nota sulla infallibilità pontificia
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NOTA SULL’INFALLIBILITÀ PONTIFICIA
Una ulteriore precisazione del teologo Giovanni Cavalcoli circa la infallibilità del Sommo Pontefice in riferimento al suo precedente articolo [QUI] e ad un recente articolo pubblicato su Chiesa&Postconcilio [QUI] nel quale è citato un interessante e saggio scritto del compianto e valoroso padre passionista Enrico Zoffoli.
La Signora Maria Guarini ha pubblicato nel suo sito Chiesa&Postconcilio un interessante e saggio scritto del compianto e valoroso Padre Enrico Zoffoli, vero combattente della fede, che a suo tempo denunciò “le eresie del Cammino Neocatecumenale” [vedere QUI] fondato nel 1972 a Madrid da Kiko Arguello e Carmen Hernandez.
Vorrei fare però una precisazione dettata da un mio fondato timore che un’asserzione di questo venerato padre passionista possa essere fraintesa, ed è questa: «Il Papa è infallibile solo alle condizioni a tutti note».
Chiariamo innanzitutto che cosa significa “infallibile“ in fatto di dottrina. Vuol dire “non poter essere falso“. Ebbene, dire che il Papa è infallibile, vuol dire che dice il vero senza poter sbagliare. A tal riguardo, probabilmente il Padre Enrico Zoffoli si rifà al dogma dell’infallibilità pontificia definito dal Concilio Vaticano I [Denz. 3074], nel quale si stabiliscono appunto le condizioni di tale infallibilità.
C’è da notare però qui il rischio di un fraintendimento. Il Concilio pone certe condizioni dell’infallibilità, ossia quando il Papa dichiara che una data proposizione è contenuta nella divina Rivelazione: la cosiddetta “definizione dogmatica”, che costituisce una proposizione di fede definita come tale, da credersi con fede divina. Ma il Concilio non dice che il Papa è infallibile solo a quelle condizioni, perché esistono altre condizioni, più comuni e meno solenni, ancor più basilari, necessarie e sufficienti per l’infallibilità. Esse non sono indicate dal Concilio, ma le troviamo in altri luoghi del Magistero e nella Tradizione.
Le condizioni stabilite dal Vaticano I rappresentano l’autorevolezza suprema del Magistero della Chiesa; esse danno la massima certezza che una proposizione è di fede; ma queste condizioni si verificano molto raramente e in circostanze del tutto eccezionali.
Esistono pertanto anche gradi inferiori di infallibilità, più comuni, semplici ed ordinari, nei quali il Papa insegna una dottrina definitiva ed immutabile, assolutamente vera, anche se non con formule di tipo definitorio come nelle definizioni dogmatiche. Si tratta quindi, anche qui, di una dottrina che non può mai essere falsa, e quindi è infallibile. Infatti l’infallibilità di una dottrina non dipende dall’accento, dal modo o la forma espressiva coi quali è insegnata, ma dal valore o peso del contenuto.
Il modo riguarda solo la certezza non la verità di una dottrina. Che sia il Ministero dei Trasporti o il vigile urbano a dirmi che nel centro storico della città è proibito il traffico delle auto, non tocca la verità del contenuto, ma la sua autorevolezza. Così nelle dottrine della fede e della morale. Quando il Papa le insegna, che lo faccia in modo semplice o solenne, pastorale o dogmatico, definitorio o non definitorio, nuovo o tradizionale, l’essenziale è che comunque sia dottrina di fede o quanto meno connessa con la fede.
Nel caso delle dottrine nuove del Concilio Vaticano II, questa questione si presenta, per esempio, nella Costituzione dogmatica Lumen Gentium, dove si danno delle definizioni di Chiesa, carismi, di gerarchia, di fedeli, di laici, di religiosi, ecc.. Anche in tal caso si danno dottrine infallibili, ossia assolutamente vere, anche se non sono state definite solennemente nelle condizioni prescritte dal Vaticano I.
In realtà oggi pare che le condizioni dell’infallibilità non siano proprio “a tutti note”, come dice ottimitisticamente il Padre Enrico Zoffoli. Proprio per questo San Giovanni Paolo II nel 1998 ha pubblicato la Lettera Apostolica Ad tuendam fidem, corredata da un’appendice della Congregazione per la dottrina della fede [vedere QUI], la quale espone tre gradi dell’infallibilità, dei quali solo il primo corrisponde a quello stabilito dal Vaticano I.
Non è pertanto onesto il metodo seguìto da alcuni di prendere come infallibili solo le dottrine di primo grado per avere il pretesto di considerare fallibili o addirittura false le dottrine del Vaticano II per il fatto che non sono espresse nel modo definitorio dei primo grado. Questo non vuol dire assolutamente che tutti gli insegnamenti del Concilio siano infallibili, ma lo sono solo quelli dottrinali. Ed è falso, come sostengono alcuni, che il Concilio sia stato solo pastorale e non anche dottrinale. Infatti, trattando con i lefebvriani, Benedetto XVI disse che alcuni insegnamenti del Concilio sono discutibili, facendo espresso riferimento solo a quelli per l’appunto pastorali. Viceversa però, sempre rivolgendosi ai lefebvriani, disse loro che, se volevano essere in piena comunione con la Chiesa, dovevano accettare le dottrine del Concilio: evidente riferimento alla loro infallibilità, che invece è negata dai lefebvriani.
Così pure negli insegnamenti dei Pontefici bisogna distinguere tra quelli dogmatico-dottrinli e quelli pastorali-disciplinari. Il Papa è infallibile solo nei primi, non nei secondi. Esempio lampante di questo è la drammatica vicenda dei rapporti di Alessandro VI col Savonarola, circa i quali abbiamo appena pubblicato di recente un articolo. Il Papa trattò ingiustamente il Savonarola, ma come Papa, maestro della fede e pastore della Chiesa, compì sempre il suo dovere.
Varazze, 28 marzo 2015
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Questo scritto è una ulteriore nota esplicativa a questo mio precedente articolo, vedere QUI
Le formule definitorie non riguardano solo la proclamazione di dogmi, ma si possono trovare anche … [COMMENTO CENSURATO]
i motivi sono spiegati nella risposta del Padre Ariel che sotto segue
Caro Bazzorini.
Con i suoi commenti lei si sta ponendo in ridicolo dinanzi a tutti coloro che, senza scomodare la teologia, conoscono semplicemente bene il Catechismo della Chiesa Cattolica.
La redazione dell’Isola di Patmos è sinceramente combattuta tra il cestinare questi suoi scritti oppure pubblicarli, visto che entra in questione quella libertà di espressione che ci impone di non pubblicare unicamente i commenti graditi, o quelli di ringraziamento e non di rado anche di elogio rivolti agli autori ed all’opera di questa nostra rivista telematica.
Per questo ho deciso di perdere ancora del tempo prezioso per risponderle, dichiarando mio malgrado questo tempo come “perso” in partenza perchè più volte le abbiamo risposto sia in toni seri sia in toni scherzosi, ma senza esito.
Tanto per cominciare la invito ad avere il senso delle proporzioni per queste evidenti ragioni:
1. il Padre Giovanni Cavalcoli è un sacerdote domenicano di 74 anni, vale a dire un presbitero anziano, a cui lei deve rispetto in quanto ministro in sacris;
2. è membro di un glorioso Ordine storico composto perlopiù di studiosi, soprattutto di teologi e di filosofi, che ha donato alla Chiesa nel corso dei secoli beati, santi, dottori della Chiesa e personalità alle quali il mondo filosofico e teologico è tutt’oggi grato, quindi lei deve portare a questo membro dell’Ordine dei Frati Predicatori il dovuto rispetto, perché in caso contrario manca di rispetto a un Ordine intero;
3. l’uomo al quale lei si rivolge con messaggi a volte veramente deliranti e quasi sempre intrisi di manifesta ignoranza basati sulla sua non conoscenza dei rudimenti della fede e della dottrina cattolica, è un filosofo metafisico e un teologo dogmatico con una vita dedicata all’insegnamento delle discipline filosofiche e teologiche presso benemerite istituzioni accademiche ecclesiastiche, ed è ricordato con grata venerazione da decine di suoi ex allievi, oggi membri di famiglie religiose, membri del clero secolare e regolare, laici e laiche che si sono dedicati agli studi filosofici e teologici. Pertanto, mancando a lui di rispetto, lei manca di rispetto per riflesso a molte altre persone, incluso me e il mio diretto collaboratore;
4. il livello teologico del Padre Giovanni è tale che la Santa Sede lo ha voluto membro ordinario della Pontificia Accademia di Teologia, la quale, per spiegare il tutto ai non addetti ai lavori, nel mondo laico equivarrebbe in tutto e per tutto ad essere eletti membri dell’Accademia di Francia. Anche per questo lei deve rispetto al Padre Giovanni, perché in caso contrario manca di rispetto anche alla Santa Sede che lo ha voluto nell’organico della più prestigiosa istituzione accademico-teologica della Chiesa Cattolica.
Lei non è in grado di “spiegare” al Padre Giovanni, né appresso – e dico ancora appresso – nemmeno a me, né al segretario della nostra redazione, giovane e valente filosofo tomista e teologo, ma neppure alla nostra Ipazia gatta filosofa, che cos’è il dogma, la storia del dogma in generale, la traditio catholica, la liturgia e la dogmatica sacramentaria.
Chiarito una volta per tutte che lei non può essere un interlocutore ma solo un fanatico pseudo-cattolico che come si dice in gergo telematico gioca al troll [1], la redazione dell’Isola di Patmos la informa che a partire da adesso cancellerà certi suoi messaggi senza ledere in alcun modo la libertà di espressione e senza per questo poter essere accusata di pubblicare solo commenti di approvazione verso la rivista ed i suoi redattori, perché sull’Isola di Patmos il dibattito è sempre gradito e anzi benedetto, purché non si pretenda di correggere con l’errore palese e stolto, non di rado pure in toni insultanti, chi invece vive, rispetta, conosce ed applica la dottrina cattolica ed il Magistero della Chiesa.
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[1] Soggetto che interagisce con gli altri tramite messaggi provocatori, irritanti, fuori tema o semplicemente senza senso, con l’obiettivo di disturbare la comunicazione e fomentare gli animi altrui.