Perché Gesù una volta morto discese agli inferi prima di risorgere dai morti il terzo giorno?

Omiletica dei Padri de L’Isola di Patmos

—  omiletica —

PERCHÈ GESÙ UNA VOLTA MORTO DISCESE AGLI INFERI PRIMA DI RISORGERE DAI MORTI IL TERZO GIORNO?   

Prima della risurrezione avviene qualche cosa che molti non riescono a comprendere e che altri, purtroppo, non conoscono proprio: Cristo, una volta morto, discende agli inferi. Scrive San Paolo Apostolo: «Era disceso nelle regioni inferiori della terra. Colui che discese è lo stesso che anche ascese»

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Autore:
Gabriele Giordano M. Scardocci, O.P.

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Cari fratelli e sorelle,

Beato Angelico, Cristo entra negli inferi abbattendo la porta e schiacciandovi sotto un dèmone

buona Pasqua! Dopo il cammino quaresimale il Signore ci permette di giungere all’attesa meta della sua resurrezione, sulla quale si fonda e si regge la nostra fede [Cfr. I Cor 15, 14]. Davvero oggi ci stringiamo tutti in Gesù e in Lui siamo tutti uniti e gioiosi. Pasqua è davvero il passaggio dalla schiavitù del peccato, della tenebra, quindi della tristezza e dell’incertezza alla liberazione della gioia, della felicità della certezza della resurrezione.

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Prima della risurrezione avviene qualche cosa che molti non riescono a comprendere, altri purtroppo non conoscono proprio: Cristo, una volta morto, discende agli inferi. Scrive San Paolo Apostolo: «Era disceso nelle regioni inferiori della terra. Colui che discese è lo stesso che anche ascese» [Ef 4,10]. Insegna a tal proposito il Catechismo della Chiesa Cattolica ai numeri 632-637:

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«La Scrittura chiama inferi [cfr. il 2,10; At 2,24; Ap 1,18; Ef 4,9] il soggiorno dei morti dove Cristo morto è disceso, perché quelli che vi si trovano sono privati della visione di Dio [cfr. Sal 6,6; 88,11-13]. Tale infatti è, nell’attesa del Redentore, la sorte di tutti i morti, cattivi o giusti [cfr. Sal 6,6; 88,11-13]; il che non vuol dire che la loro sorte sia identica, come dimostra Gesù nella parabola del povero Lazzaro accolto nel “seno di Abramo” [Cfr. Lc 16,22-26]. ”Furono appunto le anime di questi giusti in attesa del Cristo a essere liberate da Gesù disceso all’inferno” [Catechismo Romano, 1, 6, 3: ed. P. Rodríguez (Città del Vaticano-Pamplona 1989) p. 71]”. Gesù non è disceso agli inferi per liberare i dannati [cfr. Concilio di Roma (anno 745), De descensu Christi ad inferos: DS 587] né per distruggere l’inferno della dannazione [cfr. Benedetto XII, Libello Cum dudum (1341), 18: DS 1011; Clemente VI, Lettera Super quibusdam (anno 1351), c. 15, 13: DS 1077] ma per liberare i giusti che l’avevano preceduto [Cfr. Concilio di Toledo IV (anno 633), Capitulum, 1: DS 485; Mt 27,52-53].

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Adesso vediamo le letture di questa Liturgia della Parola [cfr. QUI]. La mattina di Pasqua i testimoni della Passione, col cuore ancòra travolto dagli eventi drammatici, fanno una sorprendente scoperta. Si reca al sepolcro innanzitutto Maria di Magdala. Immaginate la scena di quel cammino: l’affettuosa amica di Gesù è col cuore sgomento gonfio di tristezza per quello che era avvenuto appena due giorni prima. Appena giunta alla porta del sepolcro, ci si rende conto che il corpo di Gesù è sparito.

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«Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!» [Gv, 20,2].

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Anche Pietro e Giovanni vengono avvertiti. Ma, dice il Vangelo, non avevano ancora compreso che Gesù doveva risorgere dai morti; sebbene Giovanni, che entra dopo Pietro nel sepolcro, vide e credette. La fede dei due apostoli in questo evento prodigioso rimane: nonostante non si comprenda tutto e subito. Gesù glielo aveva ripetuto più volte, che sarebbe stato crocifisso e poi risorto. E però loro stessi faticano a credere e a capire.

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È anche un po’ la situazione di tutti noi oggi. Crediamo nel mistero della resurrezione, ma fatichiamo ad entrarci a fondo. Forse perché Gesù non lo abbiamo incontrato risorto, ma la sua Resurrezione ci è stata santamente tramandata. O forse perché c’è un motivo più semplice. Perché abbiamo perso l’allenamento a pregare, contemplare e meditare questi divini misteri. Travolti dalla velocità della vita odierna, dai messaggi social, dal lavoro pressante, dalle uscite dei libri abbiamo un po’ messo in soffitta le cose importanti. Anche noi imitiamo la corsa sfrenata di Pietro e Giovanni. Ma a differenza degli apostoli non corriamo verso Gesù risorto, ma verso mille distrazioni. Oltre quello che ci sono già.

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In questa Pasqua 2021, proviamo allora a fermarci su questi versetti del Vangelo. Entriamo nell’ottica della Resurrezione, che è azione di risorgere con Cristo. La resurrezione per noi comincia già oggi, se ci orientiamo a rileggere ogni evento con l’ottica dei risorti. Cioè con l’ottica di non vivere più da uomini destinati a morire, ma da credenti destinati a morire per poi vivere eternamente. Facciamo nostro allora l’invito di San Paolo quando dice:

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«Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra». [Col 3,1]

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Pensare alle cose di lassù ovviamente non implica vivere in un continuo stato di visionari metafisici o persi in una sorta di trance mistica indotta. Cercare le cose di lassù significa appunto cercare di vivere concretamente e nel quotidiano la nostra fede. Che è fede perché diventa vita di santità. Pietro e Giovanni, come vedremo nelle prossime domeniche, si spiegheranno il sepolcro vuoto perché vedranno Gesù risorto. A quel punto, si renderanno primi testimoni dell’evento gioioso della Pasqua; gli apostoli, che senza più la paura che li aveva fatti fuggire davanti alla Passione, hanno trasmesso questo evento straordinario fino a noi. Pietro ci offre la sua testimonianza, quando nella prima lettura degli atti dice:

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«[…] Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, […] Essi [i Giudei] lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti» [At 10, 38. 39 – 42]

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Questo richiamo al mangiare e bere con Lui, oltre ai momenti passati insieme con Gesù a tavola, è richiamo all’Eucaristia. Ecco allora dove attingere il nostro cibo e bevanda spirituali per poter camminare nella via della fede. La resurrezione si vive specialmente a Pasqua, ma ogni domenica, in cui Cristo si fa presente in corpo, sangue, anima e divinità è sempre Pasqua e resurrezione in Lui, per Lui, con Lui.

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Questo sentimento di vicinanza è descritto in una commovente poesia di Giuseppe Ungaretti:

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Cristo, pensoso palpito, / Astro incarnato nell’umane tenebre, / Fratello che t’immoli / Perennemente per riedificare/ Umanamente l’uomo, / Santo, Santo che soffri, /Maestro e fratello e Dio che ci sai deboli, / Santo, Santo che soffri / Per liberare dalla morte i morti /

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Ringraziamo il Signore, per il dono della Resurrezione, chiediamogli la grazia di unirci pian piano sempre più a Lui nella fede, nella speranza e nella carità teologale, protetti dal dolce manto mariano.

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Roma, 4 aprile 2021

Pasqua di Risurrezione

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