«Il gioco del lotto è la tassa dei fessi». Stiamo legalizzando tutto: aborto, eutanasia, droga, prostituzione, gioco d’azzardo … perché non legalizzare anche il femminicidio?

«IL GIOCO DEL LOTTO È LA TASSA DEI FESSI». STIAMO LEGALIZZANDO TUTTO: ABORTO, EUTANASIA, DROGA, PROSTITUZIONE, GIOCO D’AZZARDO … PERCHÉ NON LEGALIZZARE ANCHE IL FEMMINICIDIO?

 

Vi pare giusto che un fuori di testa che ammazza una donna debba finire in galera come una volta ci finivano donne e ginecologi che ammazzavano i bambini con l’aborto illegale? Se in galera non ci finisce una madre che uccide il proprio figlio e un ginecologo che come un killer esegue l’assassinio, perché deve finirci un uomo che uccide una donna? Al massimo affidiamolo a una istituzione benefica e facciamogli svolgere qualche lavoretto socialmente utile.

— Attualità —

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Emma Bonino promotrice di varie campagne contro gli obbiettori di coscienza

Nel suo cabaret yiddish il Maestro Moni Ovadia ironizza sulla macchietta di un vecchio ebreo tirchio che pregava con insistenza il Signore di farlo vincere alla lotteria. Dopo assillanti preghiere risuona sul cielo di quello shtetl una voce scocciata: «Shlomo, io ti faccio anche vincere, ma tu spendi due soldi e acquista perlomeno un biglietto!».

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Molti anni fa, quand’ero studente universitario, il montepremi della vecchia lotteria di capodanno era giunto a cinque miliardi delle vecchie lire. Tutti i miei compagni avevano acquistato almeno un biglietto, ad eccezione mia. Un’amica mi domandò perché non ne avessi acquistato uno per il costo di poche lire, meno di quanto costasse un pacchetto di sigarette. Risposi: «Le possibilità di vincita sono talmente remote che se proprio dovessi vincere sarò a tal punto fortunato da trovare il biglietto vincente a terra mentre cammino per strada».

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Il gioco d’azzardo ha sempre costituito un grande giro d’affari per la malavita, in particolare per le associazioni mafiose presenti nel nostro Paese: la Camorra, la ‘ndragheta e Cosa Nostra. Il 27 giugno 1998 entra in vigore la legge che rende legale il gioco d’azzardo nel nostro Paese, regolato e gestito dai Monopoli dello Stato. Negli anni a seguire il Legislatore è intervenuto con altre leggi: nel 2005 promulga la legge n. 266 che definisce il ruolo dell’Azienda Autonoma dei Monopoli di Stato che si occupa dei giochi che prevedono vincite in denaro e del contrasto della giungla di siti illegali privi di autorizzazione statale per operare in Italia, in particolare quelli del video-poker online, con domiciliazione in un paradiso fiscale e il server provider in qualche sperduto Paese asiatico svincolati da tutte le regole dei vari Stati nazionali. Tra il 2009 e il 2011 il Legislatore si occupa della tutela dei minori di 18 anni, ai quali è vietato giocare d’azzardo ai sensi delle leggi 88/2009 e 98/2011. Queste leggi hanno aumentato le pene nei confronti di coloro che non rispettano le necessarie misure sui divieti imposti per i minorenni, in particolare per i siti internet e i centri di gioco e scommesse. Nel 2012 un decreto legge che prende nome da Renato Balduzzi, all’epoca ministro della salute, si è occupato della dipendenza dal gioco d’azzardo, nota come ludopatia, un disturbo che rientra nella delicata sfera delle competenze psichiatriche.

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Due sono le correnti di pensiero: le persone favorevoli al gioco d’azzardo legale sostengono che vietandolo sarebbe favorita la diffusione di siti non autorizzati e delle sale da gioco clandestine gestite perlopiù dalla criminalità organizzata. I contrari sostengono che la piaga della dipendenza, la ludopatia, può portare alla rovina interi nuclei familiari, al tutto vanno aggiunte le spese non indifferenti a carico del Servizio Sanitario Nazionale per la cura dei giocatori compulsivi.

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È ormai pensiero diffuso che per evitare un male bisogna ricorrere al male dicendo che il male è bene. Chiariamo: la «grande italiana» Senatore Emma Bonino, secondo la infelice definizione pontificia oltre a chiamare l’aborto «grande conquista sociale» e a lamentare al Parlamento Europeo e alla Corte Internazionale di Giustizia la eccessiva presenza di medici obiettori di coscienza nel nostro Paese ― cosa questa che la rende, appunto, una “grande italiana” degna come tale di encomio pontificio ―, sostiene tutt’oggi che l’aborto legalizzato ha debellato quello clandestino, ponendo fine alla piaga delle poverelle che morivano una tantum di setticemia sotto i ferri delle mammane, mentre le ricche andavano nelle cliniche svizzere ad abortire in tutta sicurezza. Perché non applicare la stessa identica logica e affermare che andrebbe legalizzato il femminicidio, o perlomeno depenalizzarlo? Vi pare giusto che un fuori di testa che ammazza una donna debba finire in galera come una volta ci finivano donne e ginecologi che ammazzavano i bambini con l’aborto illegale? Se in galera non ci finisce una madre che uccide il proprio figlio e un ginecologo che come un killer esegue l’assassinio su richiesta, perché deve finirci un uomo che uccide una donna? Al massimo affidiamolo a una istituzione benefica e facciamogli svolgere qualche lavoretto socialmente utile.

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La iperbole è evidente, solo dei ciechi emotivi e degli analfabeti digitali possono non coglierne il senso del tutto provocatorio, paradossale e non ultimo pure grottesco, fraintendendo il chiaro senso e infine accusandomi di avere istigato al femminicidio. E vi posso garantire che non mancheranno questo genere di webeti che leggono solo il titolo e forse il sottotitolo. Non solo perché i webeti non muoiono mai, ma perché se gli fosse anche sparato un colpo di pistola sulla fronte, potete stare certi che il proiettile rimbalzerebbe per andare a uccidere un povero innocente che passava per la strada.

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Questa è però la logica con la quale da decenni, a partire dalla legge sulla legalizzazione dell’aborto, gli italiani sono stati drogati da quel partitino mefistofelico noto come Partito Radicale, la cui logica emotiva è nota: perché costringere una poverella a rischiare la vita sotto i ferri di una mammana, mentre le ricche signore vanno ad abortire in Svizzera? Sì, ma i membri del partitino mefistofelico, in testa a tutti Marco Pannella ed Emma Bonino grande italiana pontificia, non hanno mai risposto a un quesito fondamentale: e chi sarebbe che costringe sia la poverella che la ricca signora a uccidere un essere umano innocente? È forse moralmente lecito, nonché obbligatorio, uccidere le creature innocenti e indifese?  

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Fatto passare questo pensiero ne seguiranno di conseguenza altri. Si sa per esempio che uno dei mestieri più antichi del mondo è la prostituzione. Considerando che non può essere debellata, in tal caso legalizziamola. Altrettanto vale per il consumo delle droghe leggere o pesanti. Una volta legalizzate prostituzione e droga, non avremmo forse tolto alle varie mafie e associazioni criminali un grande giro di affari, sempre secondo il principio dell’aborto legale che avrebbe sconfitto quello clandestino? In fondo è semplice a farsi, basta che lo Stato ― già divenuto ormai infanticida con la legge n. 194 del 1978 ― diventi anche sterminatore di malati terminali, pappone di prostitute, spacciatore di droga e via dicendo a seguire. Altrimenti che genere di Stato civile, che genere di Stato di diritto sarebbe il nostro, qualora negasse il “diritto” a suicidarsi, prostituirsi, drogarsi? In tal modo il male cesserà di essere tale e sarà legalizzato divenendo lecito. Anzi, alle mignotte imporremo l’obbligo di regolare licenza commerciale, daremo loro una partita Iva con aliquota al 22%, l’obbligo di emettere ricevute fiscali cliente dietro cliente e di presentare infine la denuncia dei redditi annuale. Già me le immagino le ricevute delle mignotte con il dettaglio delle prestazioni e relativi prezzi varianti dai rapporti anali sino a quelli sadomaso. Volendo posso immaginare anche la faccia del commercialista, sia della mignotta che del cliente, al quale queste ricevute saranno presentate per la dichiarazione fiscale annuale e da inserire sotto chissà quale voce di deducibilità per il cliente.

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Sarà quindi bene darsi una mossa, in questa italica società cattofobica semi-schiava del Vaticano e per questo lontana dal giungere ai livelli di grande civiltà dei Paesi scandinavi, che da alcuni decenni si disputano col Giappone il felice primato mondiale dei suicidi e del più alto tasso di affetti da sindromi depressive acute.

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Mentre si pensa di ovviare certi problemi con le legalizzazioni, pochi pensano a sostituire il danaro contante con la moneta elettronica, che potrebbe sì portare beneficio fungendo da grande deterrente in un Paese nel quale i dati dell’Istat del 2018 parlano di 110 miliardi di evasione fiscale all’anno, di una economia sommersa pari a 192 miliardi e di attività illegali pari a 19 miliardi. Ovviamente, quello sulle attività illegali è un dato molto approssimativo, perché il giro di affari della criminalità è di parecchio superiore. Con la moneta elettronica che comporta la tracciabilità, come farebbe un puttaniere a pagare una mignotta? Presto detto: o la signora si dota di un improbabile meccanismo per strisciare carte di credito e bancomat tra i seni o tra le natiche, oppure il pagamento sarebbe a dir poco arduo. Altrettanto difficile per un imprenditore delinquente pagare in nero dei lavoratori privi di contribuzioni e coperture assicurative, in un Paese come il nostro dove si registrano di media 3 morti al giorno sul lavoro, secondo i dati statistici del 2019. Altrettanto varrebbe per l’elevato numero di artigiani che nel Meridione d’Italia in modo particolare svolgono attività di muratori, idraulici, elettricisti, antennisti, tecnici informatici … senza risultare in alcun dove come ditte individuali o lavoratori autonomi. E non sono pochi quelli che attualmente stanno pure beneficiando del reddito grillino di cittadinanza, pur mettendosi in tasca alcune migliaia di euro al mese in nero totale senza pagare neppure l’ombra di una tassa o di un contributo. Con la moneta elettronica tracciabile, in che modo il cittadino li potrebbe pagare? Cosa che vale per l’idraulico come per il libero professionista dalle parcelle salate che sorridente domanda al cliente: «Con o senza fattura?».

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Fatta la legge trovato l’inganno, recita uno dei più noti modi di dire del nostro patrio suol italico. Cosa indubbiamente vera, nella quale noi italiani siamo maestri da sempre. Ci sono però dei limiti anche alla maestria più geniale e fantasiosa: è infatti vero che l’estro truffaldino della macchietta napoletana impersonata da Totò, può anche riuscire a vendere persino la Fontana di Trevi a un turista italo-americano, però neppure il più estroso degli imbroglioni può riuscire a raggirare certe leggi anti-truffa, perché sarebbe come pretendere di riuscire a sfidare le leggi naturali della fisica. Ne sono prova ― per fare un esempio ― gli attuali test per la patente di guida o quelli per l’ammissione alla facoltà di medicina e chirurgia, impossibili da manipolare, perché centralizzati e blindati da un sistema elettronico impenetrabile che rende impossibile poter individuare la persona da favorire per opera del padrino di turno.

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Con la moneta elettronica tracciabile, in che modo uno spacciatore di droga o un ricettatore di merci rubate potrebbe darsi al commercio criminale? Qualcuno pensa che potrebbe rivolgersi all’amico macellaio o al tabaccaio compiacente per farsi strisciare delle transazioni inesistenti con bancomat o carta di credito? E se anche lo facesse, in che modo, il macellaio o l’amico tabaccaio potrebbero dargli poi in cambio moneta contante, stile raggiri sul reddito di cittadinanza, se la carta moneta non c’è e tutto procede unicamente per circuiti elettronici tracciabili?

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Siamo stati capaci a legalizzare l’aborto, siamo in procinto di legalizzare l’eutanasia, abbiamo reso il gioco d’azzardo Monopolio di Stato e non siamo capaci a stroncare evasione fiscale, prostituzione, spacci di droga e giri criminali di vario genere perché a dire di alcuni la moneta elettronica sarebbe una lesione delle libertà individuali e un controllo esercitato sui cittadini molto peggiore di quello del Grande Fratello di George Orwell? Ma siamo veramente una società di schizofrenici borderline!

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Un soggetto contrario alla moneta elettronica mi disse in tono stupidamente provocatorio: «E voi preti, come fareste a prendere le offerte per le chiese, per le attività caritative, per la celebrazione delle Sante Messe e via dicendo?». Risposi: «Semplice, con la moneta elettronica. Anzi, sarebbe più comoda e pratica degli spiccioli che quei grandi pidocchi di molti fedeli mettono nel cesto delle offerte, obbligandoci a dover cambiare in pochi pezzi di carta qualche chilo di monetine da 5, 10, 20 centesimi». E seguitai spiegando che per noi preti, membri di una aggregazione religiosa riconosciuta dallo Stato come istituzione di diritto pubblico, la moneta elettronica, per le offerte e altro, non sarebbe affatto un problema, piuttosto una grande e pratica comodità. Un problema lo sarebbe semmai per i Casamonica che nella Capitale d’Italia gestiscono anche il giro dell’accattonaggio. O qualcuno riesce a immaginare una petulante zingara ― o se preferiamo il linguaggio politicamente corretto una rom ― che scoccia i passanti chiedendo soldi con il pos a portata di mano per le transazioni con bancomat e carta di credito? Nelle nostre chiese potremmo tranquillamente installare un meccanismo elettronico per il versamento e la raccolta delle offerte, come quelli che si trovano in tutti i centri e luoghi in cui si può fare pagamenti self-service. Ma noi siamo un ente di diritto pubblico, non il circuito dell’accattonaggio gestito dal clan dei Casamonica, né siamo dei ricettatori né siamo dei trafficanti di droga.

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Eppure la nostra gloriosa Repubblica il sistema per far pagare le tasse lo ha trovato. Tutto sommato è un sistema più vecchio di quanto si possa immaginare: il gioco del lotto, che agli albori dell’Unità d’Italia un grande statista, il Conte Camillo Benso di Cavour, definì «la tassa dei fessi». Stando infatti ai dati riportati in un libro molto interessante edito nel 2017 e scritto da Giulia Migneco e Claudio Forleo, al quale ne seguì un secondo scritto dagli stessi Autori durante il lockdown da Covid-19, con il gioco d’azzardo legalizzato lo Stato ha incassato nel 2018 l’importo di 105 miliardi di euro. Un importo che per ironia della sorte corrisponde a ciò che l’Istat indica come il volume di evasione fiscale nel nostro Paese, pari a 110 miliardi di euro. Aveva quindi ragione il grande statista dell’Ottocento quando indicò il lotto come «la tassa dei fessi». A posteriori aggiungo: l’italiano si sente così furbo e legittimato a evadere le tasse, sino a non pagare quelle imposte utili a tenere in piedi l’impianto del nostro Stato sociale. Però al tempo stesso è così idiota da correre alla ricevitoria del lotto per pagare la «tassa dei fessi», mettendosi davanti a tutti sul tavolo del bar con la monetina in mano a raschiare un biglietto dietro l’altro di gratta&vinci.

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Alla ludopatia in rapporto alla morale cattolica dedicai anni fa una conferenza su richiesta e invito degli amici del Lions Club. Non ho da aggiungere molto a quanto dissi all’epoca, rimando quindi alla registrazione di questa mia conferenza che potete trovare sul Canale YouTube de L’Isola di Patmos.

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Nelle nostre parrocchie e centri Caritas non poche sono le persone che vengono a chiedere aiuto per generi di prima necessità, o perché in procinto di vedersi staccare la luce o il gas, dopo avere dilapidato stipendi e pensioni nel gioco d’azzardo legalizzato. A molti dei miei confratelli dal cuoricino tenero che più volte mi hanno detto «come si fa a non aiutarli?», ho risposto che dare qualsiasi genere di aiuto a un affetto da ludopatia è come comprare droga a un tossico in crisi di astinenza, come pagare le prestazioni di una prostituta a un sessuomane. Non è carità, ma pura incoscienza. Soprattutto è male che si aggiunge al tanto male che questi soggetti recano a sé stessi e alle proprie famiglie. All’affetto da ludopatia, dopo essersi dissanguato per avere pagato «la tassa dei fessi», bisogna dire in tono severo e quasi sempre a brutto muso: che ti stacchino pure la luce o il gas, che tu abbia pure difficoltà a fare la spesa e a mangiare, non m’interessa e non deve interessarmi, meno che mai impietosirmi. L’unico aiuto che posso darti e che in coscienza sono tenuto a darti, è quello di indirizzarti presso un bravo psichiatra in grado di curarti da questa pericolosa dipendenza.

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È una tristezza immane vedere anziani pensionati uscire dalle tabaccherie con file di gratta&vinci e andare poi poco dopo al centro della Caritas a chiedere un po’ di spesa. Altrettanto triste vedere file di persone, giovani e meno giovani, tra i quali tanti padri e madri di famiglia, bruciare somme di danaro per improbabili sistemi numerici, mentre il mega cartellone riporta scritta a caratteri cubitali la stratosferica somma del monte premi, che alla data odierna è pari a 259.600.000 euro. Cifra di fronte alla quale gli evasori fiscali affetti da ludopatia che giustificano le loro frodi allo Stato riparandosi dietro al dito del «non pago lo stipendio ai politici con le mie tasse», non si rendono neppure conto che le tasse le stanno pagando nel modo peggiore, come dei perfetti fessi, schedina dietro schedina, gratta&vinci dietro gratta&vinci. Oltre al fatto che il tanto recriminato stipendio dei politici, nelle tasche del bilancio generale dello Stato equivale a pochi euro nelle tasche nostre, benché da sempre sia la scusa e il risibile dito dietro il quale si riparano piccoli e grandi evasori fiscali.

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Se il monte premi ha raggiunto quella cifra, qualcuno si è chiesto a quanto ammonta la somma di gran lunga superiore raccolta con le giocate dai Monopoli dello Stato? Non è facile vivere in un Paese nel quale l’aborto è considerato «un diritto acquisito» e una «grande conquista sociale», dove si ritiene che l’eutanasia sia «un atto di umanità verso un povero malato terminale», dove lo Stato lucra sul gioco d’azzardo, al quale da una parte istiga, dall’altra invita a essere cauti perché «il gioco può creare dipendenza». Però, una moneta elettronica tracciabile che darebbe un colpo mortale alla criminalità organizzata, allo spaccio di droga, alla prostituzione, al lavoro nero, all’evasione fiscale e via dicendo a seguire, quella no, perché sarebbe una grave lesione delle libertà personali.

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Il Popolo Italiano ha un concetto molto strano di “diritto” e di “libertà”, istigato com’è a grattare nella speranza di vincere, con uno Stato che si pone la coscienza in pace avvisando che «il gioco può creare dipendenza» e che tra non molto ci regalerà l’eutanasia, il matrimonio tra persone dello stesso sesso, la possibilità dell’adozione dei bimbi alle coppie di gay e di lesbiche, la droga libera e tanti altri meravigliosi diritti legati ad autentiche aberrazioni mutate in bene ai sensi di legge.

 

Dall’Isola di Patmos, 25 agosto 2022

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Emiliano Mandrone, La moneta elettronica per la lotta all’evasione fiscale? in Rivista online Economia e Politica, edizione del 4 novembre 2019

Ardizzi e P. Giucca, Il costo sociale degli strumenti di pagamento in Italia, Temi Istituzionali, Banca d’Italia, 2012.

GrazziniVerso la moneta digitale pubblica: l’audacia di Christine Lagarde e la prudenza di Mario Draghi, Economia e Politica, 2019.

Mandrone, La banda degli onesti che vuole il denaro elettronico, lavoce.info, 2015.

Mandrone, Il ruolo sociale dell’educazione economica, INAPP, 2017.

Realfonzo, 100 miliardi di sotto-investimento pubblico e deficit di competitività. L’Italia ha bisogno di politiche industriali, Economia e Politica, 2019.

K.S. RogoffLa fine dei soldi. Una proposta per limitare i danni del denaro contante, Il saggiatore, 2017.

Vellutini, G. Casamatta, L. Bousquet, G. Poniatowski, Estimating International Tax Evasion by Individuals, WP No 76, European Commission, 2019.

Anni 2013-2016 l’economia non osservata nei conti nazionali, Statistiche Report, ISTAT, 2018

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4 commenti
  1. Antonello
    Antonello dice:

    Se è lecito a una madre uccidere la propria creatura nel proprio grembo, cosa impedisce qualsiasi abominio? Questo era già stato grossomodo il pensiero espresso da Madre Teresa. Quindi, sì: perché un femminicida deve essere punito e una persona che procura aborto no? D’altronde circa nel 50% dei casi un aborto non è un femminicidio? Eh, ma non si puó dire. E invece è giunta l’ora di gridare dai tetti che l’aborto è un abominio, che l’aborto è il più attive degli omicidi, e che una persona è tale dal momento del concepimento. Io sono io dal momento del concepimento, non una settimana dopo, quaranta giorni dopo, o qualche mese dopo. Se mi madre mi avesse abortito a una settimana, a quaranta giorni, a qualche mese o anche solo cin la pillola del giorno dopo, semplicemente io non sarei qui perché sarei morto!

    • Padre Ariel
      Padre Ariel dice:

      Caro Orenzo,

      il Santo Padre non conosceva – e tutt’oggi non conosce bene – la complessa storia della politica italiana, questo è un fatto, per il quale non sarebbe giusto imputargli colpe.

      Se invece vogliamo attribuirgli delle responsabilità tutte quante sue dirette, possiamo imputargli di essersi circondato di persone che sono risultati nel corso degli anni consiglieri mediocri e affetti da spirito vanesio, pronti ad adulare, a gridare “viva il migrante” ma senza un barlume di coraggio necessario a dire all’occorrenza: “Santità, questo è sbagliato … questo è pericoloso … questo finirebbe col dare vita a un vespaio per questo e quest’altro motivo …”. Il delicato ruolo di un consigliere è questo, non certo fare il ruffiano al grido “i poveri avanti a tutto” nella spasmodica attesa che gli cada in testa una berretta rossa.

      E tutti questi sono fatti e dati oggettivi che nessuno dovrebbe negare.

      Qualcuno di questi consiglieri maldestri gli avrà suggerito quella frase, senza che il Santo Padre potesse neppure immaginare le gravi ferite inferte da un personaggio come Emma Bonino alla società italiana, essendo appunto strettamente legata alla storia della società e della politica italiana, che di certo il Santo Padre non ha avuto modo di vivere e conoscere.

      A questo si aggiunga la cattiveria, di fatto oggettiva, con la quale sia lei che Marco Pannella hanno attaccato per anni e anni il mondo cattolico colpevole a loro dire di non riconoscere quanto meravigliosa fosse la “grande conquista sociale dell’aborto”, al punto da portare avanti ripetute campagne “no Vatican no Taliban”, o a issare cartelloni con su scritto “regalate al Papa un manuale di istologia!”, riferito al Santo Pontefice Giovanni Paolo II.

      Per quanto personalmente mi riguarda, io prego che dopo questo legittimo successore del Beato Apostolo Pietro, al quale dobbiamo a prescindere filiale rispetto e devota obbedienza, il prossimo legittimo successore sia dotato di più sapienza e prudenza, almeno quanto basta a non circondarsi di ruffiani delinquenti.

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