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Il sito di questa Rivista e le Edizioni prendono nome dall’isola dell’Egeo nella quale il Beato Apostolo Giovanni scrisse il Libro dell’Apocalisse, isola anche nota come «il luogo dell’ultima rivelazione»
«ALTIUS CÆTERIS DEI PATEFECIT ARCANA»
(in modo più alto degli altri, Giovanni ha trasmesso alla Chiesa, gli arcani misteri di Dio)
La lunetta usata come copertina della nostra home-page è un affresco del Correggio del XVI sec. conservato nella Chiesa di San Giovanni Evangelista a Parma
Creatrice e curatrice del sito di questa rivista:
MANUELA LUZZARDI
La Diocesi di Palermo animata dai suoi solerti sacerdoti è la quinta essenza dell’ipocrisia insita nella Chiesa.
Al primo cambiamento di vento ritorneranno in talare, non come adesso che appena diventati Diaconi si chiudono nel bagno della Cattedrale per togliersela immediatamente. Cattedrale, diciamo bazar visto che è diventata un mercatino.
Noto che ogni tanto rilasciano qualche cane per abbaiare, questi cani dovrebbero abbaiare tra le macerie del Seminario di Palermo.
Carpino? Quelle erano altezze teologiche non certo come taluni Vescovi che fino ieri in Santa Maria delle Grazie a Palermo, mangiavano pane bagnato con i neocatumenali.
Caro padre Ariel,
se davvero sta male, purtroppo non posso pregare per Lei, perché non ho la fede cristiana, ma Le auguro ogni bene; ho grande stima di Lei e non perdo un Suo scritto.
Quanto alla bicicletta di mons. Lorefice, mica poteva rifiutare come se l’avesse avuta da un papa qualsiasi: i donatori sono Alberto Melloni e soprattutto Enzo Bianchi (su consiglio di don Giuseppe Ruggeri, che tra tutti questi semi-dei credono di stare tra Dio e il papa. E’ comunista dichiarato, ma un buon uomo che non ha coltivato denaro, potere e ambizione).
Insomma la bottega di Bose con succursale a Bologna che ora lavora pure in tandem con la bottega di Sant’Egidio (quanto Melloni invidia il ministero di non ricordo cosa avuto da Riccardi!).
Un siculo-bolognese in Sicilia e un romano-egidiano a Bologna: bello scambio. Dunque ben altra autorità rispetto al papa, che peraltro è destinato (lo saprà?) a essere degradato dai due a patriarca occidentale per realizzare l’unione visibile con gli ortodossi!
Un saluto
A.
Carissimo Padre Ariel,
se certi nostri preti palermitani, anziché sorridere al vescovo davanti e poi scaricargli veleno dietro nelle chiuse sacrestie, usassero la lucidità e l’autentico affetto che traspare da queste tue righe, non avremo i grossi problemi che abbiamo e che già mezzo secolo fa, il da te citato card. Carpino, aveva già individuato così bene da tirarsi indietro dinanzi a una situazione assolutamente ingestibile.
Un fraterno saluto da Palermo, tuo don Carmelo
A chi ha tentato gli è stata subito recapitata lettera dall’Arcivescovo per ritornare all’ordine, vedi Arcipreture di provincia, inutile dire di chi stiamo parlando.
mi sa che ti rode proprio tanto che un tuo coetaneo di appena “dieci mesi di differenza d’età” sia arcivescovo, prossimo cardinale e stimatissimo da papa Francesco, mentre tu sei sempre attaccato al palo a fare il coglione su questa isoletta di Patmos …
Salvo da Palermo
Caro Salvo da Palermo,
le confesso che mi rode così tanto, che ormai sono purtroppo in fase terminale. Infatti, un mese dopo l’elezione del vostro Ecc.mo Arcivescovo alla sede metropolitana di Palermo, mi fu diagnosticato un cancro al fegato. E le metastasi che mi rodevano erano talmente forti, che la chemioterapia mi ha fatto l’effetto curativo che può fare uno sciacquo col tantum rosa ad una povera ammalata di AIDS.
Mi hanno dato appena tre mesi di vita, prima di distaccarmi dal «palo» al quale sono «sempre attaccato», per finire così inesorabilmente all’Inferno nel girone degli invidiosi.
Non so quali siano i modi popolari di dire nell’antica e nobile Palermo, però posso dirle che a Roma si è soliti dire: «Meglio stare attaccati a un palo che finire con un palo nel …».
Il Signore la ricolmi di ogni grazia e benedizione.
Sei “in fase terminale” come quando sei stato nominato Arcivescovo di Napoli o con diagnosi medica?
Ma guarda che Don Ariel, se volesse, la ricetta per essere stimatissimo dal Papa Francesco la conosce benissimo.
… ah, la conosco talmente bene, la ricetta, che se l’avessi cucinata oggi sarei sicuramente membro del Collegio Cardinalizio.
Il “problema” è che io nutro da sempre grande devozione per quel tosco-romano di San Filippo Neri, che quando il Sommo Pontefice Clemente VIII [Fano 1536 -Roma 1605] gli offrì il cappello cardinalizio, come narrano le cronache rispose … «No, Santo Padre, preferisco il Paradiso!».
Detto questo merita ricordare che al Padre Filippo Neri, il cappello cardinalizio, fu offerto perché ieri come oggi, per gli uomini in autorità di Santa Madre Chiesa, costa meno concedere la dignità cardinalizia e lavarsi con essa la coscienza, anziché dire, come nel caso di questo Santo: “Ammettiamo di avere sbagliato nei tuoi riguardi”.
E quanto sbagliarono!
Al Padre Filippo Neri, l’allora Cardenal Vecario di Roma, tolse persino la facoltà di amministrare confessioni e di celebrare la Santa Messa in pubblico, et cetera et cetera …
Altro che, se sbagliarono!
Però, come ripeto, costa meno dare un cappello cardinalizio che ammettere gli errori, posto che il perdono, gli uomini in autorità della Santa Chiesa, lo hanno chiesto solo ad ebrei, musulmani, indiani delle americhe, indigeni e via dicendo.
Mai, a quanto mi risulta, hanno chiesto scusa ai suoi fedeli ed obbedienti servitori trattati per tutta la vita a misericordiose bastonate.
Conosco la ricetta così bene da dire … «Preferisco il Paradiso!».
Pensi che nel Dizionario Biografico degli Italiani scrivono pudicamente che il cardinal Virgilio Rosari “avversò persino le pratiche dell’Oratorio di Filippo Neri”, senza spiegare i gravi divieti a cui sottopose il futuro santo. Ignoranza o reticenza? Vero è che san Filippo Neri presumo non smuovesse mari e monti per ribellarsi all’ingiustizia, ma sopportasse cristianamente il dispiacere. Forse anche perché quel cardinal vicario era sì eccessivamente rigoroso, ma almeno lo era per un malinteso zelo sacerdotale, non per mostrarsi “amico del mondo”.
Caro don Ariel,
deve sapere che l’ultima versione degli storici di regime è che i martiri di Otranto in realtà non furono martirizzati per motivi religiosi, dato che i Turchi nei posti da loro conquistati permettevano “tranquillamente” l’esistenza di altre religioni… Peccato che le cose non stessero proprio così. Poveri Martiri Otrantini, adesso devono subire anche l’oltraggio postumo degli scribacchini politicamente corretti. Per inciso: quando due anni fa era il sesto centenario della nascita di san Francesco di Paola – che preannunciò la strage di Otranto e incitò alla crociata contro i Turchi – in Vaticano è stato detto ai frati Minimi che non era il caso di solennizzare l’avvenimento perché si trattava di una figura troppo ostile all’Islam. Così va il mondo…
… no, le cose non stavano proprio così.
Quando gli islamici provenienti dal bacino mediterraneo sbarcarono in Sicilia nell’anno 827 nei pressi di Mazzara del Vallo, le cronache narrano che fecero delle inutili stragi sulle popolazioni di quelle zone che erano costituite da civili inermi e privi di difese.
Nell’anno 878 riuscirono infine a conquistare Siracusa, che aveva delle difese che la rendevano molto difficile da espugnare, molte delle quali progettate dal grande Archimede. Appena irruppero nella antica capitale della Magna Grecia, tradussero i soldati nello spazio dell’antico Tempio di Apollo e li castrarono tutti, mentre i giovinetti e le donne furono catturati e venduti come schiavi, gli anziani, le anziane e gli ammalati uccisi brutalmente.
Questo fu l’inizio della dominazione islamica di quei territori e queste furono le modalità della conquista.
Comunque può essere che i cronisti ed i testimoni dell’epoca abbiano mentito e che per secoli e secoli ci siano state trasmesse delle menzogne, mentre in verità, i musulmani, portarono solo arte, cultura e tante nuove e interessanti ricette culinarie.