Die Kirche ist die Tochter der ersten zögerlichen Jünger

Homiletik der Väter der Insel Patmos

LA CHIESA È FIGLIA DEI PRIMI DISCEPOLI TITUBANTI

Le persone possono apprezzare molto la religione, aber dann kommen sie selten zum Glauben. Anlässlich Ostern haben wir uns gesehen, moltiplicate dai Sozial, manifestazioni religiose della tradizione popolare che chiamiamo “sacre” e che giocano molto sul filo dell’emozione e del sentimento, ma approdano poi davvero a Gesù Cristo e alla sua Parola?

 

 

 

 

 

 

 

 

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Il Vangelo di questa Terza Domenica di Pasqua racconta l’ultima apparizione di Gesù Risorto, secondo il piano narrativo del Vangelo di Luca. Siamo tra la scena di Emmaus e quella dell’ascensione e Gesù si mostra ai discepoli che hanno appena ascoltato ciò che due viandanti hanno riferito loro. Ecco il brano:

Risurrezione, opera di Quirino De IESO, 1996

„Zu dieser Zeit, [die beiden Jünger, die aus Emmaus zurückgekehrt waren] Narravano [an die Elf und an diejenigen, die bei ihnen waren] was auf dem Weg passiert war und wie sie es erkannten [Jesus] nello spezzare il pane. Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: "Friede sei mit dir!”. Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Aber er sagte es ihnen: „Weil du verärgert bist, und warum Zweifel in deinem Herzen auftauchen? Schau auf meine Hände und meine Füße: Ich bin es wirklich! Berühre mich und sieh; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho”. Indem ich das sage, er zeigte ihnen seine Hände und Füße. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, er sagte: „Du hast hier etwas zu essen?”. Sie boten ihm eine Portion gerösteten Fisch an; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. Poi disse: “Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi”. Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: „So steht es geschrieben: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, ab Jerusalem. Sie sind von Zeugen ". (LC 24,35-48).

Sempre nel medesimo giorno, «il primo della settimana» (LC 24,1), ma stavolta di sera, due discepoli tornati a Gerusalemme sono nella camera alta (vgl.. LC 22,12; MC 14,15), a raccontare agli Undici e agli altri «come hanno riconosciuto Gesù nello spezzare il pane» (LC 24,35). Ed ecco che, plötzlich, si accorgono che Gesù è in mezzo a loro e fa udire la sua voce. Non rivolge loro parole di rimprovero per come si sono comportati nelle ore della sua passione. Il fatto di menzionare che adesso sono in undici e non più dodici, come quando li aveva scelti, dice molto del loro stato d’animo. Piuttosto si rivolge loro così: «εἰρήνη ὑμῖν! (Friede sei mit dir!)»; un saluto all’apparenza abituale fra ebrei, ma che quella sera, rivolto a discepoli profondamente scossi e turbati dagli eventi della passione e morte di Gesù, significa innanzitutto: «Non abbiate paura!».

Le cose sembrano tornate alla normalità, ma è così davvero? La resurrezione ha radicalmente trasformato Gesù, l’ha trasfigurato, reso «altro» nell’aspetto, perché egli ormai è «entrato nella sua gloria» (LC 24,26) e può solo essere riconosciuto dai discepoli attraverso un atto di fede. Quest’atto di fede è però difficile, faticoso: gli Undici stentano a viverlo e a metterlo in pratica. Non a caso Luca annota che i discepoli «sconvolti e pieni di paura, credono di vedere uno spirito» (πνεῦμα θεωρεῖν), allo stesso modo che i discepoli di Emmaus credevano di vedere un pellegrino o Maddalena un giardiniere. In particolare il corpo di Gesù è cambiato, è ormai risorto, glorioso. Ci potremmo chiedere, in der Tat, come mai con un evento tanto grande come una risurrezione da morte il corpo del Signore non sia uscito dal sepolcro riparato, ma conservi i segni evidenti della passione. Gesù interroga i discepoli:

«Perché siete turbati, und warum Zweifel in deinem Herzen auftauchen? Schau auf meine Hände und meine Füße: Ich bin es wirklich! Berühre mich und sieh; uno spirito non ha carne e ossa, come vedete che io ho».

Nel dire questo, mostra loro le mani e i piedi con i segni della crocifissione. Il Risorto non è altro che colui che è stato crocifisso. Questa ostensione da parte di Gesù delle sue mani e dei suoi piedi trafitti per la crocifissione è un gesto che secondo alcuni sta a significare che ormai è possibile incontrare il Signore nei sofferenti, nei poveri e nei disprezzati che subiscono ingiustizie. Das ist wahr, ma è anche innanzitutto una domanda di fede che si basa su segni evidenti che rimandano a tutto quello che Gesù è stato e al significato di quello che ha subito: la resurrezione di Gesù non è un mito religioso, è un fatto reale, Physiker.

Aus diesem Grund, paradoxerweise, dobbiamo essere grati alla ritrosia dei discepoli conservata nei Vangeli. Nonostante le parole e il gesto di Gesù i discepoli non arrivano a credere, malgrado l’emozione gioiosa non giungono alla fede. Non è forse l’esperienza che ancora si perpetua nelle nostre comunità? Le persone possono apprezzare molto la religione, aber dann kommen sie selten zum Glauben. Anlässlich Ostern haben wir uns gesehen, moltiplicate dai Sozial, manifestazioni religiose della tradizione popolare che chiamiamo “sacre” e che giocano molto sul filo dell’emozione e del sentimento, ma approdano poi davvero a Gesù Cristo e alla sua Parola? In ciò che accadde agli Undici possiamo leggere la vicenda delle nostre comunità, nelle quali si vive la fede e la si confessa, ma si manifesta anche l’incredulità. Eppure il Risorto ha grande pazienza, per questo offre alla sua comunità una seconda parola e un secondo gesto.

Egli non risponde ai dubbi ― «perché sorgono dubbi nel vostro cuore?», LC 24,38 ― nel modo che ci aspetteremmo, ma si pone piuttosto su un altro piano, quello dell’incontro, e, cosa ancor più significativa, nella forma della convivialità. Gesù mangia coi suoi, come aveva abitualmente fatto nella sua vita terrena. Andererseits, questa volta è lui stesso a dire: «Avete qualcosa da mangiare?» (LC 24,41). Ci sorprende un gesto così semplice, quotidiano e normale, che tante volte Gesù ha compiuto. Andererseits, sembra proprio il gesto del mendicante che chiede del cibo e lo cerca umilmente entrando in casa, proprio mentre gli altri sono già a tavola. Con la medesima discrezione che avevamo visto nell’episodio di Emmaus. Jesus, si dirà nel libro dell’Apocalisse, è colui che sta alla porta e bussa: «Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, Ich werde kommen, Ich sup mit ihm und er mit mir " (Ap 3,20).

Ma evidentemente c’è di più. Gesù mangia davanti a loro non perché ci sia una causa da continuare e il pasto diventa, come in occasione dei funerali, un modo per attenuare il dolore del distacco e rinsaldare la memoria di chi non c’è più. Gesù offre dei segni e compie dei gesti perché si creda che egli è veramente Risorto e che il suo corpo crocifisso è ora un corpo vivente, «un corpo spirituale» (1Kor 15,44), cioè vivente nello Spirito, dirà l’Apostolo Paolo. È per questo che ancora oggi la Chiesa incontra il Risorto nei Sacramenti e in particolare nella celebrazione eucaristica.

I discepoli, narra il Vangelo, restano in silenzio, muti, sopraffatti dalle emozioni della gioia e del timore, che insieme non ce la fanno ad accendere la luce della fede pasquale. Luca scriverà in seguito, all’inizio degli Atti degli apostoli, che Gesù «si presentò vivente ai suoi discepoli… con molte prove» (Bei 1,3). Allora Gesù, per renderli finalmente credenti chiede di ricordare le parole dette mentre era con loro e soprattutto come doveva trovare compimento tutto ciò che era stato scritto su di lui, il Messia, nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi, cioè nelle sante Scritture dell’Antica Alleanza. Quest’azione ermeneutica compiuta dal Risorto che noi riviviamo ogni domenica nell’Eucarestia è descritta dalle parole: «Aprì loro la mente (diénoixen autôn tòn noûn) per comprendere le Scritture».

Il verbo qui utilizzato (dianoígo) nei Vangeli ha il senso di «aprire e mettere in comunicazione». Così sono aperti gli orecchi dei sordi, la bocca dei muti (vgl.. MC 7,34) e gli occhi ciechi dei discepoli di Emmaus (LC 24,31). In questa circostanza indica l’operazione compiuta dal Risorto che come un esegeta aiuta i discepoli a capire che le Scritture parlavano di lui. Non aveva forse conversato con Mosè ed Elia proprio su quell’esodo pasquale che doveva compiersi a Gerusalemme (LC 9,30-31)?

La Chiesa è figlia di quei primi discepoli titubanti ai quali Gesù subito fa questa promessa: „Und siehe,, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto» (LC 24,49). Grazie al dono e alla forza dello Spirito del Risorto ancora oggi i discepoli ascoltano la Scrittura, sommamente nella Liturgia, che parla di Lui, si nutrono di Lui nell’Eucarestia e Lui testimoniano invitando alla conversione e al perdono che da Gerusalemme prese l’abbrivio. Da quel primo giorno i cristiani non hanno cessato di professare e poi testimoniare la loro fede condensata nel Simbolo: «Morì e fu sepolto. Am dritten Tag stand er wieder auf, nach den Schriften (resurrexit tertia die secundum Scripturas)» (vgl.. 1Kor 15,3-4).

Fröhlichen Sonntag euch allen!

Aus der Eremitage, 14 April 2024

 

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Sant'Angelo-Höhle in Ripe (Civitella del Tronto)

 

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