Dalla decadenza alla farsa grottesca: Enzo Bianchi, un laico eretico che con il plauso dei vescovi predica gli esercizi spirituali ai preti sulla tomba del Patrono universale dei sacerdoti

— attualità ecclesiale —

DALLA DECADENZA ALLA FARSA GROTTESCA: ENZO BIANCHI, UN LAICO ERETICO CHE CON IL PLAUSO DEI VESCOVI PREDICA GLI ESERCIZI SPIRITUALI AI PRETI SULLA TOMBA DEL PATRONO UNIVERSALE DEI SACERDOTI

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Chi oggi rimane scandalizzato che Enzo Bianchi possa predicare gli esercizi spirituali mondiali per i sacerdoti, non ha motivo di prendersela né col Pontefice regnante né col Prefetto della congregazione per il clero che sarà presente a questo cosiddetto evento mondiale come un notaio può essere presente in una casa dove in una stanza c’è il cadavere del morto, nell’altra gli eredi che assistono all’apertura di un testamento attraverso il quale, con immane stupore, scopriranno a breve, dalla sua pubblica lettura, che non hanno ereditato un centesimo, ma solo una caterva di debiti da pagare. Esattamente quei debiti presentati infine al Sommo Pontefice Francesco I da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI, Enzo Bianchi incluso.

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Autori
Ariel S. Levi di Gualdo
Jorge Facio Lince

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Enzo Bianchi, un eretico conclamato in cattedra a predicare gli esercizi spirituali mondiali al clero sulla tomba del Patrono dei Sacerdoti della Chiesa universale, il Santo Curato d’Ars

Quando analizziamo nascita e sviluppo di certi mostri intra-ecclesiali, bisogna sempre cercare di andare all’origine del problema. Spesso, la natura del problema, è costituita proprio dal problema stesso che non è stato preso, analizzato, isolato e risolto per tempo. Sicché, a quanti dinanzi all’eretico indomito e impenitente Enzo Bianchi, falso profeta, cattivo maestro, pernicioso avvelenatore del deposito della fede cattolica, oggi puntano il dito verso il Sommo Pontefice Francesco I, è doveroso ricordare, anzitutto per onestà intellettuale, poi per storico dato di fatto, che i veri responsabili dello sviluppo del cancro bianchiano all’interno della Chiesa sono stati il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, il Cardinale Joseph Ratzinger Prefetto per un ventennio della Congregazione per la dottrina della fede, in seguito il Sommo Pontefice Benedetto XVI, sotto il cui pontificato Enzo Bianchi, pubblico diffusore di eresie cristologiche, pneumatologiche, ecclesiologiche ed esegetiche, fu invitato al Sinodo sulla nuova evangelizzazione.

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Ci risulta che alla Congregazione per la Dottrina della Fede presieduta dal Cardinale Joseph Ratzinger, nel corso degli anni giunsero molte denunce, assieme a numerose richieste da parte di diversi vescovi che in modo diplomatico chiedevano pareri al competente dicastero sulla ortodossia dottrinale di libri e pubbliche conferenze tenute da Enzo Bianchi; e ciò sin da fine anni Ottanta inizi anni Novanta del Novecento. A qualcuno, risulta per caso che il Cardinale Joseph Ratzinger abbia preso qualche provvedimento?

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Se la vicenda di Enzo Bianchi — il nome del quale oggi figura tra i Padri del prossimo sinodo sui giovani —, non fosse, come lo è, collocabile nella nostra triste tragedia ecclesiale ed ecclesiastica contemporanea, potrebbe essere elemento per una vera e propria commedia grottesca, perché invitare un eretico al Sinodo per la nuova evangelizzazione sotto il pontificato del Papa Teologo, è paradossale quanto lo sarebbe invitare una celebre porno star a parlare alla Confederazione delle Superiore delle Monache Clarisse, riunite per stabilire il modo migliore per proporre alle giovani aspiranti religiose la virtù della castità nel Terzo Millennio. Eppure, Benedetto XVI, lo ha fatto. E, non potendo egli non sapere chi fosse Enzo Bianchi, possiamo solo concludere dicendo: mentre Francesco I, le proprie contraddizioni le manifesta e, come suol dirsi, te le sbatte in faccia, Benedetto XVI, nel corso del tempo, da buon figlio del romanticismo tedesco ha cercato invece di unire armonicamente acqua e fuoco, opposti e contrarî, come se tutti avessero diritto ad avere voce, incluso Enzo Bianchi. Quindi inclusa l’eresia, chiamata a convivere armonicamente ed in modo pluralistico e conciliante con l’ortodossia teologica.

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Per doloroso dovere di onestà intellettuale bisogna poi aggiungere: se Enzo Bianchi, sotto il pontificato di Giovanni Paolo II, avesse toccato due argomenti chiave, tali erano i preservativi e la famiglia, sarebbe stato fatto fuori all’istante, proprio come furono giustamente frenati e sconfessati i fautori della marxisteggiante Teologia della Liberazione. Purtroppo però, durante questo pontificato così attento e sensibile ai preservativi, alla famiglia e alle derive marxiste, al tempo stesso non si vedeva e non ci si curava che nello stesso Brasile, grande serbatoio della Teologia della Liberazione incubata in quel Paese con il pensiero e soprattutto con i soldi dei tedeschi, stavano prendendo vita sacerdoti che oggi si presentano all’altare vestiti e truccati come fossero delle Drag Queens che salgono sul palcoscenico di una discoteca gay. Il Bianchi ha quindi avuto la scaltrezza, sotto quel lungo pontificato, di dare avvio a tutta la sua semina di eresie, coprendosi però dietro al grande meaculpismo inaugurato da Giovanni Paolo II, senza mai toccare il filo spinato ad alta tensione dei preservativi e della famiglia.

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Con identica scaltrezza agirono pure Kiko Arguello e Carmen Hernandez, fondatori del Cammino Neocatecumenale, che hanno scempiato la liturgia e la Santissima Eucaristia sino a forme di vero e proprio sacrilegio, però, a Giovanni Paolo II, presentavano un movimento composto da coppie regolari che avevano sette otto figli ciascuno e che consideravano la contraccezione uno tra i peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio. E, sotto quel pontificato, chi aveva numerosa prole ed era contrario alla contraccezione, poteva anche scrivere catechismi paralleli al Catechismo della Chiesa Cattolica, poteva anche decidere quando i propri adepti potevano recitare il simbolo di fede Niceno-Costantinopolitano, ma soprattutto potevano ridurre il Sacrificio Eucaristico ad una via di mezzo tra un Seder di Pesach [la cena della Pasqua ebraica] celebrato il sabato sera alle ore 21, ed una Cena Calvinista in ricordo di Gesù Cristo. Purché non si toccasse, però, il filo spinato ad alta tensione dei preservativi e della bioetica. Il tutto per ribadire quanto Enzo Bianchi non sia né colpa né responsabilità del Sommo Pontefice Francesco I.

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Chi oggi rimane scandalizzato che Enzo Bianchi possa predicare gli esercizi spirituali mondiali per i sacerdoti ad Ars, dove sono conservate le spoglie del Santo patrono universale dei sacerdoti, non ha motivo di prendersela né col Pontefice regnante né col Prefetto della congregazione per il clero, Sua Eminenza il Cardinale Beniamino Stella, che sarà presente a questo cosiddetto evento mondiale come un notaio può essere presente in una casa dove in una stanza c’è il cadavere del morto, nell’altra gli eredi che assistono all’apertura di un testamento attraverso il quale, con immane stupore, scopriranno a breve, dalla sua pubblica lettura, che non hanno ereditato un centesimo, ma solo una caterva di debiti da pagare. Esattamente quei debiti presentati infine al Sommo Pontefice Francesco I da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI, Enzo Bianchi incluso.

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Enzo Bianchi chiamato a predicare ai presbìteri, è forse cosa da prendere sul serio? A questa amara realtà si può solo reagire con la presa di giro, proprio come col grottesco esempio calzante di poc’anzi riguardo l’immagine della porno star e delle monache di clausura che cercano di apprendere da lei il linguaggio giusto per annunciare il valore della verginità alle aspiranti monache del Terzo Millennio. 

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Tra dei Satanisti ed Enzo Bianchi c’è questa tremenda differenza: i Satanisti, proprio in quanto tali, sono degli autentici credenti; pochi come loro credono infatti profondamente — per fare un solo esempio —, alla presenza reale di Cristo Dio vivo e vero, in anima corpo e divinità nelle Sacre Specie Eucaristiche. Enzo Bianchi è invece un ateo, uno che in modo deciso ha ateizzato l’intero Mistero della Rivelazione. Parole indubbiamente pesanti queste nostre, ma testimoniate da ore e ore di pubblici discorsi ufficiali tenuti da questo personaggio, di fatto ateo ed ateizzante.

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Veniamo al nostro lavoro, basato solo e rigorosamente sulle prove; un lavoro portato avanti per oltre un anno dal giovane filosofo e teologo Jorge Facio Lince, collaboratore del Padre Ariel S. Levi di Gualdo. Il lavoro è stato condotto dal solerte ricercatore a questo modo: sono stati raccolti e archiviati un numero davvero elevato di filmati nei quali Enzo Bianchi, ripreso e registrato, teneva i propri sproloqui ereticali, principalmente presso strutture ecclesiali, se non, addirittura, dai pulpiti di numerose chiese cattedrali italiane, con altrettanti numerosi vescovi diocesani seduti in prima fila sorridenti ad abbeverarsi, loro per primi, alle sue immani eresie. E quando un vescovo invita un eretico di tal fatta a proferire pensieri eterodossi dal pulpito della sua chiesa cattedrale colma di fedeli, è presto detto che ci troviamo dinanzi ad un indegno pastore che anziché custodire la porzione di Popolo di Dio ad esso affidato [cf. Gv 21, 15-19], invita direttamente il lupo dentro l’ovile. Il pastore che invita il lupo dentro l’ovile è parecchio peggiore del pastore che dinanzi al lupo fugge per paura, mentre il lupo rapisce e disperde le pecore [cf. Gv 10, 12]. Infatti, la paura è un sentimento umano, inoltre bisogna ricordare anche che nessuno è obbligato a essere eroe. Certo, chi per natura non è dotato di coraggio, dovrebbe evitare di accettare, anche se si tentasse di imporgliela, la nomina episcopale.

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Ci sono stati vescovi diocesani che hanno inviato generazioni di seminaristi presso l’esotico Monastero di Bose a fare i ritiri spirituali prima delle loro sacre ordinazioni. Ci sono stati vescovi diocesani che si sono assicurati la presenza di Enzo Bianchi presso i propri seminari, affinch’egli potesse donare con le sue lezioni perle di saggezza ai futuri preti. E, detto questo, dovrebbe essere inutile, perlomeno in tempi normali, affermare che ad un vescovo che avvelena in tal modo i propri futuri preti, o che invita questo Signor Laico a predicare i ritiri spirituali ai membri del proprio presbiterio, non dovrebbe essere permesso di fare il vescovo. Bisogna infatti chiarire che un vescovo il quale convivesse dentro il palazzo episcopale con un harem di concubine, ma che nell’esercizio del suo sacro ministero fosse — al di là della sua vita privata immorale e di peccato —, un difensore della fede e della integrità dottrinale dei propri presbiteri, commetterebbe un peccato molto meno grave, non altro perché quel genere di peccato di lussuria sarebbe veleno solo per la sua anima. Invece, un vescovo che favorisce la diffusione dell’eresia tra i suoi presbìteri ed i propri fedeli sudditi diocesani, compie il peccato più grave che possa compiere un sommo sacerdote il cui compito è quello di reggere, nella sacramentale pienezza del suo sacerdozio apostolico, tutte le membra vive del Corpo di Cristo che è la Chiesa.

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Il lungo lavoro di ricerca di Jorge Facio Lince ha comportato infine l’accumulo di oltre trecento pagine di materiali, i quali altro non sono che le testuali parole pronunciate nelle più disparate occasioni pubbliche da Enzo Bianchi in lezioni e conferenze, il tutto documentato senza possibile pena di smentita, perché — è bene ripeterlo ancora —, non si tratta di deduzioni, o di interpretazioni, si tratta di questo eretico, di questo ateo che ateizza chi lo ascolta, filmato e registrato mentre parla dinanzi alle platee nel corso di diverse centinaia di ore di registrazioni, non di rado alla presenza di vari vescovi italiani.

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Dunque, delle due cose una esclude l’altra: o i vescovi che lo invitano, che lo ospitano e che lo fanno parlare direttamente dentro le loro chiese cattedrali, sono tali e quali a lui, oppure dobbiamo prendere atto che una consistente fetta dell’episcopato ha proceduto nei concreti fatti a fare pubblica apostasia dalla fede cattolica.

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Sia nell’uno che nell’altro caso — ed entrambi sono casi gravissimi —, questo genere di vescovi hanno ipso facto svincolato i propri presbiteri ed i propri fedeli sudditi diocesani da ogni dovere di filiale rispetto e obbedienza nei riguardi del vescovo. Infatti, a sola eccezione delle persone affette da ignoranza inevitabile e invincibile, quindi non in grado di giungere a simili analisi e conclusioni, il negare la legittima autorità, ma soprattutto l’obbedienza ad un vescovo che presenta un eretico come modello nella propria chiesa cattedrale ai propri presbiteri ed ai propri fedeli sudditi diocesani, è un dovere, perché ad un vescovo del genere non si deve proprio mai obbedire. E non si deve obbedire per imperativo di coscienza, oltre che per dovere di fede cattolica. Diversamente invece, ad un vescovo che mantiene a servizio nel proprio palazzo vescovile una squadra di concubine, ma che malgrado la propria vita privata immorale, difende pubblicamente e tutela il deposito della fides catholica, malgrado certe sue gravi fragilità umane si deve rispetto e obbedienza, anche se potrebbe seriamente rischiare di andare all’Inferno a bruciare in eterno in quello che Dante indica come il girone dei lussuriosi.

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Dalle circa seicento ore di registrazioni filmate in cui Enzo Bianchi offre il meglio del peggio del proprio pensiero ereticale, abbiamo scelto a titolo di esempio alcuni passi nei quali egli nega apertamente alcuni dei principali fondamenti della fede. Per esempio: la corretta figura di Dio Padre ridotta ad analisi improntata su schemi di matrice freudiana; la negazione della processione della Seconda Persona della Santissima Trinità, ossia il fatto che per articolo di fede lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio; per seguire con una cristologia che racchiude in sé i veri e propri connotati della blasfemia, seguita dal più selvaggio relativismo teologico e religioso presentati come ecumenismo e come dialogo interreligioso. Tutte cose che il Bianchi proferisce e semina da decenni, soprattutto nelle chiese cattedrali e nei seminari; tutte cose di cui, il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, il Prefetto della congregazione per la dottrina della fede Cardinale Joseph Ratzinger, il Sommo Pontefice Benedetto XVI, pare, almeno alla prova dei fatti, che non si siano mai accorti.

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Domanda: ma è mai possibile che da mezzo secolo a questa parte si viva in una Chiesa nella quale diversi poveri e ignari Sommi Pontefici sono stati tutti quanti traditi e ingannati, quindi beatificati e canonizzati? Proprio così. Perché poi, quando certe evidenze non sono più in alcun modo negabili, ed in specie quando appunto si tratta di Beati e di Santi Pontefici, a quel punto è invalso ormai l’uso di annunciare: «Il Sommo Pontefice è stato tradito e ingannato!».

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Qualcuno potrebbe chiederci: perché, tutti questi materiali non li presentate alla Congregazione per la Dottrina della Fede? Semplice la risposta: anzitutto, per sapere che il Bianchi è eretico, non dovevano certo aspettare noi, in questa Chiesa dove l’eresia non è più tale ma è solo considerata una “libera opinione diversa”. E poi, a qual scopo farlo, se quel dicastero, oggi, sarebbe capace solo a condannare come grave eresia il fatto che qualcuno osi mettere in dubbio che il compito ecclesiale ed ecclesiastico di un Cardinale di Santa Romana Chiesa non dovrebbe essere quello, ed in specie di questi tempi, di portare il caffè caldo la sera ai barboni sotto il colonnato di San Pietro? [cronaca: QUI, QUI]. E se anche lo facesse, non sarebbe opportuno farlo senza tirarsi dietro un esercito di giornalisti, fotografi e cameraman? Oggi, compito di un Cardinale, con le fondamenta dottrinali della casa che tremano sotto le scosse sismiche ad alta magnitudo, è quello di portare i gelati agli immigrati a Rocca di Papa, semmai rincorrendoli col gelato in mano mentre questi, appena giunti nel centro di accoglienza messo a loro disposizione per ripicca politica col governo italiano in carica dalla Conferenza Episcopale Italiana, si erano già dati alla fuga? [cronaca, QUI]. E dietro a loro il Cardinale, che li rincorreva col gelato in mano …

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… ecco, affermare queste cose sì, che è vera e propria eresia, mica negare, come fa il Bianchi, l’articolo di fede che recita «Lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio»? Oppure che il peccato originale è una invenzione della quale a suo dire «Non c’è traccia sul Libro della Genesi» [citazione e filmato seguono più avanti]. In fondo, queste del Bianchi, sono solo “opinioni diverse”. Invece, per cadere in eresia, oggi bisogna negare l’elemosina ad uno zingaro, non fare la raccolta differenziata dei rifiuti, od inquinare l’ambiente con i condizionatori. Tutte cose che tra poco saranno racchiuse dalla nuova teologia nel peccato di bestemmia contro lo Spirito Santo, per il quale non c’è remissione e perdono [cf. Mc 3, 29].

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Enzo Bianchi, laico non nel senso di Christi fidele ma nel senso di laicista, ha centrato il suo dire e scrivere sull’importanza del dialogo come la miglior via per una «umanizzazione» per l’uomo. Dunque questa raccolta di testi è stata fatta prendendo da una parte il messaggio racchiuso nelle parole dette o scritte in questi ultimi anni da Enzo Bianchi in giro per tutta l’Italia; e il Messaggio di Gesù Cristo, quello affidato alla Chiesa Cattolica, somma mater et magistra. Il messaggio di Enzo Bianchi è impossibile da essere mal interpretato perché sono tutte affermazioni fatte o scritte da lui; mentre dall’altra parte del dialogo, cioè dalla parte del messaggio di Gesù, della Chiesa e della stessa storia, sarà messo in forma semplice e sintetica, cosi che ogni lettore possa trarre le proprie conclusioni.

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DALLA SOCIOLOGIA POLITICA ALLA “SOCIO-TEOLOGIA”: IL RACCONTO  SU DIO

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Partiamo allora dall’inizio, chiarendo anzitutto cosa pensa e che cosa trasmette Enzo Bianchi sul mistero della creazione. Se infatti la Chiesa Cattolica sostiene che:

«La santa Chiesa, nostra madre, sostiene e insegna che Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere conosciuto con certezza con il lume naturale della ragione umana partendo dalle cose create” [Concilio Vaticano I: Denz. -Schönm., 3004; cf 3026; Conc. Ecum. Vat. II, Dei]. Senza questa capacità, l’uomo non potrebbe accogliere la Rivelazione di Dio. L’uomo ha questa capacità perché è creato “a immagine di Dio” [Cf Gen 1,27]» [1].

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Enzo Bianchi, prendendo spunto dagli scrittori critici verso la religione e la figura di Dio come Padre, nonché palesemente influenzato dal pensiero di Sigmund Freud, ci presenta la figura del Creatore come uno schema o sovrastruttura storico-politico-sociale:

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«[…] noi dobbiamo confessare che Paul Ricœur [2] aveva ragione quando diceva che soprattutto le istituzioni religiose avevano creato il fantasma del padre, modellando Dio Padre sovente sulla esperienza della paternità umana che gli uomini avevano fatto. Guardate, se c’è un errore terribile che ha ripercorso la storia della Chiesa è l’aver pensato di poter dire che Dio è padre a partire della paternità umana. Mentre in realtà avrebbe dovuto essere quella paternità divina narrata da Gesù che doveva ispirare, che doveva plasmare la paternità dei nostri genitori. È avvenuto esattamente il contrario. Ma questo ha fatto si che Dio assumesse davvero quel volto di padre-padrone. Quel volto, permettetemi di dire, di dio perverso […] quell’immagine di Dio che soprattutto negli ultimi secoli, sono stati più causa loro di ateismo di quanto lo siano stati movimenti e ideologie; che noi abbiamo accusato di essere forieri di ateismo. Io ne son convinto e lo dico sovente: ha creato più atei l’immagine paterna regnante nella Chiesa nel secolo scorso e nella prima metà di questo secolo, di quanto abbiano fatto l’ideologia marxista, la società industriale o la secolarizzazione. E noi dobbiamo aver il coraggio di dire questo. Perché veramente l’immagine paterna consegnata di Dio era quella di un padre-patrone, a volte di un padre perverso. Soprattutto nel suo rapporto con Gesù. Quel Padre che aveva voluto il sacrificio del figlio per soddisfare la sua collera e la sua ira perché in nome di una giustizia punitiva, qualcuno doveva scontare il peccato che segnava la storia. Per grazia noi oggi usciamo da questa stagione con molta difficoltà […] anche noi facciamo difficoltà a riconoscere Dio come padre. A un certo punto della nostra vita, noi sentiamo Dio come presenza esigente. Sentiamo la sua volontà come qualcosa che urta contro la nostra. Sentiamo la presenza di Dio come Colui che ci dice: c’è un limite per te, perché ci sono gli altri i tuoi fratelli. Ecco dove Dio si rivela Padre. E poi, attraverso i comandamenti, ci dice anche c’è una legge perché tu possa vivere l’amore con gli altri. E quando Dio ci mostra i limiti e la legge, noi sentiamo che il rapporto con Lui è come una prigione. Tentati dal male, sentiamo Dio come un nemico. Sentiamo la vita cristiana come una prigione. Ascoltare la sua voce è come una oppressione. Ecco il nostro bisogno di allontanamento. Vorrei dire che se ognuno di noi fosse davvero onesto dovrebbe dire che qualche volta ha sentito il bisogno di uccidere Dio. Anche di dimenticare Dio di fare a meno di Lui […] poi, soprattutto, guardate: c’è un pensiero che cresce in noi. soprattutto dall’adolescenza in poi. Noi pensiamo che Dio si Dio è buono, Dio è amore. Ma che questo Dio ci ama se siamo buoni; altrimenti ci castiga, non ci ama più. Preti, suore, mamme devote; tutte pronte a dirci un giorno a fin di bene: “guarda, che se stai buono Gesù ti vuol bene, Dio ti vuol bene. Ma se fai il cattivo non ti ama più”. Quante volte abbiam sentito questa parola. E l’unica, quando sentiamo questa parola, è dire nel cuore: Dio, perdona loro, non sanno quel che dicono. È così che poco a poco deformiamo il suo volto. È cosi che sentiamo Dio come padre-patrone […] ecco la simultaneità: da parte nostra peccato, inimicizia e empietà; da parte di Dio amore riconciliazione, perdono […] amore viscerale in cui non c’è traccia di giustizia retributiva. Dio la giustizia retributiva non la conosce. Questa è venuta dalla filosofia del diritto romano e si è insinuata nella Chiesa, nelle sue istituzioni e nella sua teologia. Ma non è il Dio della Bibbia […]. Quale volto tu riveli di Dio agli uomini, agli altri. Dimmi il volto di Dio che hai e ti dirò che tipo di uomo sei. Diceva Teofilo di Antiochia. Mostrami il tuo Dio e ti dirò che uomo sei; ma vale anche il contrario mostrami che umanità hai e ti dirò il Dio che tu hai»[cf. video QUI[3].

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È presto detto: questo Dio, nella figura del Padre, per Enzo Bianchi è la manifestazione psicoanalitica e socio-linguistica delle prime paure che l’uomo ha vissuto e che ancora oggi ha dentro di se a livello antropologico in quanto manifestazioni dei suoi istinti animali. Per quanto invece riguarda il corretto concetto di «giustizia retributiva», il bosiano non dovrebbe far altro che leggere le principali encicliche sulla dottrina sociale della Chiesa, a partire dalla Rerum Novarum del Sommo Pontefice Leone XIII [testo QUI], sino alla Centesimus Annus del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II [testo, QUI], per trovare adeguati chiarimenti ai propri stati di confusione, come quelli che sotto seguono:

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«La paura di Dio, quella che secondo la Bibbia è stata la prima paura che l’uomo ha esperimentato vi ricordate nel racconto della Genesi? Alla domanda di Dio: uomo dove sei? L’uomo ha risposto confessando ho udito la tua voce nel giardino Dio e ho avuto paura Genesi [3, 10]. Paura di un Dio che abbiamo chiamato nell’antichità; ma non pensate che ciò che abbiam vissuto nell’antichità non sian vissuto sotto altre forme oggi. L’abbiamo chiamato nell’antichità fatto, destino, necessità. La ananké dei greci. Padre padrone, giudice severo, legislatore onnipotente. Tutte proiezioni umane forgiate dal pensare Dio come necessità o come caso. Come destino o incomprensibile gioco di un mondo senza ragione. Disse bene Jacques Monod [4] per la mia generazione quando nel 1969 intitolò il suo libretto Il caso e la necessità. Da biologo, da osservatore aveva posto il problema su cui si gioca davvero la nostra libertà e la nostra capacità d’amore. Paolo VI diceva che la presenza di atei, di non credenti, di quelli che negano Dio in modo militante, dovrebbe innanzitutto non scandalizzare. Non diventare dunque un obiettivo avversario ma dovrebbe interrogare noi cristiani. Dovrebbe spingerci a domandarci: ma quale immagini di Dio abbiamo costruito e trasmettiamo agli altri? Perché la maggior parte degli uomini che dicono di non credere in Dio, non negano Dio, negano il Dio che noi cristiani mostriamo loro, che noi raccontiamo loro. Noi pervertiamo il volto di Dio. Noi stessi siamo presi della paura di Dio e trasmettiamo questa paura agli altri. Faccio solo un piccolo esempio: basta che un cristiano dica, sentite affermazione comune e normale, nello spazio cristiano. Basta che un uomo dica che l’amore di Dio va meritato ed ecco l’immagine di Dio perversa, che non lascia nessuna speranza. Noi cristiani con molta umiltà, ma anche con fierezza dovremmo semplicemente ritornare ad ascoltare le scritture e al cuore il Vangelo che è Gesù Cristo, e Gesù Cristo che è il Vangelo. Il Vangelo, spero comprenderete questa mia affermazione. Testimonia che Gesù ha evangelizzato Dio. Non nel senso che Gesù è andato a predicare a Dio la buona novella. Ma nel senso che Gesù ha saputo rendere Dio evangelo, buon notizia. Perché sovente il Dio che è stato predicato anche delle pagine dell’Antico Testamento può essere recepito dagli uomini come cattiva notizia, non come fonte di speranza e di pienezza di vita. Il Prologo di Giovanni si conclude: Dio nessuno lo ha mai visto, nessuno, ma il figlio Gesù, Exeghésato, parola greca che indica [che Gesù] c’è ne ha fatto l’esegesi la narrazione il racconto autentico. Ecco allora che alla speranza cristiana risuona con quelle parole del grido Pasquale: Non abbiate paura. Non abbiate paura. Perché Gesù di Nazareth il Crocifisso è risorto. È questo l’esito di tutti i vangeli che ci vogliono raccontare Gesù […] e come la si può declinare ai non cristiani fino a intrigarli? Basta dir loro che quando noi cristiani diciamo Risurrezione, vogliamo soprattutto dire in termini non teologici ma umanissimi che ogni uomo può capire, che sia credente o no che l’amore vince la morte. Perché proprio la scrittura che ci annuncia un duello con la morte, che non è duello della vita contra la more; ma duello dell’amore vissuto, non un amore astratto, non una idea; ma un amore vissuto fatto carne e ossa in una persona che è degno di combattere contro la morte e di vincerla. La fede in Gesù uomo come noi ma figlio di Dio ci fa dunque credere e separare con la speranza della speranza. E se l’amore vissuto da Gesù che ha vinto la morte, allora comprendiamo perché al termine del Nuovo Testamento vi sia l’affermazione mai fatta prima in tutte le scritture, affermazione ultima e definitiva dopo la quale non c’è ne sarà un’altra, quando, nella Prima Lettera di Giovanni: Dio è amore. Non il destino ma la libertà. Non il caso ma l’amore possono illuminare la nostra vita darle senso facendo cessare ogni paura del fatto, della necessità, della morte. Paura che ci schiavizzano e ci alienano. Si tratta cogliere Gesù Cristo come l’uomo che ha narrato Dio e come il Dio che da senso alla nostra povera vita umana. Questa vita quotidiana che è un mestiere. Che facciamo tanta fatica a vivere tutti. Ma che se illuminata dalla speranza, la quale nasce sempre dallo sperare insieme, dalla solidarietà, dalla comunione. Può dare ai nostri giorni effettivamente un senso»[cf. video QUI[5].

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Dopo questa esposizione, vediamo cosa insegna la Chiesa attraverso il Catechismo:

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«In molte religioni Dio viene invocato come “Padre”. Spesso la divinità è considerata come “padre degli dèi e degli uomini”. Presso Israele, Dio è chiamato Padre in quanto Creatore del mondo [Dt 32,6; Ml 2,10]. Ancor più Dio è Padre in forza dell’Alleanza e del dono della Legge fatto a Israele, suo “figlio primogenito” [Es 4,22]. È anche chiamato Padre del re d’Israele [2Sam 7,14]. In modo particolarissimo Egli è “il Padre dei poveri”, dell’orfano, della vedova, che sono sotto la sua protezione amorosa [Sal 68,6]. Chiamando Dio con il nome di “Padre”, il linguaggio della fede mette in luce soprattutto due aspetti: che Dio è origine primaria di tutto e autorità trascendente, e che, al tempo stesso, è bontà e sollecitudine d’amore per tutti i suoi figli. Questa tenerezza paterna di Dio può anche essere espressa con l’immagine della maternità, [Is 66,13; 239; Sal 131,2] che indica ancor meglio l’immanenza di Dio, l’intimità tra Dio e la sua creatura. Il linguaggio della fede si rifà così all’esperienza umana dei genitori che, in certo qual modo, sono per l’uomo i primi rappresentanti di Dio. Tale esperienza, però, mostra anche che i genitori umani possono sbagliare e sfigurare il volto della paternità e della maternità. Conviene perciò ricordare che Dio trascende la distinzione umana dei sessi. Egli non è né uomo né donna, egli è Dio. Trascende pertanto la paternità e la maternità umane, [Sal 27,10] pur essendone l’origine e il modello: [Ef 3,14;  Is 49,15] nessuno è padre quanto Dio» [6].

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La figura di Dio-Padre è quindi ridotta nella narrazione di Enzo Bianchi a un prodotto della soggettività, ciò sia nella animalità, sia nella sfera delle paure sia come sovrastruttura storico-sociale. Per un altro verso la narrazione di Enzo Bianchi trasmette in forma chiara e inequivoca che solo nella narrazione di un altro uomo, chiamato questa volta Gesù, si svela il volto, il significato e la fonte di ciò che alla fine potrebbe essere invece definito il Dio “amore”. Discorso bello ma comunque non immune alla critica di una edulcorata forma di agnosticismo o di immanentismo storicista e ateo [7]. Queste enunciazioni risentono inoltre dell’eresia marcionita, ma nel senso più peggiorativo del termine, perché non solo il Bianchi distingue il Dio padre-padrone severo e punitore dell’Antico Testamento dal Dio buono essenza d’amore del Nuovo Testamento, perché contrariamente al vescovo eretico Marcione [Sinope 80 – Roma 160], nel bosiano l’amore e la bontà sono riferite non a Cristo Dio, in modo trascendentale o metafisico, ma solo a Gesù uomo. Pertanto, il Bianchi, accentua e amplia la stessa eresia di Marcione dimostrando con parole documentate, pubblicamente espresse e filmate, quanto il suo pensiero ereticale sia un autentico e pericoloso ammasso di vecchie eresie di ritorno, simili nella sostanza, ma molto peggiorate nella loro forma.

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Prosegue Enzo Bianchi …

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«Dio per avere qualcosa che non fosse divino si è ritirato per lasciare posto al mondo, il mondo nella sua profondità. Il mondo non è divino, il mondo è creatura, il mondo è alterità, il mondo è davvero un partner di fronte a Dio che può dire a Dio no, non è obbligato a dire si. Ecco la grandezza che ci vogliono dire questi racconti di Dio. Dio ha creato un mondo autonomo da Lui. Noi uomini possiamo dire a Dio “tu non ci hai creato, noi non crediamo in te”. Tu per noi sei niente. Noi ti neghiamo. E lui che ci ha creati non può far altro che accettare il nostro rifiuto dell’alterità questo è lo straordinario» [8].

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Enzo Bianchi, con queste affermazioni che definire confuse sarebbe solo eufemismo, confonde in modo pericoloso la libertà ed il libero arbitrio dell’uomo con l’indifferentismo di Dio, sostenendo di fatto le principali tesi degli esponenti della “teologia della morte di Dio”, nascoste però dietro le sue parole. Quasi come se Dio si fosse ritirato indifferente dinanzi al peccato originale, come se nel corso dell’esperienza vetero testamentaria non avesse più volte ristabilita la propria alleanza con il Popolo d’Israele. E dinanzi all’immagine di questo Dio indifferente che si ritira da un «mondo non divino», il Bianchi come intende leggere l’incarnazione del Verbo Divino che diviene l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo [cf. Gv 1, 29-36]? La verità, di fatto, è che Enzo Bianchi, adottando criteri puramente socio-politici post-illuministici, ci presenta la figura di una sorta di dio laico che pare uscito proprio dalla penna di Voltaire.

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UN SAGGIO DI CHI È L’ERETICO BIANCHI “BIBLISTA”, CHE OFFRENDO UNA LETTURA ATEO-MARXISTA-FREUDIANA AFFERMA: «NELLA BIBBIA NON C’È  NESSUN PECCATO ORIGINALE»

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Questo afferma Enzo Bianchi …

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«La Bibbia può interessare tutti. Perché vorrei quasi capovolgere quello che normalmente si pensa: tutti pensano che la Bibbia sia un libro su Dio. No. La Bibbia invece è un libro sull’uomo. ci dice ciò che Dio pensa dell’uomo. Non è tanto un libro su Dio, ma ci vuol dire la visione il pensiero di Dio sull’Uomo e quando uno fa il cammino di cercare Dio quaererae Deum in realtà cerca l’uomo questo deve essere detto con chiarezza perché e in questo senso che la Bibbia serve al credente come una via come un cammino da seguire […] il cammino è quello di una umanizzazione. C’è la sapienza all’interno della Bibbia, una sapienza distillata di mille anni. Pochi se ne rendono conto, ma la Bibbia, soprattutto per noi cristiani, è una biblioteca, perché contiene settantadue libri scritti sull’arco del tempo di mille anni almeno. se non mille cento. E comunque le vicende, i racconti che racconta, sono più di un millennio. È stata scritta in tre lingue: ebraico, aramaico greco. È stata scritta in una zona, in una regione che va da Babilonia, l’attuale Iraq, fino a Roma. Dunque è veramente un crocevia di esperienze di ricerche di genti e questo fa dire che la Bibbia contiene una sapienza umana, queste sono tutte le ragioni per cui vale la pena, secondo me, di leggerla, di scrutarla, di pensarla, di meditarla, perché ne va di mezzo la nostra qualità della vita e la nostra umanizzazione, soprattutto per noi in occidente» [cf. video QUI[9].

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Per lo schema di valutazione di Enzo Bianchi riguardo ciò che è vero e falso, buono e cattivo, giusto e non giusto, si impone la supremazia della cultura o della produzione scritta e parlata dell’uomo, quindi la Bibbia non possiede e non può possedere in sé nessun altro valore che quello della testimonianza di secoli e secoli di tradizioni liturgiche e morali di diverse civiltà vissute nel Medio Oriente. In queste parole del Bianchi risuona il divertente ma pericoloso giro di parole di una storiella della cultura yddish dell’Ottocento: «L’uomo ha creato Dio che ha creato l’uomo, affinché poi, entrambi, fossero felici». Espressione che richiama l’asserto di uno dei diversi autori molto citati dal Bianchi, il tedesco Ludwig Feuerbach, discepolo di Friedrich Hegel, il quale afferma: «non è Dio che ha creato l’uomo, ma l’uomo che ha creato Dio» [10]. In fondo, se ci pensiamo bene, la satanicità del Bianchi consiste proprio in questo: seminare dietro le parole apparentemente paludate e sempre di prassi intrise di amorosità, i pensieri più venefici di questi autori. E questi sono fatti, non sono processi alle intenzioni dell’eretico Enzo Bianchi.

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«La Bibbia contiene, come uno specchio in cui noi possiamo avere dei barlumi di verità ma la verità è oltre lo scritto, è oltre il testo non può mai essere ridotto ne ad una formula ne ad un concetto che per quanto dica la verità è un concetto culturale espresso in parole umane, espresso in linguaggio umano espresso in immagini umane. La verità trascende sempre questo»[cf. video QUI[11].

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… e prosegue:

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«Attenzione nella bibbia non c’è nessun peccato originale. Lo sapete, questo fa parte della teologia, nella Bibbia non c’è nessun peccato originale. Ci sono differenti peccati tra il capitolo terzo e il capitolo decimo. Diversi peccati. Che vogliono risposte a delle domande che gli uomini si facevano e che gli uomini si fanno. La prima domanda voi sapete che ci facciamo quando noi cominciamo ad avere una certa consapevolezza di stare al mondo la prima cosa che vediamo e che i nostri genitori litigano tra di loro, che il padre e la madre litigano tra loro. E cominciamo a capire che c’è un urto che c’è una difficoltà tra uomo e donna e ci chiediamo perché? […] e come è possibile che la vita di un fratello venga fuori attraverso dei dolori e delle urla così della madre? Perché il parto nel dolore? E poi il padre che va a lavorare torna stanco, qualunque lavoro stanca e perché il lavoro è cosi alienante degradante? Ecco erano le prime domande. E per rispondere a le prime domande si comincia a dire che, insomma, gli uomini quando hanno cercato di entrare in relazione con le cose han finito subito per fare delle scelte sbagliate. Tutto è un linguaggio mitico. Attenzione lo capite bene, siamo sui testi di quattro millenni fa forse con delle radice ancora più antiche certamente non c’erano le scienze storiche non c’era neanche le scienze umane tanto meno la possibilità di fare una lettura psicologica delle cose. Anche i greci più tardi non sapevano farla, il problema che ogni ragazzo ha con suo padre e sua madre non sapeva mica dirlo, come dirà Freud; ma anche Freud ha dovuto dire che il complesso di Edipo era ancora eventualmente un mito dei greci, un racconto con cui i greci dicevano quello che non erano capaci a dire a livello scientifico. E allora, vedete, noi abbiamo questo racconto Dio che da tutti gli alberi di questo luogo all’uomo, tutti, tutti da mangiare, pensate milioni di alberi, e gli dice però: guarda. uno no. Cioè pone un limite. Pensateci bene. È una cosa molto semplice: quello che vien chiamato peccato originale, non andate a cercare tante storie come quelli che non vogliono leggere nella sua verità, e che non lo leggono […]. Perché a te Adamo il limite che c’è  vi ci metto una donna. E per te donna il limite è che c’è vicino a te un uomo. E dal giorno che siete due il mondo non è più totalmente vostro. Se Adamo era solo, se la donna era sola tutto il mondo era suo […] Ma l’uomo dentro di sé nella sua ansia di vivere, sopravvivere ad ogni costo vuole tutto e subito. E allora sente questo limite di un albero su milioni come frustrazione e, mettendosi in rapporto semplicemente con il cibo; quel cibo, non andate a pensare che quella mela fosse chi sa cosa. Ci si son divertiti tutti a pensare cosa era quella mela … Semplicemente il rapporto con il cibo, c’è da mangiare, ma se c’è un altro, io non posso mangiar tutto. E invece ecco che a quel momento c’è il turbamento del rapporto tra l’uomo e la donna […] E hanno cominciato a litigare. E da quel momento ecco che poi, sotto forma di decreti di Dio, si dice che Dio ha detto alla donna: ecco tu cercherai di lottare contro tuo marito. ma tuo marito ti sottometterà. perché il risultato d’allora era il patriarcato. Se in quell’epoca ci fosse stato il matriarcato. si sarebbe detto ad Adamo: il tuo istinto è verso tua moglie. ma lei ti sottometterà. Sono i frutti del tempo questi qui, né più né meno. Poi si dice che Dio ha maledetto la terra con sudore […] insomma, tutto male, è la prima risposta. Altro problema al capitolo quattro: ma come è possibile che tra fratelli si arrivi al suicidio? Vedete, il primo rapporto che ognuno di noi ha con i genitore è il primo rapporto che scopriamo. Ma poi, man mano, scopriamo se abbiamo dei fratelli subito e vediamo che litighiamo con loro. Il problema di Abele e Caino. A un certo punto Caino uccide Abele. Si arriva a odiarci tra fratelli […] è chiaro che tutto questo vien letto anche a livello sociale: c’è un Caino che è agricoltore e un Abele ch’è pastore; con ogni probabilità siamo in un momento in cui la classe dei pastori è soppiantata dalla classe degli agricoltori. Voi sapete, poi, gli agricoltori saranno assolutamente soppiantati dagli operai e gli operai sono attualmente soppiantati da quanti sono nel terziario … la cosa continua. nessuna novità: le classi sono sempre l’una declassata dall’altra […]. Dopo di che viene narrato un tentativo anche nei confronti di Dio. Con linguaggio mitico strano si dice che i figli di Dio e i figli degli uomini si sono accoppiati, cioè un tentativo di mettere Dio in mano all’uomo. questi esseri divini, questi riti, con ogni probabilità sessuali, che avvivano nelle antichità, come voi sapete, a forme di prostituzione sacra che abbondava in tutto Medio Oriente e che erano ancora praticate a Roma; erano ancora praticate durante l’impero. Insomma, c’erano degli accoppiamenti all’interno del tempio tra uomini  e donne coi sacerdoti e si dicevano che erano accoppiamenti con Dio […]. Arriva il diluvio. cioè l’uomo ha prodotto il male ha prodotto una condizione mortifera. insomma si vuol dire. certo sotto categorie di un tempo di castigo divino. ma semplicemente che se l’uomo invoca la strada della morte la trova. Chi fabbrica la morte se la trova addosso non si vuol dire altro. Cercate di decodificare questo linguaggio antico un po’ neif un po’ ingenuo. ma che rispecchiava quello che avveniva esistenzialmente nelle famiglia […] E poi ecco a un certo punto quasi un nuovo inizio una nuova umanità. Con noi, dopo il diluvio. E da quel momento allora il dividersi di questa umanità in tante terre, un tentativo di questo umanità di ergersi contro il cielo a Babele, fare una torre che sia una sfida a Dio, darsi un nome, creare un potere totalitario. Una umanità, una sola nazione, un solo potere, un solo re, una sola capitale. Dio, certamente, dice il testo, disperde, perché Dio non vuole il totalitarismo, vuole la differenza. Anche questo mi permetto da dire è difficile capirlo perché noi, invece, soprattutto noi cattolici, abbiamo sempre pensato che quando tutto è uguale, tutto è molto meglio … èh no!  All’interno della Bibbia non c’è unità, se non attraverso la pluralità. L’unità, per essere buona, deve essere plurale, Dio vuole una umanità diversa, con lingue diverse, con culture diverse, con uomini diremmo, di etnie e di razze diverse. Questo è quel che vuol dire, non vuole il sogno totalitario di una unità uniforme perché questo impoverisce l’umanità. »[cf. video QUI[12].

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Proprio così: «Nella Bibbia non c’è nessun peccato originale». In pratica c’è solo un racconto, per così dire: mitico. Un racconto che narra come l’uomo, creato più perfetto degli angeli, si ribella a Dio, usando la propria libertà ed il proprio libero arbitrio, rompendo così l’intera armonia del creato e facendo entrare nel mondo il dolore e la morte. Però, si presti bene attenzione … «Nella Bibbia non c’è nessun peccato originale» (!?). Perché questo peccato originale prenderà vita non da quanto di chiaro narra il Libro della Genesi, ma nascerà, secondo l’eretico Enzo Bianchi, da pure categorie teologiche.

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Sorprende veramente che da quella platea di ascoltatori nessuno si sia levato in piedi per domandare: “E la teologia, da dove tira fuori il peccato originale, posto che «Nella Bibbia non c’è nessun peccato originale»?”. Che cosa fa, la teologia, se lo inventa, lo desume, oppure prende semplicemente atto di ciò che il Libro della Genesi veramente narra?

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E prosegue …

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«Diciamo che il canone del Nuovo testamento, sembra impossibile, ma non ha avuto un sinodo come il sinodo di Javne attorno al novanta fatto dai rabbini dopo la distruzione di Roma da parte dai Romani, i quali hanno fatto una lista. Noi, per dire il vero, per avere una vera lista dei libri del Nuovo Testamento a livello diciamo così magisteriale, dobbiamo addirittura arrivare al Concilio di Trento. Per noi cattolici,  in realtà, noi abbiamo a metà del secondo secolo il canone Muratori che è un documento trovato appunto dal Muratore il quale da una lista che è quella del Nuovo Testamento che noi possediamo, ma non è una lista con autorità, diciamo così, la tradizione l’ha accolta, ma anche con tempi diversi. L’apocalisse di Giovanni, nella Chiesa Cattolica, la grande chiesa di oriente si è dovuta attendere al quarto secolo prima che venisse letta nella liturgia e davvero ritenuta parte del Nuovo Testamento. Quindi c’è stata una certa oscillazione e proprio anche per questo, a un certo punto, la riforma fatta da Lutero non ha messo in discussione il canone, ma quasi è stata tentata di fare un canone nel canone tradizionale, ed è li che il Concilio di Trento ha risposto alla Riforma Protestante facendo la lista dei ventisette libri che noi abbiamo tutt’ora e che oggi tutte le Chiese accettano come Nuovo Testamento»[cf. video QUI[13].

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Benediciamo pertanto Lutero e quella che Enzo Bianchi — e non solo — non chiamano “eresia” e “scisma”, ma “Riforma”. Infatti, senza la grande riforma dell’altrettanto grande riformatore Lutero, la Chiesa Cattolica, che per secoli la Bibbia l’ha tenuta nascosta e che anzi ne ha persino proibita la lettura ai fedeli — come insegnano e affermano Bianchi e affini —, non avrebbe fatto neppure  «la lista dei ventisette libri che noi abbiamo tutt’ora e che oggi tutte le Chiese accettano come Nuovo Testamento». Perché tra l’altro, secondo il lessico del bosiano, anche l’ultima delle sètte eretiche nate negli Stati Uniti d’America sul finire dell’Ottocento dalla scissione della scissione della scissione dall’originario nucleo ereticale luterano, merita a pieno diritto il titolo di “Chiesa”. Oggi infatti, il termine “Chiesa”, non è più collegato alla teologia paolina [cf. Col 1, 12-20] né al giovanneo princìpio unitario [cf. Gv 17, 20-26], è solo è null’altro che un termine puramente tecnico per indicare vie diverse per sentire e per vivere lo stesso messaggio o testo. Da sempre infatti, la decostruzione della fede, parte dallo svuotamento delle parole dal loro vero significato filosofico, teologico ed ecclesiologico. E di questo, il Bianchi, è un diabolico maestro [si rimanda all’articolo di Ariel S. Levi di Gualdo: Babele e la neolingua, testo QUI; ed alla sua conferenza: Il problema del linguaggio dottrinale e la neolinga dei nuovi teologi, QUI].

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LA SOCIO-IDEA DI CRISTIANESIMO IN ENZO BIANCHI

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Nelle sue conferenze e scritti Enzo Bianchi — come “figlio del suo tempo”, ossia come anziano che ha vissuto la sua giovinezza tra le guerre e dopo di esse nella maturità — narra e rivela la malvagità alla quale arrivarono gli stessi uomini; frutto più di una memoria addolorata che urla senza mai stancarsi sulla domanda senza risposta di com’è possibile Dio, se esiste il male? [14].

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«Tutto cambia nel cristianesimo, voi capite che lì, davvero, noi apriamo qualcosa che non appartiene al mondo delle religioni. Io ho grande rispetto per le religioni, ma vi devo dire mi fanno  paura tutti quelli che temono le religioni, che temono la concorrenza del Libro. Sono persone che non hanno fede, se avessero un po’ di fede, non si può temer la concorrenza tra l’unica fede che ci parla dell’uomo e tutte le altre, che se va bene ci parla di un dio trascendente che sta nei cieli e che dobbiamo far degli sforzi per renderlo buona notizia. Non è possibile, non è possibile. Se uno ha fede e c’è l’ha, la fede cristiana, Gesù Cristo è exeghésato, come dico sempre io che amo. È Lui che ci ha narrato Dio, Quel che possiamo sapere di Dio lo sappiamo solo attraverso il Gesù Cristo e ciò che Gesù Cristo non ha vissuto come uomo di Dio noi non lo sappiamo, e se qualcuno dice qualcosa che Gesù non ha detto e non ha fatto, io non son tenuto assolutamente a credere. Questo è il cristianesimo, altrimenti noi siamo in questo mare delle religioni in cui la religione prevale sulla fede» [cf. video QUI[15].

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Per Enzo Bianchi il messaggio del cristianesimo deve perdere la sua forma di tragedia con la sempiterna presenza dominatrice e negativa di qualcosa o qualcuno che era nominato con i concetti o di  dio o di Padre; per trasformarsi in una commedia romantica, o più sinceramente in un monologo che potrebbe recitare anche lo stesso Narciso innamorato di se stesso …

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DIXIT BIANCHI: IL CRISTIANESIMO «NON È UN MONOTEISMO IN PROFONDITÀ, È L’ESPERIENZA DI GESÙ CRISTO CHE HA NARRATO DIO»

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Afferma Enzo Bianchi …

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«La mia convinzione è che un vero cristiano deve parlare meno, molto meno di Dio, è capire che questa parola di Dio è una parola terribilmente ambigua. Nel primo e nel secondo secolo dopo Cristo, quando il cristianesimo si dilatava e non era ancora cristianità, quelli che non erano ancora i Padri della Chiesa ma erano quelli che cercavano di far capire il cristianesimo al mondo pagano greco romano; dicevano e avevano il coraggio di dire queste parole. Attenzione, sono dei Padri, sono Sant’Ippolito per intenderci, i quali dicevano: Dio è una parola ambigua, oppure Dio è una parola che è vuota perché ognuno in Dio fa una proiezione di quello che lui desidera, di quello che lui vuole. Ecco, voi pensate come nel cristianesimo invece, per secoli, con la cristianità il primo posto era dovuto a Dio e anche l’insegnamento la trasmissione della fede era su Dio. Ho il coraggio di dire che ancora io da piccolo ho ricevuto come eredità una fede in Dio assolutamente, non in Gesù Cristo. Il Vangelo non era assolutamente insegnano a qualcuno: gli si permetteva forse di leggere il vangelo? […] Ora, il cristianesimo si è costruito fino a diventare deismo e Pascal … voi lo sapete, ma Pascal non ha mai goduto di buona fama nel cattolicesimo. E Pascal diceva con maggiore probabilità migliori gli atei che non i teisti, cioè quelli che parlano sempre di Dio e pregano in Dio. Ecco, io son convinto che la parola Dio è una parola ambigua, una parola vuota, una parola oggi usata per significare la concorrenza tra i tre monoteismi. Mentre invece il cristianesimo non è un monoteismo, alla fin fine in profondità. E non ha bisogno di nessuna concorrenza, né con l’Ebraismo né con l’Islam. Perché il cristianesimo è nient’altro che Gesù Cristo che ha narrato Dio. Basta exegézaton Giovanni 1, 18. Dio resta come lo abbiamo mai visto. Cristo. Nessuno meglio del Torah. E ognuno di noi, quando pensa a Dio, pensateci bene: fa delle proiezione. Per cui ogni tanto sentiamo dire ma il Dio dell’Islam è mica il Dio Cristiano. Si, nominalmente dice si; perché Maometto si riferiva al Dio di Abramo di Isacco e di Giacobbe. Al Dio di Gesù Cristo. Ma la parola è talmente vuota. Per cui in Dio si può mettere qualunque contenuto e io credo che anche la grande attenzione, la grande battaglia all’ateismo è stata molto sbagliata. I primi cristiani avevano il coraggio, voi lo sapete, di non temere, di non vergognarsi se venivano chiamati atei. I pagani i chiamavano atei. Abbiamo tutta la testimonianza dei padri apologetici e dicevano si. Perché noi siamo senza Dio, siamo senza Ara, l’altare non c’è l’abbiamo e senza tempio. Questo ha una sua verità. Dio è una parola ambigua meno ne parliamo meglio è. E per noi cristiani, credo a livello di fede profonda, dovrebbe valere di più la parola di Gesù: nessuno può andare a Dio se non attraverso di me. Che non è la pretesa folle di un uomo ma è dire: io con la mia umanità, la mia umanità niente altro che la mia umanità. Vi ho dato delle tracce per muovervi sulle tracce di Dio. Non chiedetevi tanto l’identità di Dio non chiedetevi tanto il volto di Dio guardate come ho vissuto. Nel mio vivere che è amore; infatti perché si è arrivato a dire che Dio è agape e lo si è detto solo dopo Gesù Cristo ha avuto il coraggio di dirlo quell’apostolo che non sappiamo se è Giovanni, ma poco importa; ma che è arrivato a questa espressione Dio è agape, ciò che mai nella Bibbia lo trovate prima, ma perché Gesù ha raccontato l’amore fino alla fine, niente altro quello, e ha detto quella è la faccia del divino. Per cui, nel commentare queste quattro parabole effettivamente è un raccontare l’amore di uomini e di donne, è raccontare l’amore di un uomo, Gesù di Nazareth, però per me sono le uniche tracce per andare a Dio. A tal punto che io dico: dopo il comandamento di Gesù che lui ha chiamato nuovo, ma vuoi sapete tutti che in greco nuovo significa ultimo e definito, non significa nuovo rispetto a qualcosa che c’era prima. Il comandamento che riassume tutto è amatevi tra di voi gli uni agli altri […] Gesù invece dice: come io ho amato voi, non dice voi amate. Questo lo fa dire ai suoi ministri. Ma come io ho amato voi, voi amatevi gli uni gli altri. Il comandamento risulta davvero rivolto non all’amante che deve essere riamato, ma tutti ben amati dagli altri. Questo secondo me è davvero una rivoluzione […] tutto questo nasce sì dall’ascolto del Vangelo ma da tutto quello che io ho ascoltato da uomini e donne che mi han detto soltanto quanto è duro il mestiere di vivere, niente altro […] Questa è l’eclissi di Dio che io opero ma non per negarlo, non per dire che è morto, ma per dire che c’è un’altra strada per andare a lui che è la nostra umanità piena, concreta. I nostri sensi, perché tutto quello che viviamo spiritualmente deve passare attraverso i nostri sensi. Toccare, vedere, sentire, gustare, odorare. Se non passano attraverso questi sensi non c’è nessuna spiritualità, non c’è nessuna ricerca di Dio c’è un immaginario fantasioso e alienante» [cf. video QUI[16].

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Enzo Bianchi, appoggiandosi in una lettura contorta dei testi dei Padri della Chiesa, incapace di accettare tutto quello che sia relazionato direttamente o indirettamente con Dio, confondendo la critica del pensatore Blaise Pascal verso la razionalizzazione fatta a Dio dal  teismo e della religione naturale sviluppata nell’Europa post-rinascimentale, vuol trasmettere — e forse far divenire — chi lo legge e lo ascolta, un seguace rivoluzionario di un movimento nato sulla testimonianza di Gesù, un semplice uomo che trascorse la sua vita facendo del bene per gli altri.  Quindi, il cristiano, deve smettere di depositare la sua fiducia ed il suo credere in concetti “vuoti” o non tangibilmente dimostrabili come lo sono Dio, religione, dogmi … per configurare la sua fiducia, il proprio credere, il proprio senso morale e la sua spiritualità, nella narrazione dell’amore fraterno, che è il vero senso della vita, morte e testimonianza lasciata da Gesù.

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L’amore e l’uomo diventano quindi gli elementi fondanti del racconto di Enzo Bianchi. Due concetti che hanno svelato e rivelato la vera essenza dell’enigma che veniva pronunciato e descritto nella figura eminente di Dio. Adesso, nel nostro tempo presente, questa narrazione si fa, si crea e si vive, ed è una “via” — come piace dire a Enzo Bianchi — nella ricerca e nel vissuto della comprensione dell’uomo con se stesso in quella che sarà l’umanizzazione …

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… per alleggerire quindi la tragica e grave pesantezza di questi testi, potremmo citare il film Amici Miei, ormai inserito nella storia del cinema italiano, quando il Conte Mascetti parla della «supercazzola prematurata con scappellamento a destra» [cf. QUI].

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DIALOGARE SULLO SPIRITO SANTO CHE ANZITUTTO NON PROCEDE DAL PADRE E DAL FIGLIO, COME RECITA L’ARTICOLO DI FEDE

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Da un evento passato, tal è stata la vita di uno uomo singolo, esiste un altro evento determinante per comprendere la narrazione fatta da Enzo Bianchi: il Concilio Vaticano II. Il primo evento fu da un uomo solo, Gesù Cristo, questo secondo evento è dell’uomo in comune. In questo evento comunitario sono rinnovati e ripresi concetti e aspetti che prima erano stati dimenticati, come nel caso dello Spirito Santo, sul quale il Bianchi ci dona queste autentiche perle, che necessitano però di una doverosa premessa. Prima di dare voce alla pneumatologia del bosiano, vediamo cosa insegna la Chiesa sullo Spirito Santo:

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«La fede apostolica riguardante lo Spirito è stata confessata dal secondo Concilio Ecumenico nel 381 a Costantinopoli: “Crediamo nello Spirito Santo, che è Signore e dà vita; che procede dal Padre” [Denz.-Schönm., 150]. Così la Chiesa riconosce il Padre come “la fonte e l’origine di tutta la divinità” [Concilio di Toledo VI (638): Denz.-Schönm., 490]. L’origine eterna dello Spirito Santo non è tuttavia senza legame con quella del Figlio: “Lo Spirito Santo, che è la Terza Persona della Trinità, è Dio, uno e uguale al Padre e al Figlio, della stessa sostanza e anche della stessa natura… Tuttavia, non si dice che Egli è soltanto lo Spirito del Padre, ma che è, ad un tempo, lo Spirito del Padre e del Figlio” [Concilio di Toledo XI (675): Denz. -Schönm., 527]. Il Credo del Concilio di Costantinopoli della Chiesa confessa: “Con il Padre e con il Figlio è adorato e glorificato” [Denz.-Schönm., 150] La tradizione latina del Credo confessa che lo Spirito “procede dal Padre e dal Figlio [Filioque] ”. Il Concilio di Firenze, nel 1439, esplicita: “Lo Spirito Santo ha la sua essenza e il suo essere sussistente ad un tempo dal Padre e dal Figlio e procede eternamente dall’Uno e dall’Altro come da un solo Principio e per una sola spirazione. E poiché tutto quello che è del Padre, lo stesso Padre lo ha donato al suo unico Figlio generandolo, ad eccezione del suo essere Padre, anche questo procedere dello Spirito Santo a partire dal Figlio lo riceve dall’eternità dal suo Padre che ha generato il Figlio stesso” [Concilio di Firenze: Denz.-Schönm., 1300-1301]» [17].

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Ciò premesso vediamo adesso come Enzo Bianchi, al di là e al di sopra del Catechismo della Chiesa Cattolica, parla della pneumatologia:

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« … ma dopo il Concilio [Vaticano II] non si può dire che lo Spirito Santo è l’assente o lo sconosciuto nella Chiesa Cattolica. Perché in realtà, credo che la nostra fede abbia preso un’apertura a questo tema grande, che certamente non ha conosciuto nel passato. A livello oserei dire di predicazione di catechesi ormai lo Spirito Santo è una presenza. Nella vita spirituale cristiana, ho l’impressione invece che non ci sia sufficientemente una attenzione a questa operazione che avviene in noi e che è l’essenziale sia nel nostro sforzo di conformità a Cristo, sia nello nostro sforzo di andata verso Dio Padre. È lo Spirito Santo il grande protagonista di tutto questo. E noi non ne siamo sovente molto cosciente. Certamente è per me una grazia non è una critica, il cristianesimo occidentale pone al centro Cristo, con una centralità che per me è davvero straordinaria e vi dico subito perché: perché nella misura in cui pone al centro Cristo, questo Cristo significa il Vangelo. E con una formula che dico e ridico ossessivamente ultimamente. Per me Gesù Cristo è il Vangelo e il Vangelo è Gesù Cristo. Non c’è un altro Cristo […] noi dobbiamo mai disgiungere lo Spirito della Parola. Guardate tutte le patologie della storia della Chiesa, sono avvenute a chi ha separato o ha tolto questo equilibrio di Spirito e la Parola. Che soprattutto l’oriente ha conservato […] Sono una realtà inseparabile. Se voi disgiungete Cristo e lo Spirito voi avete due risultati: solo Cristo è l’integralismo, è veramente a un certo punto il prevalere alla fin fine delle istituzioni, di nient’altro. Se voi mettete l’accento solo sullo Spirito avete la deriva illuminata. Attenzione, non c’entra nulla con l’illuminismo. Sto pensando a tutta la deriva nell’ambito protestante degli illuminati [Ndr. sono citati due nomi incomprensibili nella registrazione video] … e gli altri. Se volete una deriva già accennata in occidente ohimè con Gioacchino da Fiore. Se si finisce per dire ad esempio che lo Spirito è quello che ormai prevale e che questa è l’ora dello Spirito togliendo che l’ora dello Spirito è dello Spirito di Cristo. Non un altro Spirito […] Lo Spirito è lo Spirito di Cristo e in questo senso la Chiesa Cattolica secondo me, ha delle ragioni quando parla che lo Spirito il quale procede dal Padre e dal Figlio. Attenzione quando la Chiesa fece questo nel mille, lo fece senza un concilio. Lo fece sotto pressione degli imperatori tedeschi. E fu una sciagura. Perché non si può cambiare il Credo senza un concilio con la Chiesa di Oriente. E la Chiesa di Oriente anche per questo si distaccò. Certo le ragioni sono sempre politiche, storiche, culturali. Si è separata da noi. Però al di là della processione che poi oggi è distinta, tra quella che è la processione ontologica dalla processione invece economica nella storia. La Chiesa Cattolica comunque aveva una preoccupazione: dicendo che lo Spirito Santo procede anche dal Figlio. Che era quella da dire: è comunque anche del Figlio. Non è autonoma dal Figlio. È lo Spirito di Cristo. Anche se indubbiamente dobbiamo dire: procede dal Padre. E non è vero che procede dal Figlio. Il Figlio per inviarlo nella storia lo ha chiesto al Padre: Io chiederò al Padre il consolatore il quale verrà. Il Cristo ha fatto epiclesi. Ma era il suo Spirito che dava alla Chiesa. Non uno Spirito autonomo da lui […] lo Spirito Santo ci dice il non rappresentabile di Dio. Noi possiamo immaginarci una figura del Padre e del Figlio come è avvenuto. Dello Spirito Santo, no. Perché lo Spirito Santo non lo si può né trattenere, né afferrare. Non ce l’ha una icona definita»[cf. video QUI] [18].

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In questo sproloquio torrenziale, Enzo Bianchi dimostra di essere, oltre a un non-biblista e a un non-teologo, un soggetto intriso di crassa ignoranza nella storia della Chiesa e della ecclesiologia. Ma soprattutto, ancora una volta, fornisce delle spiegazioni socio-politiche che non sono semplicemente opinabili, ma del tutto false e falsanti.

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Capiamo l’amicizia del Bianchi con alcune Chiese autocefale ortodosse, ma soprattutto capiamo che con tutto lo spirito mistificatore che è suo proprio — come lo è di Andrea Riccardi fondatore della Comunità di Sant’Egidio —, costoro incontrano periodicamente vescovi di Chiese autocefale ortodosse, dopodiché annunciano, o per meglio dire millantano in tutta la Orbe Catholica di portare avanti un proficuo dialogo con gli ortodossi. E da quando, gli ortodossi sono un fenomeno unitario che risponde ad una comune autorità e ad una struttura centrale, posto che sono mille anni che i vescovi ortodossi sono impegnati nell’antico sport di scomunicarsi in continuazione gli uni con gli altri?  [cf. QUI] Dunque, con quali gli dialogano questi mistificatori e millantatori, considerando che i Vescovi della Chiesa Ortodossa sono la quintessenza della litigiosità, a tal punto che in mille anni non sono riusciti a celebrare un concilio pan ortodosso? Infatti, non avendo gli ortodossi una autorità centrale dotata delle prerogative del Romano Pontefice, nulla può deliberare un sacro concilio che sia vincolante in materia di dottrina e di morale per tutta l’ortodossia se manca la totale unanimità [cronaca, QUI].

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Sorvoliamo quindi sul fatto, ovvio e penoso, dei Bianchi e dei Riccardi che alla resa dei conti finiscono per dialogare solo con se stessi facendo poi credere di dialogare con gli ortodossi. Non possiamo invece sorvolare sul fatto che Bianchi nega implicitamente e apertamente che, mentre Roma voleva a tutti i costi l’unità, la Chiesa d’Oriente cercava ogni pretesto di divisione. La storia, al contrario, dimostra che mentre la Chiesa di Roma cercava in ogni modo di non essere assoggettata agli umori e soprattutto alle prepotenti ingerenze dei poteri politici, la Chiesa d’Oriente, presentata in varie forme dal Bianchi come casta vergine illibata, dal potere politico, ed anche dai peggiori poteri politici, voleva invece essere totalmente dipendente. O forse dimentica, il Bianchi, che tutti i primi grandi concili della Chiesa, seppure solo formalmente, furono convocati e presieduti dagli Imperatori d’Oriente, l’ultimo in ordine di tempo dalla imperatrice Irene? O per caso, per il suo monacale amor d’ortodossia e del suo tanto decantato «ritorno alle origini», il Bianchi sarebbe capace ad invocare un nuovo concilio ecumenico convocato, seppur solo formalmente, poi presieduto, seppur solo formalmente, dal Presidente dell’Unione Europea? Perché il «ritorno alle vere origini» ha dei prezzi da pagare, seppure Bianchi, ignorante in storia della Chiesa a livelli di vero e proprio imbarazzo, preferisca ignorarlo e crearsi al passato le fantasiose origini che più lo aggradano, ma che non sono però mai esistite. Perché non tutto ciò che era alle antiche origini era di necessità buono, altrimenti la Chiesa oggi sarebbe solo uno stagno raffermo, non sarebbe certo pellegrina sulla terra.

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Questo discorso che in sé e di per sé sarebbe molto complesso, potrebbe essere chiuso con l’affermazione di negazione fatta pubblicamente dal Bianchi il quale appunto nega il cosiddetto Filioque inserito nella versione latina del simbolo di fede Niceno-Costantinopolitano laddove recita: «Καὶ εἰς τὸ Πνεῦμα τὸ Ἅγιον, τὸ κύριον καὶ τὸ ζῳοποιόν, τὸ ἐκ τοῦ Πατρὸς ἐκπορευόμενον» [Et in Spíritum Sanctum, Dominum et vivificantem:qui ex Patre Filioque procedit].

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Il Bianchi afferma in modo ereticale: «E non è vero che procede dal Figlio. Il Figlio per inviarlo nella storia lo ha chiesto al Padre: ”Io chiederò al Padre il consolatore il quale verrà”». Quindi cita a conferma del proprio sproloquio ereticale la frase di Cristo Signore tratta dal Vangelo di Giovanni [cf. 13, 16]. E qui, Bianchi, non si pone una domanda fondamentale: chi sta parlando, a chi e dove? Ebbene, a parlare è il Divino Maestro che si rivolge ai propri discepoli, mentre si trova con loro su questa terra. E con ciò è dimostrato che Bianchi ha serie difficoltà a distinguere, ovviamente nella stessa persona ipostatica, il Gesù pre-pasquale ed il Cristo post-pasquale risorto e asceso al cielo; a meno che per lui, risurrezione e ascensione, non siano solo due splendide metafore da interpretare con le categorie della teologia.

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Quindi non solo Bianchi è un eretico pericoloso, ma anche un eretico molto ignorante, perché la dottrina che lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio non è affatto un colpo di mano politico, come lui afferma, giocato da forze secolari per il gusto di dividere la Chiesa di Occidente da quella di Oriente, fa parte della tradizione latina dagli inizi del III secolo. A tal proposito basterebbe che l’ignorantissimo bosiano leggesse i commenti di Tertulliano [Cartagine 160 – Cartagine 220], Novaziano [Frigia 200 – Roma 258] Ilario di Poitiers [Poitiers 315 – Poitiers 465], Sant’Ambrogio [Treviri 338 – Mediolanum 397], San Girolamo [Stridom 347 – Betlemme 420], Sant’Agostino [Tagaste 354 – Ippona 430]. Perché tutti costoro, ben prima dell’anno 1054, sostengono la processione dello Spirito Santo dal Padre e dal Figlio. Per tutti loro, che sono autori di varie opere o interventi sul mistero trinitario e sulla processione dello Spirito Santo dal Padre e dal Figlio, usiamo l’esauriente commento di Sant’Agostino:

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«colui che può comprendere la generazione intemporale del Figlio dal Padre, intenda la processione intemporale dello Spirito Santo da ambedue. E chi può comprendere da queste parole del Figlio: Come il Padre ha in sé la vita, così ha dato al Figlio di avere la vita in sé che il Padre ha dato la vita al Figlio non come a un essere che esistesse già senza avere la vita, ma che lo ha generato al di fuori del tempo in modo che la vita che il Padre ha dato al Figlio generandolo sia coeterna alla vita del Padre che gliel’ha data; questi comprenda, dico, che come il Padre ha in se stesso anche la proprietà di essere principio della processione dello Spirito Santo, ha dato ugualmente al Figlio di essere principio della processione del medesimo Spirito Santo, processione fuori del tempo nell’uno e nell’altro caso, e comprenda che è stato detto che lo Spirito Santo procede dal Padre perché si intenda che l’essere anche il Figlio principio della processione dello Spirito Santo, proviene al Figlio dal Padre. Se infatti tutto ciò che il Figlio ha, lo riceve dal Padre, riceve anche dal Padre di essere  anch’egli principio da cui procede lo Spirito Santo» [cf. De Trinitate, XV, 26,47].

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Per inciso: il Filioque fu inserito a “macchia di leopardo” ben prima dell’anno 1054, per l’esattezza quasi cinquecento anni prima, dal Concilio di Toledo del 587. Ribadiamo quindi che Bianchi è un pericoloso venditore di fumo e di consequenziali pensieri fumosi, una persona che gioca con le parole, celando dietro di esse la sua profonda e crassa ignoranza sulla patrologia, la storia della Chiesa e la dogmatica trinitaria. E pur malgrado, questo crasso ignorante, ha fatto il giro di molte chiese cattedrali d’Italia, dove invitato da numerosi membri della Conferenza Episcopale Italiana ha offerto queste perle di saggezza ai Christi fideles. E dinanzi a tutto questo, viene da domandarsi se siano più dannosi per il Popolo di Dio certi vescovi contemporanei, oppure gli antichi vescovi che seguivano l’eresia di Ario.

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ENZO BIANCHI: LA MADONNA È VERGINE, SI, MA PERÒ …

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Ipazia gatta romana, particolarmente devota alla Beata Vergine Maria Gattara (anche detta Madonna dei Gatti), ha suggerito di riflettere seriamente se praticare l’esorcismo maggiore a Enzo Bianchi

Concludiamo questo estratto di perle, che come abbiamo spiegato costituisce un materiale di conferenze filmate e trascritte in oltre trecento pagine, per vedere non tanto, cosa Enzo Bianchi pensa della Immacolata Concezione, ma il modo subdolo nel quale sul giornale della sinistra radical chic egli presenta la Beata Vergine Maria:

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«[…] il tema della «Madre Vergine» non è presente solo in ambito cristiano: ha echeggiato in tutto il Mediterraneo a tal punto che molti si sono chiesti se la venerazione di Maria, Madre e Vergine, non abbia assorbito il culto di dee pagane madri e vergini. Si pensi ad Astarte, dea assiro-babilonese venerata a Canaan, dea dell’amore e della fecondità che conobbe l’ostilità dei profeti biblici; ad Artemide, la dea eternamente vergine che a Efeso aveva il suo grande santuario, stigmatizzato da Paolo; a Cibele-Rea, Magna Mater, venerata in Frigia e in Grecia; ancora alla fine del IV secolo Agostino testimonia di un culto in onore della Vergine celeste e Madre degli dèi a Cartagine. E vero che l’archetipo del femminile ha nutrito il mondo simbolico delle religioni pagane così come del cristianesimo; si può però affermare con Philippe Borgeaud che, al di là delle analogie e delle reciproche influenze, le figure delle dee vergini e madri e quella della Vergine Maria «restano assolutamente distinte». Nello stesso tempo, non va dimenticato che gli apologisti cristiani del II secolo ebbero la tendenza ad assumere senza complessi l’eco di concezioni mitologiche […]» [testo integrale QUI].

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In che cosa consiste, l’elemento luciferino del bosiano? Attenzione: egli, dissertando dottamente, non mette in dubbio il dogma della Immacolata Concezione. Bisogna infatti capire che in quel caso si andrebbe a toccare, non tanto la teologia dogmatica, faccenda che alla resa dei conti riguarda dei gruppi molto ristretti di teologi; in questo caso si andrebbe a toccare le corde più suscettibili della devozione e della fede popolare. E Bianchi, che il Popolo Cristiano lo deve conquistare al fine di poterlo traviare, non è uno sprovveduto, perché proprio del plauso del popolo, egli ha bisogno. Ecco allora che il Bianchi, senza discutere sul dogma della Immacolata Concezione, offre in ordine storico, cronologico e metaforico, tutte le credenze pre-cristiane legate alle figure delle varie dee vergini o delle varie vergini madri.

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Enzo Bianchi non dice che i bambini devono sparare con le armi da fuoco, si limita solo a spiegargli, a livello puramente tecnico, come funzionano e come si usano le armi da fuoco. E così, quando i bambini si metteranno poi a sparare, Enzo Bianchi ne uscirà fuori, per così dire, del tutto pulito.

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Domani Enzo Bianchi predicherà ad Ars, sulla tomba dell’universale patrono dei sacerdoti, San Giovanni Maria Vianney, venerato come il Santo Curato d’Ars, gli esercizi spirituali mondiali al clero. Ribadiamo che questo eretico in cattedra non ce l’ha messo il Sommo Pontefice Francesco I, ce l’hanno messo e poi mantenuto il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, il Cardinale Joseph Ratzinger e il Sommo Pontefice Benedetto XVI. E tra tutti costoro, il Sommo Pontefice Francesco I, è stato in verità il più onesto di tutti, perché si è sempre manifestato per ciò che egli è realmente. Infatti, alla provata prova dei fatti, non risulta che mai, il Sommo Pontefice Francesco I, da una parte abbia combattuta le Teologia della Liberazione ed i preservativi, dall’altra abbia permesso a soggetti come Enzo Bianchi di giungere sino a salire in cattedra dinanzi ai sacerdoti presso il santuario nel quale sono conservate le spoglie del Santo Patrono dei Sacerdoti della Orbe Catholica; questo lo hanno permesso i suoi Sommi Predecessori Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.

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Per quanto superfluo, ricordiamo comunque che gli errori, talvolta anche grossolani, non pregiudicano la eroicità delle virtù, come nel caso del Santo Pontefice Giovanni Paolo II, né possono portare a un giudizio negativo sulla splendida teologia e sul prezioso pontificato del Venerabile Pontefice Benedetto XVI. Chi poi volesse a tal proposito saperne di più, basta che legga l’ultimo articolo dedicato alla santità da Ariel S. Levi di Gualdo: Dal Bello al Moro: la santità non è il decaduto Premio Nobel, le canonizzazioni sono atti del magistero infallibile dalle quali poi, indietro, non si torna [cf. QUI].

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L’apologia delle eresie di Enzo Bianchi, sarà pubblicata quanto prima in un libro ricco di documentazioni. Questo articolo vuole essere solo una piccola anticipazione fatta in occasione della sua predicazione degli esercizi spirituali mondiali al clero tenuta ad Ars, che suonano appunto, come dicevamo all’inizio, come l’invito di una porno star presso l’assemblea delle superiore delle Monache Clarisse desiderose di sapere con quale miglior linguaggio proporre la virtù della castità alle giovani aspiranti monache del Terzo Millennio.

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dall’Isola di Patmos, 22 settembre 2018

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NOTE

[1] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 36.

[2] Paul Ricœu Filosofo francese (Valence 1913 – Châtenay-Malabry 2005). Tra i maggiori testimoni e protagonisti della coscienza filosofica del Novecento. L’alto valore della sua opera originale e multiforme, frutto di un percorso filosofico che dalla fenomenologia e l’esistenzialismo, si volse verso l’ermeneutica e la psicanalisi è testimoniato dai numerosi premi e riconoscimenti internazionali conferitigli nel corso della sua carriera […] Dall’originario interesse per la fenomenologia e l’esistenzialismo, a cui dedicò i primi studi, i suoi interessi si orientarono poi verso una prospettiva ermeneutica connessa alla riflessione sul concetto di simbolo, impegnandosi in indagini sul linguaggio del mito, della religione e della poesia, in cui ritiene si rivelino le categorie (il sacro, la colpa, la fallibilità) che definiscono la situazione dell’uomo nel mondo e il suo modo di comprendersi ed essere. In questa prospettiva ermeneutica si colloca anche l’interesse di R. per la psicanalisi, che egli vede come uno dei maggiori tentativi di problematizzare la nozione cartesiana di soggetto a favore di un’immagine dell’uomo che si rivela e si comprende soltanto attraverso i simboli. Da ricordare inoltre le sue riflessioni sulla metafora e sulla narrazione, che, pur nella loro dimensione intrinsecamente creativa, rappresentano per R. autentiche forme di comprensione e conoscenza [cf. QUI].

[3] “Enzo Bianchi – Quanto ci manca un padre,” YouTube video 58:30, posted by Alzo gli Occhi 2 maggio 2015. Web, 3 Settembre 2018, [03:24 – 06:25; 22:06 – 25:29; 43:08 – 43:56; 56:38 –  57:10].  Tratto da:

https://www.youtube.com/watch?v=Y983sxcSQ2Q 

[4] Jacques Monod:  Biologo francese (Parigi 1910 – Cannes 1976). Assistente nel laboratorio di zoologia della Sorbona, Si recò nel 1936 con B. Ephrussi al California Institute of Technology, ove entrò in contatto con il gruppo del genetista T. H. Morgan. Nel 1941 ricevette il dottorato in scienze alla Sorbona con una tesi sulla crescita delle colture batteriche in cui mostrava che la crescita batterica obbediva a semplici leggi quantitative. Dopo la guerra, durante la quale aveva svolto un’importante funzione nella Resistenza, entrò all’Institut Pasteur (1945), in qualità di capo laboratorio nel servizio diretto da A. Lwoff e nel 1953 fu nominato direttore del nuovo servizio di biochimica cellulare. Pur continuando a svolgere le sue ricerche all’Institut Pasteur, tenne la cattedra di biochimica nella facoltà di scienze (dal 1957) per passare, nel 1967, alla cattedra di biologia molecolare al Collège de France. La lezione inaugurale al Collège fu l’occasione per presentare la sua concezione della scienza e della vita, sviluppata poi nel libro Le hasard et la nécessité: essai sur la philosophie naturelle de la biologie moderne (1970; trad. it. 1970), che ebbe notevole eco suscitando vivaci polemiche e discussioni. Nel 1965, intanto, gli era stato attribuito, insieme a F. Jacob e A. Lwoff, il premio Nobel per la medicina o la fisiologia. Il problema scientifico che interessava M. era la sintesi di enzimi, controllata da geni e indotta da un substrato, come sistema modello per lo studio della sintesi delle proteine e delle relazioni fra genetica e fisiologia cellulare. Nel 1957 M. iniziò la collaborazione con F. Jacob che lavorava sul fenomeno della lisogenia/lisogenia, cioè l’induzione di un virus batterico. La messa in comune dei risultati e delle tecniche di questi due settori di ricerca portò sia alla chiarificazione dei meccanismi riguardanti la regolazione genetica della sintesi proteica, sia alla definizione (1961) del concetto di RNA messaggero e delle nozioni di operone (come unità di espressione coordinata di più geni) e di interazione tra siti distinti di una macromolecola (allosteria). Nel 1971 M. divenne direttore generale dell’Institut Pasteur, carica che tenne sino alla morte.

Cf. http://www.treccani.it/enciclopedia/jacques-monod/.

[5] “120524 Serata inaugurale – La speranza nelle Scritture,” YouTube video 02:01:19, posted by “Telechiara Produzioni” 29 maggio 2012. Web, 3 Settembre 2018, [51:38 – 01:00:45]. Tratto da

https://www.youtube.com/watch?v=12Fv15Lysmg.

[6] Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 238-239.

[7] «Non sono l’etica che scuote il mondo di oggi. Non è una dottrina. È qualcosa di esistenziale che deve avvenire nella carne […] nel corpo umano, nella mano. Occhio contro occhio. Volto contro volto. Non nell’astrattismo delle idee. Non solo sono finite le ideologie, è finite ogni architettura che non si verifica nello spessore della vita umana del nostro corpo e della nostra carne». Cf. “PADRE ENZO BIANCHI A NAPOLI,” YouTube video 01:26:42, posted by “AlzogliOcchi” 11 maggio 2013. Web, 3 Settembre 2018, [28:10 – 30:04]. Tratto da:

[8] “Enzo Bianchi ˝La creazione e le origini del mondo˝” YouTube video 01:18: 54, posted by “AlzogliOcchi” 5 giugno 2013. Web, 3 Settembre 2018, [55:00 – 59:25]. Tratto da:

 https://www.youtube.com/watch?v=EBBZynXukfk.

[9]  “Enzo Bianchi – Leggere la Bibbia ˝Introduzione˝,” YouTube video 01:14:40, posted by “AlzogliOcchi” 5 giugno 2014. Web, 3 Settembre 2018, [16:10 – 18:30]. Tratto da:

https://www.youtube.com/watch?v=pDcZCRk1vc0.

[10] In L’essenza del Cristianesimo, 1841.

[11] “Enzo Leggere la Bibbia ˝il conflitto delle interpretazioni˝,” YouTube video 44:00, posted by “AlzogliOcchi” 5 giugno 2014. Web, 3 Settembre 2018, [22:50 – 24:50]. Tratto da:

 https://www.youtube.com/watch?v=P4WpIaXId28.

[12] “Enzo Bianchi – Incontri con Dio: Abramo, Giacobbe, Mosè, Elia, Isaia,” YouTube video 01:03:50, posted by “AlzogliOcchi” 3 luglio 2013. Web, 3 Settembre 2018, [22:40 – 33:37]. Tratto da:

https://www.youtube.com/watch?v=-XrfSAxWOwE.

[13] “Enzo Bianchi – Leggere la Bibbia ˝Dall’Antico al Nuovo: i due Testamenti,” YouTube video 43:24, posted by “AlzogliOcchi” 5 giugno 2014. Web, 3 Settembre 2018, [23:30 – 25:26]. Tratto da :

https://www.youtube.com/watch?v=Tmz9pVeWVvU.

[14] «allora dobbiamo affermare che nella creazione che Dio ha fatto era presente il male, questa è la realtà. La Bibbia ci dice non la ha voluto Dio, non la ha creato Dio ma c’era. E ha indotto l’umanità al male come induce ciascuno di noi».cf. “Enzo Bianchi Mistero e scandalo della sofferenza,” YouTube video 01:29:31, posted by “AlzogliOcchi” 30 ottobre 206. Web, 3 Settembre 2018, [53:15 – 57:15]. Tratto da:

https://www.youtube.com/watch?v=kJlnEeXJ90w.

[15] “Enzo Bianchi la risurrezione di Cristo e la nostra,” YouTube video 59:52, posted by “AlzogliOcchi” 11 marzo 2016. Web, 3 Settembre 2018, [01:13:42 – 01:14:55]. Tratto da:

https://www.youtube.com/watch?v=opwrLaDnqF4.

[16] “Gesù racconta l’amore˝ Enzo Bianchi in dialogo con Umberto Galimberti,” YouTube video 39:00, posted by  “AlzogliOcchi” 23 maggio 2015. Web, 3 Settembre 2018, [11:20 – 20:06]. Tratto da:

https://www.youtube.com/watch?v=OLqkQkWh3B4&feature=youtu.be&t=679.

[17] Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 245-246.

[18] “Enzo Bianchi – Lo Spirito santo Nella rivelazione biblica,” YouTube video 58:50, posted by “AlzogliOcchi” 15 agosto 2017. Web, 3 Settembre 2018, [2:32 – 4:10; 32:26 – 34:00; 36:34 – 38:00; 50:04 – 50:32]. Tratto da:

https://www.youtube.com/watch?v=4yOfOdrzzBI.

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16 commenti
  1. Davide Maria Caprano dice:

    Se lo Spirito Santo non procedesse simultaneamente dal Padre e dal Figlio, Dio non sarebbe Trino.

  2. non metuens verbum dice:

    Il ragionier Enzo Bianchi gestisce un agriturismo, che pretendete ? Tuttavia, c’è da riconoscere che nell’immaginario collettivo e di ciascuno di noi che siamo andati al catechismo da bambini, c’è un Dio Padre piuttosto severo, più forte e più esigente del nostro babbo, al quale viene abbastanza spontaneo di ribellarsi un po’. E’ tutto sbagliato, ma venitecelo a dire. In effetti, mica solo per Adamo, ma per ciascuno di noi è sempre in agguato la tentazione: Eritis sicut Dei, e perché Lui sì e io no ? La risposta teorica alla tentazione sta nella filosofia tomista, ma non è alla portata di tutti; la risposta orante sta nella teologia, ma non è alla portata di tutti; la risposta vitale sta nella Grazia, che è alla portata di tutti, e soprattutto dei piccoli e degli umili a cui è rivelato ciò che è nascosto ai dotti. Ma siccome l’ignoranza lasciata a sé stessa resta ignoranza, spetta ai dotti di mettersi umilmente al servizio dei piccoli e degli umili, dai quali impareranno molto.
    Purché si tengano alla larga dagli agriturismi.

  3. lycopodium dice:

    Rev.do padre Levi di Gualdo,
    nei testi citati del priore di Bose, spicca per numerosità e importanza delle ricorrenze, l’idea che Gesù sarebbe la narrazione autentica del Padre. La cosa in sè non è certo falsa, ma certamente riduttiva. Un narratore, per quanto autentico, non necessariamente è Figlio consustanziale. La narrazione non è la Rivelazione (“rivelato”, così la CEI traduce la parola chiave di Gv 1, 18), tanto meno è la Teofania salvifica e definitiva, quale è quella di Gesù nel suo vero corpo. Così, se pure il priore credesse fermamente al Credo niceno-costantinopolitano, la terminologia così ricorrentemente usata (tanto da farne una sorta di paradigma) rischia volente o nolente di snervare quanto meno l’esposizione delle verità di quel Credo. Sbaglio?

    • Padre Ariel
      Ariel S. Levi di Gualdo - Jorge Facio Lince dice:

      Caro Lycopodium,

      ci rallegriamo con lei e sinceramente la complimentiamo per il modo in cui, con poche parole, ha riassunto un fatto con una precisione veramente “chirurgica”.

  4. ettore dice:

    Rev. Padre,
    La ringrazio per le sue ulteriori precisazioni sotto i diversi aspetti.
    Suppongo che, di fronte alla vostra circostanziata pubblica denuncia riguardo alle eresie del Bianchi, la Congregazione per la Dottrina della Fede dovrebbe intervenire per tutelare e ristabilire la vera dottrina cattolica. Già interpellata in passato, non risulta abbia mai risposto nel merito.
    Al contrario è stato concesso ulteriore spazio al Bianchi, quasi che la chiesa non possa fare a meno dei suoi contributi omiletici ed esegetici.
    Ho ragione di temere che anche in questa occasione difficilmente succederà qualcosa.
    I custodes, rivelatisi finora ciechi, sordi e muti, si consiglieranno con diverse altolocate eminenze in gran parte sodali del Bianchi; e cavillando, prenderanno tempo; di rimpallo in rimpallo, faranno ancora una volta lo gnorri e alla fine, temo che non ci saranno esiti di sorta.
    Mala tempora currunt.

  5. Padre Ariel
    Ariel S. Levi di Gualdo dice:

    Caro Confratello,

    permettimi di dirti che ti sbagli.

    E qui bisogna premettere, a chi legge questi commenti che sono pubblici, che io conosco non solo te ma anche lo stato miserando in cui versa la tua diocesi, una tra le tante italiane alla bancarotta morale, dottrinale e in parte anche patrimoniale.

    No, il tuo vescovo – se io fossi stato un membro del vostro presbiterio – non mi avrebbe fatto proprio niente, perché se avesse osato dirmi ciò che ha detto a voi, io gli avrei risposto che uno tra i suoi stretti collaboratori di curia, 35 anni d’età, divide il proprio appartamento non con un collaboratore fidato come il sottoscritto, in regime di innegabile sanità eterosessuale, ma lo divide con un fotomodello brasiliano palestrato di 24 anni che lavora come “uomo immagine” nelle discoteche e che posa per servizi fotografici vari.

    Detto questo avrei aggiunto: «… e se Vostra Eccellenza osa rimproverarmi di nuovo perché io mi sono rifiutato di venire ad ascoltare le perle di saggezza di un eretico, tal è Enzo Bianchi, alla prossima assemblea generale del clero io chiederò pubblicamente che lei faccia atto di rinuncia alla cattedra, perché un vescovo che si tiene in curia un prete finocchio che convive alla luce del sole con un marchettaro brasiliano, o è egli stesso altrettanto finocchio, oppure è cieco, delle due l’una».

    Pertanto, smettetela di piagnucolare – detto con profondo affetto fraterno – e cominciate a dire a questi personaggi: «dovete togliervi di torno, perché siete uno scandalo rovinoso e noi non vi vogliamo!».

    Ecco perché a me, il tuo vescovo, non avrebbe fatto assolutamente niente, ma neppure avrebbe osato rimproverarmi per non essermi recato ad ascoltare Enzo Bianchi che predicava ai preti della diocesi, perché in lui avrebbe prevalso … l’istinto di sopravvivenza!

  6. Padre Ariel
    don Paolo dice:

    Caro Ariel,

    come sai il mio vescovo rimproverò pubblicamente me e altri sacerdoti per non essere andati alla predicazione di un ritiro spirituale fatto da Sua Beatitudine il Patriarca Enzo Bianchi nella nostra diocesi. E ci disse … “questa volta ve la perdono, se però accade di nuovo …”. Lasciando la frase sospesa.
    Credo che se tu fossi stato un prete del nostro presbiterio, per questo articolo ti scomunicava …

  7. Padre Ariel
    Ariel S. Levi di Gualdo dice:

    Caro Iginio,

    … che fatica, alzare tutto il braccio, sarebbe bastato alzare solo un dito della mano: il medio!
    Certi personaggi, una volta divenuti personaggi pubblici conosciuti, pensano di potersi concedere davvero di tutto.

    Ricordo ai tempi dell’università un professore ordinario che si mise a sproloquiare come ospite d’onore in aula magna alla presentazione di un libro, facendo capire anche alle persone più corte di cervello che manco sapeva di che cosa quel libro parlasse.

    Quel professore era però capace a sbattere malamente fuori all’esame gli studenti dopo aver chiesto loro, su un libro di testo composto di tre volumi per un totale di 1500 pagine illeggibili scritte dalle cinque mani diverse dai suoi assistenti, una noticina a fondo di pagina.

    Ecco, le confermo che Giovanni Maria Vian è della stessa razza, ed è una razza altamente protetta, come tutte le specie a rischio, ma purtroppo non in via di estinzione.

  8. ettore dice:

    Certo ha esordito sotto altri pontificati, che hanno dato spazio chi più chi meno ai suoi servigi, sopravvalutando le capacità e sottostimando le ambizioni. Non è dal seme – buono o cattivo – ma è dall’albero – periodicamente accudito -che si riconosce la qualità dei frutti.
    Però dalla gavetta iniziale, ha con tenacia ed astuzia saputo crearsi e coltivare l’orticello, costruendosi opportune relazioni, accostandosi a persone che contavano e contano nella chiesa e nella mondo dei media.
    Nonostante le tempestive segnalazioni e i ripetuti avvertimenti di eminenti e preoccupati teologi, man mano che i frutti divenivano via via più cattivi, chi poteva, nulla ha fatto per circoscriverne l’azione, anzi è toccato ai teologi subire ritorsioni anche beffarde ..
    Un crescendo ininterrotto. E’ amaro costatare quanto sia pericolosamente cresciuto, quanto sia potente questo presunto maestro: omaggiato e riverito da prefetti, cardinali e vescovi, vezzeggiato e protetto da patroni e padrini, persino candidato alla porpora…
    E’ ormai giunto al top: i suoi libri sono testi nei seminari italiani, un’agenda super impegnata, gli articoli sull’Osservatore Romano … Ma Ipazia vigila.

      • Padre Ariel
        Ariel S. Levi di Gualdo dice:

        Caro Ettore,

        il problema non è che il Signor laico Enzo Bianchi si rivolga in questa lettera a noi segnati dal sacro ordine sacerdotale per Sacramento di grazia indelebile ed eterno, con le parole:

        «Cari presbiteri, mentre mi rivolgo a voi, a voi miei fratelli nel ministero […]».

        Il problema è che questo lo faccia con una lettera pubblicata sul sito ufficiale della Congregazione per il Clero.
        Pertanto prendo atto, con dispiacere per me, ma soprattutto per il diretto interessato, che il nostro Prefetto della congregazione per il clero avrebbe bisogno di ripassare a fondo gli elementi basilari della dogmatica sacramentaria.

        Il Bianchi non può rivolgersi a noi da pari a pari, perché lui, come battezzato, partecipa al “sacerdozio comune dei battezzati”, noi – e noi soli -, come ministri in sacris, attraverso il Sacramento dell’Ordine, partecipiamo invece al sacerdozio ministeriale di Cristo, al quale invece, il Bianchi, non partecipa affatto.

        Spero che qualcuno lo spieghi al Prefetto della Congregazione per il Clero.

    • Padre Ariel
      Ariel S. Levi di Gualdo dice:

      Caro Ettore,

      desidero cogliere l’occasione per precisare che per noi, avere indicato le oggettive responsabilità di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI per quanto riguarda lo sviluppo del Fenomeno Bianchi, è stato veramente, particolarmente e profondamente doloroso.

      Io sono nato nell’agosto del 1963, un mese e mezzo dopo la morte di Giovanni XXIII, ed ero adolescente quando morì Paolo VI nel 1978, sono cresciuto quindi sotto il pontificato di Giovanni Paolo II e diventato prete sotto il pontificato di Benedetto XVI, nella cui diocesi, Roma, sono stato tra l’altro ordinato.

      Il mio collaboratore, Jorge Facio Lince, che invece è nato nel 1983, è nato e cresciuto conoscendo fino all’età di ventidue anni un unico pontefice: Giovanni Paolo II.

      Se noi non avessimo rivolto a questi due venerati Pontefici, uno dei quali Santo, le doverose critiche che nella nostra analisi abbiamo mosso, saremmo tali e quali, se non parecchio peggio, di tutti coloro che oggi, dinanzi agli errori umani o alle scelte pastorali non sempre felici del Pontefice regnante Francesco I, sostengo che qualunque cosa egli dica o faccia è sempre, assolutamente ed indiscutibilmente giusta. E detto ciò aggiungo: per noi, informati dei fatti – e dico fatti, non chiacchiere – è doloroso constatare che la invereconda piaggeria di certi soggetti è mossa non ultimo da interessi economici dovuti alle loro professioni o alle laute sovvenzioni che percepiscono a favore dei loro siti. Per carità, nessuno pretende che gli altri siano eroi, ma neppure che si palesino peggiori ancòra dei mercanti del Tempio di Gerusalemme. In fondo, esiste pur sempre, in mancanza di spirito eroico, la dignità sia del silenzio, sia dell’esprimersi in modo diplomatico, o per così dire asettico, limitandosi a riportare i soli fatti di cronaca.

      Ricordo con mestizia, durante la mia adolescenza, la figura del Beato e prossimo Santo Pontefice Paolo VI, oltraggiata in tutti i modi dagli allora giovani intellettuali della sinistra più o meno radicale che oggi, invecchiati e affetti da artrite, se non peggio da artereosclerosi, sono capaci, dall’alto delle cattedre del loro ateismo, di fare persino la lezioncina a noi teologi, ricordandoci che … «il Papa è infallibile, ma certi teologi non lo ricordano e lo criticano».

      E sinceramente, noi che in seguito, dopo Paolo VI, abbiamo poi visto più volte “massacrare” Giovanni Paolo II e Benedetto XVI da intere squadre di giornalisti e di teologi che contro di loro firmavano cartelli critici, a maggior ragione proviamo santo sprezzo cristiano per questi odierni … culum lingere, direbbe Catullo, o detta in più triviale italiano: indegni leccaculo.

      Che Giovanni Paolo II prima, il Cardinale Joseph Ratzinger e poi Benedetto XVI, abbiamo sbagliato a non frenare il Fenomeno Bianchi e ad impedire che questi divenisse addirittura una sorta di guru per gran parte dell’episcopato italiano, non compromette né la santità del primo, né l’alta teologia e anche la santità di vita del secondo.

      Ci piacerebbe che le cose stessero in altri termini, ma bisogna prenderle per quelle che di fatto sono: Giovanni Paolo II e Benedetto XVI sono oggettivamente responsabili dello sviluppo del mostro Bianchi.

  9. fabius dice:

    Salve Padre Ariel,

    vorrei capire che senso ha questo articolo di denuncia contro il signor Enzo Bianchi, quando poi la gerarchia a cui lei presta obbedienza, non fa nulla contro le sue accuse di eresia, anzi lo esalta mandandolo ad Ars a predicare gli esercizi spirituali ai sacerdoti?

    Un semplice fedele come può aver fiducia in una gerarchia che tradisce il Vangelo, e il catechismo, e persino con la complicità di papi, sono costernato e confuso come milioni di cattolici di fronte alle molteplici notizie di abusi sui minori,l’omoeresia e il non voler rispondere alle accuse e insabbiando gli scandali che furono coperti anche sotto il pontificato del santo polacco, cos’è diventata la chiesa visibile?

    La ringrazio

    • Padre Ariel
      Ariel S. Levi di Gualdo dice:

      Caro Fabius,

      il senso di questo articolo è semplice: chi lo ha scritto, potrà rispondere a Dio per avere peccato in pensieri, parole e opere … ma non in omissioni! E chi non omette di dire la verità e di servire la verità, finisce col rendere più tenui anche i propri peccati di pensieri, parole e opere.

      Nei tempi che stiamo vivendo adesso pare che ricorrano tutti quegli elementi di cui ci parlano le Sacre Scritture e le Lettere Apostoliche, inclusa la grande apostasia.

      E proprio in questi momenti noi dobbiamo particolarmente amare e proteggere, per quanto si possa riuscire a fare, la Chiesa di Cristo; perché resta chiaro che la Chiesa è sua, non è di quello o quell’altro Pontefice che la modella a propria immagine personale, posto che egli è della Chiesa è primo servitore e custode.

      Diversamente da queste persone, che come spesso ho scritto vivono l’immediato e sono interamente incentrate sul “tutto e sùbito”, noi bisogna avere una prospettiva futura, una prospettiva escatologica.

      Al momento, noi non possiamo neppure immaginare cosa di altamente positivo, domani, potrà nascere da questo sfacelo.

      Sicuramente, i topi nella stiva, od i grandi avvelenatori, che sotto i pontificati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI si muovevano con molta cautela, lavorando principalmente dietro le quinte, oggi sono saltati tutti allo scoperto, con tutte le loro eresie e le loro apostasie dalla fede. E questo è ottimo, perché almeno sappiamo chi sono quei nemici che fino a ieri stavano nascosti a lavorare nell’ombra.

      Bisogna avere solo la pazienza della fede, perché stiamo sì parlando di persone che seminano danni immani, ma al tempo stesso anche di persone che hanno già perso, come ha perso, sin dalla notte dei tempi, il loro potente Padrone del Mondo, che da sempre è il grande sconfitto.

      Certo, noi uomini abbiamo il problema del tempo, ma Dio no e la grazia di Dio neppure, non hanno problemi di tempo.

  10. Iginio dice:

    Sono stato a un incontro con Rod Dreher, l’autore del libro sull’Opzione Benedetto. Lui è stato molto bravo. Purtroppo i due altri commentatori non sono stati all’altezza. Erano Giuliano Ferrara e Giovanni Maria Vian: quest’ultimo è sia professore universitario di storia del Cristianesimo sia direttore dell’Osservatore Romano. E proprio Vian ha fatto un intervento penoso, da cui si capiva, tra l’altro, che il libro l’aveva solo sfogliato e che culturalmente non solo ignora la cultura anglosassone ma è rimasto ai miti di decenni fa sul “dire le cose all’uomo di oggi” eccetera. Ma ha raggiunto il climax del grottesco quando ha suggerito a Dreher di andare a visitare un’altra esperienza monastica recente. Indovinate un po’ quale? Bose!
    Mi è venuto spontaneo alzare il braccio destro nel gesto che popolarmente sta a significare “ma fammi il piacere…”!

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