Un triste canto di Natale tra le volanti dei Carabinieri: prospettive ed analisi dell’oggi

— attualità ecclesiale —

UN TRISTE CANTO DI NATALE TRA LE VOLANTI DEI CARABINIERI: PROSPETTIVE ED ANALISI NELL’OGGI

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Possiamo capire e forse caritatevolmente giustificare questo comportamento deferente degli ecclesiastici verso il governo, visto che da molto tempo c’è il rischio di vedere fantasmatizzato il sostentamento clero, che porterà alla chiusura impietosa di molte piccole diocesi e parrocchie, realizzando finalmente il progetto di una Chiesa povera, non per i poveri, ma di poveri. Quindi sintetizzando è meglio tenersi buono il governante di turno, anche se satanasso, finché ci permette di campare.

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Autore
Ivano Liguori, Ofm. Capp.

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L’ultimo capitolo presente nel libro La Chiesa e il coronavirus ― pubblicato da noi padri dell’Isola di Patmos ad ottobre di quest’anno ― si intitola così: A Christmas Carol: un canto tragico di Natale.

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Il riferimento fondamentale da cui ho tratto l’ispirazione è Charles Dickens, romanziere inglese di età vittoriana noto soprattutto per i suoi romanzi a carattere sociale che hanno il pregio di descrivere la società inglese con tutte le sue ipocrisie e contraddizioni, lontano dalla becera propaganda di regime che solitamente magnifica i successi della classe al potere, minimizzando invece le sue magagne.

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Nel romanzo A Christmas Carol Dickens presenta il protagonista, Ebenezer Scrooge, un vecchio spilorcio preoccupato della sua ricchezza in modo maniacale, tanto da arrivare a calpestare i diritti più sacri del suo umile contabile Bob Cratchit ― famiglia, fede, salute, lavoro ― ed avere una malcelata sopportazione per l’intera umanità.

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Neanche l’arrivo del Natale sembra intenerire il cuore di Ebenezer, anzi questa festività sembra acuire ancor di più l’insoddisfazione personale e la preoccupazione per un minore profitto, dato l’attenuarsi dei giorni proficui per il guadagno. Solo un intervento soprannaturale riuscirà a ribaltare le sorti e a ricondurre la vita del vecchio taccagno a più miti consigli, ottenendo giustizia là dove giustizia e pietà sono state violate e disprezzate e riportando un lume di umanità e comprensione nel vecchio peccatore.

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Tra le righe del romanzo, un lettore attento può intravedere bene l’essenza umana e psicologica del vecchio Scrooge: egli è un povero uomo ferito e infelice, è un invecchiato nel male come proferirebbe il profeta Daniele [cf. Dn 13].

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La sua passione per il denaro lo ha snaturato e pervertito, allontanandolo dai sentimenti più nobili dell’uomo quali la carità, la pietà, la solidarietà e l’empatia. Scrooge è ― al tempo di Dickens ― la rappresentazione di quel cinismo anti-umano moderno presente in molti ambiti della nostra società che, avanzando la pretesa del diritto a ogni costo, finisce per calpestare e negare i diritti più sacri del prossimo.

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Scelsi di ispirarmi a Dickens perché in ottobre dentro i sacri palazzi del potere mondano e religioso si accarezzava l’idea di un possibile nuovo lockdown natalizio. Un sodalizio tra trono e altare ben orientato che avrebbe assestato un colpo definitivo non solo all’intero paese ma soprattutto a quella fede cattolica che in Italia non ha più una identità definita ma che vive un dualismo di sentimentalismo pauperistico in salsa immigrazionista e di tradizionalismo retrodatato, salottiero e zitellesco.

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Chi, dunque, meglio di Dickens avrebbe potuto sintetizzare le malversazioni della società civile e religiosa nella quale stiamo vivendo, riproponendo con il romanzo Canto di Natale, lo spauracchio di uno spettro visitatore, non del passato, non del presente e neanche del futuro ma del confinamento dell’umano che disumanizza, in barba allo slogan andrà tutto bene?

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Con il contagio di Covid-19 del presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Gualtiero Bassetti e del suo conseguente ricovero, i nostri pastori non hanno reputato essere più percorribile quella proposta di sospensione delle Messe in periodo natalizio in accordo con il Viminale, che il quotidiano il Messaggero  ― nell’edizione del 10 ottobre 2020 ― aveva prontamente sottolineato  [vedere articolo, QUI].

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Un passo azzardato certamente, che forse per non scavalcare il Cardinale presidente CEI ammalato non è stato più perseguito. Ma forse, con più probabilità, si è scelta la via del camaleontico trasformismo ecclesial-chic in cui le verità non sono mai oggettive ma funzionali e si capiscono a seconda dell’opportunità e del bisogno.

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Possiamo capire ― e forse caritatevolmente giustificare ― questo comportamento deferente degli ecclesiastici verso il governo, visto che da molto tempo c’è il rischio di vedere fantasmatizzato il sostentamento clero, che porterà alla chiusura impietosa di molte piccole diocesi e parrocchie, realizzando finalmente il progetto di una Chiesa povera, non per i poveri, ma fatta di poveri. Quindi sintetizzando è meglio tenersi buono il governante di turno, anche se satanasso, finché ci permette di campare.

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Questo discorso è più comprensibile oggi in cui, compiuto il giro di boa del tempo di Avvento con la solennità dell’Immacolata, si dibatte ancora sulla modalità di celebrare il Natale compatibilmente al coprifuoco del DCPM. Non mancano i suggerimenti alla prudenza, in cui le schiere degli osservanti, dei dissidenti e dei divergenti si contenderanno il campo di battaglia in questo Natale 2020.

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Comunque tutto è già preparato, per rispettare i DPCM si è optato per il modello fantozziano in cui il novello Conte Cobram ha già dato l’incaricato al maestro Canello di suonare in anticipo la mezzanotte del nuovo anno e a qualche maestro di cappella di Villa Nazareth di anticipare il Gloria in excelsis Deo che annuncia la nascita del Salvatore.

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Stiamo comunque tranquilli, così come abbiamo già potuto sperimentare con la ripresa post lockdown di giugno ci saranno coloro che, pur non celebrando il Natale dal 1980, si sentiranno gravemente defraudati e offesi per l’assenza della Santa Messa di Mezzanotte, alla quale non partecipano da alcuni decenni. Così come ci saranno coloro che dall’alto della loro maturità ecclesiale diranno che tutte queste cose sono delle convenzioni preconcette, che si può benissimo celebrare la nascita del Redentore dal proprio salotto e che in fondo al tempo dei pastori non esistevano registratori e Gopro e che quindi con tutta probabilità non c’è mai stato un Natale cristiano e una Vergine promessa sposa di un uomo della casa di Davide di nome Maria. Ma soprattutto non c’è mai stata una redenzione perché, al di sopra di tutto, c’è la coscienza che è la suprema lex a cui tutti debbono obbedire perché così conviene … fin quando conviene, ma soprattutto fino quando la libertà coscienza non esprime cose diverse o contrarie verso chi manipola le coscienze, in nome della libertà di coscienza, ovviamente!

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A tutti voi, i miei più sinceri auguri di buon Natale … dickensianamente parlando.

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.Laconi, 9 dicembre 2020

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https://youtu.be/bgUlbGsqZDw

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1 commento
  1. Francesco Paolo Vatti
    Francesco Paolo Vatti dice:

    Mi è dispiaciuto per la Messa di Mezzanotte (la partecipazione alla quale, in modo un po’ strano, mi fa sentire particolarmente legato ai miei genitori, morti da 16 anni), ma sono stato molto contento di aver potuto partecipare alla Messa! Già era stato molto pesante seguire la Messa di Pasqua solo per computer….

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