La confessione durante la Messa: “Prendere due piccioni con una fava”?
– Theologica –
LA CONFESSIONE DURANTE LA MESSA: «PRENDERE DUE PICCIONI CON UNA FAVA»?
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Ancora oggi, dopo cinquant’anni dalla indizione del Concilio Vaticano II, esiste ancora una certa abitudine di penitenti che si confessano durante la Messa; al che ovviamente corrisponde purtroppo all’uopo la presenza o la disponibilità di confessori, che in un certo senso consentono loro di «prendere due piccioni con una fava».
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05.02.2016 Giovanni Cavalcoli, OP – LA CONFESSIONE DURANTE LA MESSA: «PRENDERE DUE PICCIONI CON UNA FAVA»?
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la congrégation pour le culte divin et la discipline des sacrements a publié il y a quelques années un document encourageant pour le bien des fidèles à confesser durant la messe. Je l’ai moi même pratiqué et cela à été l’occasion de recevoir des pénitents qui n’avaient pas fréquenté ce sacrement depuis plusieurs décennies. Je pense que ces personnes ont pu communier avec davantage de fruits par la suite. Ce n’est pas destiné aux pénitents régulier mais à ceux qui sans cesse repousse leur confession a plus tard.
Carissimo Padre, un sincero (e anche ammirato) complimento per questo ultimo articolo, che assieme a quello diverso ma sullo stesso tema di p. Ariel, dovrebbe dare molto da riflettere a sacerdoti e soprattutto a confessori, specie quelli di … “nuova generazione”
Consiglio di visitare questo: http://www.amicidomenicani.it/index.php
Padre Angelo Bellon op, docente di teologia morale, cura con meritoria dedizione la rubrica
“Un sacerdote risponde
Le vostre domande al sacerdote. Nella carità della Verità un sacerdote domenicano si mette a vostra disposizione per predicare i temi da voi proposti e per cercare di illuminarvi nei vostri dubbi.”
Sul sito sono ben chiarite le modalità di contatto e le caratteristiche del servizio.
L’ampio archivio contiene una ampissima casistica di risposte di carattere generale alle tante domande che i fedeli penitenti pongono riguardo alla confessione come pure ai tanti argomenti di carattere teologico, liturgico, etc che interessano i credenti e non credenti.
Grazie a lei padre Giovanni e anche a padre Ariel per questi vostri ultimi articoli che condivido e che approvo totalmente.
Caro P. Giovanni Cavalcoli, ho già segnalato questi vostri ultimi due articoli sulla confessione, il suo e quello di P. Ariel, a diversi sacerdoti del mio circondario, e devo dirle che sia io sia loro li abbiamo molto apprezzati.
Mi sa proprio che sotto vari aspetti siete rimasti veramente l’ultima isola per chi ancora crede …
Con gratitudine.
Caro Padre.
Ti scrivo da Milano, e Ti scrivo da settantenne a settantenne. Avanti tutto un ricordo: ebbi modo di ascoltare una Tua conferenza molti anni fa presso i domenicani di Roma, all’epoca che Tu lavoravi nella Segreteria di stato come esperto teologo, mentre io avevo a che fare in quei tempi con il Collegio lombardo di Roma. Anni dopo ho letto i Tuoi libri e seguo da tempo i Tuoi articoli.
Nell’ora della mia morte, quando Dio vorrà, morirò in una diocesi totalmente diversa da quella dove 50 anni fa, nel 1969 diventai prete (e dicendo “in tutto e per tutto” intendo nel peggio).
A Milano tende a prevalere una certa pastorale manageriale … pratica … per non parlare del resto, per esempio delle tendenze cosiddette teologiche di cui tu hai scritto varie volte con riferimento a Bontadini etc …
Quali che siano i risultati è presto detto: quando io fui ordinato nel nostro seminario c’erano oltre 600 seminaristi, è già c’era stato il calo di vocazioni. Nell’anno mio fummo ordinati in numero inferiore a 100, cosa che destò preoccupazione, perché si era abituati a circa 100 ordinati per volta.
Tieni conto che il seminario di Milano fu progettato per 1.000 seminaristi.
Oggi abbiamo di nostri milanesi 118 seminaristi.
http://www.seminario.milano.it/la-nostra-comunit%C3%A0/menu-la-nostra-comunit%C3%A0/statistiche-seminaristi-1.110382
Ma, sai com’è: il Martini-party ha prodotto in più di 20 anni i suoi effetti, anche se pochi vogliono vederli e accettarli …
Già anni fa fui rimproverato “dall’alto” perché negavo le confessioni durante le Sante Messe in una parrocchia dove all’epoca eravamo parroco e tre vice parroci, disponibili sempre prima e dopo le liturgie eucaristiche, soprattutto sabato e domenica.
Che clero avevamo … una volta! E che vescovi! Peccato che la beatificazione del card. Schuster sia stata una “medaglietta sul petto”, immemori dell’esempio pastorale eccezionale che questo beato ci aveva lasciato e che ci siamo guardati bene dal seguire.
Avviamoci, Padre Giovanni, verso l’ora della nostra morte, quando sarà. E mentre “la casa brucia” noi dobbiamo assistere alle gesta di coloro che “escono fuori a innaffiare le margherite perché non appassiscano”, come scrisse tempo fa l’altra penna brillante ed esplosiva dell’Isola di Patmos, Padre Ariel.
E noi lo sappiamo quanto spesso, dentro i confessionali, nascono le conversioni, i cambiamenti di vita, le stesse vocazioni …
Povero sacramento della confessione, oggi spesso ridotto a quattro chiacchiere veloci con uno pseudo psicologo, con un assistente sociale … al prendere nello spazio di meno di un’ora “due piccioni con una fava” …
Caro Don Andrea,
grazie per le tue parole di sacerdotale fraternità. Penso alla grande responsabilità che ha la diocesi milanese, ai ricchi doni che Dio le ha dato, alla sua storia stupenda ed illustre, alla forza del carattere del milanese. Quante energie! Quante iniziative! Quante opere! Quati esempi di santità!
Vorrei vedere però Milano più unita a Roma, al Successore di Pietro. Troppo cosciente delle sue ricchezze, Milano rischia di peccare di presunzione.
Chiediamo a Maria che il cattolicesimo milanese viva maggiormente e meglio la sua comunione con la Chiesa, per una più feconda ed ordinata realizzazione della sua vocazione di servizio regno di Dio.
Caro Padre.
Io sono sempre stato contrario al prende due piccioni con una fava, ma siccome vado per gli 80 … se la memoria non mi tradisce, ricordo che nelle nostre chiese, 50/60 anni fa succedeva questo: quando il prete iniziava a predicare, gli uomini (che stavano in fondo alla chiesa), uscivano fuori a chiacchierare, le donne andavano a confessarsi.
Sono scene che io ricordo.
Secondo me, durante la celebrazione delle messe, non si dovrebbe proprio confessare, facendo le confessioni prima o dopo la messa.
Diverso invece, come lei dice, se c’è nella chiesa, in luogo separato da dove si celebra messa, un luogo apposito per le confessioni, dove vanno a confessarsi le persone che non partecipano a quella messa.
Ottimo articolo, illuminante come sempre.
Padre, grazie per questo suo nuovo articolo, e grazie anche a padre Ariel che ha scritto in altro modo ma sempre sullo stesso argomento … argomento per noi laici molto doloroso, perché trovare un bravo confessore oggi è diventata impresa difficilissima. Sicuramente l’assoluzione dei peccati “val bene un cattivo confessore”, ma mi creda: confessarsi con certi tipi di preti è un supplizio, a volte (purtroppo!) perfino vergognoso.
Gentile Padre. Nel mese di luglio dello scorso anno, trovandomi alle Cinque Terre in vacanza, venni con mio marito alla Messa nella chiesa del suo convento di Varazze. La mia timidezza innata mi impedì di presentarmi, poi era domenica, c’erano molte persone. Avrei voluto dirle che leggiamo sempre i vostri articoli, ma non ebbi coraggio di farlo. Mio marito prima io dopo ci confessammo da lei. Mio marito uscì sorridente dalla confessione dicendomi … vai è approfitta perchè un confessore così non lo ritroviamo. Venni io, e quando uscii dissi a mio marito … avevi ragione!
L’estate ventura, quanto torneremo, vincerò la timidezza e mi presenterò.
Nell’articolo sulla confessione scritto da P. Ariel ho ritrovato descritti diversi “cattivi” confessori da me conosciuti da quando avevo 13 anni, oggi ne ho 67. Pure io rimasi così male con un confessore (avevo 35 anni) che ritornai da un confessore solo molti anni dopo (pochi giorni prima di compierne 50).
Cara Paola.
Anche Don Ariel tocca l’argomento di quei casi nei quali certi penitenti smettono di confessarsi per anni,
perchè offesi o scandalizzati dal cattivo comportamento del confessore. Certamente costui,
come dice giustamente Don Ariel, deve fare tutto il possibile affinché il penitente non
venga a provare questi sentimenti.
Ma anche il penitente non dovrebbe essere così suscettibile ed irritato, da cessare
di confessarsi. Ammettiamo pure che il confessore abbia agito colpevolmente:
non è un peccatore anche lui? Non può capitare a tutti di incontrare un medico che non ci cura bene?
E che facciamo? Smettiamo di curare la salute? Se un medico non ci cura bene,
si va da un altro. E’ molto semplice.
Il confessore è il medico della nostra anima. Se un confessore non ci soddisfa o ci
offende o pecca in confessionale, si va da un buon confessore, magari prendendo
prima informazioni. Ma non ha nessun senso ed è stoltezza smettere di confessarsi.
Certo, il prete che confessa male, deve correggersi, ma stiamo attenti a non dar troppa colpa
al confessore, quasi che gli si debba imputare a colpa, se il penitente smette
confessarsi per 20, 30 o 40 anni. Niente affatto. Anche il penitente
ha la sua colpa, che è quella, come ho detto, di rfiutarsi di
andare da un altro confessore. E viene anzi il sospetto che questa
esagerata suscettibilità nasconda un certo disprezzo per la confessione,
il che è cosa ancora più grave.
Gli errori dei confessori di oggi non sono più quelli di fare domande indiscrete nel
campo del sesso, ma, al contrario, consistono nell’assolvere falsi penitenti,
che non sono affatto nelle condizioni per essere assolti, consistono nel trascurare di interrogare il penitente sui suoi peccati, lasciando che egli racconti le opere buone compiute
e ascoltando le sue lamentele rancorose sui torti ricevuti e sulle proprie disgrazie.
Qui la confessione non è soltano indiscreta e imbarazzante, ma è addirittura nulla e invalida,
rischiando il sacrilegio e la superstizione, perchè manca la materia, che è l’accusa dei peccati.
Qui capita che il cosiddetto “penitente” se ne va via sdegnato, non perchè è stato
interrogato indiscretamente, ma perchè il confessore semplicemente,
come è suo dovere, gli ha chiesto di quali peccati si accusa.
Se nel clima rigoristico preconciliare il confessore torturava il penitente con
un interregatorio di terzo grado, nel clima buonistico di adesso è il confessore ligio
al suo dovere che è torturato dal “penitente”, abituato da altri preti non
ad essere interrogato, ma a parlare di tutto a ruota libera, sicchè il confessore
zelante, che trova il penitente sprovvisto delle dovute disposizioni, è obbligato a
premettere una catechesi sulla confessione, per demolire con fatica, quando tutto va bene,
pregiudizi inveterati da decenni.
Tempestivo il suo intervento con l’arrivo a Roma e in San Pietro delle reliquie di due Santi “instancabili ministri” del sacramento di GUARIGIONE.
Nel Catechismo(1422,3,4,), giova ricordarlo, è chiamato e definito con parole semplici per tutti, nell’ordine, SACRAMENTO della
CONVERSIONE
“realizza sacramentalmente l’appello di Gesù alla conversione,il cammino di ritorno al Padre, da cui ci si è allontanati con il peccato.”
PENITENZA
“consacra un cammino personale ed ecclesiale di conversione, di pentimento e di soddisfazione del cristiano peccatore.”
CONFESSIONE
“l’accusa, la confessione dei peccati davanti al sacerdote è un elemento essenziale di questo sacramento. una « confessione », riconoscimento e lode della santità di Dio e della sua misericordia verso l’uomo peccatore.”
PERDONO
“attraverso l’assoluzione sacramentale del sacerdote, Dio accorda al penitente il perdono e la pace ”
RICONCILIAZIONE
“dona al peccatore l’amore di Dio che riconcilia: « Lasciatevi riconciliare con Dio » (2 Cor 5,20). Colui che vive dell’amore misericordioso di Dio è pronto a rispondere all’invito del Signore: « Va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello » (Mt…