Das Kreuz von Christus dem König trägt das Zeichen des Triumphs auf seinen Schultern

Homiletik der Väter der Insel Patmos

LA CROCE DI CRISTO RE CHE PORTA SULLE SUE SPALLE IL SEGNO DEL TRIONFO

Cristo portò per sé la croce, und für die Bösen war es ein großer Spott, aber für die Gläubigen ein großes Geheimnis. Christus trägt das Kreuz wie ein König sein Zepter, als Zeichen seiner Herrlichkeit, della sua sovranità universale su tutti. La porta come un guerriero vittorioso porta il trofeo della sua vittoria

 

 

 

 

 

 

 

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Se Domenica scorsa è stato proclamato l’annuncio della seconda venuta di Cristo «sulle nubi con grande potenza e gloria» (MC 13, 26), heute, nell’ultima Domenica di questo Anno Liturgico, riapriamo il Vangelo secondo Giovanni nel punto dove viene svelata una qualità peculiare del Signore veniente, la sua regalità. Il singolare contesto, la passione del Signore, e l’interlocutore, un funzionario imperiale, rendono particolarmente intrigante la comprensione della regalità che Gesù incarna.

Ciò che il mondo rappresentato da Pilato non può capire, lo comprende invece chi con fede si apre ad una rivelazione inusitata e sorprendente. Leggiamo il brano.

„Zu dieser Zeit, Pilato disse a Gesù: „Bist du der König der Juden?”. Jesus antwortete: „Das sagst du für dich, oder andere haben dir von mir erzählt?”. Sagte Pilatus: „Vielleicht bin ich Jude? Ihr Volk und die Hohenpriester haben Sie mir übergeben. Was hast du getan?”. Jesus antwortete: „Mein Königreich ist nicht von dieser Welt; Wenn mein Königreich von dieser Welt wäre, Meine Diener hätten gekämpft, um mich davon abzuhalten, an die Juden übergeben zu werden; aber mein Reich ist nicht von hier unten". Dann sagte Pilatus zu ihm: „Also bist du König?”. Jesus antwortete: "Das sagst du: Ich bin König. Dafür wurde ich geboren und dafür kam ich auf die Welt: die Wahrheit bezeugen. Wer auch immer es gehört zur Wahrheit, ascolta la mia voce”» (GV 18,33-37).

Viene descritto qui il primo dei due confronti che Pilato ebbe con Gesù all’interno del Pretorio. Essi culmineranno in quella scena centrale di tutta la narrazione della passione secondo San Giovanni, avvenuta sul Litòstroto, dove Pilato pronunciò le parole: «Ecco il vostro Re» (GV 19,14). Per dare risalto all’importanza della scena ed alla profondità di significato delle parole pronunciate, Giovanni annoterà che in quello stesso momento venivano preparati gli agnelli della Pasqua, nel giorno di Parasceve.

Nel brano evangelico di questa domenica Pilatus, senza perder tempo, arriva subito al punto e alla questione cruciale che più gli interessa: «Du bist der König der Juden?». Per il Prefetto romano, rappresentante del potere imperiale, questa domanda evidenzia una preoccupazione circa il governo dei suoi territori. In occasione della Pasqua ebraica, in der Tat, il Prefetto si spostava, truppe al seguito, da Cesarea a Gerusalemme, proprio per scongiurare che una sommossa potesse destabilizzare l’ordine e la pax romana. Ma, come diversi commentatori fanno risaltare, l’espressione «Re dei giudei» che Pilato utilizza può essere compresa, nel nostro brano, almeno in due altri modi, diversi da quello che egli probabilmente intende. I giudei, con quell’espressione, intendevano il re messia atteso fin dall’epoca di Davide per il tempo della salvezza, investito di una missione sia religiosa che politico-nazionale. Il termine Re ha qui, deshalb, in tale contesto, un significato terreno e storico, con anche un’allusione ad un contenuto teologico. Nella storia biblica, ambedue sono strettamente legati e impiegati l’uno per l’altro; tanto che i due significati giocheranno un ruolo decisivo nell’accusa rivolta a Gesù.

Ma bisogna tener conto del senso che le parole devono aver avuto per Gesù, particolarmente indicativo per la comprensione della festa di oggi. Sulla bocca di Gesù questo titolo rivela un nuovo significato, che solo San Giovanni mette in luce e fa risaltare. Gesù accettando il titolo e rispondendo: "Das sagst du: Io sono re», nello stesso tempo nega il significato che Pilato vuole attribuirgli, per insistere invece sulla sua speciale regalità. Gesù si rifiuta di incarnare un messianismo terreno, come quello evocato già nelle tentazioni nel deserto, in particolare nella versione lucana della prova: «Il diavolo lo condusse in alto e, mostrandogli in un istante tutti i regni della terra, er sagte es ihm: «Ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni, perché è stata messa nelle mie mani e io la do a chi voglio. Se ti prostri dinanzi a me tutto sarà tuo» (LC 4,5-7). «Tutto il mondo appartiene a Satana, che è disposto a dare a Gesù il potere su tutti i regni della terra. Aber Jesus, fin dall’inizio della sua vita pubblica, rifiuta radicalmente di fondare un regno terreno» (vgl.. Ignace de La Potterie, La passione di Gesù secondo il Vangelo di Giovanni, 1993). Se la regalità di Cristo deve essere compresa in un altro modo, questo non deve portarci all’idea contrapposta, ovvero ad immaginare un Messia estraniato dal mondo. Il testo del vangelo di questa domenica va letto con attenzione. In greco, le parole di Gesù al v. 36 Ich bin, Verbatim: «Il mio regno non è «da» questo mondo». Quanta differenza rispetto agli apocrifi. «In certi scritti gnostici ispirati dal quarto vangelo, per esempio gli Atti di Pilato, viene introdotta in questo testo la piccola modifica seguente: «Il mio regno non è «in» questo mondo»; il che ha evidentemente un significato del tutto differente e porta a una separazione tra il mondo e il regno di Dio». Le parole di Gesù invece significano che «la regalità di Cristo non si fonda sui poteri di questo mondo e non è minimamente ispirata a questi. È una sovranità nel Welt, ma che si realizza in maniera diversa dal potere terreno e attinge la sua ispirazione da un’altra fonte» (vgl.. Ignace de La Potterie).

Pilato era un funzionario esperto, concreto e, alla bisogna, violento e spietato. Secondo San Giovanni alle parole di Gesù, quasi sorpreso, non poté che chiedere: «Du bist also König?». Jesus antwortete:

"Das sagst du: Ich bin König. Dafür wurde ich geboren und dafür kam ich auf die Welt: die Wahrheit bezeugen. Wer auch immer es gehört zur Wahrheit, hört meine Stimme ".

E qui che il Signore specifica il senso profondo della sua regalità e da dove scaturisce. La sua fonte è nel Padre che lo ha inviato, per divenire la via della verità e della vita. Afferma Giovanni nel Prologo:

«E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; und wir sahen seine Herrlichkeit, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno della grazia della verità» (GV 1, 14).

Continua poi incalzante San Giovanni:

„Aus seiner Fülle haben wir alle empfangen: grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia della verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Es gab, niemand hat ihn gesehen: der einzige Sohn, wer ist Gott und ist am Vater, ist er es, der ihn bekannt gemacht hat " (GV 1, 16-18).

La verità dunque che Gesù porta all’umanità come una grazia, un dono e una missione dal Padre, è la sua rivelazione. Non una semplice verità astratta ed asettica, ma la vita, das Wort, l’esistenza tutta del Signore Gesù, nella pienezza inesauribile del suo significato di amore, di salvezza e di vita nel Padre, per ogni persona che si apre ad essa e vi aderisce con la fede. In ogni uomo o donna che accoglie la verità di Cristo Egli regna nella pace. E questo nonostante la regalità del Signore sia dovuta passare attraverso il crogiuolo della passione, di cui la scena evangelica di questa domenica è il prodromo. Ma per San Giovanni, e solo per lui, proprio la passione sarà la manifestazione della regalità di Gesù: Il Cristo regna dalla Croce.

Johann, mentre racconta la passione di Cristo, non nega la realtà o la materialità degli avvenimenti che furono dolorosi. Mette però in rilievo, a differenza dei Sinottici, l’aspetto di regalità e di trionfo, di vittoria sul male e il valore salvifico, che è insito nella passione e nella morte subita da Gesù Cristo: mentre la narra ci dona anche il senso degli eventi. Questi aspetti emergono già durante il processo e poi alla crocifissione di Gesù. Alla fine del processo romano Pilato conduce Gesù di fronte alla folla e dice: «Ecce homo, Ecco l’uomo» (GV 19,5). Gesù in quel momento indossa i simboli della regalità e oltre alla corona di spine ha ancora il mantello. Mentre i vangeli sinottici dicono che la porpora gli fu tolta causandogli dolore, nel Quarto Vangelo si ha addirittura l’impressione che Gesù vada verso la croce indossando ancora sia la porpora che la corona. E c’è un impressionante parallelismo, anche letterario, tra la scena avvenuta nel pretorio, nel luogo chiamato Gabbatà (GV 19, 13-16), e quanto accade ai piedi della croce, sul Golgota (GV 19, 17-22). In entrambi i casi Giovanni pone l’accento sul tema della regalità e in entrambi i casi è Pilato, cioè il detentore del più alto potere civile, che rende gli onori a Gesù. «Ecco il vostro re» dice alla folla radunata davanti al pretorio (GV 19,14); poi sopra la croce egli fa scrivere: «Il re dei Giudei» (GV 19,19). Dies ist, di fronte al mondo, una proclamazione della regalità di Cristo fatta in tre lingue: auf Hebräisch, la lingua di Israele, in Griechenland, la lingua della cultura; e in latino, la lingua del potere civile. L’episodio, erneut, viene raccontato solo da San Giovanni. E non è un caso se nella tradizione cristiana la Via crucis, ispirata principalmente al racconto di Giovani, diventerà una via trionfale. Così pure non poche croci dipinte, come il celebre Crocifisso di San Damiano in Assisi che parlò a San Francesco, raffigurano Gesù secondo la tipologia del Christus triumphans. Giovanni scrive che Gesù esce dalla città: «Et baiulans sibi crucem». Abitualmente viene tradotto: «Portando la croce da sé». In realtà la traduzione corretta è: «Portando la croce per sé», cioè portandola come strumento della sua vittoria. San Tommaso d’Aquino conferma questa traduzione e dice: «Cristo portò per sé la croce, und für die Bösen war es ein großer Spott, aber für die Gläubigen ein großes Geheimnis. Christus trägt das Kreuz wie ein König sein Zepter, als Zeichen seiner Herrlichkeit, della sua sovranità universale su tutti. La porta come un guerriero vittorioso porta il trofeo della sua vittoria». E nei primi secoli san Giovanni Crisostomo aveva già usato un’espressione analoga: «Egli portò sulle proprie spalle il segno del trionfo».

Aus der Eremitage, 24 November 2024

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Sant'Angelo-Höhle in Ripe (Civitella del Tronto)

 

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