Le imperdonabili colpe dei preti dinanzi alle sante virtù dei cattolici analfabeti della fede

LE “IMPERDONABILI” COLPE DEI PRETI DINANZI ALLE SANTE VIRTÙ DEI CATTOLICI ANALFABETI DELLA FEDE

 

… potremmo modificare e scrivere di nuovo la parte finale della nostra professione di fede: “Credo nei social media e nella vita del mondo che verrà”. E semmai, anziché Simbolo di Fede Niceno-Costantinopolitano, potremmo ribattezzarlo Simbolo di fede del cattolico analfabeta, che irride il sapere e che ha dato vita alla fede del «… secondo me, io penso che …». E tutto questo, che sia molto chiaro: non è affatto colpa dei preti. 

— Attualità —

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usando la narrativa fantasy Padre Ariel S. Levi di Gualdo ha donato a chi si interroga e cerca risposte un viaggio nel mistero della vita racchiudendo la dottrina sui Novissimi dietro le righe di un romanzo distopico o “fantateologico”

Nel mettere mano a un nuovo libro o ad articoli legati alla dottrina della fede, mi pongo sempre un quesito: è necessaria quest’ulteriore perdita di tempo, considerato che i primi a dimostrare di volere pane, circo e tanto prurito sono i cattolici per primi, o sedicenti tali, o il poco che resta del disastrato mondo cattolico? È legittimo e ammissibile che un presbitero e un teologo sia assalito da interrogativi che lo inducono a rivolgere domande così gravi e pesanti a sé stesso?

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Nell’era digitale i social media hanno fatto emergere legioni di stolti che sino a ieri discutevano in modo bizzarro delle più complesse tematiche storiche, sociali, politiche e religiose elargendo le loro “perle di saggezza” dentro i bar o nei saloni delle parrucchiere, dove tutto rimaneva racchiuso al termine delle loro “dotte” discussioni. Oggi, nel disastrato mondo capovolto nel quale viviamo, in una condizione di irreversibile decadenza ― fenomeno di cui parlo e scrivo ormai da due decenni ―, l’ignorante fornito di una cultura che non giunge neppure a livello medio-basso, afflitto da quelle forme di analfabetismo che può essere sia di ritorno sia digitale, sui social media può avere degli indici di ascolto e un seguito che i più qualificati esperti o divulgatori scientifici non possono neppure immaginare. Si pensi soltanto ai cosiddetti influencer, che come dice il nome stesso esercitano le influenze peggiori sui nostri giovani e adolescenti, inutile dettagliare a quali bassi e immorali livelli. 

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In questo confuso marasma troviamo anche un nutrito esercito di cattolici veri o presunti, lanciati nella spasmodica ricerca morbosa di cose che possano eccitare i loro pruriti, ma che niente hanno da spartire con le verità della fede rivelata. Al massimo, il loro è puro fideismo, quasi sempre sorretto da elementi magici, superstiziosi, esoterici, millenaristici, insomma: neopaganesimo decadente, che nulla ha da spartire con quella grande cultura pagana alla quale il Cristianesimo per primo è grande debitore, basti soltanto citare Socrate, Platone, Aristotele, a seguire i grandi pensatori, letterati e giuristi romani.

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All’analfabetismo di ritorno e all’analfabetismo digitale si unisce un’altra forma di analfabetismo, quello degli analfabeti nella dottrina della fede, l’arroganza dei quali è spesso superiore alla loro stessa ignoranza. Non sia mai che un prete o un teologo osi intervenire, peggio richiamare o porre in luce gli errori di certi analfabeti nella dottrina della fede. L’ho fatto più volte anch’io, generalmente con questi risultati: il dialogo inizia con un aggressivo «lei è un incompetente perché non sa che…», per terminare con un tassativo «si vergogni!», se non peggio con un lapidario «lei è una vergogna di prete!».

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I social media non vanno sottovalutati con spirito di superiorità e di snobismo clerical-chic, perché costituiscono un mondo nel quale orde di cattolici o presunti tali si crogiolano nelle apparizioni mariane più improbabili mai riconosciute dalla Chiesa, che spesso le ha pubblicamente sconfessate in modo deciso e inappellabile, tanto erano false, ma anzitutto devianti per la fede, soprattutto delle persone più semplici e fragili. Seguono mirabolanti rivelazioni sul vero Terzo Segreto di Fatima, a loro dire tenuto nascosto dalla Chiesa in maniera dolosa. Le “profezie” di Nostradamus, scritte in quartine così ambigue che chiunque può tirarne fuori a posteriori tutto quel che vuole. Il clamoroso falso delle “profezie sui papi” attribuite all’irlandese San Malachia vescovo di Armagh, vissuto nel XII secolo, largamente smentite dal dotto studioso gesuita Claude-François Ménestrier alla fine del XVII secolo[1] e già rimaneggiate à manipolate in precedenza nel XVI secolo. Molto stuzzicanti anche le “profezie” della Beata Anna Katharina Emmerick, dichiarate non autentiche dalla Congregazione per le cause dei Santi contestualmente alla sua beatificazione[2]. Anche se purtroppo ho constatato quanto sia inutile e infruttuoso spiegare a certi analfabeti nella dottrina della fede che beatificare un servo di Dio o canonizzare un beato non implica beatificare e canonizzare tutto ciò che ha detto, scritto o fatto, meno che mai riconoscere sue visioni mistiche o locuzioni interiori. Altrettanto inutile spiegare che le apparizioni e i messaggi mariani, inclusi anche quelli riconosciuti dalla Chiesa, non costituiscono dei pilastri del depositum fidei e non obbligano affatto i credenti a una adesione di fede. 

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Di fronte a questo e a quel che ne consegue di dannoso per la fede e la salute delle anime, risuona il terribile monito del Beato Apostolo Paolo:

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«Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole» (II Tm 4, 2-4).

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Sui social media le critiche rivolte ai preti e a tutte le più alte gerarchie ecclesiastiche spuntano come fiori di campo dopo la pioggia, di prassi sempre severe e impietose. In questo senso penso di essere l’ultima persona tacciabile di partigianeria, lo provano diversi miei libri ― che ovviamente vi invito a non leggere, quale immane spreco di tempo sarebbe! ― e numerosi articoli in cui pongo in luce i peggiori difetti del clero e delle nostre gerarchie ecclesiali, facendo analisi profonde, impietose e severe, mai fini a sé stesse, perché ogni analisi critica contiene sempre delle possibili soluzioni, assieme a tanta amarezza, ma soprattutto al mio inestinguibile amore verso la Chiesa, che è eterno come lo è il sacerdozio col quale sono stato segnato e ontologicamente trasformato con un carattere indelebile. 

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Col passare del tempo ho toccato con mano quanto i difetti e le manchevolezze del nostro clero costituiscano uno splendido pretesto per quell’esercito di cattolici, o sedicenti tali, che non intendono in alcun modo impegnarsi in un serio cammino di fede, che implica anzitutto essere formati e guidati, affidarsi a dei maestri e seguirli. Molto più facile andare in internet, digitare una frase di ricerca e mettersi poi a girare da un blog all’altro, dove dei clamorosi incompetenti presumono di parlare dei più complessi e delicati fondamenti della fede conditi in salsa sensazionalista, senza far mancare mai due elementi indispensabili a suscitare il necessario prurito: il catastrofismo e il complottismo.

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Siete forse assaliti dall’antico quesito: chi siamo, da dove veniamo, dove andremo? Desiderate sapere che cos’è il mistero della vita eterna, il giudizio immediato o particolare di Dio, la risurrezione dei morti e il giudizio universale? Non perdete tempo ad acquistare e leggere il mio libro Il cammino delle tre chiavi, dove in forma narrativa parlo dei Novissimi attraverso un romanzo distopico, tra l’altro costa 22 Euro, sarebbero solo soldi gettati via, in fondo si tratta dell’inutile opera di un prete e di un teologo che ha cercato di tradurre in letteratura i principali misteri della fede nella stagione della sua maturità umana, intellettuale e spirituale. Volete sapere che cos’è il mistero della vita? Basterà digitare una frase chiave su un motore di ricerca e poi abbeverarsi alle pagine più assurde nelle quali improbabili e perlopiù anonimi “teologi” internetici mescolano assieme miti, credenze pagane, leggende, teorie sulla reincarnazione, esperienze di pre-morte, pezzi estrapolati da qualche scritto dei Padri della Chiesa selvaggiamente manipolato, presentando infine dei pot-pourri che di cattolico e cristiano non hanno niente. E se un prete o un teologo osa spiegare che tutt’altri sono i fondamenti della fede cattolica, basterà rispondere come di prassi: «…ah, ma io ho letto che …». E se ci mettiamo a interloquire con queste persone su qualche social media, esercitando il nostro ministero di pastori in cura d’anime e di teologi, reazioni e risposte saranno quelle a cui ho già accennato: «Si vergogni!», sempre nell’ipotesi migliore, beninteso.

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A parere di numerosi cattolici che si proclamano devoti e praticanti, la colpa di tutto questo è imputabile unicamente ai preti che non predicano bene, che non fanno catechesi, che non sono disponibili, per seguire con tutta la sequela dei difetti del nostro clero, che mai il sottoscritto ha negato né intende negare, avendoli messi in luce senza esitazione.

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Proviamo a esaminare il bicchiere che come di prassi è sempre mezzo vuoto e mezzo pieno, a partire dalla crisi delle vocazioni, dalla progressiva riduzione del numero di sacerdoti e dalla loro età sempre più elevata in tutti i Paesi dell’Occidente. Se oggi, un sacerdote da solo, è costretto a occuparsi di quattro o cinque parrocchie disseminate in un territorio, distanti diversi chilometri l’una dall’altra, nelle quali fino a cinquant’anni fa c’erano in ciascuna un parroco, fino a settanta od ottanta anni fa anche il vice parroco, adempiuto al suo penoso ministero di “celebratore compulsivo” di Sante Messe in corsa da una chiesa all’altra, quanto tempo gli rimarrà per tutte le altre attività pastorali, incluse soprattutto le catechesi e la formazione dei fedeli, oltre alla cura della propria vita spirituale? Quanto, per studiare e prepararsi? La celebrazione eucaristica rappresenta il culmine di un percorso di vita che impegna il cristiano in molte azioni. L’esperienza di fede e la vita di fede non si riduce a una Santa Messa domenicale, che del percorso di vita cristiana è il massimo compimento. Dunque non sarebbe meglio lasciare aperta una sola chiesa parrocchiale in tutto quel circondario e chiudere le altre, se preti da inviare in ogni parrocchia disseminata di paese in paese non ce ne sono più? No, non si può fare, perché i fedeli si solleveranno all’istante — e di prassi anche in modo turbolento —, mettendo avanti il problema degli anziani che dovrebbero spostarsi in modo disagevole nella parrocchia distante quattro o cinque chilometri, cosa questa inaccettabile. Alle loro proteste uniscono quasi sempre richiami alla mancanza di carità cristiana, salvo non sapere neppure cosa sia per la fede cattolica questa fondamentale virtù teologale, che però costituisce un termine a effetto, specie se pronunciato da chi non ne conosce neppure il significato. A quel punto il vescovo, affatto intenzionato ad avere problemi con i fedeli che conoscono la parola “diritti” ma ignorano la parola “doveri” dei Christi fideles, chiama il povero prete e in modo amabile lo invita a sacrificarsi per il bene della salus animarum, ignorando ― si spera involontariamente ―, che non si tratta di fedeli, ma della specie peggiore di infedeli: quella degli egoisti prepotenti.

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Avuta la Santa Messa della domenica dietro l’angolo di casa e costretto un povero prete ridotto ormai sull’orlo dell’esaurimento a celebrare in tre parrocchie a partire alle 8.30 alle 12.30 del mattino e in altre due dalle 17 alle 19, ecco che d’incanto vediamo gli stessi “poveri anziani” ― ai quali è impossibile percorrere quattro o cinque chilometri per raggiungere di domenica la chiesa più vicina ―, salire in macchina nel primo pomeriggio e percorrere 40 o 50 chilometri per recarsi presso un grande centro commerciale nel capoluogo di provincia. Però devono avere la chiesa sotto casa, perché in quel caso sono anziani ai quali sarebbe peccato mortalissimo mancare di non meglio precisata carità, mentre se devono percorrere una distanza dieci volte maggiore in direzione del grande centro commerciale, in quel caso diventano d’improvviso dei giovincelli, preferendo molto di più gli sconti promozionali, o il prendi tre paghi due, a tutti i principi fondamentali della carità cristiana, che andrebbe esercitata anche verso i preti.

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La teoria che le colpe sono tutte dei preti, mentre i fedeli che costituiscono le membra del Popolo di Dio sono creature innocenti martoriate da pastori inadeguati, è destinata a essere presa sul serio solo da quei vescovi che per non avere problemi con le proteste dei pretenziosi e degli egoisti preferiscono sacrificare la salute fisica e la spiritualità dei loro preti, non esitando a ridurli a celebratori seriali di Messe in corsa da una chiesa parrocchiale all’altra di tutti i paeselli del circondario.

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Un compito affatto secondario dei vescovi sarebbe anche di ricordare ai loro sudditi[3] che se le famiglie cristiane, o il poco che ne resta, non sono più in grado di favorire la nascita, l’accoglienza e lo stimolo di nuove vocazioni al sacerdozio, nessuno può lamentarsi che la Chiesa non “fabbrica” più preti, anche perché i preti non si fabbricano, il primo nucleo nel quale si accoglie e si coltiva una vocazione è la famiglia cristiana. Ma siccome, come dicevamo poc’anzi, i vescovi di nuova generazione sono ben lieti di accogliere tutti gli onori dell’episcopato, non però i gravosi oneri che esso comporta, preferiscono spremere come limoni sullo spremi-agrumi i loro preti sempre più ridotti in numero, sempre più in età elevata, sempre più esauriti, spesso frustrati e demotivati, circondati da sedicenti fedeli egoisti, pigri, pettegoli e litigiosi, dei quali decidono però di compiacere vezzi e capricci, evitando così di avere problemi da risolvere e decisioni impopolari da prendere, tipo la soppressione di parrocchie che non possono più avere un parroco, cosa che la gran parte dei vescovi si guarda bene dal fare.

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Lamentare che la Chiesa e i preti non diffondono la sana dottrina è falso e ingeneroso. Numerose sono le istituzioni religiose che si sono premurate di allestire in internet degli ottimi siti per mettere a disposizione il testo del Catechismo della Chiesa Cattolica e i documenti del Magistero della Chiesa, i testi dell’Antico Testamento, dei Santi Vangeli e delle Lettere Apostoliche con commenti e spiegazioni. Esistono numerosi siti che raccolgono le omelie domenicali, video nei quali vescovi, parroci e teologi impegnati nelle attività pastorali e nella diffusione della dottrina cattolica tengono lezioni e conferenze, molti vescovi pubblicano ogni settimana un commento con accurate spiegazioni al Santo Vangelo (solo alcuni esempi: QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, etc …). Il nostro redattore e teologo cappuccino Ivano Liguori ha donato ai nostri Lettori una serie di catechesi sul Sacramento della Penitenza raccolte nella rubrica Colazione di Catechismo con il Cappuccino, che abbiamo pubblicato in video sulla nostra Isola di Patmos. Quale diffusione hanno avuto? Sono state molto apprezzate da un numero di cattolici “di nicchia” interessati ad approfondire veramente la conoscenza della fede e dei Sacramenti.

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Lo sappiamo bene noi confessori quando certe persone vengono a confessarsi, spesso senza sapere neppure perché, come si confessano o come non si confessano. Più volte, dopo avere ascoltato penitenti che per dieci minuti hanno fatto chiacchiere senza senso, con tutta l’amabilità del caso ho ricordato che questo prezioso Sacramento serve per assolvere dai peccati e tornare nella comunione della grazia di Dio, non a caso la formula recita: «Ego te absolvo a peccatis tuis …». Questo prezioso Sacramento non serve ad assolvere da quattro chiacchiere, di cui Dio per primo non sa che farsene. Anche in questo caso domandiamoci: se un uomo che ha lasciato la moglie, che si è sposato in seguito civilmente, poi ha lasciato anche la seconda moglie, per andare a convivere con una ragazza molto più giovane di lui, che conduce da sempre una vita che costituisce in sé e di per sé negazione dei basilari valori di vita cristiana, venendosi a confessare solo perché deve fare da padrino o da testimone a un cresimando o a un matrimonio ― cosa che peraltro non dovrebbe e non potrebbe fare ―, è mai possibile ti venga a raccontare: «beh, io non ammazzo, non rubo, non faccio del male a nessuno … forse qualche volta mi arrabbio, a volte capita che dica qualche piccola bugia …». Domanda: è mai possibile? E se questo avviene, siamo certi che la colpa è dei preti che a dire di alcuni non si dedicherebbero al prezioso ministero di confessori? L’esercito di cattolici domenicali che ricevono la Santissima Eucaristia pur avendo le coscienze gravate da peccati mortali e che si guardano bene dal confessarsi, forse convinti che a commettere peccati siano solo i preti, costituiscono per caso anch’essi una nostra grave colpa? Siamo noi preti colpevoli del fatto che un numero molto elevato di fedeli non hanno più neppure il senso del bene e del male? È colpa di noi preti se ci ritroviamo con fedeli o presunti tali pronti a ricoprirci di pesanti contumelie sui social media se osiamo ricordare che l’aborto è un grave delitto, che l’eutanasia non è affatto un gesto di amore verso un malato terminale, che due uomini o due donne non possono sposarsi, meno che mai adottare dei “bimbi giocattolo”, perché lungi dall’essere amore, questo è piuttosto l’abominio della desolazione? Anche questa è colpa dei preti che non svolgono bene il loro ministero? O più semplicemente si tratta invece soltanto di sedicenti cattolici che ci aggrediscono per avere ricordato loro l’ovvio: che il male non può essere chiamato bene, meno che mai amore?

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Se è vera la teoria che in internet parlano i numeri che costituiscono un preciso termometro della realtà, il panorama che si apre dinanzi ai nostri occhi è desolante, per l’esattezza questo: un video caricato su YouTube da un anonimo senza volto e nome che parla delle “profezie” di Nostradamus finalmente interpretate, a distanza di un mese dalla sua pubblicazione ha registrato 545.321 visualizzazioni. Lo stesso giorno, un vescovo italiano, già eccellente specialista in ecclesiologia, docente, formatore di sacerdoti e di laici, parroco dedito per anni alla catechesi degli adulti, pubblica una esegesi catechetica sulla risurrezione dei morti prendendo a riferimento il Santo Vangelo di quella domenica dell’anno liturgico, a distanza di un mese dalla sua pubblicazione ha registrato 223 visualizzazioni. Ma ecco presto servito l’ennesimo anonimo con lacune abnormi sui fondamenti della fede cattolica che su YouTube pubblica un video che preannuncia sin dal titolo lo svelamento del vero Terzo Segreto di Fatima tenuto nascosto dalla Chiesa, a distanza di un mese dalla sua pubblicazione ha registrato 361.222 visualizzazioni. Lo stesso giorno, un dotto teologo domenicano specialista in mariologia, pubblica una catechesi di 30 minuti per spiegare il significato e il senso profondo delle apparizioni mariane di Lourdes e di Fatima, a distanza di un mese dalla sua pubblicazione ha registrato 644 visualizzazioni.

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La Chiesa ha compreso sin dall’avvento dell’era digitale l’importanza dei social media e dei mezzi di comunicazione offerti da internet, ne ha colta l’opportunità e si è premurata di mettere a disposizione tutti quei materiali che una volta i fedeli cattolici avrebbero potuto reperire nelle librerie o nelle biblioteche, mentre coloro che avessero voluto sentire le esegesi di un bravo specialista si sarebbero dovuti recare chissà dove per ascoltare una sua conferenza. Oggi possono andare in rete e trovare tutti questi materiali. Ma i numeri, come ho appena spiegato, parlano chiaro, soprattutto parlano di altro.

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Se a parlare in internet sono i numeri, la domanda è di rigore: tutto questo, a che cosa è servito? Forse a creare sui social media una piazza dove si solleva il perenne lamento verso la Chiesa e i preti, per opera di coloro che si mettono al seguito del novello Frate Cipolla di boccaccesca memoria che esibisce ai gonzi le sue improbabili e assurde reliquie, mentre le catechesi organizzate nelle parrocchie sono disertate, i nostri libri rimangono invenduti e le nostre catechesi e conferenze inascoltate? Questo disinteresse verso la dottrina della fede, è forse tutta colpa dei preti?

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Internet è servito a dare voce a un esercito di pseudo cattolici sempre pronti al pubblico e severo lamento verso la Chiesa che «non evangelizza più» e verso «i preti che non fanno più i preti, che non fanno catechesi e che non istruiscono i fedeli». Chiariamo: pur conoscendo a fondo i gravi difetti della Chiesa visibile e le manchevolezze dei miei confratelli, i numeri raccontano però il contrario. Se i fedeli vogliono approfondire i temi legati ai fondamenti della fede, o sapere qualche cosa sul mistero della vita, della morte, della vita eterna, della risurrezione dei morti … non vanno affatto ad aprire le numerose pagine in cui la difettosa Chiesa visibile ha messo a disposizione il Catechismo e la guida commentata alla sua lettura, vanno ad abbeverarsi a blog e video dove dei perfetti incompetenti parlano delle esperienze pre-morte stuzzicando la curiosità morbosa della gente. Non si mettono a studiare i Novissimi, vanno ad attingere ai video pruriginosi sulle profezie di Nostradamus. Non approfondiscono la mariologia né la cattolica e sana devozione alla Vergine Maria, si tuffano come delfini nell’oceano delle sciocchezze di soggetti che ignorano i fondamenti della fede e che li stuzzicano con fandonie da perfetti ciarlatani sui veri Segreti di Fatima non rivelati. D’altronde si sa, per certa gente la Santa Chiesa non è madre è maestra ma mentitrice, una via di mezzo tra una setta segreta di potenti e una associazione a delinquere che la verità non la annuncia né la custodisce, tutt’altro: la nasconde e la deturpa (!?).

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Sorvolo su un altro virulento morbo che si è andato sviluppando dopo che l’11 febbraio 2013 il Sommo Pontefice Benedetto XVI fece libero e legittimo atto di rinuncia al sacro soglio. Oltre agli immancabili complottisti si sono scatenati oscuri personaggi, mossi da rara violenza e aggressività verbale, che hanno dichiarata invalida la rinuncia perché a loro dire avvenuta sotto costrizione, rendendo così invalida l’elezione del Successore, definito da diversi capi cordata di certe teorie demenziali come «antipapa usurpatore, eretico ed apostata» nonché «emissario dell’anticristo». Queste persone supportano le proprie teorie strampalate su una mancanza di conoscenza della storia della Chiesa che ha in sé dell’inquietante, citano la Costituzione apostolica Universi Dominici Gregis che regola l’elezione del Romano Pontefice, ma che purtroppo non hanno mai letta, n’è prova che citano a sproposito un articolo dopo averlo frainteso e ignorando del tutto che nei tre successivi articoli le loro affermazioni sono totalmente smentite. Fanno richiami assurdi al Codice di Diritto Canonico, ma ignorano come il diritto della Chiesa nasce, si sviluppa, si interpreta e si applica. Un vero e proprio soffritto di verdure affogato infine con la salsa di profezie e apparizioni mariane, a loro volta stravolte e manipolate. Cos’altro dire e aggiungere, se non … che pena! Però è la Chiesa visibile a non essere all’altezza di fedeli così assetati di verità, a essere popolata di preti non all’altezza delle necessità di cattolici così esigenti e bramosi di esercitare le più alte e sante virtù della vita cristiana.

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La triste realtà ― volendo ridicola, se il tutto non costituisse il disastro della fede e soprattutto delle anime ―, è che se un cattolico o sedicente tale ha dubbi, si guarda bene dal consultare tutti i materiali e le fonti messe a disposizione della Chiesa Cattolica sui social media, ma si fionda su Facebook, su Twitter o su Instagram, che come risaputo sono notori centri di catechesi e di dottrina. Purtroppo c’è poco da stupirsi: se tramite i social media molti sono giunti alla medicina fai-da-te o alle scienze esatte fai-da-te, poteva forse mancare la fede fai-da-te?

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Il diffuso lamento sulla Chiesa che non evangelizza più o dei preti pigri che non ascoltano e che non fanno catechesi, senza nulla togliere alle manchevolezze della Chiesa visibile e a quelle dei preti, è solo una falsa giustificazione. Molti sono i parroci, anche di grandi parrocchie, che dopo la Santa Messa domenicale rimangono per i restanti sei giorni senza vedere più un parrocchiano, con la loro anziana madre vedova e il sacrestano che partecipano alle liturgie feriali costituendo l’unica assemblea dei fedeli. Pur avendo provato a organizzare incontri di catechesi per adulti e varie attività per i giovani. Ovviamente, se il tutto si è risolto con un insuccesso, ciò non è dovuto all’indifferenza dei fedeli, la colpa è tutta del prete, semmai anche del vescovo che lo ha messo in quella parrocchia. Poi, quando alcuni di questi fedeli o pseudo tali si presentano perché hanno bisogno del prete, vuoi per un nulla osta, vuoi per un certificato, alla minima obiezione che viene loro sollevata la risposta sarà: «… ma su internet ho letto che …».

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Siamo proprio sicuri che siano i preti a essere divenuti latitanti che omettono di insegnare i fondamenti della fede e della dottrina cattolica? Perché i numeri dicono altro, soprattutto lo dicono le conseguenze prodotte dai numeri stessi.

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Animato da questa consapevolezza ho deciso di dare alle stampe dopo l’estate una nuova opera dove spiegherò il nostro Credo o Professione di Fede, il cui vero nome è Simbolo di Fede Niceno-Costantinopolitano, perché frutto di due grandi concili dogmatici della Chiesa e di una storia antica, complessa e anche affascinante, quantunque consapevole che non potrò mai suscitare il fascino di quella o quell’altra madonna farlocca che deposita segreti tremebondi a un gruppo di ciarlatani che da quarant’anni stuzzicano il prurito dei beoti annunciando «ormai siamo vicini … siamo vicini …». Il tutto anche per bocca ― ahimè! ― del direttore di Radio Maria, lasciato libero di parlare dai nostri omissivi vescovi che hanno dolosamente tollerato certe forme di mariolatria che a volte sono peggiori di una bestemmia contro la Beata Vergine proferita da un ubriaco dentro una taverna …

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Se volete, questa mia, potete chiamarla “santa frustrazione sacerdotale”. Amministrando le confessioni a numerosi confratelli sacerdoti di cui da anni sono confessore, spesso mi sono ritrovato a dover rispondere a questo drammatico quesito: «A chi ho donato la mia vita, se giorno dietro giorno sono costretto a prendere atto che tutte le iniziative mirate alla evangelizzazione dei fedeli finiscono in clamorosi fallimenti?». Quesito davvero drammatico al quale ho risposto: «La tua vita l’hai donata a Cristo Dio che nell’Orto degli Ulivi sudò sangue (cfr. Lc 22,39-44), a Cristo Dio dinanzi al quale la folla scelse Barabba (cfr. Mt 27, 15-26), a Cristo Dio abbandonato dai discepoli che si dettero alla fuga (cfr. Mc 14, 50-52), a Cristo Dio rinnegato per tre volte da Pietro (cfr. Lc 22, 54-62). Ma soprattutto a Cristo Dio morto in croce, dinanzi al quale il vescovo che ci consacrò presbiteri ci rivolse il solenne monito: “Renditi conto di ciò che farai, imita ciò che celebrerai, conforma la tua vita al mistero della croce di Cristo Signore”[4]».

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Sono pienamente consapevole che perderò un’estate intera a scrivere un nuovo libro che venderà poche copie e che sarà letto da poche persone, le stesse che poi ritroveremo a sbraitare sui social media contro la Chiesa che non evangelizza e i preti che non fanno il loro dovere di maestri e pastori in cura d’anime, oppure a rivolgere domande sulle pagine Facebook nelle quali senza pena di ridicolo ti chiedono di spiegare con una battuta di tre righe il mistero dell’incarnazione del Verbo di Dio, per poi replicare dopo pochi secondi: «… ma io non sono d’accordo, perché secondo me … perché ho letto che …». Un libro che forse servirà principalmente a me, per poter dire a Dio, il giorno che mi troverò a faccia a faccia con Lui, che ho cercato di adempiere in tutti i modi la missione che Cristo mi ha affidato chiamandomi a essere suo sacerdote, anche se, come ben si sa «… ma su internet ho letto che …».

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Cos’altro aggiungere in conclusione, casomai potremmo modificare e scrivere di nuovo la parte finale della nostra professione di fede: “Credo nei social media e nella vita del mondo che verrà”. E semmai, anziché Simbolo di Fede Niceno-Costantinopolitano, potremmo ribattezzarlo Simbolo di fede del cattolico analfabeta, che irride il sapere e che ha dato vita alla fede del «… secondo me, io penso che …». E tutto questo, che sia molto chiaro: non è affatto colpa dei preti.  

dall’Isola di Patmos, 6 giugno 2022

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Note

[1] Cfr. Refutation des prophéties faussement attribuées a St. Malachie sur les elections des Papes, edita da Cristiano Wagnero, Lipsia nel 1691.

[2] Cardinale Jose Saraiva Martins, Prefetto della Congregazione delle cause dei Santi: «[…] le opere in discussione non possono considerarsi né scritte né dettate dalla Emmerick e neppure autentiche trascrizioni delle sue affermazioni e delle sue narrazioni, ma un’opera letteraria di Clemens Brentano e con tali ampliamenti e manipolazioni che è impossibile stabilire quale sia il nucleo vero e proprio da potersi attribuire alla beata. Ne consegue che gli scritti in questione non sono lo specchio verace del pensiero e delle esperienze mistiche della monaca agostiniana. Le singole affermazioni, sia quelle che esprimono una sana religiosità, sia quelle che presentano stranezze e sentimenti antisemiti, sono scaturite dalla creatività e dalla fantasia artistica del Brentano». L’Osservatore Romano, edizione del 7 ottobre 2004.

[3] Nel nuovo lessico pastorale si è lasciato cadere in disuso questo termine, che ha invece un profondo significato sul piano sacramentale ed ecclesiale, posto che “suddito” significa “sottomesso all’autorità apostolica del vescovo”, tali sono i presbiteri suoi collaboratori e tali sono i fedeli della Chiesa particolare a lui affidata e nella quale svolge funzione di pontefice in sua veste di membro del Collegio degli Apostoli.

[4 Dal sacro rito di ordinazione presbiterale.

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5 commenti
  1. Mario Voltaggio
    Mario Voltaggio dice:

    Una riflessione sull’apostolato “digitale”.
    Non credo che scrivere o parlare utilizzando internet per cercare di adempiere al mandato di Cristo fatto ad ogni discepolo di predicare il Vangelo ad ogni creatura sotto il cielo sia dissimile dallo scrivere su carta o dal parlare in presenza.Forse si potrebbe approfondire se sia più conforme a questo mandato lo scrivere o il parlare dal momento che Cristo no ha lasciato nulla di scritto ma ha preferito parlare e ha comandato di predicare. O forse lo scrivere è solo una forma del parlare e la distinzione non sussiste.Tuttavia bisogna cogliere un aspetto del mondo di internet che a volte potrebbe sfuggire. Quelli che scrivono su internet intorno alla fede non corrispondono numericamente a quelli che leggono internet su contenuti di fede, anzi sono una minoranza. È forse poco realistico estrarre da internet un campione rappresentativo di quello che sono i cattolici in base ai cattolici che sono attivi in internet.

  2. orenzo
    orenzo dice:

    Io credo fermamente che il Figlio Gesù Cristo “Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo.”
    Credo inoltre che lo Spirito Santo abbia “operato” nel “seno” della Sempevergine Maria senza alcun apporto esterno.
    Sono pertanto razionalmente portato a pensare che, prima della “opera dello Spirito Santo”, c’era l’ovulo della Semprevergine Maria, dopo la “opera dello Spirito Santo” c’era lo zigote di Gesù Cristo e che il suo DNA fosse diverso da quello della sua Semprevergine Madre.

  3. Stefano Delle Chiaie
    Stefano Delle Chiaie dice:

    Proprio non mi riesce di trovare un senso compiuto in questo voler cercare per forza un colpevole della situazione tratteggiata nell’articolo. Ricordo solo che “il regno dei cieli è simile a un uomo che seminò il buon seme nel suo campo, ma, mentre tutti dormivano, il suo nemico sparse la zizzania in mezzo al grano”. Però, anche a volersi cimentare a tutti i costi in questo esercizio di colpevolizzazione, mi sembra del tutto improprio che, per difesa d’ufficio della categoria, si proceda subito verso il basso per tirare la croce addosso ai fedeli, ancorché “cosiddetti”; semmai, dovendo proprio farlo, sarebbe più giusto trovare chi è che “dormiva” mentre il nemico agiva nelle tenebre. Se infatti la colpa di tutto questo non è dei preti, allora deve essere dei Vescovi e dei loro Seminari; se poi non è nemmeno dei Vescovi, il passaggio logico-deduttivo seguente è breve, anzi, brevissimo. Ma questo è proprio il gioco al massacro a cui ci vuole spingere il nemico. E mi sorprende che la caccia all’untore nella Chiesa parta proprio dal livello da cui ci si aspetterebbe invece uno sforzo maggiore per placare gli animi.

    • Padre Ariel
      Padre Ariel dice:

      Lei dovrebbe semplicemente rivolgere a se stesso questa domanda e poi rispondersi da solo: le vocazioni al sacerdozio, nascono o no all’interno delle famiglie cristiane?
      O forse lei pensa che attraverso chissà quali processi di clonazione i preti siano creati in laboratorio dai vescovi all’interno delle diocesi?
      Si domandi come mai sono sempre più rare le famiglie cristiane all’interno delle quali si sviluppano vocazioni al sacerdozio.
      Fatto questo avrà trovato i colpevoli.

  4. chiamatelaneuro
    chiamatelaneuro dice:

    Concordo con il contenuto dell’articolo, un po’ meno con il tono, non perché non comprenda che è dovuto alla suddetta “Santa Frustrazione” ma perché è dimostrato che più la gente si sente trattata da stupida e più se ne va, al contrario bisognerebbe cercare di comprendere il motivo per cui la gente è diventata così refrattaria. I video di Nostradamus funzionano perché la gente si sente intelligente a guardarli, sono alla loro portata intellettuale (ricordiamoci che i preti sono pur sempre persone mediamente più istruite rispetto alla popolazione) e spesso li fanno sentite “gli unici che hanno capito tutto”. Contrariamente i video ecclesiastici richiedono l’umiltà di mettersi ad ascoltare davvero e un po’ di “scafatura” per capire se quel prete è abbastanza ortodosso o più “creativo” nella dottrina. Cosa che non è facile. Forse bisognerebbe spingere di più sulla virtù dell’umiltà, utile non solo per la spiritualità ma anche per la salute… in una società sempre più egoista e narcisista. Per il resto, le parrocchie che ho visto funzionare meglio (finora) sono quelle dove il sacerdote spendeva molto tempo e infatti il fatto di averne 4 o 5 difficilmente funzionerà… anche perché funzionavano perché oltre alle catechesi e agli eventi il sacerdote stava in mezzo alla gente anche soltanto per prendere una birra. Insomma era (quasi! 🤣) un uomo normale. Saluti e grazie per lo spunto di riflessione.

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