A chi si riferisce Marco Felipe Perfetti affermando dal sito Silere Non Possum «qua in Vaticano … noi in Vaticano», se in Vaticano non ci può mettere nemmeno piede?

A CHI SI RIFERISCE MARCO FELIPE PERFETTI AFFERMANDO DAL SITO SILERE NON POSSUM «QUA IN VATICANO … NOI IN VATICANO …», SE IN VATICANO NON CI PUÒ METTERE NEMMENO PIEDE?

Perché occuparsi di questa persona che non suscita in noi alcun fascino e interesse, ma solo cristiana e sacerdotale compassione? Perché con molta frequenza è accaduto che più persone dall’Italia e dall’estero ci hanno chiesto lumi su questo “grande conoscitore” e “frequentatore” della Santa Sede e del Vaticano.

— Attualità ecclesiale —

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Autore
Redazione de L’Isola di Patmos

 

 

 

 

 

 

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I Padri de L’Isola di Patmos hanno molti temi interessanti da trattare nell’ambito della dottrina della fede e parlare di certi personaggi non rientra nelle loro aspirazioni. Abbiamo però dei doveri ai quali non possiamo sottrarci. Il responsabile del sito Silere Non Possum seguita a presentarsi come un eccelso conoscitore della Curia Romana, della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano. E questo crea di fatto diversi problemi.

Recentemente, quando tentò di beatificare l’infelice Arciabate di Montecassino morto poche settimane fa, alludendo in suoi vari post che la Chiesa avrebbe dovuto chiedere scusa a questo “innocente” (!?), sorvolando del tutto sul fatto che le sue gesta furono e rimangono inenarrabili, da queste colonne venne clamorosamente smentito attraverso dei dubia ai quali ovviamente non rispose mai (vedere articolo QUI).

Ha sempre sparato a raffica su persone e istituzioni della Santa Sede, facendo pelo e contropelo a tutti, dal Sommo Pontefice sino ai militi della Gendarmeria Vaticana. Da mesi si accanisce irridendo e insolentendo in modo martellante Paolo Ruffini, Prefetto del Dicastero per le Comunicazioni della Santa Sede, ed Andrea Tornielli, Direttore dei Media della Santa Sede, indicandoli come «incapaci, incompetenti, ignoranti…», sino a tacciarli di essere «analfabeti». Che Andrea Tornielli ― piaccia o non piaccia ― sia un professionista di fama internazionale nell’ambito del giornalismo e dopo oltre trent’anni di professione uno tra i più noti vaticanisti al mondo, non è cosa che pare interessi il Signor Marco Felipe Perfetti, al quale sarebbe inutile rammentare che il direttore dei Media Vaticani, tacciato ripetutamente di «analfabetismo», non ha certo auto-pubblicato, come ha fatto lui, un libercolo a proprie spese, perché è autore di decine di libri tradotti in più lingue, comprese corpose biografie sui Sommi Pontefici del Novecento che a livello documentale rimangono opere di alto interesse storico.

Se però sono rivolti dei pacati “dubia” a lui che insolentisce e irride tutto e tutti, dal Sommo Pontefice a seguire (vedere raccolta video QUI), in tal caso non esiterebbe a spedire qualche gaio pretino a protestare presso il Vescovo di qualcuno di noi. Già, perché da tempo il Signor Perfetti vorrebbe sdoganare dentro la Chiesa il gaio cavallo di Troia, affermando in suoi scritti e video che i chierici dediti alla pratica dell’omosessualità sono solo persone che hanno il diritto a vivere come meglio credono la propria sessualità nella loro vita privata. A questo modo dimostra però di ignorare — malgrado si presenti come esperto di Diritto Canonico — che per un prete il concetto di “vita privata” è molto diverso da come lo intende lui, sia sul piano della morale cattolica che su quello del diritto. L’esercizio della sessualità contro natura — perché tale l’omosessualità rimane per la dottrina cattolica — se praticata da un chierico rientra di fatto e di diritto nella gravissima fattispecie delittuosa del sacrilegio carnale, non certo nell’esercizio delle libertà legate alla vita privata dei chierici.

Perché occuparsi di questa persona che non suscita in noi alcun fascino e interesse, ma solo cristiana e sacerdotale compassione? Perché con molta frequenza è accaduto che più persone, dall’Italia e dall’estero, ci hanno chiesto lumi su questo “grande conoscitore” e “frequentatore” della Santa Sede e del Vaticano.

Come già detto e spiegato in precedenza (vedere articolo QUI), in Vaticano questo personaggio non può mettere piede, sia per quello che scrive sia per le raffiche di insolenze che proferisce. E casomai si avvicinasse a uno dei varchi di accesso al territorio di questo Stato non gli consentirebbero neppure di entrare.

Quando nei suoi video usa espressioni del tipo «qua in Vaticano … noi in Vaticano …», millanta conoscenze ed entrature che assolutamente non ha. Le uniche persone che conosce sono alcuni anonimi minutanti di basso livello rimasti legati al palo che sfogano attraverso di lui le frustrazioni derivanti dalla loro mancata carriera ecclesiastica, fornendogli delle dosi di veleno da spargere attraverso i social media. In caso contrario, ai non pochi ingenui che seguono il suo sito e prendono per vero quello che dice e scrive, dovrebbe dare prova di queste sue entrature girando uno dei suoi video dall’interno dello Stato della Città del Vaticano. Se non riesce a farlo dal Cortile di San Damaso, o mentre passeggia sotto gli affreschi della Terza Loggia della Segreteria di Stato, potrebbe girarne uno dai Giardini Vaticani, oppure all’angolo del Palazzo del Governatorato sotto la statua di San Michele Arcangelo, o davanti alla bella Fontana del Veliero. Invece seguita a presentarsi come grande conoscitore di cose vaticane seguitando però a girare e diffondere video mentre si trova nei pressi di Via della Conciliazione, o al di fuori del Colonnato del Bernini, o principalmente da altri luoghi esterni o interni tutti quanti rigorosamente dislocati sul territorio della Repubblica Italiana, salvo dire «qua in Vaticano … noi in Vaticano …».

Se crescere comporta una fatica che alcuni non riescono a sopportare questo è un problema loro, purché non diano a credere alle persone di essere ciò che non sono, o di entrare dove non gli è affatto concesso mettere piede, costringendo altri a rispondere che questo grande frequentatore e conoscitore della Santa Sede che esordisce dicendo «qua in Vaticano … noi in Vaticano …», sino a datare i propri video con la dicitura «Città del Vaticano», è semplicemente uno che non può neppure avvicinarsi alle porte di accesso allo Stato della Città del Vaticano. E se il diretto interessato potesse dimostra il contrario, che lo dimostri, ribattendo rigorosamente nel merito di quanto gli è stato contestato alla luce della verità dei fatti.

dall’Isola di Patmos, 8 dicembre 2023

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I Padri dell’Isola di Patmos

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Il caso del Vescovo di Tyler e del Cardinale Raymond Leo Burke, il sano relativismo sulla figura del Sommo Pontefice e la sapiente lezione del Cardinale Carlo Caffarra

IL CASO DEL VESCOVO DI TYLER E DEL CARDINALE RAYMOND LEO BURKE, IL SANO RELATIVISMO SULLA FIGURA DEL SOMMO PONTEFICE E LA SAPIENTE LEZIONE DEL CARDINALE CARLO CAFFARRA

Meglio un Sommo Pontefice che governi male la Chiesa, adempiendo però all’apostolico potere delle chiavi conferito da Cristo Dio a Pietro e ai suoi Successori anziché un pio Pontefice che le chiavi consegnate da Cristo Dio a Pietro se le fa sottrarre, lasciando che siano altri ad aprire e chiudere, legare e sciogliere.

— Attualità ecclesiale —

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Alcuni sostengono che Francesco non è un buon Sommo Pontefice. Che lo sia o meno è del tutto relativo, perché Francesco è il legittimo successore del Beato Apostolo Pietro. Se avrà adempiuto bene al suo alto ufficio riceverà la meritata ricompensa da Dio, se avrà adempiuto male dovrà tremare dinanzi al monito del Santo Vangelo:

«A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più» (Lc 12, 48).

Alcuni sostengono «Francesco non mi sta simpatico». La simpatia è del tutto relativa, un Sommo Pontefice non deve suscitare emotiva simpatia ma cattolico e devoto rispetto, perché gli è dovuto, quindi deve essere seguito e ubbidito, che sia simpatico o meno.

Alcuni sostengono che Francesco governa male la Chiesa. Che la governi bene o male è del tutto relativo, meglio un Sommo Pontefice che governi anche male la Chiesa, farà danni molto meno gravi di uno che la lascia governare da agguerrite cordate di potere o che si lascia egli stesso governare, perché i danni prodotti da questo secondo saranno parecchio maggiori di quelli prodotti da un cattivo governo. Meglio quindi un Sommo Pontefice che governi male la Chiesa, adempiendo però all’apostolico potere delle chiavi conferito da Cristo Dio a Pietro e ai suoi Successori (cfr. Mt 16, 19), anziché un pio Pontefice che le chiavi consegnate da Cristo Dio a Pietro se le fa sottrarre, lasciando che siano altri ad aprire e chiudere, legare e sciogliere.

Alcuni sostengono «Francesco si esprime in modo ambiguo, diffondendo confusione in materia di dottrina e di fede e per questo deve essere corretto». Questa affermazione segna il passaggio dal relativo all’assurdo: il Sommo Pontefice è il supremo custode del deposito della fede, per quanto possa apparire paradossale può essere legittimamente criticato con il dovuto rispetto, non può essere però corretto. La correzione, anche quella fraterna (cfr. Mt 18, 15-17) implica che ad esercitarla sia una singola persona, o un intero collegio di persone dotato di una autorità dottrinale e morale superiore. Neppure un concilio ecumenico, massimo organo espressivo della Chiesa, potrebbe definire alcunché, senza l’approvazione del Supremo Capo della Chiesa. Criticare il Sommo Pontefice, in quelle sfere in cui la critica è legittima e possibile, implica l’esercizio della libertà dei figli di Dio, mentre correggerlo implicherebbe l’esercizio di una autorità superiore alla sua, di cui nessuno a questo mondo è depositario.

Certi pubblicisti e opinionisti si stanno stracciando le vesti gridando alla persecuzione per la rimozione di S.E. Mons. Joseph Edward Strickland dalla cattedra della Diocesi texana di Tyler. Pochi giorni dopo, lo straccio di vesti è proseguito con il Cardinale Raymond Leo Burke, al quale il Sommo Pontefice ha deciso di revocare il beneficio dell’alloggio gratuito di proprietà dell’APSA (Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica) e del piatto cardinalizio, oggi indicato come assegno cardinalizio. Anche in questo caso è necessario intendersi con un esempio: se affermo che invitare una figura discutibile e problematica come Luca Casarini al Sinodo dei Vescovi è stata una imprudenza, in questo caso esprimo una opinione critica del tutto legittima, altrettanto legittimamente potrei chiedere al Santo Padre che forse sarebbe opportuno domandare conto e ragione a quelle sue persone di fiducia che glielo hanno presentato, senza illustrargli in modo prudente, preciso e dettagliato che questo personaggio è un ideologo che sia nell’ambito del dibattito che in quello politico crea da sempre grosse divisioni e forti contrapposizioni. Tutt’altra cosa invece se, come ha fatto il Vescovo di Tyler prima del Sinodo e poi durante il Sinodo in corso, avessi affermato che quell’assemblea di discussione era gravemente dannosa per la dottrina della fede, per la Chiesa e il Popolo di Dio, perché questa non sarebbe stata una opinione critica del tutto legittima, ma un giudizio di una pesantezza inaccettabile, anche perché racchiude una implicita accusa: il Sommo Pontefice non è in grado di vigilare sulla dottrina della fede e quindi custodirla.

Il Cardinale Raymond Leo Burke sono anni che tiene incontri e conferenze in giro per il mondo minando di fatto, per quanto in modo paludato, il magistero del Sommo Pontefice, invitando a una nebulosa e non meglio precisata «resistenza», senza spiegare a chi bisognerebbe resistere, ma lasciando però capire a chi. Anche in questo caso siamo ben oltre il legittimo diritto di critica.

Per inciso vorrei ricordare che nel 2020 pubblicai un libro intitolato provocatoriamente Amoris Tristitia, dedicato alla memoria del Cardinale Carlo Caffarra, di cui fui discepolo, spesso in linea con lui, altre volte rispettosamente critico verso alcune sue posizioni in materia di morale. E lui che era un grande uomo e soprattutto un uomo di Dio amava discutere con me proprio su quei punti nei quali potevo non essere d’accordo, perché questa è la speculazione teologica basata sulla disputatio secondo gli stili e la tradizione della scolastica classica. Purtroppo alcuni vescovi e preti che di quel libro hanno letto solo il titolo provocatorio, senza mai aver letto neppure due pagine, mi hanno accusato di avere scritto un lavoro di saggistica contro questa esortazione apostolica post-sinodale. Cosa falsa e oltremodo ingenerosa nei miei riguardi, perché in quel libro sono state mosse critiche allo stile di linguaggio, ai numerosi e a mio parere inutili sociologismi, su diversi passaggi ambigui, non chiari e soggetti a diverse interpretazioni. Siamo nella sfera del legittimo esercizio del pensiero critico, che cesserebbe di essere tale se invece avessi mosso critiche, anche in modo indiretto o subliminale, a quel Sinodo e alla esortazione finale pubblicata dal Sommo Pontefice sotto il titolo di Amoris Laetitia. Esortazione che lascia aperte ipotesi di discussione su argomenti tutti da definire, senza che la precedente disciplina stabilita dal Santo Pontefice Giovanni Paolo II nella sua esortazione apostolica post-sinodale Familiaris Consortio sia stata modificata, ad esempio per quanto riguarda l’ammissione ai Sacramenti dei divorziati risposati che vivono in stato di irregolarità. Pertanto, vescovi e preti che affermano la liceità di questa ammissione, perché a loro dire contenuta e data in Amoris Laetitia, affermano il falso, sono in grave errore e inducono in errore i fedeli. In Amoris Laetitia non è infatti sancita alcuna permissione in tal senso.

Il Cardinale Carlo Caffarra dette una solenne lezione nel 2017 a certi nostri odierni personaggi che vagano di conferenza in conferenza invitando alla «resistenza». Questa solenne lezione la impartì con una sua memorabile dichiarazione, fatta dopo che alcuni tentarono di presentarlo come un antagonista del Sommo Pontefice Francesco:

«Scusatemi la battuta: avrei avuto più piacere che si dicesse che l’Arcivescovo di Bologna ha una amante piuttosto che si dicesse che ha un pensiero contrario a quello del Papa. Perché se un vescovo ha un pensiero contrario a quello del Papa se ne deve andare, ma proprio se ne deve andare dalla diocesi. Perché condurrebbe i fedeli su una strada che non è più quella di Gesù Cristo. Quindi perderebbe se stesso eternamente e rischierebbe la perdita eterna dei fedeli. Essere considerato contro il Papa è una cosa che mi ha profondamente amareggiato, perché è calunniosa. Perché non solo il Papa non ha mai parlato su questo, ma quando ha parlato ha chiesto un dibattito. E il dibattito è vero se tutte le voci possono parlare. Io sono nato papista, sono vissuto da papista e voglio morire da papista!».

Credo che il Santo Padre, in questo frangente, tutto sommato sia stato anche troppo buono, sia con il Vescovo di Tyler che con il Cardinale Raymond Leo Burke. Personalmente non lo sarei stato, perché per il tipo che sono, a un Vescovo o a un Cardinale che hanno messo ripetutamente in discussione la custodia della dottrina della fede da parte del Sommo Pontefice, forse li avrei portati a dire che Innocenzo III, Bonifacio VIII e Alessandro VI tutti e tre messi assieme erano parecchio più teneri e molto meno severi di me.

dall’Isola di Patmos, 6 dicembre 2023

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