«Il fideismo idiota al potere» … Dio ci salvi dal virus dei cattolici ipocriti, figli di Caino e di Giuda Iscariota

— attualità ecclesiale durante la pandemia da coronavirus—

«IL FIDEISMO IDIOTA AL POTERE» … DIO CI SALVI DAL VIRUS DEI CATTOLICI IPOCRITI, FIGLI DI CAINO E DI GIUDA ISCARIOTA 

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La pandemia da coronavirus ha fatto venire allo scoperto tutti i falsi cattolici male educati e ignoranti, tali perché non educati, non formati, quindi perché ignorano che la Chiesa, societas di istituzione divina, non parte dalla base. Il termine “chiesa di base” è teologicamente errato e fuorviante. La Chiesa è per sua natura struttura “di vertice”, dove tutto procede dall’alto con effetto a cascata. Se quindi i vescovi danno disposizioni in materia di pastorale e liturgia decretando il divieto di celebrare pubblicamente le Sante Messe con il popolo, si ubbidisce e basta, a partire dai fedeli. Questa è la Chiesa gerarchica istituita da Cristo che pone Pietro a capo del collegio degli apostoli, quindi Pietro e gli apostoli a guida del Popolo di Dio. E chiunque lo neghi – e ha pieno diritto e libertà di negarlo – non è però cattolico, è altro … è il cattolico di sé stesso e della sua idea emotiva e soggettiva di Chiesa …

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Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

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Offro ai nostri Lettori una mia video riflessione di 25 minuti nella quale illustro un genere forse non molto conosciuto ma molto presente di virus: la pandemia esplosa tra un fitto esercito di cattolici ipocriti, caduti come foglie al primo colpo di vento dinanzi a una prova di fede e che da alcune settimane stanno dando il meglio del peggio di loro stessi sui social network.

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Dall’Isola di Patmos, 30 marzo 2020

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CANALE YOUTUBE DE L’ISOLA DI PATMOS

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CANALE DE L’ISOLA DI PATMOS SU

MP3  SOLO AUDIO SENZA VIDEO

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«Chiesa Aperta» (XI puntata) — Possono le benemerite Forze dell’Ordine eccedere in zelo sino a giungere a interrompere le sacre celebrazioni dentro le chiese?

— i Padri de L’Isola di Patmos vicini ai fedeli in questa quarantena —

«CHIESA APERTA» (XI puntata) — POSSONO LE BENEMERITE FORZE DELL’ORDINE ECCEDERE IN ZELO SINO A GIUNGERE A INTERROMPERE LE SACRE CELEBRAZIONI DENTRO LE CHIESE?

Offriamo ai nostri Lettori questo nuovo prezioso video del nostro stimato confratello Giovanni Zanchi, presbitero della Diocesi di Arezzo, affinché possa fungere anche da efficace e sapiente antidoto a tutti coloro che purtroppo, in questo momento di straordinaria crisi ed emergenza, non hanno trovato di meglio da fare che polemizzare, spesso anche in toni duri e aggressivi, contro le decisioni prese dai nostri vescovi per motivi di sicurezza a tutela della salute pubblica: sospendere le sacre celebrazioni e in molti casi chiudere le chiese. Ricordiamo che la Chiesa, nei momenti di crisi ed emergenza, non è mai stata salvata dalle polemiche di coloro che si ergono in tutti i tempi ai più fedeli tra i fedeli o ai più puri tra i puri, ma dall’unità. Qualcuno ha scritto in questi giorni che «i vescovi stanno suicidando la Chiesa italiana». Purtroppo non ha capito niente dell’essenza della fede cattolica: la Chiesa “si suicida” attaccando i vescovi, anziché seguirli e sostenerli in un momento di così grave prova. 

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RIPRESE VIDEO E MONTAGGIO A CURA DELLA EMITTENTE TELESANDOMENICO (AREZZO)

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TESTO DEL VIDEO

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I testi del Padre Giovanni Zanchi, direttore del Centro Pastorale Culto Divino della Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, non sono stati pensati come articoli ma come testi audio-narrativi. Abbiamo provveduto a trascrivere il testo audio per i nostri Lettori.

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Giovanni Zanchi

Benvenuti alla undicesima puntata di Chiesa Aperta.

Le chiese di pietra e mattoni sono aperte, pure senza celebrazioni pubbliche, come segno de La Chiesa  che rimane Aperta e operante a gloria di Dio e per la santificazione delle anime, anche se in forme eccezionali. Ne abbiamo avuti due splendidi esempi lo scorso venerdì 27 marzo: grazie ai mezzi della comunicazione sociale, i cattolici di tutto il mondo si sono uniti spiritualmente al Santo Padre il Papa in una storica supplica a Dio per la fine della pandemia. Nello stesso giorno, ogni singolo Vescovo italiano si è recato in un Cimitero a suffragare le anime delle tante vittime della pandemia, sepolte con Esequie in forma ridottissima, a causa dell’emergenza sanitaria.

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Veniamo ora all’argomento di oggi. Nella puntata precedente ho aiutato a riflettere su alcune delle motivazioni prudenziali soggiacenti alla sospensione delle Liturgie pubbliche in tempo di pandemia. Nel poco tempo a disposizione, voglio adesso accennare ad un aspetto complementare della medesima questione: nelle chiese aperte non si svolgono celebrazioni pubbliche, ma i fedeli hanno il diritto di andare in chiesa per la preghiera personale e per ricevere i Sacramenti in forma individuale, specialmente la Confessione e la Santa Comunione; ovviamente rispettando le norme di profilassi sanitaria che tutti ormai ben conosciamo. Sul sito internet del Governo italiano [cf QUI] cliccando nella sezione F.A.Q. e cliccando sulla voce “Cerimonie”, si trova scritto quanto segue: «Domanda: Si può andare in chiesa o negli altri luoghi di culto?» Risposta: «Sono consentiti l’apertura e l’accesso ai luoghi di culto, purché si evitino assembramenti e si assicuri la distanza tra i frequentatori non inferiore a un metro».

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La Regione Lombardia ha emanato in materia norme ancor più dettagliate; infatti l’Ordinanza regionale n. 514 del 21 marzo 2020 al punto 22 recita testualmente: «L’accesso ai luoghi di culto è consentito in forma contingentata e nel rispetto delle misure necessarie a garantire la distanza di sicurezza interpersonale di un metro». Pertanto si può andare a pregare individualmente in qualunque chiesa nel territorio del proprio Comune, muniti della necessaria autocertificazione ed evitando assembramenti. Nessuno può impedirlo; sarebbe un abuso di potere. Un consiglio: come quando andando a fare la spesa alimentare è bene conservare lo scontrino fiscale, per dimostrare che effettivamente si è andati nel tal negozio, così è opportuno fotografare se stessi dentro la chiesa, come prova da esibire alle Autorità preposte al controllo.

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Dobbiamo occuparci di questo argomento, perché si stanno moltiplicando le notizie riguardo a fedeli censurati dalle Forze dell’Ordine (peraltro benemerite) solo perché si stavano recando in chiesa a pregare da soli. Cosa più grave: in varie parti d’Italia le Forze di Polizia hanno interrotto Sante Messe che si stavano svolgendo nel pieno rispetto delle regole di profilassi contro la pandemia; ricordiamo che le leggi vigenti in Italia proibiscono ciò tassativamente: se in una chiesa si sta svolgendo un atto di culto, Polizia e Carabinieri possono entrarvi per esercitare le loro funzioni solo dopo avere preventivamente informato il Vescovo del luogo e in ogni caso non possono interrompere l’atto di culto.

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Per tutelarsi da ogni arbitrio o allontanamento forzato da un luogo sacro o da denunce o ammende comminate per tali motivi, ci si può rivolgere ad un avvocato, per far valere i propri diritti. Ma sarebbe meglio non dover arrivare a tanto! Per grazia di Dio, in questi giorni molti pubblici Amministratori si sono recati ufficialmente nelle chiese per affidare alla protezione divina i propri concittadini. Bravi! Hanno adempiuto al proprio dovere! Ma siamo giunti all’assurdo che i Carabinieri di Giulianova, in Abruzzo, hanno segnalato alla competente Procura della Repubblica il Sindaco della Città, altri 3 amministratori, 5 sacerdoti e 3 giornalisti, i quali, nell’ampio santuario della Madonna dello Splendore, avevano affidato il loro Comune a Maria Santissima, con tanto di deposizione della fascia tricolore ai piedi della statua. 12 persone distanziate ben più di un metro l’una dall’altra all’interno di uno spazioso edificio, sono state considerate più pericolose delle decine di persone presenti contemporaneamente in un qualsiasi supermercato!

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Ho già detto che le nostre Forze dell’Ordine sono benemerite, tanto più nella presente emergenza e a loro deve andare tutta la nostra riconoscenza; infatti, nel caso di Giulianova hanno semplicemente compiuto un atto dovuto, a seguito di polemiche pretestuose sollevate da terze persone, spinte da malevolenza verso i cristiani. Resta il fatto che alcuni hanno tentato di infangare un atto di devozione come se fosse un reato; abbiamo pure notizie di sacerdoti che hanno ricevuto minacce scritte semplicemente perché in chiese molto spaziose hanno celebrato la Santa Messa con l’assistenza di qualche persona a debita distanza! Sembra proprio che alcuni assatanati anticristiani vogliano sfruttare l’occasione della pandemia per screditare e attaccare i fedeli cattolici. Non possiamo permettere tali soprusi!

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La Chiesa Italiana sta dando grande prova di prudenza e amore al bene comune con la dolorosa sospensione delle celebrazioni con il popolo, assicurando comunque l’apertura quotidiana delle chiese, accettando addirittura di celebrare in forma emergenziale la prossima Santa Pasqua, ma non è accettabile che sia proibito ai singoli l’esercizio del diritto di culto (cf Costituzione della Repubblica Italiana, articolo 19), esercitato nelle forme attualmente possibili. Accettare una cosa simile costituirebbe un pericolosissimo precedente per la tutela della libertà di tutti i cittadini italiani. C’è il pericolo che, una volta passata l’emergenza, entrare in una chiesa per pregare diventi una concessione dello Stato, non più un diritto della persona. I nostri Vescovi e il Governo debbono subito attivarsi affinché siano emanate disposizioni chiare e stringenti onde garantire l’esercizio del diritto costituzionale alla libertà di culto anche in questi tempi calamitosi.

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Segnalo infine un aspetto pratico molto importante: una prudente frequenza individuale delle chiese permette anche la loro custodia durante le ore di apertura; la maggior parte del nostro patrimonio storico e artistico è costituito dalle chiese e dai loro arredi: lasciarle aperte e deserte per molte ore lungo la giornata è il modo migliore per garantirne la salvaguardia? Ricordiamo che, già in tempi normali, sono frequenti i furti e gli atti di vandalismo nelle nostre Chiese!  Fedeli ostacolati nel frequentare singolarmente le chiese, denunciati mentre compiono atti di devozione con tutte le dovute accortezze … Segni tristi, che evidenziano il grado di scristianizzazione nel quale è precipitata la nostra società e la svalutazione sociale della necessità della vita interiore e del valore della realtà soprannaturale; ma l’Italia non può diventare il Paese nel quale in tempo di pandemia si può tranquillamente uscire per acquistare un pacchetto di sigarette (e ciò sia detto con tutto il rispetto per i tabaccai), ma non ci si può recare in chiesa a pregare, neanche in solitudine!

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Le chiese di pietra e di mattoni rimangono aperte anche in tempo di pandemia, per ricordarci che i cristiani sono impegnati a pregare per il bene di tutti, sia nelle loro case che nei luoghi pubblici, perché – come ci ricorda il Salmo 126, 1: “Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori. Se il Signore non custodisce la città, invano veglia il custode”.

Grazie per l’ascolto. Appuntamento alla prossima puntata di Chiesa Aperta.

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Sansepolcro (Arezzo), 29 marzo 2020

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«Chiesa Aperta» (X puntata) — Quella irresistibile brama odierna di sacrificare i preti alla morte per i propri personali capricci di opinione. E se ciò accadesse, poi chi tornerà a celebrare le Sante Messe per il Popolo di Dio dopo l’epidemia da coronavirus?

— i Padri de L’Isola di Patmos vicini ai fedeli in questa quarantena —

«CHIESA APERTA» (X puntata) — QUELLA IRRESISTIBILE BRAMA ODIERNA DI SACRIFICARE I PRETI ALLA MORTE PER I PROPRI PERSONALI CAPRICCI DI OPINIONE. E SE CIÒ ACCADESSE, POI CHI TORNERÀ A CELEBRARE LE SANTE MESSE PER IL POPOLO DI DIO DOPO L’EPIDEMIA DA CORONAVIRUS?

Offriamo ai nostri Lettori questo nuovo prezioso video del nostro stimato confratello Giovanni Zanchi, presbitero della Diocesi di Arezzo, affinché possa fungere anche da efficace e sapiente antidoto a tutti coloro che purtroppo, in questo momento di straordinaria crisi ed emergenza, non hanno trovato di meglio da fare che polemizzare, spesso anche in toni duri e aggressivi, contro le decisioni prese dai nostri vescovi per motivi di sicurezza a tutela della salute pubblica: sospendere le sacre celebrazioni e in molti casi chiudere le chiese. Ricordiamo che la Chiesa, nei momenti di crisi ed emergenza, non è mai stata salvata dalle polemiche di coloro che si ergono in tutti i tempi ai più fedeli tra i fedeli o ai più puri tra i puri, ma dall’unità. Qualcuno ha scritto in questi giorni che «i vescovi stanno suicidando la Chiesa italiana». Purtroppo non ha capito niente dell’essenza della fede cattolica: la Chiesa “si suicida” attaccando i vescovi, anziché seguirli e sostenerli in un momento di così grave prova. 

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TESTO DEL VIDEO

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I testi del Padre Giovanni Zanchi, direttore del Centro Pastorale Culto Divino della Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, non sono stati pensati come articoli ma come testi audio-narrativi. Abbiamo provveduto a trascrivere il testo audio per i nostri Lettori.

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Giovanni Zanchi

Benvenuti alla X puntata di Chiesa Aperta.

Le chiese, intese come edifici, rimangono aperte durante la pandemia, pure se non si svolgono celebrazioni pubbliche e i fedeli non le possono frequentare agevolmente. Nella presente situazione, i sacerdoti stanno dando prova di grande inventiva per aiutare i fedeli anche nel frequentare le chiese, così come possibile.

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Molti fedeli apprezzano il sacrificio fatto da tanti sacerdoti per adempiere al loro ministero, pur con gravi limitazioni. Altri manifestano il proprio scontento, soprattutto per la sospensione temporanea della Santa Messa con il popolo e invocano l’immediata ripresa delle celebrazioni pubbliche. In questa sede, vogliamo dire una parola che aiuti a comprendere i termini della questione e ad evitare polemiche controproducenti.

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Nella tragica situazione di questi giorni sono in gioco due aspetti fondamentali: da una parte, la Chiesa deve continuare la sua divina missione al servizio della salvezza delle anime, con tutta l’abnegazione necessaria, senza però mettere a repentaglio la salute pubblica e quindi operando delle necessarie rinunce e assumendo dolorose limitazioni nei comportamenti, senza però appiattirsi sulla logica del mondo; dall’altra parte, la Chiesa non deve dare nemmeno la più lontana impressione di abbandonare i fedeli a se stessi, trascurando le loro necessità spirituali e rischiando di essere considerata latitante o, peggio, irrilevante, come se avesse rinunciato ad affermare il primato del soprannaturale. Facciamo un passo avanti …

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… la autentica teologia morale ci insegna che non basta affermare i grandi principi, ma occorre poi attuarli in una particolare situazione, mediante un prudente discernimento e quindi, più si discende dal principio generale verso una concreta situazione, specie se perigliosa, più le scelte operative possono divenire quanto mai difficili da individuare. Il sommo principio morale è: “fai il bene ed evita il male”; ma in una situazione di tragica emergenza come la presente, non è immediatamente agevole determinare come attuare il bene ed evitare il male.

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A coloro che, amareggiati per la sospensione delle Sante Messe con il popolo, invocano un maggior coraggio da parte dei vescovi e dei sacerdoti, rispettosamente ricordo tre fatti, da tenere assolutamente presenti per formulare un giudizio pratico aderente alla realtà della presente situazione.

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Primo fatto: le emergenze non si programmano, arrivano improvvisamente e a volte sono pure eccezionali e mai affrontate dalla presente generazione, come è attualmente. Anche i nostri vescovi sono stati sorpresi dal dilagare dell’epidemia e rapidamente hanno dovuto prendere decisioni impegnative per la salvaguardia di tutti. Per consentire in sicurezza la celebrazione delle Sante Messe con il popolo sarebbe necessario organizzare un regolare servizio d’ordine per assicurare almeno l’ingresso e l’uscita dei partecipanti (ognuno munito dei necessari presidi di difesa dal contagio), il loro distanziamento dentro le chiese, la sanificazione delle medesime. Tutte cose di non facile realizzazione e gestione pratica. Considerando che spesso un solo sacerdote deve provvedere a più parrocchie e chiese, nemmeno la ventilata ipotesi di rarefare le presenze dei fedeli aumentando il numero delle Sante Messe appare praticabile in Italia.

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Secondo fatto: il tributo di vittime che anche il Clero italiano sta già pagando alla pandemia: mentre non mancano i vescovi contagiati e finiti in isolamento, al 22 marzo erano ben 50 i sacerdoti falcidiati, la maggior parte di loro caduta nell’adempimento del proprio ministero. Perfino il Clero a riposo per anzianità non è risparmiato: a Parma, nella casa dei Missionari Saveriani, sottoposta da subito a stretto isolamento, sono morti in solitudine 13 sacerdoti in 15 giorni, senza che nessuno giungesse dal di fuori ad assisterli. Se le Sante Messe con il popolo fossero regolarmente celebrate dappertutto, il numero dei sacerdoti defunti sarebbe certamente ancora più grande, tenendo poi conto che il Clero italiano, a causa dell’elevata età media di quasi 68 anni, rientra a pieno titolo nella categoria degli anziani e dei vecchi, quindi delle persone da salvaguardare maggiormente dal pericolo del contagio. Analogo discorso riguardo l’età avanzata deve essere fatto circa gli stessi fedeli che abitualmente frequentano le nostre chiese.

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Terzo fatto: come ci si preoccupa che il personale sanitario non sia falcidiato dalla pandemia e i malati restino senza assistenza, così è necessario preoccuparsi che anche la Chiesa italiana non si riduca drasticamente senza più sacerdoti per la cura pastorale dei fedeli. Da questo punto di vista, i dati sono impietosi: in Italia il Clero non solo è molto anziano, ma pure ormai numericamente esiguo. Facciamo un solo esempio: nell’arcidiocesi di Torino nel 1950 vi era 1 sacerdote (età media 43 anni) per 561 battezzati; nel 2017 sempre a Torino vi era 1 sacerdote (età media 68 anni e 6 mesi) per 2065 battezzati! Dopo la peste che nel XVI secolo uccise la maggior parte dei milanesi, san Carlo Borromeo non ebbe difficoltà nel ricambio dei sacerdoti caduti per assistere gli appestati; oggi, dietro i nostri pochi e anziani sacerdoti, non ci sono purtroppo torme di seminaristi pronti a rimpiazzarli. Una volta cessata l’emergenza, quante delle chiese che ora si pretenderebbe di tenere imprudentemente funzionanti dovrebbero poi essere chiuse, forse per sempre, per una grave mancanza di sacerdoti?

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Ragionando così, qualcuno mi accuserà di mancare di fede nella potenza di Dio. Ma, a parte che non bisogna tentare il Signore (cf Lc 4, 12), nella tragedia attuale occorre avere ben presente l’insegnamento di san Giovanni Paolo II: occorre cioè coniugare fede e ragione; la ragione non deve escludere la fede e la fede deve accettare il servizio della ragione (che poi spesso è semplice buon senso).

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Solo così è possibile evitare due opposti estremismi: i fautori della celebrazione ad oltranza delle Sante Messe con il popolo rischiano di peccare di fideismo; i fautori della chiusura indiscriminata delle chiese rischiano di peccare di razionalismo. La fede ci attesta che durante la Santa Messa Dio opera già il grande miracolo della transustanziazione del pane e del vino nel corpo e sangue di Cristo; ma Dio non è obbligato contemporaneamente a preservare dal contagio virale i singoli partecipanti.

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Concludiamo allora ricordando due grandi principi della vera teologia: contro il razionalismo diciamo: «A chi fa quanto può, Dio non nega la grazia»; contro il fideismo diciamo: «Dio non lega la grazia ai Sacramenti» e la può donare anche al fuori di essi, in determinate circostanze. La sospensione delle Sante Messe con il popolo è una privazione dolorosa per le anime dei fedeli; supplichiamo Dio che conceda quanto prima alla sua Chiesa la grazia e la gioia di radunarsi di nuovo per celebrare l’Eucaristia e imploriamo da Dio anche la grazia di mantenerci i nostri pochi e anziani sacerdoti, donando il premio eterno a quelli caduti vittime del proprio dovere durante la pandemia.

A risentirci domani per una nuova puntata di Chiesa Aperta.

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Sansepolcro (Arezzo), 27 marzo 2020

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«Chiesa Aperta» (VIII e IX puntata) — Vi spieghiamo come funziona durante la pandemia da coronavirus la assoluzione generale impartita dai confessori in questo momento di grave crisi sociale e sanitaria

— i Padri de L’Isola di Patmos vicini ai fedeli in questa quarantena —

«CHIESA APERTA» (VIII e IX puntata) — VI SPIEGHIAMO COME FUNZIONA DURANTE LA PANDEMIA DA CORONAVIRUS LA ASSOLUZIONE GENERALE IMPARTITA DAI CONFESSORI IN QUESTO MOMENTO DI GRAVE CRISI SOCIALE E SANITARIA

Offriamo ai nostri Lettori questo terzo prezioso video del nostro stimato confratello Giovanni Zanchi, presbitero della Diocesi di Arezzo, affinché possa fungere anche da efficace e sapiente antidoto a tutti coloro che purtroppo, in questo momento di straordinaria crisi ed emergenza, non hanno trovato di meglio da fare che polemizzare, spesso anche in toni duri e aggressivi, contro le decisioni prese dai nostri vescovi per motivi di sicurezza a tutela della salute pubblica: sospendere le sacre celebrazioni e in molti casi chiudere le chiese. Ricordiamo che la Chiesa, nei momenti di crisi ed emergenza, non è mai stata salvata dalle polemiche di coloro che si ergono in tutti i tempi ai più fedeli tra i fedeli o ai più puri tra i puri, ma dall’unità. Qualcuno ha scritto in questi giorni che «i vescovi stanno suicidando la Chiesa italiana». Purtroppo non ha capito niente dell’essenza della fede cattolica: la Chiesa “si suicida” attaccando i vescovi, anziché seguirli e sostenerli in un momento di così grave prova. 

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RIPRESE VIDEO E MONTAGGIO A CURA DELLA EMITTENTE TELESANDOMENICO (AREZZO)

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TESTO DEL VIDEO

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I testi del Padre Giovanni Zanchi, direttore del Centro Pastorale Culto Divino della Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, non sono stati pensati come articoli ma come testi audio-narrativi. Abbiamo provveduto a trascrivere il testo audio per i nostri Lettori.

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Giovanni Zanchi

Benvenuti alla VIII puntata di Chiesa Aperta!

In questo tempo di pandemia le chiese di pietra e di mattoni rimangono aperte, pur senza celebrazioni pubbliche, come segno di Chiesa Aperta che rimane Aperta a gloria di Dio e per la salvezza degli uomini.

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Le Autorità ecclesiastiche e civili hanno emanato provvedimenti eccezionali per contenere la pandemia e ciò rende difficile ricevere la Santa Comunione e gli altri Sacramenti, compresa la Confessione; difficile, ma non impossibile. La Chiesa rimane aperta anche nell’assicurare ai peccatori la Penitenza sacramentale e la Riconciliazione con Dio.

Innanzitutto, per chi non è malato non è impossibile riuscire a confessarsi, mettendo in pratica le Norme recentemente emanate dai Vescovi secondo criteri di prudenza: cioè incontrarsi col sacerdote in luoghi arieggiati, mantenendo la distanza di sicurezza ma garantendo comunque la riservatezza dell’accusa dei peccati e inoltre indossando guanti usa e getta e la mascherina a protezione delle vie aeree. Non mancano i sacerdoti che attuano tali Norme prudenziali con grande creatività pastorale (come si vede in questa immagine – Ndr sull’audio-video).

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Diversa è purtroppo la situazione dei contagiati ricoverati negli Ospedali, specialmente nei reparti di terapia intensiva; i sacerdoti spesso non riescono a raggiungerli, non perché non lo vogliano, ma perché impediti dalla scarsità dei presidi contro il contagio (tute, guanti, mascherine) e dai protocolli delle terapie. Perciò il Papa, attraverso la Penitenzieria Apostolica, il 20 marzo ultimo scorso ha emanato precise e molteplici disposizioni, per far giungere anche agli ammalati gravi il dono della remissione sacramentale dei peccati [cf QUI]. Ad esempio, per garantire la necessaria assistenza spirituale ai malati e ai morenti, il Papa ha suggerito ai Vescovi, se necessario, di costituire gruppi di “cappellani ospedalieri straordinari” anche su base volontaria, in accordo con le Autorità sanitarie e nel rispetto delle norme di tutela dal contagio. Questo è senz’altro il modo migliore per assicurare l’assistenza spirituale ai ricoverati e particolarmente il sacramento della Confessione.

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A tale proposito mi permetto di affermare il Papa e i Vescovi dovrebbero invocare le leggi dello Stato che già esistono per ottenere che i sacerdoti possano accedere liberamente agli ammalati, con le stesse cautele che usano i medici. Molti Cappellani ospedalieri sono anche dipendenti statali, quindi devono essere messi in condizione di svolgere la propria missione. Se i medici entrano ed escono dai reparti con le debite cautele, altrettanto deve essere possibile ai Cappellani. In molti luoghi sono i medici stessi a richiedere quest’opera, innanzitutto per sé medesimi. Inoltre il papa ha ricordato ai Vescovi che, nella presente situazione di emergenza, essi possono ricorrere ad una particolare forma del sacramento della Confessione e cioè l’assoluzione collettiva dei penitenti; questi ultimi sono esentati sul momento dall’accusa personale dei propri peccati al sacerdote, ma devono emettere un atto di contrizione perfetta, il quale include necessariamente il voto di accusare i propri peccati ad un sacerdote appena ciò sarà possibile.

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La Penitenzieria Apostolica ha riconosciuto che la «Riconciliazione di più penitenti con la confessione e l’assoluzione generale» è adesso da attuarsi soprattutto nei luoghi maggiormente interessati dal contagio pandemico e fino a quando esso non cesserà. Il Vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, S.E: Mons. Riccardo Fontana (Ndr Diocesi alla quale appartiene l’Autore degli audio-video), è stato il primo in Italia a impartire in tale forma il sacramento della Riconciliazione; la mattina del 19 marzo si è recato all’ingresso dell’Ospedale San Donato di Arezzo, ove sono ricoverati anche malati di coronavirus; i degenti erano stati previamente avvertiti e hanno potuto seguire lo svolgimento del rito tramite l’emittente diocesana Telesandomenico, unendosi spiritualmente al Vescovo che li assolveva.

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Infine, nella presente situazione vi possono essere malati in quarantena o agonizzanti del tutto impossibilitati a ricevere l’assoluzione sacramentale; in tal caso, il papa ha recentemente ricordato che essi possono ricevere da Dio il perdono dei propri peccati emettendo un atto di contrizione perfetta, includente il fermo proposito di confessarsi se e appena ciò sarà per loro possibile.

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La maggior parte dei mezzi di comunicazione di massa ha dedicato solo qualche accenno superficiale a questi provvedimenti adottati dalla Chiesa per facilitare il più possibile il ricorso alla Riconciliazione sacramentale, con il rischio che passi nelle menti dei più questo tipo di messaggio: “allora posso confessarmi anche da me solo, senza bisogno di un sacerdote!” e: «la Chiesa cambia su tante cose; ora pure sul modo di confessarsi!». In realtà non è così. Da sempre la Santa Madre Chiesa celebra in varie forme il sacramento della Confessione, a seconda delle circostanze e delle possibilità, fedele al suo principio fondamentale: la salvezza delle anime è la suprema legge.

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Inoltre la Santa Madre Chiesa ha sempre insegnato che Dio perdona i peccati di coloro che sono sinceramente pentiti di averli commessi, non solo perché temono l’eterna dannazione, ma perché hanno offeso Dio e quindi sono fermamente risoluti a non peccare più. È quanto diciamo nell’Atto di dolore: «Mio Dio, mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati, perché peccando ho meritato i tuoi castighi e molto più perché ho offeso te, infinitamente buono e degno di essere amato sopra ogni cosa. Propongo, con il tuo santo aiuto, di non offenderti mai più e di fuggire le occasioni prossime di peccato. Signore, misericordia, perdonami!».

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Che la contrizione del penitente è il cuore del sacramento della Confessione lo dimostra anche il fatto che il sacerdote non può assolvere un penitente non debitamente pentito e che la grazia divina ricevuta mediante l’assoluzione sacramentale ci aiuta a maturare la contrizione perfetta, quindi a convertirci dai peccati perché amiamo Dio, non solo perché lo temiamo. Allo stesso tempo è sempre vero che la contrizione per i peccati commessi è perfetta proprio perché include necessariamente il voto di accusarsi dei propri peccati davanti al Confessore, appena ciò sarà possibile.

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In questa puntata di Chiesa Aperta abbiamo accennato ad un argomento complesso e delicato, cercando nel poco tempo a disposizione di essere chiari e concisi. La Confessione sacramentale è un argomento di attualità, perché la nostra preparazione spirituale alla Santa Pasqua prosegue anche in questa Quaresima in tempo di quarantena; «confessarsi almeno una volta all’anno e comunicarsi almeno a Pasqua» rimane uno dei Precetti generali della Chiesa, il minimo indispensabile da fare per dire di essere cristiani cattolici.

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Riflettere sull’importanza del sacramento della Penitenza ci ricorda i nostri doveri in tempo di normalità: vivere sempre in grazia di Dio, approfittare sempre delle occasioni per confessarsi, conoscere le verità della fede e le norme del comportamento cristiano, pregare spesso per ottenere la grazia di una buona morte (cioè confortati dai Sacramenti). Allora saremo sempre spiritualmente pronti, pur se sopraggiungerà l’emergenza! In ogni caso, adesso è importante renderci conto che la Chiesa Aperta, anche per donare agli uomini in ogni forma possibile il perdono dei peccati e assicurare così la salvezza eterna delle anime, che rimane la cosa più importante di tutte.

A risentirci alla prossima puntata di Chiesa Aperta.

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Sansepolcro (Arezzo), 24 marzo 2020

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RIPRESE VIDEO E MONTAGGIO A CURA DELLA EMITTENTE TELESANDOMENICO (AREZZO)

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TESTO DEL VIDEO

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Giovanni Zanchi

I testi del Padre Giovanni Zanchi, direttore del Centro Pastorale Culto Divino della Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, non sono stati pensati come articoli ma come testi audio-narrativi. Abbiamo provveduto a trascrivere il testo audio per i nostri Lettori.

Benvenuti ad una nuova edizione di Chiesa Aperta!

L’argomento di questa IX puntata è la continuazione di quello precedente: la Chiesa anche in tempo di pandemia rimane Aperta per assicurare la riconciliazione dei peccatori con Dio. Dopo aver segnalato come sia possibile in questo tempo di emergenza sociale amministrare il sacramento della Confessione, accenniamo ora alla pratica delle Indulgenze, perchè proprio in questi giorni ne sono state promulgate di nuove.

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Partiamo da una premessa fondamentale: il peccatore liberato dalla colpa del peccato mediante il sacramento della Confessione, deve ancora scontare la pena dovuta per il peccato; infatti Dio è al contempo misericordioso ma anche giusto. Per questo, assieme all’assoluzione sacramentale, il sacerdote confessore assegna anche una penitenza da compiere. Chi non espia totalmente in questa vita mortale le pene dovute per i propri peccati, lo dovrà fare necessariamente nell’altra vita, se muore in grazia di Dio; tanto vale allora fare penitenza il più possibile adesso.

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Con i sacramenti del Battesimo e della Confessione, la Santa Madre Chiesa ci libera dalla colpa del peccato; con le Indulgenze ci aiuta poi ad espiare le pene dovute per i peccati.

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Approfondiamo ora questo argomento: una Chiesa che sicuramente non chiude mai e che resterà aperta per l’eternità è quella del Paradiso. La Madonna in corpo e anima, gli Angeli, i Santi e le altre anime dei salvati già godono della visione di Dio e contemporaneamente intercedono per noi ancora pellegrini verso la patria comune del cielo. Durante la loro vita terrena, la Madonna e i Santi hanno acquisito per grazia di Dio meriti soprannaturali; uniti ai meriti infiniti acquistatici da Cristo redentore col suo sacrificio sulla croce, tali meriti soprannaturali dei Santi costituiscono il “tesoro” delle soddisfazioni alla divina giustizia, “tesoro” che la Chiesa mette a nostra disposizione per aiutarci a far penitenza dei nostri peccati e conseguire più facilmente l’eterna beatitudine.

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I fedeli debitamente disposti (confessati e comunicati) e che soddisfano ad alcune condizioni stabilite (esclusione di qualsiasi affetto al peccato, compimento dell’opera prescritta, recita del Padre nostro e del Credo, preghiera secondo le intenzioni del Sommo Pontefice), ottengono il dono della abbreviazione (indulgenza parziale) o addirittura della cancellazione (indulgenza plenaria) delle pene dovute per i propri peccati, soddisfacendo alla giustizia divina con l’attingere al “tesoro” soprannaturale dei meriti dei Santi. Detto “in soldoni”: è come se un debitore estinguesse il proprio debito perché un benefattore gli dona gratuitamente il denaro necessario che lui non possiede. Giova ricordare che alcune Indulgenze possono essere applicate anche all’anima di un defunto, a modo di suffragio.

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Chi volesse approfondire la dottrina e la pratica riguardo le Indulgenze può leggere il seguente documento: Penitenzieria Apostolica, Manuale delle Indulgenze, Libreria Editrice Vaticana, 20084.

In questa Quaresima in tempo di quarantena, il Papa ha emanato precise disposizioni, non solo perché i fedeli siano aiutati nel continuare a ricevere il sacramento della Confessione, ma anche per aiutare i fedeli nel continuare a fare penitenza per i propri peccati e giungere spiritualmente rinnovati alla prossima Pasqua. I più diffusi mezzi di comunicazione di massa non prestano attenzione alle nuove Indulgenze appena promulgate; per questo è necessario parlarne, affinché i fedeli ne vengano a conoscenza e possano usufruirne.

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Il Decreto emanato dalla Penitenzieria apostolica in data 20 marzo ultimo scorso è agevolmente consultabile tramite internet [cf QUI]. Mi limito qui a riassumere i punti salienti del Decreto papale: i «fedeli affetti da Coronavirus, sottoposti a regime di quarantena per disposizione dell’autorità sanitaria negli ospedali o nelle proprie abitazioni» ottengono l’Indulgenza plenaria «se, con l’animo distaccato da qualsiasi peccato, si uniranno spiritualmente attraverso i mezzi di comunicazione alla celebrazione della Santa Messa, alla recita del Santo Rosario, alla pia pratica della Via Crucis o ad altre forme di devozione, o se almeno reciteranno il Credo, il Padre Nostro e una pia invocazione alla Beata Vergine Maria, offrendo questa prova in spirito di fede in Dio e di carità verso i fratelli, con la volontà di adempiere le solite condizioni (confessione sacramentale, comunione eucaristica e preghiera secondo le intenzioni del Santo Padre), non appena sarà loro possibile». «Alle stesse condizioni» possono ottenere l’Indulgenza plenaria «gli operatori sanitari, i familiari e quanti, sull’esempio del Buon Samaritano, esponendosi al rischio di contagio, assistono i malati di Coronavirus». Anche i fedeli che «offrano la visita al Santissimo Sacramento, o l’adorazione eucaristica, o la lettura delle Sacre Scritture per almeno mezz’ora, o la recita del Santo Rosario, o il pio esercizio della Via Crucis, o la recita della Coroncina della Divina Misericordia, per implorare da Dio Onnipotente la cessazione dell’epidemia, il sollievo per coloro che ne sono afflitti e la salvezza eterna di quanti il Signore ha chiamato a sé possono lucrare ugualmente l’Indulgenza plenaria. L’indulgenza plenaria può essere ottenuta anche dal fedele che in punto di morte si trovasse nell’impossibilità di ricevere il sacramento dell’Unzione degli infermi e del Viatico: in questo caso si raccomanda l’uso del crocifisso o della croce».

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Il modo ordinario di espiare le pene dovute per i peccati è innanzitutto quello di compiere i propri doveri e sopportare le avversità della vita, innalzando con umile fiducia l’animo a Dio (cf Manuale delle Indulgenze, cit., p. 37); quindi, porre se stessi o i propri beni a servizio dei fratelli che si trovino in necessità e farlo con spirito di fede e con animo misericordioso (Ibidem, p. 40). Le due opere appena ricordate sono quanto mai attuali ed urgenti nella presente calamità e sono pure alla portata di tutti. La Santa Chiesa di fatto le ha ora indulgenziato tali opere, aiutandoci così a valorizzare con spirito soprannaturale quanto ci sta accadendo.

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«Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio» (Rm 8, 28), ci rivela l’apostolo san Paolo; «anche i peccati», chiosava sant’Agostino di Ippona; anche la pandemia, aggiungiamo noi. Pregando Dio e beneficando il prossimo per ottenere le nuove Indulgenze, possiamo trasformare i sacrifici dell’ora presente in una potente occasione soprannaturale di far del bene a noi stessi, oltre che al nostro prossimo.

A risentirci alla prossima puntata di Chiesa Aperta.

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Sansepolcro (Arezzo), 24 marzo 2020

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AVVISO AI LETTORI

Le Edizioni L’Isola di Patmos si avvalgono per la stampa e la distribuzione dei propri libri della grande Azienda Amazon, che in questo momento ha sospeso la spedizione e distribuzione di tutti i generi non urgenti e non strettamente necessari per problemi legati all’emergenza coronavirus. Al momento non è quindi possibile ordinare e ricevere i nostri libri, che potrete però ordinare dopo il 3 aprile.

 

 

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«Chiesa Aperta» (VII puntata) Come salvarsi dal coronavirus? Non certo con gli arcobaleni e la scritta “ce la faremo”, sottinteso: con le nostre sole forze. Ma chiedendo a Dio: «Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto» [Mt 7, 7]

— i Padri de L’Isola di Patmos vicini ai fedeli in questa quarantena —

«CHIESA APERTA» (VII puntata) — COME SALVARSI DAL CORONAVIRUS? NON CERTO CON GLI ARCOBALENI E LA SCRITTA “CE LA FAREMO”, SOTTINTESO: CON LE NOSTRE SOLE FORZE. MA CHIEDENDO A DIO: «CHIEDETE E VI SARÀ DATO; CERCATE E TROVERETE, BUSSATE E VI SARÀ APERTO» [Mt 7, 7]

Offriamo ai nostri Lettori questo terzo prezioso video del nostro stimato confratello Giovanni Zanchi, presbitero della Diocesi di Arezzo, affinché possa fungere anche da efficace e sapiente antidoto a tutti coloro che purtroppo, in questo momento di straordinaria crisi ed emergenza, non hanno trovato di meglio da fare che polemizzare, spesso anche in toni duri e aggressivi, contro le decisioni prese dai nostri vescovi per motivi di sicurezza a tutela della salute pubblica: sospendere le sacre celebrazioni e in molti casi chiudere le chiese. Ricordiamo che la Chiesa, nei momenti di crisi ed emergenza, non è mai stata salvata dalle polemiche di coloro che si ergono in tutti i tempi ai più fedeli tra i fedeli o ai più puri tra i puri, ma dall’unità. Qualcuno ha scritto in questi giorni che «i vescovi stanno suicidando la Chiesa italiana». Purtroppo non ha capito niente dell’essenza della fede cattolica: la Chiesa “si suicida” attaccando i vescovi, anziché seguirli e sostenerli in un momento di così grave prova. 

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RIPRESE VIDEO E MONTAGGIO A CURA DELLA EMITTENTE TELESANDOMENICO (AREZZO)

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TESTO DEL VIDEO

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I testi del Padre Giovanni Zanchi, direttore del Centro Pastorale Culto Divino della Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, non sono stati pensati come articoli ma come testi audio-narrativi. Abbiamo provveduto a trascrivere il testo audio per i nostri Lettori.

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Giovanni Zanchi

Benvenuti alla VII puntata di Chiesa Aperta!

In questo tempo di pandemia, un sacerdote alla porta della sua chiesa ha appeso la seguente scritta: «Dice il Signore: “Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto!” (Mt 7, 7)», per far comprendere ai suoi fedeli che il sacerdote rimane comunque a loro disposizione, salve naturalmente la dovuta prudenza e la necessaria riservatezza (cf Duc in altum, 18 marzo 2020). Dunque anche in tempo di pandemia le chiese rimangono aperte, pur senza celebrazioni pubbliche, come segno de La Chiesa che rimane aperta gloria di Dio e per la salvezza degli uomini.

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Nella presente situazione di emergenza i nostri Vescovi ci hanno dispensato dal dovere di partecipare alla Santa Messa domenicale, che è uno dei Precetti generali della Chiesa. Ma rimane l’obbligo di santificare la Domenica, che è un comandamento divino: «Ricordati di santificare le feste» (cf Es 20, 8 – 10).

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Notiamo che il diritto ecclesiastico già contempla il caso nel quale «per la mancanza del ministro sacro o per altra grave causa diventa impossibile la partecipazione alla celebrazione eucaristica»; in tale situazione, «si raccomanda vivamente che i fedeli … attendano per un congruo tempo alla preghiera personalmente o in famiglia» (Codice di Diritto canonico, 1248 §2).

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In questa Domenica e per altre a seguire, la Chiesa resta allora comunque aperta per la santificazione del Giorno del Signore, memoriale della Risurrezione di Cristo: nelle chiese di pietra e di mattoni il Clero continua a celebrare il Sacrificio eucaristico e le famiglie cristiane, «piccole chiese domestiche» (cf Lumen gentium 11) e i cristiani che vivono da soli, vi si uniscono spiritualmente, pure attraverso la diretta televisiva o radiofonica, mediante la quale è garantita in un certo qual modo almeno la partecipazione alla Liturgia della Parola domenicale (letture, omelia, professione di fede, preghiera universale); purtroppo attualmente l’Eucaristia difficilmente può essere ricevuta nella santa Comunione, ma almeno la Comunione spirituale rimane sempre possibile, tanto più in giorno di Domenica. Inoltre non va dimenticato che la Liturgia domenicale non si riduce alla Santa Messa, ma contempla pure la Liturgia delle Ore, articolata in ben 7 momenti distribuiti nel corso della giornata, specialmente le Lodi mattutine e il Vespro; sono preghiere che possono agevolmente essere celebrate in famiglia o da soli, tanto più in Domenica.

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Anche in tempi normali, la santificazione della Domenica non si riduce alla partecipazione alla Santa Messa e il precetto domenicale include pure il dovere del riposo, cioè l’astenersi «da quei lavori e da quegli affari che impediscono di rendere culto a Dio e turbano la letizia propria del giorno del Signore o il dovuto riposo della mente e del corpo” (Ibidem, 1247). Questo tempo di pandemia è caratterizzato purtroppo dalla forzosa cessazione di tante attività quotidiane, ma il riposo domenicale non è un semplice astenersi dal lavoro, ma vivere il tempo domenicale dedicandosi maggiormente a Dio, a se stessi e al prossimo.

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Ricordiamo a questo proposito quanto ci insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica al numero 2186:

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«È doveroso per i cristiani che dispongono di tempo libero ricordarsi dei loro fratelli che hanno i medesimi bisogni e i medesimi diritti e non possono riposarsi a causa della povertà e della miseria. Dalla pietà cristiana la domenica è tradizionalmente consacrata alle opere di bene e agli umili servizi di cui necessitano i malati, gli infermi, gli anziani. I cristiani santificheranno la domenica anche dando alla loro famiglia e ai loro parenti il tempo e le attenzioni che difficilmente si possono loro accordare negli altri giorni della settimana» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 2186).

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Nella presente situazione eccezionale, ogni cristiano deve discernere come applicare queste norme di comportamento domenicale. Riposo non significa semplicemente darsi allo svago e alla distrazione; il riposo domenicale deve essere anche un tempo dedicato alla formazione della propria fede mediante l’informazione e lo studio di argomenti religiosi e spirituali; per esempio, la lettura della Nota pastorale dei Vescovi italiani intitolata Il Giorno del Signore, edita nel lontano 1984 ma sempre attuale e consultabile comodamente in internet QUI. Per troppo tempo abbiamo trascurato la Domenica quale Giorno del Signore, riducendola stancamente alla sola partecipazione alla Santa Messa o, peggio ancora, all’occasione di darci ai nostri comodi, defraudando allegramente Dio del giorno che gli appartiene a titolo speciale e che lui ci dona gratuitamente per la nostra salute spirituale. Ora è il tempo di riscoprire la Domenica nel suo giusto valore e in tutti i suoi aspetti; la dolorosa privazione della Santa Messa domenicale paradossalmente ci aiuta in questa riscoperta.

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Concludo ricordando che la Domenica è contemporaneamente sia “il primo Giorno della settimana”, quello nel quale Cristo è risorto dai morti, sia “l’ottavo Giorno”, anticipo e attesa del “giorno senza tramonto” nel quale il popolo dei salvati entrerà definitivamente nel “riposo di Dio” (cf Prefazio delle Domeniche del Tempo ordinario X, Messale romano). Per questo il Catechismo della Chiesa Cattolica ai numeri 2185 e 2188 ricorda che la Domenica è caratterizzata dalla “letizia propria del Giorno del Signore” e deve essere «vissuto come il giorno della nostra liberazione, che ci fa partecipare alla adunanza festosa e all’assemblea dei primogeniti iscritti nei cieli” (Eb 12, 22 – 23)».

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La letizia domenicale risalta particolarmente ogni anno in questa IV Domenica di Quaresima, nella quale la Santa Chiesa all’inizio della Messa canta:

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«Rallégrati, Gerusalemme, e voi tutti che l’amate, riunitevi. Esultate e gioite, voi che eravate nella tristezza: saziatevi dell’abbondanza della vostra consolazione» (cf Is 66, 10 – 11).

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Queste parole profetiche rimangono vere anche in tempo di angoscia, perché Cristo risorto dìssipa le tenebre della morte. Finché ci sarà una Domenica da celebrare, la Chiesa rimane aperta.

Santa e buona Domenica a tutti!

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Sansepolcro (Arezzo), 22 marzo 2020

 

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«Chiesa Aperta» (VI puntata) — Il Beato Patriarca Giuseppe, silenzioso uomo eroico, modello di paternità e umana virilità

— i Padri de L’Isola di Patmos vicini ai fedeli in questa quarantena —

«CHIESA APERTA» (VI puntata) — IL BEATO PATRIARCA GIUSEPPE, SILENZIOSO UOMO EROICO, MODELLO DI PATERNITÀ E UMANA VIRILITÀ 

Offriamo ai nostri Lettori questo terzo prezioso video del nostro stimato confratello Giovanni Zanchi, presbitero della Diocesi di Arezzo, affinché possa fungere anche da efficace e sapiente antidoto a tutti coloro che purtroppo, in questo momento di straordinaria crisi ed emergenza, non hanno trovato di meglio da fare che polemizzare, spesso anche in toni duri e aggressivi, contro le decisioni prese dai nostri vescovi per motivi di sicurezza a tutela della salute pubblica: sospendere le sacre celebrazioni e in molti casi chiudere le chiese. Ricordiamo che la Chiesa, nei momenti di crisi ed emergenza, non è mai stata salvata dalle polemiche di coloro che si ergono in tutti i tempi ai più fedeli tra i fedeli o ai più puri tra i puri, ma dall’unità. Qualcuno ha scritto in questi giorni che «i vescovi stanno suicidando la Chiesa italiana». Purtroppo non ha capito niente dell’essenza della fede cattolica: la Chiesa “si suicida” attaccando i vescovi, anziché seguirli e sostenerli in un momento di così grave prova. 

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RIPRESE VIDEO E MONTAGGIO A CURA DELLA EMITTENTE TELESANDOMENICO (AREZZO)

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TESTO DEL VIDEO

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I testi del Padre Giovanni Zanchi, direttore del Centro Pastorale Culto Divino della Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, non sono stati pensati come articoli ma come testi audio-narrativi. Abbiamo provveduto a trascrivere il testo audio per i nostri Lettori.

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Giovanni Zanchi

Benvenuti alla VI puntata di Chiesa Aperta!

In questi difficili giorni, l’Arcivescovo di Milano, S.E. Mons. Mario Delpini, ha dichiarato: «Abbiamo sospeso le celebrazioni e tutto quello che poteva facilitare il contatto tra le persone. Ma abbiamo sempre detto che le chiese sono aperte» (La Stampa, 17 marzo 2020).

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Molte chiese anche in Italia sono dedicate a san Giuseppe, il castissimo Sposo della beata Vergine Maria, del quale oggi ricorre la solennità annuale. San Giovanni Paolo II, il 15 agosto 1989, dedicò al grande Patriarca una sua Esortazione apostolica, intitolata Redemptoris custos (Il custode del Redentore). Nelle piccole “chiese domestiche” che sono le nostre famiglie (Lumen gentium 11), in questi giorni di forzata clausura sarebbe ottima cosa leggere e meditare quel testo.

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San Giovanni Paolo II ci ricorda che san Giuseppe ha molte cose da insegnarci, particolarmente in questo tempo di tribolazione. Ricordo il principale di tali insegnamenti. In questi giorni ci giunge da più parti l’invito a «rimanere a casa» e impiegare creativamente il nostro tempo trascorso fra le pareti domestiche; per i cristiani ciò significa dedicarsi maggiormente alla preghiera, alla lettura della Bibbia e del Catechismo. Ebbene proprio San Giuseppe è il modello di tutti coloro che coltivano la vita interiore:

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«I Vangeli parlano esclusivamente di ciò che Giuseppe “fece”; tuttavia, consentono di scoprire nelle sue “azioni”, avvolte dal silenzio, un clima di profonda contemplazione. Giuseppe era in quotidiano contatto col mistero “nascosto da secoli”, che “prese dimora” sotto il tetto di casa sua» (Redemptoris custos, 25). «Il sacrificio totale, che Giuseppe fece di tutta la sua esistenza alle esigenze della venuta del Messia nella propria casa, trova la ragione adeguata nella “sua insondabile vita interiore, dalla quale vengono a lui ordini e conforti singolarissimi e derivano a lui la logica e la forza, propria delle anime semplici e limpide, delle grandi decisioni, come quella di mettere subito a disposizione dei disegni divini la sua libertà, la sua legittima vocazione umana, la sua felicità coniugale, accettando della famiglia la condizione, la responsabilità ed il peso e rinunciando per un incomparabile virgineo amore al naturale amore coniugale che la costituisce e la alimenta” (Insegnamenti di Paolo VI, VII [1969] 1268)» (Redemptoris custos, 26).

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San Giuseppe incarna dunque alla perfezione il modello del vero devoto, poiché la devozione non è altro che la sottomissione a Dio, la prontezza di volontà nel dedicarsi alle cose che riguardano il servizio di Dio (cf san Tommaso d’Aquino, Summa theologiae, II-II, q. 82, a. 3, ad 2). Nella presente difficile situazione giova ricordare che san Giuseppe è il Patrono della Chiesa Cattolica, dichiarato tale dal beato Pio IX (Quemadmodum Deus, 8 dicembre 1870). Leone XIII a tal proposito dichiarò: «Giuseppe fu a suo tempo legittimo e naturale custode, capo e difensore della divina Famiglia … È dunque cosa conveniente e sommamente degna del beato Giuseppe, che, a quel modo che egli un tempo soleva tutelare santamente in ogni evento la famiglia di Nazareth, così ora copra e difenda col suo celeste patrocinio la Chiesa di Cristo» (Quamquam pluries, 15 agosto 1889).

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Santa Teresa di Gesù ci testimonia quanto san Giuseppe sia potente nel soccorrere chi lo invoca:

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«Ad altri Santi sembra che Dio abbia concesso di soccorrerci in questa o in quell’altra necessità, mentre ho sperimentato che il glorioso san Giuseppe estende il suo patrocinio su tutte. Con ciò il Signore vuol farci intendere che a quel modo che era a lui soggetto in terra, dove egli come padre putativo gli poteva comandare, così anche in cielo fa tutto quello che gli chiede. Ciò han riconosciuto per esperienza anche altre persone che dietro mio consiglio si sono raccomandate al suo patrocinio» (Vita, 6).

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Dello speciale patrocinio di san Giuseppe la Chiesa Santa ha più che mai bisogno oggi per affrontare ora con zelo e creatività pastorale l’emergenza della pandemia e poi per rimanere accanto e tra la gente in modo rinnovato ed efficace, quando l’emergenza sarà finalmente terminata. San Giuseppe è anche lo speciale patrono dei moribondi, perché spirò fra le braccia di Gesù e di Maria santissima; nessuna morte fu più “buona” della sua. In questo tempo nel quale ci vogliono ingannare facendoci credere che la “eutanasia” cioè la “buona morte” sia il suicidio assistito, è urgente più che mai guardare invece all’esempio di san Giuseppe morente e, per sua intercessione, chiedere a Dio la grazia di una santa morte. Alla protezione di san Giuseppe vanno affidati adesso i moribondi a causa della pandemia, i quali affrontano il momento decisivo della loro esistenza soli e privi della possibilità di ricevere i Sacramenti.

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Infine ricordiamo che san Giuseppe è soprattutto il castissimo Sposo della beata Vergine Maria. È dal matrimonio con la Madonna che sono derivati a Giuseppe la sua singolare dignità e i suoi diritti su Gesù: 

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«Poiché il connubio è la massima società e amicizia … ne deriva che, se Dio ha dato come sposo Giuseppe alla Vergine, glielo ha dato non solo a compagno della vita, testimone della verginità e tutore dell’onestà, ma anche perché partecipasse, per mezzo del patto coniugale, all’eccelsa grandezza di lei» (Leone XIII, Quamquam pluries).

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San Giuseppe è dunque anche il modello per tutti gli sposi e le spose cristiani, molti dei quali in questi giorni hanno la possibilità di trascorrere più tempo assieme, pregando e approfondendo la propria comunione di vita. A questo proposito, concludo segnalando un avvenimento che merita di essere conosciuto. Ci si può sposare anche in questo tempo di pandemia, anche in presenza delle norme governative che vietano gli assembramenti e le cerimonie religiose. È quanto hanno fatto Pietro e Ilaria alcuni giorni fa, alla presenza del solo sacerdote e dei testimoni. I novelli sposi hanno dichiarato:

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«In una circostanza del genere quello che maggiormente emergeva è che stavamo rispondendo ad una chiamata e quello che più ci interessava quindi era poter dire il nostro sì di fronte a Cristo … Per noi ha significato andare all’essenziale della nostra vocazione … Gli amici … ci hanno aiutato a tenere fisso lo sguardo su ciò che importa davvero … e a non focalizzarci sui nostri progetti e pensieri andati miseramente in fumo, seppur giusti e belli. Siamo grati di ciò che è accaduto perché ci ha permesso di fare un grande passo di autocoscienza rispetto al nostro rapporto personale con Cristo in un inizio per noi così importante» (Il Sussidiario Net, 11 marzo 2020).

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Grazie, Pietro e Ilaria, novelli sposi! Ci avete mostrato con i fatti che anche in questi difficili giorni la Chiesa è “aperta”, sia quella di pietra e di mattoni, sia quella domestica. Auguri per la vostra vita matrimoniale! Dio benedica la vostra famiglia e san Giuseppe, il castissimo Sposo della Vergine Maria vi protegga, assieme a tutta la Chiesa e a tutte le famiglie cristiane!

A risentirci domani per una nuova puntata di Chiesa Aperta.

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Sansepolcro (Arezzo), 19 marzo 2020

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«INNO POPOLARE: GIUSEPPE E NOME SANTO»

1. Giuseppe, nome santo
è nome al cuor giocondo,
la speme egli è del mondo,
che allieta nel Signor. Rit.

Il nome tuo Giuseppe,
dolcezza suona ed amor,
felice chi lo seppe,
scolpir nell’alma e in cor!
Felice chi lo seppe,
scolpir nell’alma e in cor!

2. L’esaltino i suoi figli,
perché d’un padre è il nome
e amando veggan come,
s’ottenga il suo favor.

Rit. Il nome tuo Giuseppe…

3. È come eccelso e grande,
di forza e di possanza,
ma il suo potere avanza,
l’amabil sua bontade.

Rit. Il nome tuo Giuseppe…

4. Il tuo celeste nome,
sia in vita la mia speme
e alfin dell’ore estreme,
sia balsamo al dolor.

Rit Il nome tuo Giuseppe…

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«Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» [Gv 8,32],
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«Chiesa Aperta» (V puntata) — La pastorale sanitaria nell’attuale stato di emergenza: il lavoro dei cappellani degli ospedali durante questa pandemia da coronavirus

— i Padri de L’Isola di Patmos vicini ai fedeli in questa quarantena —

«CHIESA APERTA» (V puntata) — LA PASTORALE SANITARIA NELL’ATTUALE STATO DI EMERGENZA: IL LAVORO DEI CAPPELLANI DEGLI OSPEDALI DURANTE QUESTA PANDEMIA DA CORONAVIRUS

Offriamo ai nostri Lettori questo terzo prezioso video del nostro stimato confratello Giovanni Zanchi, presbitero della Diocesi di Arezzo, affinché possa fungere anche da efficace e sapiente antidoto a tutti coloro che purtroppo, in questo momento di straordinaria crisi ed emergenza, non hanno trovato di meglio da fare che polemizzare, spesso anche in toni duri e aggressivi, contro le decisioni prese dai nostri vescovi per motivi di sicurezza a tutela della salute pubblica: sospendere le sacre celebrazioni e in molti casi chiudere le chiese. Ricordiamo che la Chiesa, nei momenti di crisi ed emergenza, non è mai stata salvata dalle polemiche di coloro che si ergono in tutti i tempi ai più fedeli tra i fedeli o ai più puri tra i puri, ma dall’unità. Qualcuno ha scritto in questi giorni che «i vescovi stanno suicidando la Chiesa italiana». Purtroppo non ha capito niente dell’essenza della fede cattolica: la Chiesa “si suicida” attaccando i vescovi, anziché seguirli e sostenerli in un momento di così grave prova. 

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RIPRESE VIDEO E MONTAGGIO A CURA DELLA EMITTENTE TELESANDOMENICO (AREZZO)

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TESTO DEL VIDEO

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I testi del Padre Giovanni Zanchi, direttore del Centro Pastorale Culto Divino della Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, non sono stati pensati come articoli ma come testi audio-narrativi. Abbiamo provveduto a trascrivere il testo audio per i nostri Lettori.

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Giovanni Zanchi

Benvenuti alla V puntata di Chiesa Aperta!

In questi difficili giorni nella nostra Italia le chiese fatte di pietre e di mattoni rimangono aperte, come segno della Chiesa che resta presente e operante in mezzo al nostro popolo (cf Conferenza Episcopale Toscana, 14 marzo 2020); le chiese rimangono aperte, anche se non si svolgono celebrazioni pubbliche. Fra le chiese aperte vi sono pure quelle interne agli Ospedali, officiate dai Cappellani ospedalieri. Questi sacerdoti, assieme ai loro collaboratori — spesso volontari — assicurano da sempre un ministero indispensabile nei luoghi ove si cura la malattia e si combatte la morte; sono il volto materno della Chiesa che consiglia, insegna, ammonisce, consola, perdona, prega.

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I verbi appena pronunciati riecheggiano le opere della misericordia spirituale: consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, pregare Dio per i vivi e per i morti. Verso i malati, l’impegno del personale ospedaliero è per certi aspetti assimilabile alle opere della misericordia corporale.

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In Ospedale, accanto e assieme a chi si prodiga per la cura del corpo e della psiche, vi sono i Cappellani e i loro collaboratori, i quali si prodigano per la cura dell’anima immortale. La loro missione, sempre preziosa, è particolarmente importante in questo tempo di epidemia, nel quale è ancora più urgente adempiere al comando di Gesù, sintetizzato dalla Chiesa nella VI opera della misericordia corporale: “Ero malato e mi avete visitato … ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25, 35. 40).

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L’opera dei Cappellani ospedalieri ricorda a tutti che gli Ospedali sono una invenzione dei cristiani! La presenza e l’opera dei Cappellani ospedalieri sono impegnative e difficili anche in situazioni di normalità: non sempre i sofferenti sono disponibili a cercare l’aiuto di Dio; il pregiudizio materialista e scientista che ammorba la nostra società svaluta la vita spirituale e la sua necessità; il laicismo pretende di negare il valore sociale della fede e della sua espressione pubblica.

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La presenza e l’opera dei Cappellani ospedalieri sono ancor più impegnative e difficili in questo drammatico momento, in special modo nei reparti affollati di contagiati dal coronavirus: non solo per i ritmi massacranti ai quali sono assoggettati tutti coloro che lavorano negli Ospedali; non solo per la gestione delle urgenze cliniche e i protocolli di difesa dal contagio limitanti le possibilità di soffermarsi al capezzale degli ammalati; la presenza e l’opera dei Cappellani ospedalieri sono ancor più impegnative e difficili perché di fatto essi non possono avvicinare gli ammalati più gravi, anche quelli in pericolo di morte. Molti di loro muoiono purtroppo soli, senza il conforto dei Sacramenti e della vicinanza dei propri cari.

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Per la coscienza di un sacerdote questo è un fatto molto duro da sopportare! Un medico dell’Ospedale di Cremona in questi giorni ha dichiarato: «Lentamente tutti questi morti uccidono pure noi. Più passano i giorni più mi chiedo se sono ancora in grado di curare la gente, se la mia presenza qui ha ancora un senso».

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Sul piano spirituale queste parole lasciano intuire la fatica interiore alla quale possono essere esposti anche i sacerdoti che adempiono il loro ministero negli Ospedali nei quali si affronta direttamente l’emergenza sanitaria.

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Cosa fanno i Cappellani in quegli Ospedali, quali sono le loro armi spirituali nella guerra contro il Covid-19? Innanzitutto celebrano la Santa Messa nelle chiese annesse ai luoghi di cura, intercedendo per i malati, i medici, il personale, i volontari, i moribondi, i defunti e i familiari di tutti costoro; a volte per gli ammalati dei reparti è possibile assistere tramite un collegamento televisivo. Poi i Cappellani e i loro collaboratori assistono i malati meno gravi con il conforto della preghiera, dei Sacramenti, della direzione spirituale. Quindi i Cappellani sostengono spiritualmente il personale ospedaliero, sottoposto ad uno sforzo sovrumano.

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Ascoltiamo la testimonianza di un sacerdote missionario in un grande Ospedale di Milano: «Il mio lavoro quotidiano in questo momento è soprattutto quello di sostenere i medici … facciamo sempre due ore di adorazione eucaristica in chiesa. Così le persone possono entrare alla spicciolata e pregare un po’. Anche i malati che non possono venire sanno che in cappella c’è sempre qualcuno che prega per loro e che si ricorda di loro. Anche se non possiamo raggiungere i pazienti, loro sanno che non li abbiamo abbandonati» (padre Giovanni Musazzi, Ospedale “Luigi Sacco”, Milano).

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Assieme al personale medico, anche i Cappellani ospedalieri e i loro collaboratori sono i nostri eroi, impegnati senza risparmio di sé sul fronte della battaglia per sconfiggere il gran male dell’epidemia. Al personale medico giustamente molte persone fanno giungere attestati di solidarietà e di incoraggiamento; anche ai Cappellani ospedalieri e ai loro collaboratori deve andare il pubblico sostegno e la pubblica riconoscenza, perché la nostra società ha urgente bisogno di riscoprire il valore spirituale della malattia: se l’uomo non sa trovare un senso al proprio soffrire e al proprio morire, allora non può scoprire un senso nemmeno al proprio vivere in salute.

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I Cappellani ospedalieri e i loro collaboratori sono il volto della Chiesa che rimane aperta, anzi spalancata, anche in questi tempi calamitosi. Sia nelle chiese aperte fatte di pietra e di mattoni, sia nelle chiese domestiche che sono le nostre famiglie, in questi giorni si elevi fervida la preghiera di supplica e di intercessione anche per i ministri di Dio operanti negli ospedali e per i loro collaboratori, affinchè il Signore li protegga dal contagio e li aiuti a svolgere il loro indispensabile ministero spirituale.

A risentirci domani per una nuova puntata di Chiesa Aperta.

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Sansepolcro (Arezzo), 18 marzo 2020

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«Chiesa Aperta» (IV puntata) — La toccante supplica del Sindaco di Venezia a Santa Maria della Salute. Nella speranza che nessuno urli all’oltraggio verso il “dogma” dello Stato laico …

— i Padri de L’Isola di Patmos vicini ai fedeli in questa quarantena —

«CHIESA APERTA» (IV puntata) — LA TOCCANTE SUPPLICA DEL SINDACO DI VENEZIA A SANTA MARIA DELLA SALUTE. NELLA SPERANZA CHE NESSUNO URLI ALL’OLTRAGGIO VERSO IL “DOGMA” DELLO STATO LAICO …

Offriamo ai nostri Lettori questo terzo prezioso video del nostro stimato confratello Giovanni Zanchi, presbitero della Diocesi di Arezzo, affinché possa fungere anche da efficace e sapiente antidoto a tutti coloro che purtroppo, in questo momento di straordinaria crisi ed emergenza, non hanno trovato di meglio da fare che polemizzare, spesso anche in toni duri e aggressivi, contro le decisioni prese dai nostri vescovi per motivi di sicurezza a tutela della salute pubblica: sospendere le sacre celebrazioni e in molti casi chiudere le chiese. Ricordiamo che la Chiesa, nei momenti di crisi ed emergenza, non è mai stata salvata dalle polemiche di coloro che si ergono in tutti i tempi ai più fedeli tra i fedeli o ai più puri tra i puri, ma dall’unità. Qualcuno ha scritto in questi giorni che «i vescovi stanno suicidando la Chiesa italiana». Purtroppo non ha capito niente dell’essenza della fede cattolica: la Chiesa “si suicida” attaccando i vescovi, anziché seguirli e sostenerli in un momento di così grave prova. 

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TESTO DEL VIDEO

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I testi del Padre Giovanni Zanchi, direttore del Centro Pastorale Culto Divino della Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, non sono stati pensati come articoli ma come testi audio-narrativi. Abbiamo provveduto a trascrivere il testo audio per i nostri Lettori.

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Giovanni Zanchi

Benvenuti alla quarta puntata di Chiesa Aperta!

In questi difficili giorni nella nostra Italia le chiese fatte di pietre e di mattoni rimangono aperte, come segno della Chiesa che resta presente e operante in mezzo al nostro popolo (cf Conferenza Episcopale Toscana, 14 marzo 2020); le chiese rimangono aperte anche se non vi si svolgono celebrazioni pubbliche. In una di queste chiese aperte si è svolta una preghiera del tutto particolare, della quale vogliamo ora parlare.

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La Basilica di Santa Maria della salute a Venezia fu edificata dal governo e dal popolo di Venezia come adempimento del voto fatto alla Madonna per la cessazione della peste del 1630; terminata l’epidemia per intervento della Santa Vergine, i veneziani eressero con grande impegno uno splendido monumento di spiritualità e di arte, ove ringraziare perennemente Dio per la ritrovata salute.

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Il 13 marzo ultimo scorso il Sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, si è recato ufficialmente alla Chiesa della salute per affidare la sua Città alla protezione della Madonna in questo tempo di epidemia, recitando la preghiera composta dal Patriarca di Venezia [ vedere video QUI].

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Il Sindaco di Venezia ha compiuto un gesto significativo e vero. Ce lo insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica:

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Numero 1884: «Dio non ha voluto riservare solo a sé l’esercizio di tutti i poteri. Egli assegna ad ogni creatura le funzioni che essa è in grado di esercitare, secondo le capacità proprie della sua natura. Questo modo di governare deve essere imitato nella vita sociale. Il comportamento di Dio nel governo del mondo, che testimonia un profondissimo rispetto per la libertà umana, dovrebbe ispirare la saggezza di coloro che governano le comunità umane. Costoro devono comportarsi come ministri della Provvidenza divina».

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Numero 2244: «Ogni istituzione si ispira, anche implicitamente, ad una visione dell’uomo e del suo destino, da cui deriva i propri criteri di giudizio, la propria gerarchia dei valori, la propria linea di condotta. Nella maggior parte delle società le istituzioni fanno riferimento ad una certa preminenza dell’uomo sulle cose. Solo la Religione divinamente rivelata ha chiaramente riconosciuto in Dio, Creatore e Redentore, l’origine e il destino dell’uomo. La Chiesa invita i poteri politici a riferire i loro giudizi e le loro decisioni a tale ispirazione della Verità su Dio e sull’uomo».

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Recandosi ufficialmente a pregare in Santa Maria della salute il Sindaco di Venezia ha messo in pratica le verità appena ricordate e ha dimostrato di avere a cuore il vero bene comune dei suoi concittadini. Il Catechismo della Chiesa Cattolica ricorda infatti anche un’altra verità molto importante:

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Numero 2244: «Le società che ignorano questa ispirazione o la rifiutano in nome della loro indipendenza in rapporto a Dio, sono spinte a cercare in se stesse oppure a mutuare da una ideologia i loro riferimenti e il loro fine e, non tollerando che sia affermato un criterio oggettivo del bene e del male, si arrogano sull’uomo e sul suo destino un potere assoluto, dichiarato o non apertamente ammesso, come dimostra la storia (cf Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 45; 46)».

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In questo tempo la diffusione di un microscopico virus ha reso evidente che la pretesa degli uomini di bastare a se stessi prescindendo da Dio è falsa. Una società che nega Dio diventa inevitabilmente tirannica e si ritrova sola di fronte alle catastrofi, incapace di promuovere e salvaguardare il vero bene degli uomini che la compongono. Bene quindi ha fatto il Sindaco di Venezia a chiedere l’aiuto di Dio nelle presenti necessità.

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In Italia non mancano autorità politiche si dichiarano cattoliche; ci attendiamo che nell’esercizio delle loro funzioni siano coerenti con la fede cristiana che professano, compiendo gesti simili a quelli del Sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro. Il gesto vero da lui compiuto nell’adempimento del suo alto Ufficio ricorda a tutti noi di mettere in pratica 2 altri insegnamenti del Catechismo della Chiesa Cattolica.

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Numero 1900: «Il dovere di obbedienza impone a tutti di tributare all’autorità gli onori che ad essa sono dovuti e di circondare di rispetto e, secondo il loro merito, di gratitudine e benevolenza le persone che ne esercitano l’ufficio».

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Numero 2240: «L’Apostolo ci esorta ad elevare preghiere ed azioni di grazie “per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo trascorrere una vita calma e tranquilla con tutta pietà e dignità» (1Tm 2, 2).

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Per questa intenzione i cattolici pregano solennemente ogni Venerdì Santo, ma specialmente in questo tempo di grande difficoltà è indispensabile supplicare il Signore affinché illumini, guidi e sostenga le pubbliche Autorità, così che possano agire prontamente e con successo per il bene di noi tutti. Nelle chiese aperte, sia quelle di pietra e di mattoni, sia quelle domestiche che sono le nostre case non manchi questa preghiera.

A risentirci domani per una nuova puntata di Chiesa Aperta.

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Sansepolcro (Arezzo), 18 marzo 2020

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RIPRESE VIDEO E MONTAGGIO A CURA DELLA EMITTENTE TELESANDOMENICO (AREZZO)

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«Chiesa aperta» III puntata — A cura di Giovanni Zanchi: in questo momento di grave emergenza i vostri Sacerdoti, seppure da soli, seguitano a celebrare le Sante Messe offrendo il Sacrificio Eucaristico per la salute dei corpi e delle anime

— i Padri de L’Isola di Patmos vicini ai fedeli in questa quarantena —

«CHIESA APERTA» (III puntata) — A CURA DI GIOVANNI ZANCHI: IN QUESTO MOMENTO DI GRAVE EMERGENZA I VOSTRI SACERDOTI, SEPPURE DA SOLI, SEGUITANO A CELEBRARE LE SANTE MESSE OFFRENDO IL SACRIFICIO EUCARISTICO PER LA SALUTE DEI CORPI E DELLE ANIME  

Offriamo ai nostri Lettori questo terzo prezioso video del nostro stimato confratello Giovanni Zanchi, presbitero della Diocesi di Arezzo, affinché possa fungere anche da efficace e sapiente antidoto a tutti coloro che purtroppo, in questo momento di straordinaria crisi ed emergenza, non hanno trovato di meglio da fare che polemizzare, spesso anche in toni duri e aggressivi, contro le decisioni prese dai nostri vescovi per motivi di sicurezza a tutela della salute pubblica: sospendere le sacre celebrazioni e in molti casi chiudere le chiese. Ricordiamo che la Chiesa, nei momenti di crisi ed emergenza, non è mai stata salvata dalle polemiche di coloro che si ergono in tutti i tempi ai più fedeli tra i fedeli o ai più puri tra i puri, ma dall’unità. Qualcuno ha scritto in questi giorni che «i vescovi stanno suicidando la Chiesa italiana». Purtroppo non ha capito niente dell’essenza della fede cattolica: la Chiesa “si suicida” attaccando i vescovi, anziché seguirli e sostenerli in un momento di così grave prova. 

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RIPRESE VIDEO E MONTAGGIO A CURA DELLA EMITTENTE TELESANDOMENICO (AREZZO)

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TESTO DEL VIDEO

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I testi del Padre Giovanni Zanchi, direttore del Centro Pastorale Culto Divino della Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, non sono stati pensati come articoli ma come testi audio-narrativi. Abbiamo provveduto a trascrivere il testo audio per i nostri Lettori.

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Giovanni Zanchi

Benvenuti alla III puntata di Chiesa Aperta!

In questi difficili giorni nella nostra Italia le chiese fatte di pietre e di mattoni rimangono aperte, come segno della Chiesa che resta presente e operante in mezzo al nostro popolo (cf Conferenza Episcopale Toscana, 14 marzo 2020), le chiese restano aperte anche se non vi si svolgono celebrazioni pubbliche. Nelle chiese comunque aperte rimangono presenti almeno i sacerdoti, che ogni giorno continuano a celebrare la Santa Messa, anche da soli. San Paolo VI insegna che anche se celebrata da un sacerdote solitario, dalla Santa Messa «deriva grande abbondanza di particolari grazie, a vantaggio sia dello stesso sacerdote, sia del popolo fedele e di tutta la Chiesa, anzi di tutto il mondo» (Mysterium fidei 33).

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Fra le abbondanti grazie spirituali che la santa Messa dona vi è anche il suffragio per i defunti. Parliamone brevemente. Per andare in Paradiso non basta infatti morire in grazia di Dio e quindi essere liberi dalla colpa per i peccati commessi; per andare in Paradiso occorre anche essere liberi dalle pene dovute per i propri peccati; l’anima di chi muore in grazia di Dio ma ha ancora pene da scontare per i peccati commessi è purificata dalla giustizia di Dio dopo la morte: è quello che la Santa Chiesa chiama il Purgatorio.

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Ormai separate dal corpo, le anime purganti non possono aiutare se stesse, ma possono pregare per noi ancora viventi sulla terra e possono ricevere il nostro aiuto spirituale per abbreviare la loro purificazione e giungere all’eterna beatitudine in Dio. Sono molte le buone opere che possiamo offrire a Dio per soccorrere le anime dei defunti, esse sono: ogni forma di penitenza e di elemosina, le indulgenze, la preghiera e soprattutto l’offerta del sacrificio eucaristico.

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Nelle chiese aperte i nostri sacerdoti anche da soli continuano ogni giorno a celebrare la Santa Messa per la salvezza spirituale dei vivi e pure dei defunti. Anche le nostre case sono delle piccole “chiese domestiche” che rimangono aperte alla preghiera di supplica e di intercessione presso Dio per tutti i bisognosi, sia vivi che defunti.

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In questo tempo di Quaresima la Santa Chiesa ci invita ad intensificare il nostro impegno nel digiuno, nella preghiera, nella elemosina. Della nostra elemosina, cioè della nostra carità hanno bisogno anche le anime dei defunti, specialmente quelli deceduti a causa dell’epidemia.

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Tutti si preoccupano per la situazione difficile del personale medico e di tutti gli altri impegnati per il bene sociale; i defunti finiscono invece per essere considerati solo un numero che incute timore. I morti in conseguenza del coronavirus sono ormai centinaia; a causa delle loro condizioni cliniche particolari se ne sono andati soli, senza il conforto dei Sacramenti e della vicinanza dei familiari. I sacerdoti si preoccupano di accompagnarli almeno alla sepoltura, ma senza poter celebrare le Esequie.

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Non priviamo questi defunti anche della preghiera per le loro anime. È ora urgente aiutarli con i nostri cristiani suffragi, perché non c’è solo questa vita terrena; il corpo muore, ma l’anima vive immortale. Il suffragio dei defunti è un soccorso urgente e indispensabile, che solo noi cristiani possiamo mettere in atto. La carità della Chiesa è così grande e così potente da poter soccorrere non solo i vivi, ma pure i trapassati; la carità della Chiesa è così grande e così potente da poter agire non solo in questo mondo ma anche nell’altro.

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Impariamo dai nostri antenati: in tempo di calamità non solo seppellirono i morti, ma pregarono a lungo per le loro anime: le tante chiese erette proprio per il Suffragio e sparse per l’Italia ce lo ricordano ancora. Preoccuparci del suffragio dei morti a causa dell’epidemia giova anche a noi: ci fa acquistare meriti presso Dio in vista della vita eterna e ci insegna anche a far penitenza per i nostri peccati adesso, per farne meno dopo la nostra morte. La Chiesa che in tempo di epidemia soccorre non solo i vivi ma anche i defunti è veramente una Chiesa che rimane aperta.

A risentirci domani per una nuova puntata di Chiesa Aperta.

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Sansepolcro (Arezzo), 16 marzo 2020

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«Chiesa aperta» (II puntata) – A cura di Giovanni Zanchi, presbitero della Diocesi di Arezzo: il Popolo di Dio non è affatto abbandonato senza Sacramenti di grazia e con le chiese chiuse

— i Padri de L’Isola di Patmos vicini ai fedeli in questa quarantena —

«CHIESA APERTA» (II puntata) — A CURA DI GIOVANNI ZANCHI, PRESBITERO DELLA DIOCESI DI AREZZO: IL POPOLO DI DIO NON È AFFATTO ABBANDONATO SENZA SACRAMENTI DI GRAZIA E CON LE CHIESE CHIUSE

Offriamo ai nostri Lettori questo prezioso video del nostro stimato confratello Giovanni Zanchi, presbitero della Diocesi di Arezzo, affinché possa fungere anche da efficace e sapiente antidoto a tutti coloro che purtroppo, in questo momento di straordinaria crisi ed emergenza, non hanno trovato di meglio da fare che polemizzare, spesso anche in toni duri e aggressivi, contro le decisioni prese dai nostri vescovi per motivi di sicurezza a tutela della salute pubblica: sospendere le sacre celebrazioni e in molti casi chiudere le chiese. Ricordiamo che la Chiesa, nei momenti di crisi ed emergenza, non è mai stata salvata dalle polemiche di coloro che si ergono in tutti i tempi ai più fedeli tra i fedeli o ai più puri tra i puri, ma dall’unità. Qualcuno ha scritto in questi giorni che «i vescovi stanno suicidando la Chiesa italiana». Purtroppo non ha capito niente dell’essenza della fede cattolica: la Chiesa “si suicida” attaccando i vescovi, anziché seguirli e sostenerli in un momento di così grave prova. 

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RIPRESE VIDEO E MONTAGGIO A CURA DELLA EMITTENTE TELESANDOMENICO (AREZZO)

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TESTO DEL VIDEO

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Giovanni Zanchi

I testi del Padre Giovanni Zanchi, direttore del Centro Pastorale Culto Divino della Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, non sono stati pensati come articoli ma come testi audio-narrativi. Abbiamo provveduto a trascrivere il testo audio per i nostri Lettori.

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In questi difficili giorni nella nostra Italia le chiese fatte di pietre e di mattoni rimangono aperte, «come segno della Chiesa che resta presente alla vita delle comunità», dicono i nostri vescovi. 

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Però «l’apertura delle chiese viene proposta come un segno, non come un invito a frequentarle», dicono ancora i nostri vescovi [cf. Conferenza Episcopale Toscana], e questo a causa delle indispensabili norme di profilassi che tutti dobbiamo rispettare il più possibile.

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Nelle chiese aperte rimane comunque presente notte e giorno Gesù eucaristico; assieme a Gesù, nelle chiese aperte rimangono presenti i sacerdoti, che ogni giorno continuano a celebrare la Santa Messa, anche da soli. Perché lo fanno? Spieghiamolo brevemente, considerando due aspetti …

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Primo aspetto: normalmente la Santa Messa vede radunati il Clero e il popolo; ma il semplice radunarsi del popolo dei fedeli non basta da solo perché si possa celebrare la Santa Messa.

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Per celebrare la Santa Messa è assolutamente necessaria la presenza di almeno un sacerdote, il quale mediante il sacramento dell’Ordine è stato conformato a Gesù Cristo capo del suo corpo mistico che è la Chiesa.  Il sacerdote agisce dunque nella persona di Cristo capo, lo ri-presenta sacramentalmente e quindi Gesù agisce misteriosamente ma realmente attraverso il ministero dei sacerdoti.

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Secondo aspetto: la Santa Messa è innanzitutto la ripresentazione sacramentale del sacrificio redentore offerto da Gesù una volta per tutte morendo in croce per liberarci dai nostri peccati; da questo punto di vista, l’unica differenza fra il Calvario e l’altare è che sul Calvario Gesù si immolò spargendo fisicamente il proprio sangue, ora sull’altare Gesù si immola sacramentalmente mediante il ministero del sacerdote. Ricordiamo ora due documenti della Chiesa attuale che insegnano il valore soprannaturale della Santa Messa, anche se celebrata da un sacerdote da solo. I due documenti sono: l’enciclica di san Paolo VI Mysterium fidei [il mistero della fede] e il Catechismo della Chiesa Cattolica di San Giovanni Paolo II.  Ascoltiamo a questo proposito le parole di San Paolo VI:

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«Ogni Messa, anche se privatamente celebrata da un sacerdote, non è tuttavia cosa privata, ma azione di Cristo e della Chiesa, la quale nel sacrificio che offre, ha imparato ad offrire sé medesima come sacrificio universale, applicando per la salute del mondo intero l’unica e infinita virtù redentrice del sacrificio della Croce. Ogni Messa celebrata viene offerta non solo per la salvezza di alcuni, ma anche per la salvezza di tutto il mondo».

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Ne consegue che, anche dalla Messa celebrata privatamente da un Sacerdote «deriva grande abbondanza di particolari grazie, a vantaggio sia dello stesso sacerdote, sia del popolo fedele e di tutta la Chiesa, anzi di tutto il mondo, grazie che non si possono ottenere in uguale misura mediante la sola Comunione» [Mysterium fidei 33].

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Non poter partecipare alla Santa Messa, dover rinunciare alla Santa Comunione sono le privazioni più grandi che noi cristiani subiamo nelle attuali condizioni. Ma dietro le porte aperte delle chiese deserte, tutti i sacerdoti continuano a celebrare il sacrificio eucaristico, che è la più grande preghiera di supplica e di intercessione che possa salire a Dio per il bene spirituale e corporale degli uomini.

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Tutti sono chiamati ad unirsi spiritualmente ai sacerdoti che celebrano individualmente le Sante Messe a tante ore del giorno, tutti sono chiamati alla Comunione spirituale. A unirci spiritualmente ai sacerdoti che celebrano la Santa Messa da soli, ci aiutano i vari mezzi di comunicazione di massa, mediante i quali possiamo seguire la telecronaca nazionale e locale di Sante Messe celebrate in molti luoghi, anche della nostra Diocesi.

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In questi giorni difficili le chiese saranno anche deserte, ma non sono vuote e gli uomini non sono soli e abbandonati di fronte all’epidemia: mediante i sacerdoti che continuano a celebrare la Santa Messa, Gesù eucaristia rimane in mezzo a noi per confortarci e salvarci.

A risentirci domani  su Chiesa Aperta.

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Sansepolcro (Arezzo), 14 marzo 2020

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