«Il confessionale non dev’essere una sala di tortura», ma può essere una sala operatoria nella quale si interviene per asportare le metastasi di un tumore maligno

Padre Gabriele
—catechesi e sacramenti —

«IL CONFESSIONALE NON DEV’ESSERE UNA SALA DI TORTURA», MA PUÒ ESSERE UNA SALA OPERATORIA NELLA QUALE SI INTERVIENE PER ASPORTARE LE METASTASI DI UN TUMORE MALIGNO

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«Il confessionale non dev’essere una sala di tortura», può essere però un pronto soccorso presso il quale ci si reca perché una ferita di lieve entità può necessitare di essere chiusa con due o tre punti di sutura. Ma può essere però, il confessionale, anche una sala operatoria per i grandi interventi, all’interno della quale si asportano le metastasi di un tumore maligno. Eppure vi dirò: esistono e, purtroppo, seguiteranno ad esistere persone che, pur dinanzi alla possibilità di essere sanati e salvati con un efficace intervento di alta chirurgia, preferiscono le metastasi di un tumore maligno, pur di non entrare in una sala operatoria …

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Autore:
Gabriele Giordano M. Scardocci, O.P.

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Antonazzo Romano. Annunciazione, Roma, Chiesa di Santa Maria sopra Miverva

Per pochi altri giorni sarò diacono, quindi non posso ancòra amministrare le confessioni sacramentali, per le quali si richiede la potestà del sacro ordine sacerdotale. Mi sono preparato al sacro ministero sacerdotale con tanto studio e preghiera, consapevole della grandezza del compito che il Signore affida ai suoi ministri.

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Santa Caterina da Siena, nel Dialogo della Divina Provvidenza al numero 24 che ha avuto con l’Eterno Padre, ascolta queste splendide parole dalla prima persona della Trinità:

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«È vero che, finché avete il tempo, vi potete togliere dalla puzza del peccato col vero rincrescimento e ricorrere ai miei ministri, che sono lavoratori che tengono le chiavi del vino, cioè del Sangue, uscito da questa vite: questo Sangue è tale e di tanta perfezione, che per nessun difetto del ministro non vi può essere tolto il frutto del Sangue».

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Nel corso di questi anni di formazione giunta ormai alla conclusione, mi è capitato di fare qualche colloquio, anche in pubblico, con persone sulle tematiche della confessione e del peccato. Ricordo come fosse ieri un lungo colloquio in una tavola calda. Di fronte agli interrogativi comprensibili e onesti, posti da una sedicente “cattolica”, sul tema sensibile dell’aborto. Ricordo che dopo le risposte che diedi — correlate di prove embriologiche, antropologiche e magisteriali — la sedicente “cattolica” con schifo malcelato rifiutava la nozione di peccato mortale. E così, tra risposte dense di contraddizioni logico-argomentative prive di fondamento biblico e teologico, in un impeto di orgoglio “cattolico”, la sedicente “cattolica” mi rispondeva: «Non ammazzo, non rubo, perciò sono una brava persona! E basta!»

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Ripensando a tutte le volte che in seguito ho ascoltato questa frase da sedicenti “cattolici” , ho il desiderio di porre una riflessione importante sul tema del peccato …

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… al di là della carente formazione dei sedicenti “cattolici”, o dei pastori che avrebbero dovuto formare i loro fedeli, anche la letteratura profana ha offerto degli spunti importanti per la riflessione su questo tema. Certamente, la letteratura non lo ha banalizzato come la sub-cultura attuale cattolica dei progressisti e le esperienze di “credenti” che ho raccontato. Per esempio: Clive Staple Lewis, scrittore convertito all’anglicanesimo, noto per i suoi libri per bambini, poi diventati anche film de Le Cronache di Narnia, con il suo linguaggio semplice ha sempre saputo approfondire tematiche importanti anche dal punto di vista della fede.

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Nell’altro suo capolavoro, Le Lettere di Berlicche, fa riferimento proprio alla realtà del peccato. In quel testo si immagina che un demone ormai prossimo alla “pensione”, istruisca suo nipote Malacoda su come tentare l’uomo tramite istruzioni epistolari. Il libro è molto divertente, al tempo stesso è una specie di trattatello sulla dinamica della tentazione e del peccato. Scrivendo dunque a suo nipote, Berlicche così insegna:

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«Caro Malacoda [..] il dolce scorrevole pendio dei piccoli e quasi insignificanti peccati abituali è assai meglio di qualsiasi peccato grandioso ed evidente»

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Per capire questa realtà complessa, proviamo, come primo passo, a tornare al momento dell’Annunciazione dell’arcangelo Gabriele a Maria. Il racconto evangelico, letto anche nel periodo di avvento, potrebbe sembrare una ripetizione di una stessa pericope:

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«Nel sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: “Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te”. A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L’angelo le disse: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine”. Allora Maria disse all’angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo». Le rispose l’angelo: “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio”. Allora Maria disse: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”. E l’angelo partì da lei» [Lc 1, 26-38].   

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Se diamo un’occhiata al calendario, questo testo viene letto il 25 marzo, giorno dell’Annunciazione del Signore: dal 25 marzo al 25 dicembre sono nove mesi esatti. La liturgia cerca di esprimere dunque il senso del tempo della maternità ponendo la festa ufficiale dell’annunciazione esattamente nove mesi prima del Natale del Signore. A questo penso però va aggiunto un’altra riflessione: essendo posta nel periodo di quaresima, questa festa ci aiuta a concentrarci su una realtà fondamentale della nostra vita cristiana.

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Soffermiamoci sulle parole dell’arcangelo: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te». In greco quel “piena di grazia” (κεχαριτωμένη kekaritomène) letteralmente andrebbe tradotto con: “Rallegrati, tu sei che sei stata effusa di grazia”. Utilizzando questo stile grammaticale, inoltre, Luca vuole mostrare che Dio ha operato un prodigio in Maria. Maria è stata l’unica creatura ad essere stata esentata dal peccato originale e dunque da tutti gli altri peccati. Lei è appunto Immacolata Concezione.

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Ora è possibile dire qualcosa in più sul tema del peccato. Questa verità dogmatica sembra davvero essere dimenticata, come già ho detto. Cominciamo andando in ordine a partire dal peccato originale: che cos’è il peccato originale? Secondo il Catechismo della Chiesa Cattolica esso «Consiste nella privazione della santità e della giustizia originali» [CCC 405]. Qualcuno ha provato a negare la realtà del peccato originale [tra i vari esempi si veda QUI].

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San Tommaso D’Aquino, Dottore Comune di tutta la teologia cattolica definisce il peccato originale in questi termini, riprendendo il concetto da Sant’Anselmo: «La carenza di giustizia originale» [Summa Theologiae, I – II, a. 1., arg 1.]. In sintesi, nella teologia di San Tommaso, per carenza si intende: la carenza come causa [peccato originale originante], questa carenza toglie o priva l’uomo della giustizia originale. Dunque per carenza si intende l’azione di Adamo ed Eva che attivamente commettono il peccato originale. Segue quindi la spiegazione della carenza come effetto, vale a dire come peccato originale originato. Questo genere di carenza indica una privazione ricevuta, cioè di qualche effetto che non c’è più perché stato tolto di mezzo dalla causa. Ecco quindi che per carenza si intende quello che avviene dopo l’azione peccatrice di Adamo e ed Eva.

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La giustizia che invece viene ad essere negata è il rapporto di totale trasparenza fra Dio e l’uomo. Non solo. È anche la perdita del rapporto di trasparenza fra l’uomo e gli altri uomini. Infine è una perdita del rapporto di trasparenza fra l’uomo e il creato. Per “originale” si intende per ciò: 

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  1. Lo stato di giustizia originariamente voluto da Dio con l’uomo nel giardino dell’Eden.
  2. Un peccato alle origini: cioè è avvenuto alle origini della creazione e non più ripetibile.
  3. La natura originale macchiata dall’uomo: da quella colpa tutta la natura umana nella sua origine è definitivamente modificata [sulla distinzione dei termini si veda, A. Strumia, Riflessioni sul peccato originale secondo la dottrina di San Tommaso, pp. 86 – 120 contenuto in  Olmi, Il peccato originale tra teologia e scienza, ESD, Bologna, 2008].

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Questo passaggio deve essere compreso con chiarezza: il peccato originale, appena siamo concepiti e fino a quando non siamo lavati nel battesimo, è una realtà viva nella nostra intimità e natura di uomini. Anche dopo che lo abbiamo spazzato via con la grazia di Cristo, permane in noi l’effetto principale: la concupiscenza o tendenza al male, la morte, le malattie, la non visione diretta di Dio.

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Insieme al peccato originale con cui nasciamo e che poi viene cancellato per via sacramentale — esiste un’altra verità di fede: la certezza che noi commettiamo dei peccati, in questo senso, non originali, dunque attuali, cioè una azione che avviene ora e adesso, non nelle origini.

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Il peccato non nel senso originale, secondo l’Aquinate — per ora definiamolo come peccato in sé — va inteso come: «Una parola, un’azione, un desiderio contro la Legge Eterna» [I, II, 71, a.6.].

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Per semplificare diremo che la Legge Eterna consiste nel permanere in Dio in sé stesso. Secondo San Tommaso, le cause del peccato sono ovviamente la volontà umana e la ragione. Infatti la nostra volontà umana può liberamente scegliere di sottomettere tutte le facoltà per compiere un atto, o anche per omettere un atto che sarebbe dovuto. Anche il diavolo non può essere causa del peccato che compiamo liberamente. Semplicemente è un grande tentatore menzognero che cerca con suggestioni e idee di allontanarci da Dio, ispirandoci il peccato.

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Il Catechismo della Chiesa Cattolica ricorda la distinzione fondamentale tra i peccati:

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«Il peccato mortale distrugge la carità nel cuore dell’uomo a causa di una violazione grave della legge di Dio; distoglie l’uomo da Dio, che è il suo fine ultimo e la sua beatitudine, preferendo a lui un bene inferiore Il peccato veniale lascia sussistere la carità, quantunque la offenda e la ferisca» [n. 1855].

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Per quanto, con l’aiuto di Dio, possiamo liberamente fuggire dai peccati mortali, invece per natura siamo portati a compiere i peccati veniali, e senza un aiuto specialissimo della grazia, è assolutamente impossibile non compierli [Decreto sulla penitenza, Concilio di Trento Denz. 1680].

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Conoscendo bene dunque la malattia da cui veniamo sanati con la stessa Resurrezione, poniamoci in attesa filiale di colui che è venuto a ridonarci la possibilità di vivere una vita piena. Una vita appunto in cui si può non peccare, non essere in soggezione del diavolo. Gesù può davvero dire «Medico cura te stesso» [Lc 4, 23], perché il primo Medico della Malattia umana per eccellenza è stato Lui. Non dimentichiamolo mai: il confessionale rimane sempre e comunque un ospedale dell’anima.

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«Il confessionale non dev’essere una sala di tortura bensì il luogo della misericordia», [cf. Evangelii gaudium, QUI] può essere però un pronto soccorso presso il quale ci si reca perché una ferita di lieve entità può necessitare di essere chiusa con due o tre punti di sutura. Ma può essere però, il confessionale, anche una sala operatoria per i grandi interventi, all’interno della quale si asportano le metastasi di un tumore maligno. Eppure vi dirò: esistono e, purtroppo, seguiteranno ad esistere persone che, pur dinanzi alla possibilità di essere sanati e salvati con un efficace intervento di alta chirurgia, preferiscono le metastasi di un tumore maligno, pur di non entrare in una sala operatoria …

 

Gesù dolce, Gesù amore [Santa Caterina da Siena]

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Roma 20 giugno 2019

Festa del Corpus Domini

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1 commento
  1. Luigi Saruggia
    Luigi Saruggia dice:

    Grazie padre Gabriele. Il peccato è un tema importante e riconoscere di essere peccatori è il primo passo per la salvezza. È necessario sapere che noi abbiamo bisogno della Grazia per guarire. Ci ricorda che noi dipendiamo totalmente da Dio e senza i suoi Doni elargiti nei sacramenti, in special modo la Confessione fatta di frequente, siamo perduti.

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