È in distribuzione “Amoris Tristitia”, ultima opera editoriale di Ariel S. Levi di Gualdo dedicata alla memoria del Cardinale Carlo Caffarra

È IN DISTRIBUZIONE AMORIS TRISTITIA, ULTIMA OPERA EDITORIALE DI ARIEL S. LEVI di GUALDO DEDICATA ALLA MEMORIA DEL CARDINALE CARLO CAFFARRA

 

«Chi di noi si è formato in ambito teologico sulle pagine del recente sommo magistero dei Pontefici Pio XII, Paolo VI, Giovanni Paolo II, facendo tesoro della grande omiletica di Benedetto XVI, degna dei sermoni del Santo Pontefice Gregorio Magno, nel leggere certi documenti recenti o udendo taluni predicozzi giornalieri da curato di campagna svaporato, può giungere ragionevolmente a dire che dalle aquile reali si è passati ai polli d’allevamento in batteria intensiva».

— Novità editoriali —

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Autore:
Jorge Facio Lince
Presidente delle Edizioni L’Isola di Patmos

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Il 6 settembre ricorre il V° anniversario della morte del Cardinale Carlo Caffarra che nel 1981 fu incaricato dal Santo Pontefice Giovanni Paolo II di fondare l’Istituto per studi su matrimonio e famiglia. L’opera di Padre Ariel S. Levi di Gualdo è una disamina critica della Amoris Laetitia in rapporto alla Humanae Vitae. Riguardo la Amoris Laetitia l’Autore scrive:

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«Dopo la chiusura del Sinodo sulla famiglia l’utero dell’elefantessa partorì il 19 marzo 2016 il topolino di campagna della Esortazione Apostolica post sinodale Amoris Laetitia, un marchingegno di ambiguità costruito sul detto e non detto, su frasi ambigue a doppio senso, sentimentalismi emotivi e tanti sociologismi che decretano di fatto la morte di quello che per secoli è stato il linguaggio preciso, deciso e non passibile di equivoci del Magistero della Chiesa sorretto sui più solidi e chiari principi della metafisica classica, da tempo messa in soffitta per lasciare spazio al romanticismo tedesco decadente e al cuoricino che palpita e che guarda all’immediato del proprio soggettivo “io” anziché al futuro e a Dio. Chi di noi si è formato in ambito teologico sulle pagine del recente sommo magistero dei Pontefici Pio XII, Paolo VI, Giovanni Paolo II, facendo tesoro della grande omiletica di Benedetto XVI, degna dei sermoni del Santo Pontefice Gregorio Magno, nel leggere certi documenti recenti o udendo taluni predicozzi giornalieri da curato di campagna svaporato, può giungere ragionevolmente a dire che dalle aquile reali si è passati ai polli d’allevamento in batteria intensiva, come a volte è accaduto a intervalli ciclici nella storia della Chiesa, anche se mai ai livelli desolanti di questi nostri tempi […] Qualche superficiale potrebbe fraintendere, in buona o anche in mala fede, obiettando che in queste pagine ho rivolto severe critiche a una Esortazione Apostolica data dal Romano Pontefice. Chiunque mi accusi di ciò sarebbe in grave errore, perché non critico affatto una norma data, dinanzi alla quale tacerei ed eseguirei quanto disposto dal sommo magistero. Ciò che critico è una norma non data e delle domande alle quali non è mai stata data risposta, lasciando il tutto avvolto nell’ambiguità. Questo è l’oggetto della mia critica: la mancanza di una norma assieme alla mancanza di chiarezza e di risposta. Il fedele servitore della Chiesa ragiona, dibatte e critica fin quando è consentito. Dopo che la Chiesa ha parlato il suo compito è di eseguire e trasmettere gli insegnamenti e di osservare le norme date, salvo creare in caso contrario scandalo nel Popolo di Dio e fratture della comunione ecclesiale. Nessuno, sacerdote o laico cattolico che qualsivoglia, può dissentire e sostituire le proprie personali opinioni all’autorità della Chiesa, a questo ci pensano i teologi tedeschi, da sempre è loro prerogativa e privilegio pontificio».

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È cosa nota e risaputa quanto Padre Ariel sia un pensatore, un analista e un teologo che quando graffia lascia il segno. E chi il graffio lo riceve, in genere ha due possibilità: o tenerselo e curare la ferita, oppure ritrovarsi in gravi difficoltà a smentire ciò che di vero e incontestabile ha scritto. Questo il motivo per il quale è accaduto nel corso del tempo che più volte, varie persone che si sono sentite ferite dalle sue parole o dai suoi rimproveri, non potendolo smentire né volendo dibattere nel merito delle precise questioni sollevate si sono attaccate alla forma espressiva, che nel caso di questo scrittore è spesso ironica, talvolta persino colorita. Ma d’altronde è noto: a questo modo agivano già a suo tempo i farisei.

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Dibattendo sul delicato tema della Humanae Vitae l’Autore si colloca nel mezzo in un punto di equilibrio tra coloro che vorrebbero relativizzarla e coloro che vorrebbe invece «dogmatizzare un preservativo rinchiudendo al suo interno la morale cattolica e l’intero mistero del male». A tal proposito precisa:

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«Desidero chiarire sin dall’inizio di questa mia esposizione che a certi generi di pensieri e giochi perversi non ci sono mai stato né intendo starci come uomo e come cattolico, come presbitero e come teologo. Questo libro intende esserne prova lucida e obiettiva in aperta critica rivolta sia a coloro che vorrebbero applicare alla Chiesa il carente senso morale del mondo e la sua sessualità disordinata e senza alcuna regola, sia a coloro che sono animati da quelle forme di cupo moralismo che niente ha da spartire con la sana e autentica morale cattolica, retta sulla più importante delle virtù teologali: la carità (cfr. I Cor 13), non certo sul principio della summa lex summa iniuria (la somma giustizia equivale spesso alla somma ingiustizia). E la verità si regge sulla carità, mentre la carità è tale se retta dalla verità (cfr. Caritas in veritate). Perché è sulla carità che saremo giudicati da Dio».

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Dall’Isola di Patmos, 30 agosto 2022

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