Proteggete Divo Barsotti dalle grinfie dei lefebvriani
PROTEGGETE DIVO BARSOTTI DALLE GRINFIE DEI LEFEBVRIANI
Il Padre Divo avrebbe trovato la forza persino nella vecchiaia, persino sulla sedia a rotelle, di raccattare un bastone e di sbatterlo con sanguigno spirito toscano sulla schiena di chiunque avesse osato porre pubblicamente in discussione il Magistero della Chiesa e l’autorità dell’assisa ecumenica del Concilio Vaticano II.
COME TACERE SUL TENTATIVO DI STRUMENTALIZZARE LA FIGURA DI PADRE DIVO BARSOTTI DA PARTE DEL SITO “ERESIE&DINTORNI” DI MARIA GUARINI?
VEDERE QUI
Al Reverendo Padre
Serafino Tognetti, CFD
Venerabile Confratello in Cristo, sai bene quanto io sia affezionato alla figura del Padre Divo Barsotti e quanto sia tutt’oggi grato alla sua pia memoria, tanto grande e provvidenziale in divina grazia è stata la sua incidenza nel mio percorso vocazionale, in seguito nella mia spiritualità sacerdotale. La mia stima verso questo Servo di Dio è stata ripetutamente espressa in miei libri e articoli, è nota a te ed ai diversi vostri laici della Comunità dei Figli di Dio di cui sono confessore e direttore spirituale, come lo è ad altri membri della vostra aggregazione che partecipano sovente alle mie celebrazioni e ascoltano le mie omelie; a tutti loro sono legato in amorevole spiritualità barsottiana.
Perdonami se uso la lettera pubblica anziché il messaggio privato, ma come si dice dalle parti della mia Toscana natìa, dove tu risiedi e dove hai vissuto come fedele discepolo accanto al Padre Divo: «Ho deciso di pigliar due piccioni con una fava».
Veder portato in trionfo il Padre Divo sul blog della Signora Maria Guarini, la quale si picca d’esser teologa, liturgista, canonista, storica della Chiesa, ecc … ma soprattutto legittimo censore della suprema Autorità della Chiesa e di un’intera assisa ecumenica, credimi: mi ha fatto davvero male al cuore.
Questi cosiddetti “tradizionalisti” o meglio “lefebvriani”, cercano da sempre d’appropriarsi di figure d’uomini di Dio per usarli come legittimazione ai propri errori, che sono poi errori legati a forme di precise e manifeste eresie, perché come sai, essendo tu un brillante teologo, negare l’autorità di un intero concilio ecumenico attaccandosi al risibile filo di lana caprina che si tratterebbe “solo di un concilio pastorale e non dogmatico”, per giungere a dire che “non conta nulla”, infine ch’esso “è in errore“, è un insano parlare che finisce presto col passare dall’errore all’eresia, come dimostrano i contenuti pseudo-cattolici del blog in questione, al quale non dovrebbe essere associato il nome del Venerabile Padre e neppure il tuo, suo amato discepolo. Per valutare poi la oggettiva pericolosità degli errori dottrinari di questi personaggi, basti solo considerare il loro spirito critico furente verso il magistero degli ultimi Romani Pontefici a partire dal 1958 a seguire; un’idea aberrante di Traditio Catholica ridotta ad un ristagnante immobilismo che rifiuta il naturale processo evolutivo della Chiesa; una liturgia ridotta a “supremo feticcio”, spesso meramente estetico ed estetizzante incentrato su un cieco rifiuto della Sacrosanctum Concilium e che palesa come tale in queste persone incapacità metafisico-teologica di distinguere le sostanze dagli accidenti esterni contingenti e di capire che la sostanza della Santa Messa non è mai stata alterata, meno che mai nella struttura del suo mistero sacrificale.
Capisci bene quanto inopportuno sia che certi soggetti sprofondati fieramente nell’errore e instancabili diffusori dell’errore venefico tra le membra del Popolo di Dio, possano ardire abusare la figura di Divo Barsotti come proprio legittimante vessillo. Tu ed io sappiamo bene che il Padre Divo avrebbe trovato la forza anche nella vecchiaia, persino sulla sedia a rotelle, di raccattare un bastone e sbatterlo con sanguigno spirito toscano sulla schiena di chiunque avesse osato porre pubblicamente in discussione il Magistero della Chiesa e l’autorità di un’intera assise ecumenica.
Prego pertanto te ed i tuoi confratelli da me tanto stimati di agire con profonda cura dinanzi a simili tentativi di “appropriazione indebita”, perché voi, io e tutti coloro che venerano questo grande uomo di Dio che tra molti anni potrebbe essere venerato come santo e forse anche come dottore della Chiesa [vedere QUI], sappiamo bene che il Padre Divo, giustamente e piamente, ha espresso parole anche molto dure sulle derive teologiche del post-concilio; e noi tutti seguitiamo ad esprimere con lui quelle stesse parole con altrettanta forza. Attenzione però a questi personaggi immobili nel proprio stagno raffermo e capaci di mistificare il suo pensiero per mutarlo in una critica al Concilio Vaticano II ed alle riforme, al magistero ed alle dottrine nate da quell’assise di Padri della Chiesa riuniti col successore del Principe degli Apostoli. In tutta la vasta produzione del Padre Divo non esiste infatti un solo sospiro di opposizione al Concilio Vaticano II, cosa di cui tu sei testimone privilegiato, non solo perché allievo del Venerabile Padre ma perché sei stato accanto a lui fino alla sua morte come un amato figliolo devoto.
Il nostro confratello sacerdote Giovanni Cavalcoli dell’Ordine dei Frati Predicatori, assieme al quale portiamo avanti la rivista telematica L’Isola di Patmos, può confermarti dal canto suo che analoga operazione fu tentata tempo fa dai soliti noti sulla figura del Servo di Dio Tomas Tyn, di cui queste frange tentarono in qualche modo di appropriarsi, quasi come se questo teologo tornato alla Casa del Padre ad appena 39 anni — ma dotato di un genio filosofico-teologico equiparabile a quello di un novello Aquinate — fosse una sorta di anti-conciliarista [vedere QUI, QUI].
Questa è la loro tattica: appropriarsi di figure prese, tagliate e cucite da usare per legittimare i propri gravi errori e confermarsi a vicenda in quell’errore che alla propria base ha la temibile regina che regge come solido tronco tutti gli altri peccati capitali: la superbia.
Libera la Signora Maria Guarini, per dirla in modo davvero ameno persino in austero tempo di Quaresima, di prendere e strumentalizzare chi vuole, ma che lasci in pace il Venerabile Padre Divo, oggi al cospetto di Dio nella gloria degli Angeli e dei Santi, dopo avere amato e ubbidito la Chiesa pur con tutte le sue rughe; perché sono le rughe con le quali spesso gli uomini l’hanno deturpata che il nostro amato Padre Divo ha giustamente e piamente criticato, proprio come espresse predicando gli esercizi spirituali alla curia romana nel 1971 su invito del Beato Paolo VI [vedere QUI]. Mai mise invece in discussione il volto sempre santo e immacolato della Chiesa, la cui dottrina non è stata mai oggetto del suo sindacato, perché di essa egli è stato straordinario diffusore, difendendo l’essenza e la grandezza di tutto il Concilio Vaticano II dalle derive di certi teologi del post-concilio; derive oggi ancora più pericolose e contro le quali noi, discepoli e figli della sua spiritualità, seguitiamo a combattere con la Chiesa, nella Chiesa e per la Chiesa, che vuol dire al tempo stesso con Pietro, per Pietro e sotto Pietro, al contrario della Signora Guarini e del suo codazzo di pelagiani che combattono invece contro la Chiesa e contro Pietro di cui si sono eletti censori.
A te e ai tuoi confratelli un fraterno abbraccio in sincera unione sacerdotale.
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Dall’Isola di Patmos, 25 marzo 2015 – Festa dell’Annunciazione
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Padre Divo Barsotti non era “dei vostri”
ELOGIO IN APPENDICE ALLA TOTALE INCOERENZA
Santa Messa celebrata dal Venerabile Padre
Nel video che sotto segue vi è un frammento della Santa Messa celebrata da Divo Barsotti assistito dal giovane Serafino Tognetti, suo fedele discepolo. Si tratta della celebrazione di quella Santa Messa che nel blog della Guarini&Affini viene da anni definita come “messa protestantica” nata “dall’opera distruttiva di Paolo VI ” grazie al “massone Annibale Bugnini “, ecc … ecc … Ebbene, che la Signora Guarini ed il suo articolista Dante Pastorelli guardino in questo video con quale santa devozione quest’uomo di Dio celebrava col Messale di Paolo VI quel Divino Sacrificio da loro definito da anni con sprezzo come “messa protestantica del conciliabolo“, salvo poi pretendere di strumentalizzare questo Venerabile Sacerdote a loro uso e consumo.
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Reverendissimi Padri, non sono un lefebvriano, ma vi assicuro che il mal di pancia di cui soffro-causato dall’ingestione di dottrina adulterata proposta da questa chiesa inculturata dal mondo- non troverebbe rimedio nemmeno ad Econe.
Del resto non è necessario essere, chessò …un cavallo, per apprezzare un pomeriggio all’ippodromo.
BUONA PAQUA DEL SIGNORE.
perchè i grandi crociati che combattono il concilio vaticano II non dicono che mons.Lefebvre accettò tutto e fino alla chiusura di Econe nel 75 è stato in piena comunione con la “chiesa conciliare”? questo termine usato dai relativisti iper-tradizionalisti. Perchè non dicono che mons. Lefebvre è stato per 10 anni nella “chiesa eretica conciliare”?
«Sin dalla prima sessione [del Concilio] si vide dove le cose andavano a parare, con l’accantonamento sdegnoso di tutti gli schemi preparati. Inoltre, i vescovi dissero subito che non intendevano condannare nessuno: il che significava però rinunciare al loro servizio di maestri della fede, di depositari della Rivelazione divina. I vescovi non devono sostituire i teologi, che hanno un’altra funzione: l’episcopato deve dirci che cosa dobbiamo credere e che cosa dobbiamo rifiutare. […] Poiché i vescovi non misero al primo posto la loro funzione di approvare o di condannare, i documenti del Vaticano II hanno un linguaggio più teologico che dottrinale. Addirittura, per esempio in certe pagine della Gaudium et Spes, c’è come un ragionare da sociologi, da giornalisti.
Inoltre, nei documenti ci si imbatte in tre o quattro teologie diverse. Per esempio: il primo documento [del Concilio], quello sulla liturgia, ha solo una visione misterica; l’ultimo, quello sui rapporti tra Chiesa e mondo, è segnato da un certo “theilardismo”. Aspettiamo ancora un genio della teologia che sappia far da sintesi fra queste differenze. Dunque il Vaticano II è stato un errore? No, di certo: la chiesa aveva bisogno di confrontarsi con la cultura del mondo, e lo Spirito Santo ha impedito che nei documenti si insinuasse l’errore; ma anche se tutto è giusto, nel Vaticano II, non è detto che tutto sia stato opportuno»
(Don Divo Barsotti)
Fonte: http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/22372
Cara Amica.
Ben ritrovata!
Ma soprattutto grazie per il tuo contributo così opportuno e prezioso per i nostri lettori e commentatori.
«Io sono perplesso nei confronti del Concilio: la pletora dei documenti, la loro lunghezza, spesso il loro linguaggio, mi fanno paura. Sono documenti che rendono testimonianza di una sicurezza tutta umana più che di una fermezza semplice di fede. Ma soprattutto mi indigna il comportamento dei teologi.
Il Concilio e l’esercizio supremo del magistero è giustificato solo da una suprema necessità. La gravità paurosa della situazione presente della Chiesa non potrebbe derivare proprio dalla leggerezza di aver voluto provocare e tentare il Signore? Si è voluto forse costringere Dio a parlare quando non c’era questa suprema necessità? È forse così? Per giustificare un Concilio che ha preteso di rinnovare ogni cosa, bisognava affermare che tutto andava male, cosa che si fa continuamente, se non dall’episcopato, dai teologi.
Nulla mi sembra più grave, contro la santità di Dio, della presunzione dei chierici che credono, con un orgoglio che è soltanto diabolico, di poter manipolare la verità, che pretendono di rinnovare la Chiesa e di salvare il mondo senza rinnovare se stessi. In tutta la storia della Chiesa nulla è paragonabile all’ultimo Concilio, nel quale l’episcopato cattolico ha creduto di poter rinnovare ogni cosa obbedendo soltanto al proprio orgoglio, senza impegno di santità, in una opposizione così aperta alla legge dell’evangelo che ci impone di credere come l’umanità di Cristo è stata strumento dell’onnipotenza dell’amore che salva, nella sua morte.
DON DIVO BARSOTTI (25 aprile 1914 – 15 febbraio 2006)
Mi sembra abbastanza evidente che qui non si parla solo dell’applicazione del Concilio Vaticano II, ma anche del modo in cui è stato condotto e dei documenti che ha prodotto. Su questo tema spero di poter fare con voi una più approfondita riflessione.
Caro Gregorius.
Invece non è proprio per nulla evidente come lei scrive, anzi è la priprova che lei – come altri – leggete quello che “non è scritto” e interpretando quello che “non è scritto” attribuite ciò che il Padre Divo non ha mai detto.
Mi citi un documento nel quale il Padre Divo mette in discussione il magistero del concilio, la dottrina del concilio e le riforme da esso operate ed oggi vincolanti per tutta la Chiesa.
In questo, come in altri scritti, egli parla di certi vescovi, di certi chierici che erano al concilio, non parla degli atti del concilio.
Però, se lei conosce una sola mezza pagina nella quale il padre contesta:
1. il Concilio (e non certi, pochi o molti suoi partecipanti);
2. gli atti del Concilio;
3. le dottrine del Concilio;
4. le riforme del Concilio;
allora ce le indichi, perché facendo taglia e cuci, ed attribuendo a lui ciò che in verità non disse, Cristo per primo finì in croce.
Caro Padre, nel testo citato mi pare che don Divo si dica perplesso sulla necessità stessa del Concilio Vaticano II; indica specificamente che i documenti da esso prodotti suscitano timori: in particolare mi sembra interessante l’accento posto sul linguaggio, proprio perché sappiamo come questo sia un punto particolarmente spinoso (ci sono punti – personalmente potrei farle diversi esempi nella costituzione liturgica – la cui ambivalenza è tale che sono citati per sostenere tesi opposte!). Non direi infine, almeno dal passo citato, che vi sia una critica ad “alcuni” chierici: egli addirittura dice “l’episcopato cattolico”. E’ ovvio che questa è un’espressione che va presa con i debiti distinguo, ma è anche vero che solleva un altro problema: quanti fra i vescovi si resero veramente conto della portata di ciò che stavano votando? Attenzione, non sto asserendo che fossero una massa di irresponsabili; ma che il problema del linguaggio, sopra citato è essenziale anche in questa prospettiva. Chiaramente non c’è spazio ora per approfondire, ma vedrò nei prossimi giorni di sottoporle qualche osservazione più puntuale. Grazie dell’attenzione!
Caro Gregorius.
Come talvolta capita, credo che lei ed io stiamo dicendo le stesse cose e ci stiamo muovendo sulla stessa sostanza di fondo usando però parole o termini diversi.
Nel Vaticano II ci sono degli indubbi “problemi” di linguaggio, perché la Chiesa, per la prima volta, usa un linguaggio nuovo. Ci sono anche, in alcuni documenti, delle espressioni che potrebbero essere variamente interpretate, diciamo e ammettiamo anche alcune espressioni linguistiche ambigue, è vero. Ciò che però i detrattori del Vaticano II non dicono e meno che mai ammettono – beninteso, non persone come lei, ma ben altri soggetti – è il fatto che sia il Beato Paolo VI, sia San Giovanni Paolo II, sia Benedetto XVI, con il loro magistero hanno ampiamente chiarito certe possibili ambiguità.
Mi permetto di suggerirle dall’archivio di questa nostra rivista telematica un mio articolo passato nel quale parlo proprio del problema del linguaggio.
https://isoladipatmos.com/stage/babele-e-la-neolingua-una-chiesa-senza-vocabolario-da-mezzo-secolo/
Bisogna anche tenere conto che i padri conciliari del Vaticano II non erano quelli del precedente Vaticano I, numerosi vescovi di fine anni Cinquanta erano all’epoca perlopiù vescovi missionari di terre di nuova o recente evangelizzazione; erano semmai missionari e pastori straordinari, diversi di loro sono divenuti pure beati, diversi altri sono morti martiri, altri ancora hanno od avevano trascorso buona parte delle loro vite nelle carceri … ma non erano però la gran parte di essi dei teologi sopraffini, ed il tutto è più che comprensibile, se pensiamo che non si evangelizza certo con le speculazioni metafisiche della migliore scolastica ma con un buon catechismo. Non pochi erani all’epoca i vescovi convenuti a Roma non in grado di seguire e di capire un discorso in latino, o di leggere e di capire un documento in latino; e ciò non perché fossero dei poveri ignoranti, dato che a costoro si deve la evangelizzazione di intere nazioni, per i sentieri più impervi delle quali si sono mossi viaggiando per giorni e giorni per giungere in visita pastorale in un villaggio spostandosi un po’ in barca, un po’ a dorso d’asino e un po’ a piedi, non certo giungendo con qualche metro di cappa magna sorretta dai caudatari, il galero in testa, il rocchetto di pizzo e via dicendo, sempre per interdersi e sempre per non perdere l’occasione per tirarla a chi sappiamo …
A diversi di questi vescovi, che pure erano santi pastori ed evangelizzatori, ma teologicamente spesso ingenui, diversi “astri” della teologia come Rahner, il suo diletto discepolo Kung, Schillebeeckx, il giovane Franzoni, ecc .. tentarono di far credere all’occorrenza lucciole per lanterne. Se però andiamo a vedere, il buon Paolo VI mise al momento opportuno tutti i puntini sulle “i”, soprattutto nelle due costituzioni dogmatiche, impedendo per esempio il tentato “golpe” sull’idea distorta che alcuni di questi “astri nascenti” avevano della collegialità, ecc..
Come però capisce, il discorso sarebbe non solo lungo ma anche parecchio complesso da trattare.
E’sempre un piacere ospitare e interloquire con persone che come lei pongono quesiti così seri e pertinenti.
Don Ariel ha la caratteristica di essere particolarmente antipatico e sprezzante con chiunque non la pensi come lui. W MONS. LEFEBVRE