Per quale motivo noi Padri della rivista L’Isola di Patmos non abbiamo parlato del Sinodo? Perché siamo presbiteri e teologi, non gossippari che eccitano gli umori irrazionali del popolino
PER QUALE MOTIVO NOI PADRI DELLA RIVISTA L’ISOLA DI PATMOS NON ABBIAMO PARLATO DEL SINODO? PERCHÈ SIAMO PRESBITERI E TEOLOGI, NON GOSSIPPARI CHE ECCITANO GLI UMORI IRRAZIONALI DEL POPOLINO
Già prima di prendere avvio questo ultimo Sinodo è stato preceduto da proclami di non meglio precisati esperti internetici che hanno seminato un terrore non poi così dissimile da quello dei terroristi di Hamas, per portare un esempio iperbolico del tutto assurdo-paradossale. Se infatti i terroristi di Hamas uccidono civili innocenti, quest’altro genere di terroristi uccide, nei sempre più smarriti fedeli, il poco che in loro resta della fede e del sentire ecclesiale, dell’essere membra del corpo vivo che è la Chiesa.
— Notizie in breve —
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In uno dei miei ultimi articoli al quale vi rimando (vedere QUI) ho parlato della decadenza del principio di autorità in rapporto ai social media, dove anche l’ultimo degli imbecilli può lanciarsi a trattare in modo grottesco e surreale temi che sono oggetto di complessi dibattiti storici sul piano scientifico, storico, sociale, politico, teologico …
Noi Padri di questa rivista ci siamo convinti che dinanzi a certe desolazioni vale l’antico detto di Publio Terenzio Afro (190-159 a.C), universalmente noto come Terenzio: «Tacent, satis laudant» (Tacciono e così facendo lodano). Con questa massima il celebre commediografo romano di probabile origine berbera intendeva dire che talvolta il silenzio evita che le parole espresse, anche in modo chiaro, finiscano per essere distorte o anche volutamente mal comprese da chi è propenso a fraintendere o a cercare ogni pretesto per una lite. Da questa massima terenziana nasce il celebre detto popolare «un bel tacer non fu mai scritto».
Una nota di carattere personale: per ragioni che non è necessario spiegare, nel corso di quest’ultimo Sinodo ho avuto modo di andare e venire dalla Domus Sancthae Marthae più volte, di incontrare e parlare con diversi vescovi provenienti da più parti del mondo, appurando quell’ovvio che non ho certo necessità di appurare, perché il tutto, per me come per tanti altri studiosi e teologi, rientra nell’àmbito delle cose scontate sulle quali non ci sarebbe proprio niente da discutere. Però, come scrivevo nel mio precedente articolo (vedere QUI) a volte è necessario spiegare soprattutto le cose che a noi appaiono scontate, in questo pazzo mondo decadente nel quale un esercito sconfinato di persone pensa di dare sentenze massime e inappellabili con un tweet o un post su Facebook, dopo essersi nutriti ai blog di personaggi che parlano e dissertano su questioni complesse che di prassi e rigore proprio non conoscono.
Già prima di prendere avvio questo ultimo Sinodo è stato preceduto da proclami di non meglio precisati esperti internetici che hanno seminato un terrore non poi così dissimile da quello dei terroristi di Hamas, per portare un esempio iperbolico del tutto assurdo-paradossale. Se infatti i terroristi di Hamas uccidono civili innocenti, quest’altro genere di terroristi uccide, nei sempre più smarriti fedeli, il poco che in loro resta della fede e del sentire ecclesiale, dell’essere membra del corpo vivo che è la Chiesa (cfr. Col 1, 18).
Per settimane abbiamo letto e udito proclami nei quali certi terroristi del web davano il meglio di sé stessi per disorientare i cattolici semplici e sempre più smarriti prevedendo l’imminente sdoganamento del celibato sacerdotale e dei preti sposati, le donne prete, o perlomeno le donne diacono, la benedizione all’altare delle coppie omosessuali e via dicendo a seguire. E tutti questi elementi che definire fantastici è solo eufemismo, erano annunciati come certi, anzi presentati come scontati.
Sul finire del Sinodo il Sommo Pontefice Francesco ha preso pubblicamente parola chiarendo che il celibato sacerdotale non sarebbe stato in alcun modo toccato, ribadendo quel che sappiamo da secoli: il celibato sacerdotale, che affonda le proprie radici sin dalla prima epoca apostolica e che ha un grande valore sul piano spirituale, ecclesiale e pastorale, non è un dogma di fede ma una disciplina ecclesiastica. N’è prova che anche nella Chiesa Cattolica esistono da sempre preti di rito orientale che sono sposati e hanno famiglia. Ciò premesso il Santo Padre ha ribadito che non intende in alcun modo modificare la disciplina ecclesiastica sul celibato dei sacerdoti appartenenti alla comunità di rito latino, precisando che nulla di simile «avverrà sotto il mio pontificato».
Per quanto riguarda il discorso delle donne-prete, il Sommo Pontefice Francesco si era già espresso più volte in passato, quindi non ha fatto altro che ribadire il pronunciamento dato in forma definitiva dal suo Santo Predecessore Giovanni Paolo II che chiarì per il presente e il futuro avvenire: «La Chiesa non ha la facoltà di poter concedere la sacra ordinazione sacerdotale alle donne» (cfr. QUI).
Se nelle fasi preparatorie del Sinodo si era parlato di mondo LGBT, dalla bozza del documento conclusivo questo acronimo è completamente scomparso, con sicuro dispiacere di quel gaio personaggio di Padre James Martin spalleggiato poco tempo fa con un articolo del noto settimanale pseudo cattolico Fanghiglia Cristiana, nato in origine come Famiglia Cristiana, il quale annunciava: «Papa Francesco ha ridato dignità alle persone LGBTQ e questa è una benedizione per tutti» (cfr. QUI). Dunque niente benedizione alle gaie coppie arcobalenate sotto i gradini degli altari per l’ovvia ragione che la Chiesa, con la scusa di benedire le persone che vanno sempre benedette, non è così ingenua e sprovveduta a finire col benedire quello che per la dottrina e la morale cattolica rimane il peccato contro natura (Catechismo, n. 2357), che come tale non può essere benedetto, neppure con la scusa di benedire solo le persone. Tema questo sul quale si era già espresso il Dicastero per la Dottrina della Fede (cfr. QUI). Più volte nel corso di questi ultimi anni ho scritto e spiegato che la Chiesa ha il dovere di accogliere il peccatore, specie i peggiori peccatori, perché se non lo facesse tradirebbe la missione che Cristo Dio le ha affidato (cfr. Mt 9,13), sempre facendo però bene attenzione a non accogliere mai il peccato, che non può essere accolto e tanto meno benedetto.
Per questo noi abbiamo taciuto, perché siamo presbiteri, teologi e soprattutto uomini di fede consapevoli che per quanto oggi la Chiesa stia vivendo momenti molto delicati, o se vogliamo anche confusi e tristi, mai potrà in ogni caso tradire la missione che Cristo Dio le ha affidato per andare incontro ai capricci del mondo, perché Dio ci ha scelti dal mondo ma noi non siamo del mondo (cfr. Gv 15, 18-19).
Passiamo e concludiamo con due elementi. Il primo: l’essenza dei concili ecumenici e dei sinodi della Chiesa; il secondo: l’atteggiamento insolito, forse anche discutibile e ambiguo del Sommo Pontefice Francesco.
I terroristi della Hamas-cattolica che hanno portato avanti per mesi e settimane campagne mirate ora a eccitare gli animi ora a terrorizzarli, hanno dimostrato anzitutto di non avere idea di che cosa siano concili e sinodi nella storia bimillenaria della Chiesa. Anzitutto vediamo la differenza tra i due: per concilio ecumenico si intende, come dice la parola stessa, un evento straordinario che coinvolge tutti i vescovi della Chiesa universale. Il termine “ecumenico” deriva infatti dal greco οἰκουμένη (oikoumene) e significa universale. Diversamente invece, il Sinodo, che può essere locale o anche mondiale, coinvolge una fetta di episcopato, o dei partecipanti invitati e selezionati, che possono rappresentare anche la universalità cattolica, ma che non costituiscono un concilio ecumenico, ossia quell’atto più importante e solenne della Chiesa che richiede e implica la partecipazione dell’intero episcopato cattolico.
Nell’uno e nell’altro caso, che si tratti di un concilio ecumenico o di un sinodo, i partecipanti non hanno semplicemente il diritto, ma proprio il dovere di discutere di tutto e del suo esatto contrario. Nell’ambito delle discussioni possono, anzi devono essere sollevate anche le ipotesi volendo più improbabili o anche assurde. Non facevano forse così i grandi Padri e Maestri della scolastica classica, partendo spesso nelle loro disputazioni anche da elementi persino surreali e paradossali, al fine di stimolare il senso speculativo e giungere a delle sapienti sentenze? Cosa dura questa da far capire al blogghettaro d’assalto o a coloro che con una sentenza su Twitter hanno risolto problematiche che non hanno avuto ancora una risposta definitiva da secoli. Pertanto, che certe frange di episcopato, ossia gli immancabili tedeschi e nord-europei, abbiano sollevato certe questioni, non avrebbe dovuto stupire nessuna persona, inclusi blogghettari d’assalto e twittatori, se solo avessero conosciuto i rudimenti della storia della Chiesa.
Il Sommo Pontefice Francesco rimane dal canto suo un enigma, come ebbi a definirlo in un mio vecchio articolo del 2013 commentando i suoi primi 100 giorni di pontificato (vedere QUI) dove lo paragonai al pifferaio magico di Amelin, al quale va riconosciuto un enorme merito: aver fatto venire allo scoperto tutti i topi per quelli che realmente sono, dopo che per un trentennio si erano celati nella più falsa e calcolata accondiscendenza sotto i pontificato di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Perlomeno oggi, grazie a questo Augusto Pifferaio, conosciamo i topi a uno a uno per ciò che sono e per quello che realmente pensano. Questo renderà loro particolarmente difficile, o meglio davvero impossibile potersi riciclare al prossimo cambio del timoniere della barca di Pietro, posto che a 87 anni e con problemi di salute di non poco conto il Sommo Pontefice Francesco non sarà certo eterno. Se quindi domani, come nulla fosse stato, un goliardico cardinale giunto a calarsi persino in un tombino per riallacciare la luce agli abitanti di un palazzo abusivamente occupato illegalmente (vedere QUI), si presentasse con tre metri di cappa magna e un galero sulla testa ― cosa che certi camaleonti sarebbero capaci a fare perché privi per loro natura del senso stesso del pudore ― tutti noi gli chiederemmo: “Ma tu, non eri forse quello che sotto il pontificato di Francesco andavi in pantaloni e maniche di camicia arrotolate a portare il caffè la sera ai barboni che avevano trasformato il colonnato del Bernini in un pubblico pisciatoio, dopo avere fatto sfoggio di gemelli d’oro e vesti paonazze plissettata ad arte sotto i pontificati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI?”.
Per l’ennesima volta il Sommo Pontefice Francesco li ha fatti incontrare, parlare e sfogare in un Sinodo, inducendoli a venire di nuovo tutti quanti allo scoperto. Finite le discussioni ha annunciato «poi vedremo», concludendo con un «arrivederci al prossimo anno», ammesso ovviamente che la Santità di Nostro Signore sia sempre in vita.
Delle due l’una: o siamo di fronte a un uomo che da solo è più pazzo e squilibrato di Giovanna di Castiglia, Enrico IV e Ludovico II di Baviera tutti e tre messi assieme, oppure siamo di fronte a un uomo che in un momento storico molto difficile e complesso ha fatto ciò che di meglio e più opportuno andava fatto, usando in modo sapiente e prudente la sua grazia di stato, sebbene sul momento il suo agire non possa essere compreso. Di fatto noi non possiamo affermare né l’una né l’altra cosa, perché siamo privi degli elementi per poterlo fare. Forse occorreranno molti anni, ma un giorno la storia ci chiarirà il grande “enigma” Francesco, come ebbi a definirlo nel 2013 dopo i primi 100 giorni del suo pontificato, rivelandolo come l’uomo giusto che cavalcò nel miglior modo una stagione straordinariamente delicata.
dall’Isola di Patmos, 29 ottobre 2023
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I Padri dell’Isola di Patmos
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– Concordo appieno con il termine “Sinodo” usato nell’articolo e ritengo fumo negli occhi il temine “Sinodo dei Vescovi” usato anche dai media vaticani.
– Concordo appieno anche al paragonare il nostro Santo Padre Francesco (per il quale non dobbiamo mai dimenticarci di pregare) al pifferaio magico di Amelin che stanava i sorci dalle loro tane.