Dal Fascismo che ieri temeva la Chiesa e Pio XI, ai giovani politici che oggi ci ridono dietro. La Conferenza Episcopale Italiana e quell’impellente bisogno di rivedere le proprie priorità

— attualità ecclesiale —

DAL FASCISMO CHE IERI TEMEVA LA CHIESA E PIO XI, AI GIOVANI POLITICI CHE OGGI CI RIDONO DIETRO. LA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA E QUELL’IMPELLENTE BISOGNO DI RIVEDERE LE PROPRIE PRIORITÀ

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Se la Conferenza Episcopale Italiana è giunta a diramare un comunicato che appare più un tragicomico redde rationem significa che i timori sono fondati. Sperare più nel Presidente della Repubblica come utile salvagente che nel Dio incarnato in Gesù Cristo è la prova di come la Chiesa, ogni volta che scende a patti con il potere temporale, fa disastri, nuocendo gravemente alla sua identità.

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Autore
Ivano Liguori, Ofm. Capp.

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Sino a non molti anni fa sarebbe stato impensabile che un imitatore potesse prendersi gioco del Romano Pontefice su una pubblica rete televisiva durante uno spettacolo satirico. Le conseguenze penali sarebbero state gravissime per l’imitatore e soprattutto per l’azienda televisiva che lo aveva mandato in onda. Oggi la Chiesa Cattolica, il Papato e il Romano Pontefice possono essere tranquillamente usati in prima serata per far ridere i telespettatori come macchiette satirico-grottesche.

Ogni tanto devo dare libero sfogo al mio lato nerd [cfr. QUI] che si manifesta in modo anomalo, improvviso come un fulmine a ciel sereno. Così è stato quando ho avuto modo di leggere il comunicato emanato dalla Conferenza Episcopale Italiana il 15 gennaio attraverso la persona del suo presidente, Cardinale Gualtiero Bassetti, ancora convalescente, al quale auguriamo ogni bene e grazia dal Signore per lo scampato pericolo in seguito al contagio da Covid-19. Poco dopo l’agenzia ANSA titola la notizia in questo modo: «Governo: CEI, guardiamo con fiducia al Presidente Mattarella» [testo riprodotto a fine articolo].

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La nerditudine presente nella mia testa ha richiamato immediatamente la citazione tratta dal film Harry Potter e la pietra filosofale in cui il maghetto Ron, guardando Harry, risponde lapidario all’ultima frase della loro amica Hermione: «Quella ha bisogno di rivedere le sue priorità!».

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In questo caso la Conferenza Episcopale Italiana ha preso le vesti della streghetta Hermione e ha confuso le priorità proprie della Chiesa quale societas perfecta con quelle di una qualunque lobby terrena impelagata tra politica, denaro, potere e consensi. Priorità terrene che nel momento storico attuale servono solo per poter salvare quelle quattro capre cattocomuniste ― rosse così com’è rossa la livrea cardinalizia ― e tenere insieme i cavoli del Signore, con il gettito fiscale dell’Otto per Mille che dal 2016 è ormai in caduta libera.

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Insomma, diciamola tutta: la preoccupazione della Conferenza Episcopale Italiana fa sorridere, non tanto perché non si capisca dove vuole andare a parare ― lo si capisce benissimo in realtà ― ma per il fatto che alla stragrande maggioranza dei credenti (molti dei quali preti) queste preoccupazioni non sembrano avvalorate da nessuna salus animarum ma al contrario da una salus smaccatamente umana.

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Ci sarebbe proprio da dare ragione alla buonanima di Giulio Andreotti a cui si attribuisce la frase: «A pensar male degli altri si fa peccato ma spesso ci si indovina». E a voler pensar male dovremmo dire che la preoccupazione della Conferenza Episcopale Italiana è che l’attuale governo PD-Cinque Stelle possa cadere in modo fragoroso tanto da portare gli italiani alle urne. Il che, molto probabilmente, significherebbe ottenere un risultato politico opposto a quello attuale in cui parole come sovranismo, tutela dei confini, amore patrio, italexit, insieme a nomi quali Matteo Salvini e Giorgia Meloni incuterebbero nella Conferenza Episcopale Italiana un terrore molto più vivo e reale di quello che può suscitare l’Inferno e l’eterna dannazione.

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Forse è giunto il momento, anche dentro la Chiesa, di iniziare a pensare con quella santa malizia che ci rende possibile equiparare in scaltrezza i figli di questo mondo:

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«Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce» [Lc 16.8].

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Così da rovesciare i non detti, far tacere le voci di corridoio, rispedire al mittente i pupilli di Villa Nazaret e svuotare le belle parole che pur trasudando misericordia portano solo miseria.

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Se la Conferenza Episcopale Italiana è giunta a diramare un comunicato che appare più un tragicomico redde rationem significa che i timori sono fondati. Sperare più nel Presidente della Repubblica come utile salvagente che nel Dio incarnato in Gesù Cristo è la prova di come la Chiesa, ogni volta che scende a patti con il potere temporale, fa disastri, nuocendo gravemente alla sua identità.

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Il divo Giulio, abituato a navigare come abile nocchiero tra i mari della politica italiana così come in quelli della diplomazia ecclesiastica, ci suggerisce di pensare male almeno una volta, anche se contro la Conferenza Episcopale Italiana.

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Facciamolo questo peccato, anche perché andando più in profondità a questo modo di pensare scopriremo che la matrice non è politica e nemmeno andreottiana ma clericale. Infatti, la frase attribuita ad Andreotti sembra essere stata pronunciata nel 1939 dal Cardinale Francesco Marchetti Selvaggiani, Vicario di Sua Santità per la Diocesi di Roma, il quale attribuiva la frase al sanguigno e all’occorrenza irascibile Pio XI che la espresse nella forma: «A pensar male del prossimo si fa peccato ma si indovina».

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I tempi di Pio XI sono tanto differenti da quelli di Francesco I. Ieri come oggi persiste ancora la lotta tra conservatori, progressisti e liberali, tra coloro che aspirano ad avere una poltrona e a coloro che della poltrona fanno mercato.

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La sapienza del Sommo Pontefice Pio XI e dei suoi collaboratori, il più prezioso dei quali, il Cardinale Eugenio Pacelli, fu poi suo successore, pose fine alla Questione Romana e diede modo alla Chiesa di instaurare con l’Italia dei rapporti seri e autentici, una posizione virile che la Chiesa italiana oggi può solo sognare. Infatti all’epoca, i politici del regime fascista, con il braccio armato dei loro picchiatori al seguito, buona parte dei quali di cultura anticlericale, del papato e della Chiesa avevano timore e di conseguenza si comportavano camminando sul filo del rasoio. Oggi invece ci ridono dietro persino giovani politici improvvisati senza arte né parte, comportandosi di conseguenza nei nostri riguardi, tra una risata e l’altra [vedere QUI].

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Laconi, 20 gennaio 2021

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