.

Non credo di dovermi giustificare di alcunché, in ogni caso è bene precisare che sono un grande estimatore del Venerabile Messale di San Pio V, di cui credo di conoscere a fondo quella struttura teologica e quell’impianto pastorale del tutto sconosciuto a quegli esotici pretini trentenni che si sono alzati una mattina e improvvisati cosiddetti “tridentini”, ignari anzitutto che un “rito tridentino” non è proprio mai esistito, è solo un modo di dire del tutto improprio. Soprattutto ignari che in quel Messale persino gesti e silenzi hanno un profondo significato mistagogico e spirituale, da loro completamente ignorato per lasciare spazio a forme di estetismi esotici quasi sempre tragicamente fini a se stessi. I tradizionalisti onirico-estetici che citano a sproposito la bolla Quo primum tempore con la quale il Santo Pontefice Pio V promulgò nel 1570 quel Messale definendolo irriformabile con tanto di anathema sit, dimostrano di non conoscere lo stile col quale erano usualmente composti certi documenti pontifici che avevano un loro preciso stile retorico, ma soprattutto ignorano che quel Messale fu revisionano e riformato per un totale di diciotto volte a partire dal 1614, quanto il Sommo Pontefice Urbano VIII ne pubblicò una prima edizione aggiornata e migliorata ad appena 44 anni dalla sua promulgazione, con sostanziali e radicali correzioni. Le ultime importanti riforme furono fatte nel Novecento dal Santo Pontefice Pio X, dal Venerabile Pontefice Pio XII e dal Santo Pontefice Giovanni XXIII nello spazio di neppure cinquant’anni. Aborro gli abusi liturgici, ma proprio per questo, in mia modesta qualità di povero teologo dogmatico e storico del dogma, sono perfettamente consapevole che con quel Venerabile Messale avvenivano abusi liturgici molto peggiori di quelli ai quali assistiamo oggi con il Messale promulgato nel 1969 ed entrato in vigore nel 1970. Sono un cultore della lingua latina e quando posso uso sempre la editio typica latina del Messale di Paolo VI, quello in lingua italiana sempre e di rigore quando celebro per le assemblee dei fedeli. Mal tollero certi ciechi e ottusi anacronismi tipici delle persone che invocano di fatto la riesumazione di un cadavere, per quanto santo, vale a dire il Messale di San Pio V, non più proponibile oggi sia a livello pastorale che a livello di evangelizzazione. Il problema di fondo di queste persone è che prendendo come oggetto di disputa e lotta un Messale tendono a sfogare i disagi di una cristianità immatura o mal vissuta, rigettando l’elemento teologico ed escatologico che la Chiesa inizia il proprio incessante cammino con i discepoli lungo la Via di Emmaus assieme al Signore [cfr. Lc 24, 13-35], mentre alcuni avrebbero voluto paralizzarla, come Pietro, in modo statico sul Monte Tabor, dinanzi alla trasfigurazione del Cristo [cfr. Mc 9, 2-10]. La Chiesa è per propria natura costitutiva Popolorum progressio, chiunque tenti di mutarla in Populorum regressio rivendica il diritto insolito, ma soprattutto inaccettabile, a tradire la missione che il Cristo le ha affidato, in un cammino incessante, sempre proteso in avanti, sino al suo ritorno alla fine dei tempi.

dall’Isola di Patmos, 27 febbraio 2023

 

Il problema della aequitas e l’antico gioco dei punibili e degli impunibili, dei bastonabili e degli accarezzabili …

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9 commenti
  1. Gionata
    Gionata dice:

    Questo articolo si collega molto bene a quello dello stesso padre Ariel sul Summorum Pontificum. Ho sufficiente esperienza su VO e NO da concordare sul bisogno di una riforma della riforma. Dove il VO venga aggiornato con le disposizioni della Sacrosanctum Concilium, senza balzi creativi in avanti in nome dello “spirito del Concilio”. Forse sono uno dei pochi fedeli che ha letto e riletto tutti i documenti del Concilio e si è trovato più volte spaesato nel vedere che questo spirito non traspaia da nessuno di essi.
    Per quanto mi riguarda, frequento da due anni una parrocchia della FSSP a Roma e ho ritrovato voglia di pregare, andare a Messa e accostarmi ai sacramenti. Non solo per aspetti esteriori (tabernacolo al centro, sacerdoti che si “mimetizzano” sull’altare, silenzio prima, durante e dopo la celebrazione e soprattutto durante la consacrazione, canti liturgici ben curati, fedeli tutti in ginocchio durante la consacrazione), ma soprattutto per la fede e la cura pastorale dei sacerdoti della Fraternità. Tornerei tuttavia volentieri alla Messa NO se fosse celebrata in latino (l’ultimo adattamento della CEI è da orticaria) e seguendo il Messale di San Paolo VI, senza aggiungere e togliere nulla. Perché questo è il modo in cui la Chiesa comanda di celebrare. Ma finché non si deciderà di utilizzare la stessa mano pesante sugli abusatori del NO (condannati anche dalla Desiderio desideravi), garantendoci una Messa ” a norma” sempre e dovunque, rimarrò dove sono. Almeno finché sarà lecito. Poi si vedrà.

    • Padre Ariel
      Padre Ariel dice:

      Commento che andrebbe stampato, incorniciato e affisso nelle sacrestie tra la foto del Sommo Pontefice e la foto del Vescovo diocesano, con l’obbligo per certi preti di leggerlo prima della celebrazione della Santa Messa.

  2. Stefano Delle Chiaie
    Stefano Delle Chiaie dice:

    Secondo Andrea Grillo BXVI ha sbagliato a voler garantire una riserva indiana ai tradizionalisti perché, in quanto anticonciliari, costituiscono un’anti-chiesa; ragion per cui bene ha fatto il Papa con TC a ritirare SP, a beneficio di una vera unità della Chiesa.
    Bravo Grillo! Peccato che

    Punto 1) in natura non esistono i cattolici “anticonciliari”, si tratta di un’illusione ottica determinata dalla reazione del comune sentire cattolico al conciliarismo post-conciliare; è solo per la difficoltà di discriminare il vero Concilio dalla sua strabordante mistificazione post-conciliare che molti finiscono per assimilare le due cose insieme buttando via il bambino con l’acqua sporca. Soggettivamente una colpa lieve. I veri anticonciliari sono invece proprio i conciliaristi che scientemente hanno usurpato il Concilio reale – quello dei documenti – per sostituirlo con un anti-concilio virtuale grazie al diabolico inganno dello “spirito del Concilio” (vds lo storico discorso di BXVI alla Curia del 2005 https://www.youtube.com/watch?v=39E-AK9oP4I, e quello di saluto al clero di Roma del 2013 https://www.youtube.com/watch?v=Q-l3Eq_vIps).

    Punto 2) non già i tradizionalisti, ma questa anti-chiesa scismatica sotto la guida di intelligenze supreme come Hans Kung ha rinnegato il vero Concilio, producendo uno scisma di fatto; e ora che è riuscita anche ad eleggersi il Papa, tenta di forzare i resistenti a fare uno scisma palese per sancire in modo definitivo la discontinuità con la Chiesa pre-conciliare (trovo significativo che alla domanda di un giornalista se egli non temesse uno scisma tradizionalista nella Chiesa, il Papa abbia candidamente risposto con uno sconcertante “no, nella Chiesa ce ne sono stati tanti, sempre c’è l’azione scismatica nella Chiesa”). Punto 3) l’intento di BXVI non era di proteggere i tradizionalisti, ma di riaffermare un principio del Concilio, quello della novità nella continuità; la coesistenza dei riti ordinario e straordinario era pertanto concepita come misura apripista per quella riforma della riforma da lui tanto invocata e necessaria per ricucire le divisioni nella Chiesa, quanto spernacchiata dai sapienti e dagli intelligenti come Grillo che ora cantano vittoria per il suo definitivo insabbiamento.

    Poveri noi!

    • Padre Ariel
      Padre Ariel dice:

      Il Sommo Pontefice Celestino V in pochi mesi di pontificato riuscì a fare molti danni alcuni dei quali anche grossi.
      Eppure era un santo uomo di Dio, tanto che fu canonizzato e oggi è venerato come Santo Pontefice.

      Al rinuciatario Celestino V succedette il Cardinale Benedetto Caetani con il nome di Bonifacio VIII, poi mutato tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento in una assurda e falsa leggenda nera.
      Bonifacio VIII fu un uomo di governo molto capace e deciso che pose anzitutto rimedio ai danni fatti dal suo predecessore, che pure era un santo uomo di Dio.

      La santità di vita e la sapienza teologica di Benedetto XVI restano fuori discussione come fuori discussione restano le sue evidenti e a tratti gravi incapacità di governo che hanno prodotto non pochi danni, posto che la Chiesa non si governa con i bei discorsi.

      Molte sarebbero le cose che potremmo dire, penso però basti dire che il Sig. Enzo Bianchi, fucina di immani eresie, fu invitato ai vari sinodi da Benedetto XVI, mentre con Francesco è stato prima defenestrato e poi messo a tacere.

      Nessuno può giudicare e stabilire se siamo dinanzi a una sorta di riedizione in forma e in chiave diversa della vicenda di Celestino V e Bonifacio VIII. Una cosa resta indubbia: il Sommo Pontefice Francesco è un uomo di governo molto deciso, all’occorrenza autoritario, se vogliamo persino spietato. Gli esiti del suo governo li giudicherà la storia, al momento non è possibile dare un giudizio né positivo né negativo. Una cosa è certa, se Benedetto XVI fosse andato avanti per altro tempo, entro breve le “cerimoniere estetiche” lo avrebbero fatto uscire fuori sulla sedia gestatoria con la tiara in testa e i flabelli papali a destra e a sinistra, perché quella era la strada che era stata presa con un uomo al quale facevano fare quel che volevano. Non a caso alcuni lo stavano convincendo a ripristinare l’uso della tiara a loro dire erroneamente abolita da Paolo VI.

      Si provino a farlo fare al Sommo Pontefice Francesco quel che vogliono, per vedere poi che aria tira.

      Una cosa sola posso dirle, perché questa sì che è provata dalla storia: meglio un Pontefice che governa male la Chiesa di un Pontefice che non la governa e che si fa governare dai capricci degli altri, perché i danni del secondo saranno sempre e in ogni caso molto più gravi di quelli che può fare il primo, a prescindere dal fatto che questo secondo possa essere anche un santo uomo di Dio e un teologo di profonda e rara competenza.

      La Chiesa non è una cattedra universitaria dalla quale si impartiscono lezioni di splendida e sana teologia.

  3. Ales
    Ales dice:

    Caro Padre

    non entro nella discussione sulla Liturgia in latino, ma faccio due semplici osservazioni.

    Anche se il Sig. Grillo ha ragione, come dice anche Lei, Padre, sappiamo benissimo che quell’articolo é strumentale perché l’autore si prefigge uno scopo che non é in sintonia con il suo pensiero, Padre Ariel. Grillo propone “la messa con occhi nuovi”, svuotandola del senso del sacro, mettendo la supremazia del “popolo di Dio” al di sopra di quella del sacerdote celebrante, una Santa Messa come incontro, pranzo e cena festosi, in pratica con un Dio lontano, per non parlare di Nostro SIgnore che sarebbe solo un tramite, un esempio da imitare. Io, la chiamo la “Messa a pane e Nutella”, in una battuta.

    In secondo luogo, non si capisce se l’idea di governo di Papa Francesco sia di decentrare “Roma” con più accento sull’autonomia locale (il sinodo dei sinodi), oppure, al contrario, aumentare il controllo di Roma, riappropriandosi del suo potere decisionale (ad esempio sul rito liturgico in loco). Insoma, più Roma o meno Roma?

  4. Ruben Perez Rivas
    Ruben Perez Rivas dice:

    Caro padre Ariel,
    apprezzo il suo articolo, e sono propenso a concordare con lei, almeno sulla sostanza di ciò che hai scritto.
    Non mi sento però del tutto d’accordo con l’enfasi “guerriera” con cui mette l’inchiostro sulla sua posizione (che è la posizione che, ripeto, condivido anche io).
    Il motivo della mia opinione è che la questione trattata nell’articolo si riferisce ad un provvedimento disciplinare della Sede Apostolica. Vale a dire, nel nodo centrale sia del MP Summorum Pontificum che del MP Traditionis Custodes, come nel recente rescriptum di Papa Francesco, non è questione infallibile, non è impegnata l’autorità magisteriale del Romano Pontefice, ma essa è una misura pastorale o di governo (cioè pastorale liturgica), nella quale il Papa è fallibile, e con la quale si può essere d’accordo o meno (sempre nel massimo rispetto e obbedienza a quanto deciso dal Santo Padre).
    Pertanto, e lo dico con il massimo rispetto, non credo sia necessario enfatizzare così tanto la propria opinione, in modo così conflittuale e combattivo con l’opinione contraria perfettamente ragionevole.

  5. orenzo
    orenzo dice:

    Quello che mi lascia alquanto perplesso, e con me più di qualche liturgista, è che chi, con l’autorità che gli compete, ha scritto la Lettera Apostolica Traditionis custodes, poi, pur potendolo modificare, non tenga in nessuna considerazione quanto stabilito da “Il Cerimoniale dei Vescovi” riguardo alle “Vesti ed insegne” ed a “La Messa presieduta dal Vescovo senza che egli celebri l’Eucarestia”, che invece viene concelebrata.

  6. Alessio
    Alessio dice:

    Padre Ariel,

    sono stato 11 anni nel cammino e posso dire che al secondo scrutinio questi spennano i fratelli fino all’ultimo centesimo raccogliendo somme ben sopra i 50,000. Di questi, un terzo lo mandano di persona al vescovo (mentre predicano che la carità si dovrebbe fare nell’anonimato). Così il vescovo riceve una bella somma, come regalo offre una Messa alla Comunità e tutti sono contenti.

    Purtroppo anche giuda vendette Gesù per 30 denari, e succede ancora oggigiorno.

    Dopo 11 anni di eresie avevo bisogno di una pulizia dentro la mia anima e ho cominciato a partecipare alla messa in latino. Partecipo li da poco tempo, e posso dire che purtroppo in questi luoghi non girano belle somme di denaro, le persone che partecipano non sono benestanti e poi non ci sono catechisti che spiumano le persone come polli.

    Questo significa che senza soldi non si possono fare mazzette ai vescovi, ed allora a chi importa la messa in latino se nessuno ci mangia su?

    Un saluto.

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