«Chiesa Aperta» (X puntata) — Quella irresistibile brama odierna di sacrificare i preti alla morte per i propri personali capricci di opinione. E se ciò accadesse, poi chi tornerà a celebrare le Sante Messe per il Popolo di Dio dopo l’epidemia da coronavirus?

— i Padri de L’Isola di Patmos vicini ai fedeli in questa quarantena —

«CHIESA APERTA» (X puntata) — QUELLA IRRESISTIBILE BRAMA ODIERNA DI SACRIFICARE I PRETI ALLA MORTE PER I PROPRI PERSONALI CAPRICCI DI OPINIONE. E SE CIÒ ACCADESSE, POI CHI TORNERÀ A CELEBRARE LE SANTE MESSE PER IL POPOLO DI DIO DOPO L’EPIDEMIA DA CORONAVIRUS?

Offriamo ai nostri Lettori questo nuovo prezioso video del nostro stimato confratello Giovanni Zanchi, presbitero della Diocesi di Arezzo, affinché possa fungere anche da efficace e sapiente antidoto a tutti coloro che purtroppo, in questo momento di straordinaria crisi ed emergenza, non hanno trovato di meglio da fare che polemizzare, spesso anche in toni duri e aggressivi, contro le decisioni prese dai nostri vescovi per motivi di sicurezza a tutela della salute pubblica: sospendere le sacre celebrazioni e in molti casi chiudere le chiese. Ricordiamo che la Chiesa, nei momenti di crisi ed emergenza, non è mai stata salvata dalle polemiche di coloro che si ergono in tutti i tempi ai più fedeli tra i fedeli o ai più puri tra i puri, ma dall’unità. Qualcuno ha scritto in questi giorni che «i vescovi stanno suicidando la Chiesa italiana». Purtroppo non ha capito niente dell’essenza della fede cattolica: la Chiesa “si suicida” attaccando i vescovi, anziché seguirli e sostenerli in un momento di così grave prova. 

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RIPRESE VIDEO E MONTAGGIO A CURA DELLA EMITTENTE TELESANDOMENICO (AREZZO)

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TESTO DEL VIDEO

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I testi del Padre Giovanni Zanchi, direttore del Centro Pastorale Culto Divino della Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, non sono stati pensati come articoli ma come testi audio-narrativi. Abbiamo provveduto a trascrivere il testo audio per i nostri Lettori.

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Giovanni Zanchi

Benvenuti alla X puntata di Chiesa Aperta.

Le chiese, intese come edifici, rimangono aperte durante la pandemia, pure se non si svolgono celebrazioni pubbliche e i fedeli non le possono frequentare agevolmente. Nella presente situazione, i sacerdoti stanno dando prova di grande inventiva per aiutare i fedeli anche nel frequentare le chiese, così come possibile.

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Molti fedeli apprezzano il sacrificio fatto da tanti sacerdoti per adempiere al loro ministero, pur con gravi limitazioni. Altri manifestano il proprio scontento, soprattutto per la sospensione temporanea della Santa Messa con il popolo e invocano l’immediata ripresa delle celebrazioni pubbliche. In questa sede, vogliamo dire una parola che aiuti a comprendere i termini della questione e ad evitare polemiche controproducenti.

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Nella tragica situazione di questi giorni sono in gioco due aspetti fondamentali: da una parte, la Chiesa deve continuare la sua divina missione al servizio della salvezza delle anime, con tutta l’abnegazione necessaria, senza però mettere a repentaglio la salute pubblica e quindi operando delle necessarie rinunce e assumendo dolorose limitazioni nei comportamenti, senza però appiattirsi sulla logica del mondo; dall’altra parte, la Chiesa non deve dare nemmeno la più lontana impressione di abbandonare i fedeli a se stessi, trascurando le loro necessità spirituali e rischiando di essere considerata latitante o, peggio, irrilevante, come se avesse rinunciato ad affermare il primato del soprannaturale. Facciamo un passo avanti …

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… la autentica teologia morale ci insegna che non basta affermare i grandi principi, ma occorre poi attuarli in una particolare situazione, mediante un prudente discernimento e quindi, più si discende dal principio generale verso una concreta situazione, specie se perigliosa, più le scelte operative possono divenire quanto mai difficili da individuare. Il sommo principio morale è: “fai il bene ed evita il male”; ma in una situazione di tragica emergenza come la presente, non è immediatamente agevole determinare come attuare il bene ed evitare il male.

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A coloro che, amareggiati per la sospensione delle Sante Messe con il popolo, invocano un maggior coraggio da parte dei vescovi e dei sacerdoti, rispettosamente ricordo tre fatti, da tenere assolutamente presenti per formulare un giudizio pratico aderente alla realtà della presente situazione.

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Primo fatto: le emergenze non si programmano, arrivano improvvisamente e a volte sono pure eccezionali e mai affrontate dalla presente generazione, come è attualmente. Anche i nostri vescovi sono stati sorpresi dal dilagare dell’epidemia e rapidamente hanno dovuto prendere decisioni impegnative per la salvaguardia di tutti. Per consentire in sicurezza la celebrazione delle Sante Messe con il popolo sarebbe necessario organizzare un regolare servizio d’ordine per assicurare almeno l’ingresso e l’uscita dei partecipanti (ognuno munito dei necessari presidi di difesa dal contagio), il loro distanziamento dentro le chiese, la sanificazione delle medesime. Tutte cose di non facile realizzazione e gestione pratica. Considerando che spesso un solo sacerdote deve provvedere a più parrocchie e chiese, nemmeno la ventilata ipotesi di rarefare le presenze dei fedeli aumentando il numero delle Sante Messe appare praticabile in Italia.

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Secondo fatto: il tributo di vittime che anche il Clero italiano sta già pagando alla pandemia: mentre non mancano i vescovi contagiati e finiti in isolamento, al 22 marzo erano ben 50 i sacerdoti falcidiati, la maggior parte di loro caduta nell’adempimento del proprio ministero. Perfino il Clero a riposo per anzianità non è risparmiato: a Parma, nella casa dei Missionari Saveriani, sottoposta da subito a stretto isolamento, sono morti in solitudine 13 sacerdoti in 15 giorni, senza che nessuno giungesse dal di fuori ad assisterli. Se le Sante Messe con il popolo fossero regolarmente celebrate dappertutto, il numero dei sacerdoti defunti sarebbe certamente ancora più grande, tenendo poi conto che il Clero italiano, a causa dell’elevata età media di quasi 68 anni, rientra a pieno titolo nella categoria degli anziani e dei vecchi, quindi delle persone da salvaguardare maggiormente dal pericolo del contagio. Analogo discorso riguardo l’età avanzata deve essere fatto circa gli stessi fedeli che abitualmente frequentano le nostre chiese.

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Terzo fatto: come ci si preoccupa che il personale sanitario non sia falcidiato dalla pandemia e i malati restino senza assistenza, così è necessario preoccuparsi che anche la Chiesa italiana non si riduca drasticamente senza più sacerdoti per la cura pastorale dei fedeli. Da questo punto di vista, i dati sono impietosi: in Italia il Clero non solo è molto anziano, ma pure ormai numericamente esiguo. Facciamo un solo esempio: nell’arcidiocesi di Torino nel 1950 vi era 1 sacerdote (età media 43 anni) per 561 battezzati; nel 2017 sempre a Torino vi era 1 sacerdote (età media 68 anni e 6 mesi) per 2065 battezzati! Dopo la peste che nel XVI secolo uccise la maggior parte dei milanesi, san Carlo Borromeo non ebbe difficoltà nel ricambio dei sacerdoti caduti per assistere gli appestati; oggi, dietro i nostri pochi e anziani sacerdoti, non ci sono purtroppo torme di seminaristi pronti a rimpiazzarli. Una volta cessata l’emergenza, quante delle chiese che ora si pretenderebbe di tenere imprudentemente funzionanti dovrebbero poi essere chiuse, forse per sempre, per una grave mancanza di sacerdoti?

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Ragionando così, qualcuno mi accuserà di mancare di fede nella potenza di Dio. Ma, a parte che non bisogna tentare il Signore (cf Lc 4, 12), nella tragedia attuale occorre avere ben presente l’insegnamento di san Giovanni Paolo II: occorre cioè coniugare fede e ragione; la ragione non deve escludere la fede e la fede deve accettare il servizio della ragione (che poi spesso è semplice buon senso).

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Solo così è possibile evitare due opposti estremismi: i fautori della celebrazione ad oltranza delle Sante Messe con il popolo rischiano di peccare di fideismo; i fautori della chiusura indiscriminata delle chiese rischiano di peccare di razionalismo. La fede ci attesta che durante la Santa Messa Dio opera già il grande miracolo della transustanziazione del pane e del vino nel corpo e sangue di Cristo; ma Dio non è obbligato contemporaneamente a preservare dal contagio virale i singoli partecipanti.

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Concludiamo allora ricordando due grandi principi della vera teologia: contro il razionalismo diciamo: «A chi fa quanto può, Dio non nega la grazia»; contro il fideismo diciamo: «Dio non lega la grazia ai Sacramenti» e la può donare anche al fuori di essi, in determinate circostanze. La sospensione delle Sante Messe con il popolo è una privazione dolorosa per le anime dei fedeli; supplichiamo Dio che conceda quanto prima alla sua Chiesa la grazia e la gioia di radunarsi di nuovo per celebrare l’Eucaristia e imploriamo da Dio anche la grazia di mantenerci i nostri pochi e anziani sacerdoti, donando il premio eterno a quelli caduti vittime del proprio dovere durante la pandemia.

A risentirci domani per una nuova puntata di Chiesa Aperta.

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Sansepolcro (Arezzo), 27 marzo 2020

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Seduto sulla motocicletta comunista di Vauro ho avuta una folgorazione che ha cambiata la mia vita e le mie credenze: e adesso vi spiego perché Gesù Cristo non è mai risorto dai morti …

SEDUTO SULLA MOTOCICLETTA COMUNISTA DI VAURO HO AVUTO UNA FOLGORAZIONE CHE HA CAMBIATA LA MIA VITA E LE MIE CREDENZE: E ADESSO VI SPIEGO COME MAI GESÙ CRISTO NON È MAI RISORTO DAI MORTI …

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Per annunciare un evento del genere Cristo, se fosse veramente risorto, avrebbe dovuto annunciare la propria risurrezione a persone ben più credibili, per esempio apparendo al Sommo Sacerdote e ai membri del Grande Sinedrio. Siamo realisti e concreti: se io risorgessi dai morti, cercherei di apparire a Fedele Confaloneri e a Pier Silvio Berlusconi, a Pietro Chiambretti e Barbara d’Urso, al Presidente della Rai e a Bruno Vespa … non certo a una ex prostituta nigeriana che vive in una periferia di Milano.

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Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

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PDF  articolo formato stampa
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Studi Mediaset di Cologno Monzese (Milano): redazione di Dritto e Rovescio, foto ricordo

L’Isola di Patmos ha conferito ieri il premio Giovannea Aquila d’Oro a Roberto Burioni e Alessandro Cattelan [cf QUI]. Oggi annuncio che in questa Quaresima segnata da epidemia da coronavirus, in me è accaduto qualche cosa che ha sconvolto le mie credenze di fede, giungendo a prendere atto che Gesù Cristo non è mai risorto dai morti.

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La scintilla che ha fatto scattare in me questa consapevolezza, mi è stata data da uno dei tanti sapienti che popolano le pagine di Facebook, che riesce a essere al tempo stesso sia l’Accademia Internazionale delle Scienze sia il Supremo Tribunale Penale istituito dal popolo dei sapienti della rete.

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Talvolta, le credenze anche più radicate, finiscono per crollare dinanzi a cose in apparenza banali, capaci però a far scattare una scintilla a partire dalla quale tutto quanto finisce con l’essere messo in discussione. È a quel punto che, pure ciò in cui si è fermamente creduto, finisce per sgretolarsi come un castello di sabbia costruito sulla riva al sopraggiungere della marea. E di questo devo ringraziare uno dei sapienti di Facebook, che non conosco personalmente, ma che posso citare senza alcuna violazione della privacy, visto che è entrato nella mia pubblica pagina scrivendo un commento col proprio nome, cognome e collegamento al suo profilo, quindi è tutto pubblico e nessuno può sollevare questioni in tal senso. Il sapiente è un certo Nicola Fulgenzio Di Liberto.

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Ma veniamo al fatto: per annunciare sul mio profilo Facebook che nella sera di giovedì 26 marzo avrei partecipato come ormai quasi di consueto alla puntata del programma Dritto e Rovescio su Rete 4, ho inserito una foto scattata i primi di febbraio nella quale sono immortalato con tre amici: il vignettista satirico Vauro Senesi, il giornalista e conduttore radiofonico Giuseppe Cruciani e uno dei giovani collaboratori della redazione. Non solo si tratta di tre amici, ma di tre persone che godono della mia profonda stima.

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Accade però che il già menzionato membro dell’Accademia Internazionale delle Scienze, sotto quel mio post, nel pomeriggio del 27 marzo, ha scritto questo commento: «Con questi personaggi non ci andrei a prendere nemmeno un Caffè». Questo sapiente commentatore forse non immaginava che con questa breve frase avrebbe finito per sconvolgere la vita a un sacerdote nonché piccolo e modesto teologo dogmatico e altrettanto piccolo e modesto storico del dogma. Sì, con quella frase tanto lapidaria quanto sapiente, questo commentatore mi ha aperto l’orizzonte su tutte le contraddizioni contenute nei Vangeli, ma soprattutto nella vita di Gesù Cristo, obbligandomi a prendere atto di quanto il Nazareno sia stato alla prova dei fatti un cattivo maestro. È scritto nei Vangeli e dagli stessi documentato, ma purtroppo io, per cecità e ottusità, proprio non me ne ero mai accorto.

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Gesù Cristo è stato a tal punto imprudente da avere relazioni pericolose e soprattutto inopportune, è documentato da uno degli Evangelisti che narra:

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«Mentre Gesù era a tavola in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con Gesù e con i suoi discepoli.  I farisei, veduto ciò, dicevano ai suoi discepoli: “Perché il vostro maestro mangia con i pubblicani e con i peccatori?”» [Mt 9, 10-11].

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Giuseppe Cruciani e Padre Ariel all’uscita dallo studio di trasmissione di Mediaset di Cologno Monzese (Milano)

Non per giustificare me stesso, ma posso garantire che ai livelli di Gesù Cristo io non ci sono arrivato. Infatti, quando una sera, al termine della diretta di questo programma, Vauro Senesi, Giuseppe Cruciani e io, andammo di fronte alla cittadella Mediaset di Cologno Monzese per mangiare una pizza nell’unico locale aperto, la cucina era chiusa. Così potemmo solo bere qualche cosa: Vauro la sua vodka liscia ― perché un vero comunista beve solo liquori sovietici ―, Giuseppe Cruciani prese una birra sbarazzina, mentre io, che non bevo alcolici “fuori servizio”, perché l’unico alcolico che bevo è il vino usato per il Sacrificio della Santa Messa, presi un succo di ananas. In ogni caso debbo dire a mia giustificazione che il mio agire è stato meno grave di quello di Gesù Cristo, che con certa gente faceva banchetti. Alla prova dei fatti, io ci ho bevuto assieme solo un succo di ananas.

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A che livelli Gesù Cristo fosse imprudente lo dimostra il Vangelo di San Giovanni narrando del suo incontro e colloquio con una donna cananea al pozzo d’acqua, il cosiddetto Racconto della Samaritana. Soprassediamo sulla grave inopportunità di questo dialogo, perché nessun giudeo dotato di bon ton si sarebbe mai messo a parlare da solo con una donna, tanto più con una del genere, alla quale a un certo punto Gesù Cristo domanda:

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«[…] “Vai a chiamare tuo marito e poi ritorna qui”. Rispose la donna: “Non ho marito”. Le disse Gesù: “Hai detto bene, non ho marito; infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero”». Gli replicò la donna: “Signore, vedo che tu sei un profeta”» [Gv 4, 16-18].

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Analizziamo la gravità della cosa: Gesù Cristo rivolge parola, da solo, ai bordi di un pozzo, a una emerita zoccola che dopo essere saltata da un uomo all’altro, in quel momento conviveva con un altro uomo ancòra, che ovviamente non era suo marito. Ma dico: sono forse persone e situazioni nelle quali un uomo perbene si va a cacciare? Altroché se avevano ragione i sapienti scribi e farisei del Facebook dell’epoca, ad accusarlo di intrattenersi con prostitute, pubblicani e peccatori di varia fatta.

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Si dice poi che Gesù Cristo, dopo la sua morte, sia risorto dal sepolcro. Il mistero della sua risurrezione è il fondamento portante della fede cristiana, lo dice il Beato Apostolo Paolo affermando:

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«[…] se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede» [I Cor 15, 14].

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Padre Ariel negli studi Mediaset del Celio a Roma  accanto alla mitica moto di Vauro con stella rossa e targa sovietica

Questo ho compreso dopo anni di sacerdozio, di studi teologici e di professione di fede nella risurrezione di Gesù Cristo, ossia che Cristo non può essere risorto. Ecco perché: chi ha annunciato la presunta risurrezione di Gesù Cristo? Udite, udite … una ex prostituta! Ora voi ditemi, in una società come quella giudaica dell’epoca, dove le donne non avevano diritto di parola, dove non potevano essere udite come testimoni in tribunale, dove potevano essere ripudiate sulla parola del marito e persino lapidate, se il consorte le accusava di adulterio, questo presunto Risorto usa come annunciatrice non solo una donna, ma persino una ex prostituta? Lo credo bene che gli Apostoli, chiamati al sepolcro vuoto, reagirono non credendo a questa donna e alle sue comari:

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«E, tornate dal sepolcro, annunziarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri. Erano Maria di Màgdala, Giovanna e Maria di Giacomo. Anche le altre che erano insieme lo raccontarono agli apostoli. Quelle parole parvero loro come un vaneggiamento e non credettero a esse» [Lc 24, 1-11].

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Per annunciare un evento del genere Cristo, se fosse veramente risorto, avrebbe dovuto annunciare la propria risurrezione a persone ben più credibili, per esempio apparendo al Sommo Sacerdote e ai membri del Grande Sinedrio. Siamo realisti e concreti: se io risorgessi dai morti, cercherei di apparire a Fedele Confaloneri e a Pier Silvio Berlusconi, a Pietro Chiambretti e Barbara d’Urso, al Presidente della Rai e a Bruno Vespa … non certo a una ex prostituta nigeriana che vive in una periferia di Milano.

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commenti d’alta accademia …

Per una frase scritta sulla mia pagina da un cattolico sapiente della Accademia internazionale delle Scienze di Facebook, il quale ha affermato che con gente come Vauro e Giuseppe Cruciani non prenderebbe neppure un caffè, ho acquisita consapevolezza e prova che Gesù Cristo non è mai risorto, perché con certi soggetti non si è limitato a prendere un caffè, ma a fare banchetti e ad avere relazioni pericolose, inopportune e imprudenti, cosa che io non ho mai fatto in vita mia.

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dall’Isola di Patmos, 27 marzo 2020

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