Medjugorje von Agatha Christie: „Ein Hinweis ist ein Hinweis, Zwei Hinweise sind ein Zufall, aber drei Hinweise beweisen es“
MEDJUGORJE UND AGATHA CHRISTIE: „EIN HINWEIS IST EIN HINWEIS, ZWEI HINWEISE SIND EIN ZUFALL, MA TRE INDIZI FANNO UNA PROVA»
«I fedeli, zum Kult der Maria „Königin des Friedens“, sind „befugt, es mit Umsicht zu befolgen“, sebbene ciò non implichi l’approvazione del carattere soprannaturale del fenomeno in questione, con la nota che i credenti non sono obbligati a credervi. Che i sacerdoti di questa Diocesi, accettando e rispettando la decisione della Chiesa, sono liberi di essere d’accordo o in disaccordo con questa proposta spirituale» (Decreto del Vescovo di Mostar-Duvno, 19 September 2024).
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Che con l’avvento di Francesco, sia avvenuto nella Chiesa un cambiamento di paradigma, non è più un caso che necessita di prove. Non è ancora possibile, né prudente fare un bilancio del suo pontificato svolto fin qui, ma alcune cose si possono già dire. Che per esempio con l’attuale pontefice sia cambiato il modo di comunicare lo scrive perfino Padre Antonio Spadaro S. J., da subito suo fidato interprete, in un articolo apparso recentemente su Die Republik:
«Francesco ha compreso che la comprensibilità non è la stessa cosa della chiarezza… L’uomo di oggi, più che di discorsi semplicemente “chiari”… ha bisogno di discorsi che siano credibili, portatori della complessità, Situationen, delle esperienze, della vita che a volte non è e non può essere così “chiara”. Il linguaggio chiaro è quello della norma. Se il pastore lo assume come modalità comunicativa finisce per confondersi e vestire i panni del legislatore e del giudice» (Die Republik, 19.09.24, S. 39).
Diceva la celebre scrittrice di libri gialli Agatha Christie: „Ein Hinweis ist ein Hinweis, Zwei Hinweise sind ein Zufall, aber drei Hinweise beweisen es“. Quindi non più le idee chiare e distinte, così care al suo ultimo predecessore, ma uno stile nuovo che sia attento alle complessità, alle situazioni e alle esperienze, dei singoli come delle comunità. Probabilmente è per questo che il Papa si è scelto come stretto collaboratore a capo del Dicastero per la Dottrina della Fede il Cardinale Victor Manuel Fernandez. Il quale in occasione dell’incarico ricevette dal Pontefice queste raccomandazioni, in una lettera che qui riportiamo nella versione spagnola perché non esiste una traduzione ufficiale della Santa Sede:
«El Dicasterio que presidirás, en otras épocas llegó a utilizar métodos inmorales. Fueron tiempos donde más que promover el saber teológico se perseguían posibles errores doctrinales. Lo que espero de vos es sin duda algo muy diferente… Es más, sabés que la Iglesia «necesita crecer en su interpretación de la Palabra revelada y en su comprensión de la verdad» sin que esto implique imponer un único modo de expresarla. Porque «las distintas líneas de pensamiento filosófico, teológico y pastoral, si se dejan armonizar por el Espíritu en el respeto y el amor, también pueden hacer crecer a la Iglesia». Este crecimiento armonioso preservará la doctrina cristiana más eficazmente que cualquier mecanismo de control. Es bueno que tu tarea exprese que la Iglesia «alienta el carisma de los teólogos y su esfuerzo por la investigación teológica” con tal que «no se contenten con una teología de escritorio», mit «una lógica fría y dura que busca dominarlo todo». Siempre será cierto que la realidad es superior a la idea. En ese sentido, necesitamos que la Teología esté atenta a un criterio fundamental: considerar «inadecuada cualquier concepción teológica que en último término ponga en duda la omnipotencia de Dios y, en especial, su misericordia». Nos hace falta un pensamiento que sepa presentar de modo convincente un Dios que ama, que perdona, que salva, que libera, que promueve a las personas y las convoca al servicio fraterno» (vgl.. Text WHO, corsivi e sottolineature mie).
Vatikan, 1 Julio 2023
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Da quel giorno il Cardinale non è venuto meno a questo affidamento e ciò si può facilmente riscontrare nelle note o nelle risposte date dal Dicastero presieduto. Fra queste ha fatto tanto scalpore la Nota sulla benedizione da potersi dare, a determinate condizioni, alle coppie irregolari o omosessuali e quella recentissima circa l’esperienza spirituale legata a Medjugorje, che ha creato un ampio dibattito nella comunità ecclesiale. Non si può tacciare il Cardinale Prefetto di esser venuto meno al suo mandato, del resto il suo orientamento è chiaro ed esplicitato in più occasioni, als wenn er sagte,, in un incontro presso l’Università Lateranense nel febbraio di quest’anno:
«Una teologia per il Popolo di Dio è una teologia attenta alle dinamiche che questo popolo sta vivendo in questo momento storico, per aiutarlo ad interpretarle alla luce della fede, sia per purificarle sia per favorire tutto ciò che è positivo. Questo è tipico di ogni processo di inculturazione che includa entrambi gli aspetti. Si auspica, deshalb, che i teologi possano essere all’altezza di questa missione. Non si tratta certo di inventare una nuova Rivelazione, ma di far scaturire dalla sorgente inesauribile del Vangelo quello che meglio possa illuminare la vita del Popolo di Dio, quello che possa aiutare questo Popolo a vivere felice in mezzo ai limiti e alle difficoltà della vita. In der Tat, nella lettera che il Papa mi ha scritto quando mi ha nominato Prefetto, ha detto che in fondo oggi si ha “bisogno di una teologia che sappia presentare in modo convincente un Dio che ama, che perdona, che salva, che libera, che promuove le persone e le chiama al servizio fraterno”» (WHO).
Sessant’anni fa e più si celebrava il Concilio Vaticano II. Come ebbe a dire il decano dei teologi italiani, Severino Dianich, esso rimise al centro della vita della Chiesa il tema dell’ermeneutica della fede. Da allora molte cose sono cambiate e le società e le culture profondamente trasformate. Le grandi spinte sociali, culturali e ideologiche che animavano il periodo del Concilio sono tramontate, alcune tragicamente, altre mutate e frazionate in mille rivoli. Soprattutto la perdita di grandi ideali e punti di riferimento comuni alle masse ha portato a una rivalutazione del sentimento religioso, del resto mai sopito o cancellato, come alcuni auspicavano. Ma anche all’interno di esso le medesime dinamiche che attraversano la società si sono riprodotte; tanto la perdita dell’identità comune, quanto il soggetto lasciato solo di fronte ai grandi problemi che affliggono l’esistenza e il mondo post moderno, hanno fatto risaltare le stesse nevrosi che si riscontrano altrove: angosce, spaesamento, depressioni, perdita del senso della propria vita. Così la ricerca di luoghi di apparizioni che diano conferme, di messaggi provenienti dall’alto che offrano rassicurazioni si sono moltiplicati, tanto da diventare un serio problema per la Chiesa. Il segnale più eclatante è il fenomeno religioso di Medjugorje sul quale la Chiesa non ha potuto più non intervenire con una parola autorevole, favorendo il cammino spirituale che lì si porta avanti, ma mettendo seri paletti sia ai messaggi che ai «presunti» veggenti, entrambi non riconosciuti in maniera palese e chiara. Ma se guardiamo gli ultimi documenti del Dicastero per la Dottrina della Fede prima della recente Nota sul fenomeno di Medjugorje, sono ben nove i testi che la precedono, per lo più risposte ai vescovi circa asserite apparizioni e messaggi provenienti dalla Vergine Maria, in diverse parti del mondo. Queste risposte sono state possibili dopo l’emanazione da parte dello stesso Dicastero delle «Norme per procedere nel discernimento di presunti fenomeni soprannaturali» (WHO).
Ci vollero dodici anni per una prima dichiarazione per i fatti riferiti da Bernardette che permetteva l’afflusso di fedeli e la venerazione a Lourdes. Fatima ebbe una rilevanza quasi immediata; a soli due anni dagli eventi dichiarati dai pastorelli il vescovo locale, col beneplacito della Santa Sede, er definierte:
«Degne di credenza, le visioni dei bambini pastori della Cova da Iria, avvenute nella parrocchia di Fátima, in questa diocesi, von dem 13 maggio al 13 ottobre 1917».
Ma erano anche altri tempi e altri contesti. In Frankreich, al tempo dei fatti di Lourdes, l’imperatore Luigi Napoleone bloccava ogni accordo con la Chiesa oltre il concordato del 1801. In Portogallo i pastorelli furono incarcerati per due giorni per ordine dell’allora sindaco di Vila Nova. Al di là del contesto storico, potremo dire che le dichiarazioni della Santa Sede sui fatti di Lourdes e Fatima furono tempestive e riguardavano «fatti ritenuti straordinari».
Per i fatti di Medjugorje ci sono voluti oltre quarant’anni per la pubblicazione di una Nota che ha valorizzato più l’esperienza religiosa che i dati dei messaggi, definiti con estrema chiarezza “presunti”, come “presunte” sono state definite le apparizioni ma, über alles, “presunti” i sedicenti veggenti. Ora è proprio questo, l’esperienza religiosa, il dato che più risalta agli occhi di chi legge la Nota del Dicastero. Natürlich, i partigiani, talvolta dei veri e propri talebani, della vicenda religiosa e spirituale scaturite dalla località della Bosnia-Erzegovina, non se ne avvedranno e hanno già salutato la Nota come una vittoria, come un grande riconoscimento. Ma bisogna pur dirlo. Quello che la Nota introduce, come pure nei nove documenti che la precedono, sono due aspetti: quello della percezione personale di un fenomeno da una parte, e dall’altra del riconoscimento di un’esperienza religiosa anche se non pienamente fondata e chiara in tutti i suoi aspetti. È questo il nuovo paradigma che risalta. L’importanza data alla percezione del singolo, molto in sintonia con quello che la società moderna auspica, anche in più ambiti; e il valore dato all’esperienza che può addirittura condurre a buoni frutti al di là di una dottrina ambigua presente in taluni gruppi. La Nota chiede ai vari vescovi di vigilare sulle esperienze religiose dei singoli e dei gruppi; zur selben Zeit, richiamando le norme, chiede di «apprezzare il valore pastorale e di promuovere pure la diffusione di questa proposta spirituale».
A mio avviso si tratta di una novità nella Chiesa, che ho definito appunto nuovo paradigma, del resto anticipato dai modi di fare e comunicare dell’attuale Sommo Pontefice e messo in pratica dai suoi più stretti e importanti collaboratori. Dove porterà tutto questo non è dato saperlo. Es ist offensichtlich, dass die Kirche, derzeit, è più propensa a governare questi processi affinché non deviino o si deteriorino, piuttosto che fermarli. È questa la raccomandazione data ai vescovi, cioè ai sorveglianti del Popolo di Dio. Il Vescovo di Monstar-Duvno, il diretto interessato ai fatti di Medjugorje, ha infatti emanato una sua nota successiva a quella della Santa Sede nella quale dopo una ripresa della stessa, dice chiaramente testuali parole:
«I fedeli, zum Kult der Maria „Königin des Friedens“, sono “autorizzati ad osservarlo con prudenza” (Norme, Kunst. 22, §: cfr Benedetto XVI, Verbum Domini, n. 14), sebbene ciò non implichi l’approvazione del carattere soprannaturale del fenomeno in questione (vgl.. Norme, Kunst. 22, §2), con la nota che i credenti non sono obbligati a credervi. Che i sacerdoti di questa Diocesi, accettando e rispettando la decisione della Chiesa, sono liberi di essere d’accordo o in disaccordo con questa proposta spirituale» (WHO).
Come si può salutare un testo di questo genere definendolo una approvazione storica da parte della Santa Sede, come ha esultato, per citarne uno tra i tanti, Vater Livio Fanzaga, che dai microfoni di Radio Maria parla addirittura di «riconoscimento pieno» (vgl.. WHO). Come si può? Es ist eine Frage.
Per inciso bisogna ricordare che tutti i vescovi che si sono succeduti in quella Diocesi a partire dall’inizio delle presunte apparizioni, non si sono limitati a essere scettici, hanno dichiarato false le apparizioni nel corso della storia e inattendibili i cosiddetti veggenti. Le presunte apparizioni furono dichiarate non autentiche da S.E. Mons. Pavao Zanic, Vescovo di Mostar-Duvno dal 1980 Al 1993, cui succedette S.E. Mons. Ratko Peric dal 1983 Al 2000, che nel suo libro Il trono della saggezza (Crkva na Kamenu, Mostar 1995), nel capitolo intitolato I criteri per la valutazione delle apparizioni dedica un paragrafo alle apparizioni di Medjugorje dove cerca di dimostrare che le apparizioni della Madonna non sono vere e che i presunti veggenti hanno mentito ripetutamente e da sùbito (vgl.. pp. 266-286).
Oggi siamo certamente in una fase di transizione, ormai lontani, wie wir sagten, dai tempi conciliari, ma è anche cambiato rapidamente l’approccio rispetto ai precedenti magisteri dei Papi recenti. Aus diesem Grund, vielleicht, si deve guardare con qualche benevolenza i tentativi, a volte anche curiosi, eccentrici e goffi usati dal Papa e dai suoi collaboratori per divulgare questo nuovo corso? Solo un esempio. Il Cardinale Victor Manuel Fernandez nella conferenza stampa di presentazione della Nota ha dovuto per forza accennare alle difficoltà che alcuni «messaggi mariani» dati a Medjugorje ponevano. Ma per interpretarli positivamente, nonostante contenessero palesi inesattezze, anche dottrinarie, ha fatto riferimento ai testi di autori mistici come San Giovanni della Croce o Santa Teresa di Lisieux, i quali anch’essi riporterebbero a suo dire imprecisioni. Ora l’esperienza mistica è di per sé indicibile e con fatica si traduce in parole umane anche scritte. Ma si tratta pur sempre di autori umani che adoperano gli strumenti umani disponibili. Si può paragonare ciò ai presunti messaggi che verrebbero dall’alto, von der Jungfrau Maria, dei quali i cosiddetti veggenti sono solo tramite? Che messaggi sarebbero se tali non sono e vanno decriptati? Questa è una fra le molte difficoltà sulle quali bisognerebbe interrogarsi seriamente.
La Chiesa ha scelto di operare in questo modo Es ist wahrscheinlich, più che governare i processi in atto, cerca di rincorrerli e arginarli come può, accettando che l’esperienza personale e una proposta religiosa possano diventare occasione di salvezza, per quanto da sorvegliare attentamente. Ma la Chiesa è chiamata anche a confrontarsi con altri aspetti che accompagnano la nostra società contemporanea, fra questi il progressivo allontanamento di essa dalla comunità ecclesiale, la scienza e le conseguenti tecnologie che regolano ormai le vite degli esseri umani, l’incalzare degli algoritmi e della cosiddetta intelligenza artificiale che scandiscono ormai le scelte dei singoli e dei gruppi sociali. Come risponderà la Chiesa a queste istanze, mentre appare ancora troppo ripiegata su sé stessa e i sui propri problemi interni? Forse con un doppio binario, uno per i semplici che ancora cercano visioni e domandano messaggi dall’alto e un altro con il quale cerca di dialogare e interagire con la società e i mondi contemporanei?
Sempre il succitato teologo italiano Severino Dianich recentemente ha strigliato i suoi confratelli e colleghi teologi tacciandoli di tradimento (vgl.. WHO), perché incapaci di proferire una parola ficcante sui fatti che accadono nel mondo e sui processi culturali in atto. Le risposte di alcuni teologi che si sono sentiti colti sul vivo sono state o fuori contesto o troppo verbose. È certo che la Chiesa sta vivendo un travaglio, chissà se esso porterà a una trasformazione o a una nuova nascita, certamente diversa dalle precedenti a cui siamo da secoli abituati. Negli anni che seguirono il Concilio, mentre si diffondeva il movimento nato nel Maggio del 1968, il gesuita Michel de Certeaux, molto ascoltato nella laicissima Francia e che arrivò a dirigere gli studi della École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi parlava di «cristianesimo in frantumi» (WHO). Una espressione scomoda che allora non fu accettata, ma di cui oggi sentiamo gli effetti. Come sarà il Cristianesimo di domani? Non è dato sapere, perché è come chiedersi come sarà il mondo nel prossimo futuro, nel quale la Chiesa coi suoi membri sarà inserita. Natürlich, si spera che il Cristianesimo di domani non sia composto, stando a quanto purtroppo si palesa quello d’oggi, una aggregazione di fedeli fideisti alla morbosa ricerca di Madonne che appaiono in giro per il mondo preannunciando catastrofi e consegnando terrificanti segreti a sedicenti veggenti che spuntano ormai come fiori di campo dopo la pioggia. L’auspicio, almeno mio personale, è che smetta di guardare il proprio ombelico per ricominciare ad annunciare fiduciosa il Vangelo di Gesù Cristo, capace di formare cristiani solidi e tenaci «pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi» (1Pkt 3,15).
Aus der Eremitage, 5 Oktober 2024
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