O mistério do Natal está encerrado num silêncio que fala à história da humanidade

Homilética dos Padres da ilha de Patmos

IL MISTERO DEL NATALE È RACCHIUSO IN UN SILENZIO CHE PARLA ALLA STORIA DELL’UMANITÀ

Entrando anche noi nel silenzio di Betlemme e penetrando il Vangelo con amore e contemplazione scorgiamo dunque qualcosa di bello e di nuovo su Dio e su di noi, então nós O conhecemos melhor, mas também nós mesmos, quem nós somos, quale mistero alberga in noi, quale senso e valore ha la nostra vita e quella dell’intero universo.

 

 

 

 

 

 

 

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La moda nata negli Stati Uniti di festeggiare in anticipo il sesso del nascituro si è presto propagata anche da noi. Ma nessun baby shower o gender reveal party per il Santo Bambino Gesù.

Più seriamente e anche più profondamente nel Natale del Signore, soprattutto nelle tre liturgie che contraddistinguono questa Solennità, viene svelato qualcosa del mistero di Dio e dell’uomo a partire da quello fontale, sorgente di tutti i misteri storici, che è il mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio. Leggiamo perciò il brano proclamato nella Messa della Notte di Natale, secondo il Vangelo di Luca:

"Naqueles dias saiu um decreto da parte de César Augusto, para que um censo deve ser de toda a terra. Este primeiro recenseamento foi feito quando Quirino era governador da Síria. Todos iam alistar-se, cada um na sua cidade. José também, da Galiléia, dalla città di Nàzaret, subiu à Judéia, à cidade de Davi, chamada Belém: na verdade, ele pertencia à casa e à família de David. Ele teve que ser registrado junto com Maria, sua noiva, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, tempo veio para ela para ser entregue. E deu à luz seu filho primogênito, Ela envolto em panos roupa e deitou-o numa manjedoura, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, Mas o anjo disse-lhes:: “Não tenha medo: lá, -lhe boas novas de grande alegria, que será para todas as pessoas: hoje, Cidade de David, nasce para você um Salvador, que é Cristo, o Senhor. Este sinal para você: Você encontra o menino envolto em panos, adagiato in una mangiatoia”. E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama”» (LC 2,1-14).

Questo conosciutissimo ed emozionante testo proclamato come Vangelo nella Messa della Notte di Natale lascia a una prima lettura alquanto delusi. Nós esperaríamos, almeno dai personaggi principali, qualche parola, una spiegazione o esternazione dei loro sentimenti. Essi invece rimangono muti e tutta la scena è avvolta da un grande silenzio. Tace Giuseppe che dalla sconosciuta Nazareth sale alla più nota e significativa città di Davide denominata Betlemme, a motivo del censimento. Ma nulla dice di sé, di quel che prova o percepisce. Muta rimane Maria, la sua sposa, che l’accompagna nel viaggio e silenziosamente da alla luce il suo figlio primogenito. Non ci vengono riferiti i suoi sentimenti, cosa si muoveva nel suo cuore. Solo che partorisce fuori dell’albergo, costretta a poggiare il Bambino in una povera greppia di animali. E, naturalmente, non si ode alcun vagito del Bambino appena nato. L’insieme della scena narrata presenta tutta una serie di umili gesti scanditi dal silenzio. Mentre sullo sfondo si proiettano le azioni del potere di Cesare Augusto che vuole che il censimento raggiunga le provincie più lontane. Anche Luca, l’evangelista scrittore, non proferisce alcun commento, come a sottolineare un’estrema misura perfino nella povertà dei mezzi espressivi. Fuori della scena emergono i pastori, intimoriti dall’apparizione di un angelo, sono ammutoliti anch’essi. Solo il messaggero celeste rompe il silenzio annunciando la grande gioia: «E’ nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore». E poi la moltitudine dell’esercito celeste loda Dio proclamandone la gloria nei cieli e la pace sulla terra degli uomini.

Il silenzio è la chiave, in quanto ogni mistero di Dio da esso scaturisce e ad esso ci riporta. Poiché non è semplice, né facile dire Dio, chi Egli sia o descriverlo, il silenzio allora sta lì a segnalare che certe realtà vanno prima di tutto contemplate e lungamente adorate. Questo ci aiuta a comprendere l’apparente e stridente contrasto fra la povertà silenziosa della scena centrale della pagina evangelica e la magnificenza di ciò che le sta intorno. In essa è contenuto il mistero di Dio che va contemplato ed adorato.

Ed è in questo contesto che si rivela, ovvero si solleva il velo sulla singolare manifestazione di Dio, la cui prima caratteristica è indubbiamente la capacità di sorprendere. Chi si sarebbe atteso da Dio un Bambino in fasce? Quale sovrabbondante messaggio Egli porta, quale luce propaga? Ad andare oltre sembra invitarci il brano evangelico, al di là delle dimesse apparenze, per scoprire la ricchezza divina che riposa non nel frastuono, sia esso il bando del censimento di allora, o tutto ciò che oggi fa audience o moltiplica i followers, bensì nella «sottile voce silenziosa» di cui Elia fece esperienza (1Ré 19, 12), nella quale Dio si rivela all’anima capace di meditazione e contemplazione delle scritture e del mistero in esse contenuto.

Di seguito un secondo aspetto rivela di Dio la scena evangelica. E cioè che Egli venga qualificato da alcuni paradossi, da verità apparentemente al di là del buon senso comune e che il mondo accuratamente evita. Potrebbero essere espressi così: di fronte a Dio il piccolo appare spesso più importante del grande, il povero più del ricco, il disprezzato più di colui che è importante, il singolo più della moltitudine. além disso, la povertà non è il male peggiore, dal momento che Dio l’ha permessa per il suo Figlio; e novamente, ciò che sulla terra è solitudine e umiliazione, può essere grande e glorioso in cielo.

Ci accorgiamo, in modo tal, di entrare a poco a poco in una «teologia e antropologia cristiana», in un nuovo modo di capire Dio e l’uomo. In quell’abitudine, prima ricordata, di saper andare oltre scorgiamo che nel mistero di Betlemme dove tutto solo apparentemente è segreto e silenzio, parla in modo nuovo Dio all’uomo e si manifesta come Colui che ordinariamente è dalla parte del più piccolo e del più povero; come qualcuno la cui onnipotenza si mostra anzitutto nella bontà della tenerezza, nell’affidabilità e nella vicinanza ai più semplici e ai più umili. Comprendiamo così che gli siamo cari, noi fragili, deboli e poveri figli di Adamo. Tutto nella scena evangelica fa emergere dal silenzio un unico grande annuncio denso di significato: Dio ci ama gratuitamente, prima che noi lo amiamo e per il nostro bene ci viene incontro.

Entrando anche noi nel silenzio di Betlemme e penetrando il Vangelo con amore e contemplazione scorgiamo dunque qualcosa di bello e di nuovo su Dio e su di noi, então nós O conhecemos melhor, mas também nós mesmos, quem nós somos, quale mistero alberga in noi, quale senso e valore ha la nostra vita e quella dell’intero universo.

Nel mistero adorabile del Natale prendiamo coscienza che non siamo soli, che il Signore è venuto per noi e con noi rimane. Nonostante sentiamo i rombi di guerra d’intorno, il messaggio che Egli porta è quello della gioia e della pace. Una pace divina e non effimera che viene da Lui e attraversa i vissuti delle persone, delle nazioni e dei popoli.

Recentemente è stata avanzata una nuova idea nella riflessione teologica che tratta del mistero dell’incarnazione. Viene denominata «incarnazione profonda», o «radicale». Si tratta di una recente sensibilità teologica interessata a riscoprire la portata inclusiva e salvifica dell’incarnazione per l’intera creazione. Senza nulla togliere alle nuove acquisizioni, ricordiamo che su questo tema si sono confrontati in tanti, soprattutto i santi padri fin dall’antichità. E fra questi Sant’Ambrogio che commentava lo scritto dell’evangelista Luca con queste parole:

«È affinché tu potessi diventare un uomo perfetto che Gesù volle essere un bambinello. Egli fu stretto in fasce affinché tu fossi sciolto dai lacci della morte. Fu nella stalla per porre te sugli altari. Venne in terra affinché tu raggiungessi le stelle, e non trovò posto in quell’albergo affinché tu avessi nei cieli molte dimore. Egli da ricco che era si è fatto povero per noi, perché diventassimo ricchi della sua povertà. Questa indigenza di Dio è dunque la mia ricchezza e la debolezza del Signore la mia forza. Ha preferito per sé le privazioni per donare in abbondanza a tutti. Il pianto della sua infanzia in vagiti è un lavacro per me, quelle lacrime hanno lavato i miei peccati».

Feliz Natal para todos.

Do Eremitério, 25 dezembro 2024

Dies Natalis Domini

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Caverna de Sant'Angelo em Maduro (Civitella del Tronto)

 

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Os Padres da Ilha de Patmos

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Podemos passar um Natal sem o aniversariante?

PODEMOS TER UM NATAL SEM CELEBRADOR?

Cristo Jesus nosso Senhor, que neste dia nos lembramos encarnados em nossa humanidade e história, manifesta o mistério fundamental de todos os mistérios cristãos que estão relacionados com a nossa salvação.

 

Autor:
Gabriele Giordano M. Scardocci, o.p.

 

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Il Natale è fra le festività più amate e celebrate nel mondo, perché universalmente considerata come un momento di gioia, di riunione familiare e di condivisione.

Le città in ogni parte del globo si illuminano di decorazioni scintillanti, i mercatini di Natale pullulano dei prodotti tipici di questo periodo e le case si riempiono del profumo dei piatti tradizionali. Ma si può celebrare questa Solennità, specificatamente cristiana, senza far accenno al motivo della festa? E’ vero che il Natale crea un’atmosfera magica, ma possiamo accontentarci solo di questa o di far prevalere la componente commerciale, senza ricordare il perché di questa occasione, ovvero senza invitare alla festa Colui che ne è la ragione e il motivo di tanta gioia e pace desiderata ed invocata?

Possiamo far Natale senza il Festeggiato, Cristo Jesus nosso Senhor, che proprio in questo giorno ricordiamo incarnato nella nostra umanità e storia, manifestando così il mistero fontale di tutti i misteri cristiani che sono in ordine alla nostra salvezza? È proprio questo il messaggio angelico recato ai pastori nella notte santa di Natale:

"Não temas:: lá, -lhe boas novas de grande alegria, que será para todas as pessoas: hoje, Cidade de David, nasce para você um Salvador, che è Cristo Signore» (LC 2,10-11).

Non può bastare e soddisfarci un Natale solo «consumato» nella festa o nei piatti, ancorché questo si faccia in famiglia o con gli amici. Anzi proprio la preparazione di questi ultimi, delle leccornie di ogni genere che riempiono le nostre tavole natalizie, del panettone o del pandoro, tradizionali dolci italiani del periodo, che dividono gli schieramenti degli amanti vuoi dell’uno o dell’altro, ci rimandano alla lentezza, a quella cura che richiede tempo e dedizione, rispetto della tradizione e della pazienza.

Così anche la nostra fede ha bisogno di altrettanta passione e cura, soprattutto quando si pone davanti al mistero tutto da adorare del Natale di Gesù. Esso non può essere adombrato dall’aspetto commerciale, dalla frenesia dello compras natalizio alla ricerca del regalo perfetto per le persone che ci sono care. Nulla può oscurare il messaggio di amore, speranza e redenzione che il Natale porta con sé. Eppure anche le preparazioni, se fatte con amore, con la dovuta attenzione al loro significato, possono aiutarci a mantenere vivo questo aspetto importante della fede cristiana che corrisponde all’Incarnazione del Verbo divino.

Riscoprire lo spirito autentico del Natale anche attraverso le cose che si fanno in questo periodo, in famiglia o nella comunità cristiana, accantonando lo spirito solo mondano della festa per vivere ogni occasione con profonda fede e sincero amore fra noi e verso il Signore che nasce a Betlemme. Fare cose semplici insieme, come preparare i cibi che andranno sulla tavola, avere cura dei particolari per far si che tutti si sentano accolti e amati. Non dimenticando la condivisione con chi è più povero o sfortunato, perché proprio in questa circostanza possiamo rivalutare e dare pregnanza alla virtù della carità, poiché proprio per amore Cristo è nato per noi. E poi leggere storie di Natale, fra tutte i Vangeli della natività, che ci fanno comprendere il fine ed il significato di questo mistero; e partecipare alla Messa di Natale per comprendere attraverso l’azione liturgica e la preghiera quanto il Signore ci abbia amato venendo fra noi.

Quanto è prezioso, uma multa tal, la presenza in casa e ovviamente in Chiesa, di un presepe. Diffuso in tutto il mondo, proprio da noi è nato, grazie al genio religioso di San Francesco che nel 1223 realizzò il primo presepe vivente a Greccio. Ogni figura del presepio ed i simboli in esso nascosto hanno un significato profondo di fede e di cultura: contribuiscono a raccontare la storia della nascita del Bambino Gesù.

Bello sarebbe, come avviene per esempio nelle famiglie religiose ebraiche in occasione di Pessach, che anche nelle famiglie cristiane, di fronte al Presepe si raccontasse ai più piccoli il perché di quelle figure, di quelle pose e di come il dono dell’eterno Padre fatto all’umanità, Gesù Bambino luce che porta al mondo la salvezza, sia passato attraverso la disponibilità di alcune persone, in particolare Giuseppe e la Vergine Maria.

Maria è la Madre che cogliamo nell’atteggiamento di amore e dedizione: richiamano la sua fede che si abbandonò al volere divino. São José, col suo bastone, è il giusto silenzioso e pieno di forza, posto a protezione della famiglia di Nazareth, figura di una Chiesa di la da venire. Subito dopo i pastori, che si trovano nelle vicinanze di Betlemme, simbolo di umiltà e semplicità. Primi a ricevere l’annuncio della nascita di Gesù e primi ad accostarsi al mistero: anticipano la futura chiamata delle genti, fra le quali spiccheranno i gli umili e semplici.

E come non menzionare i Magi, che arrivano da lontano guidati dalla stella. Portano doni preziosi: ar, incenso e mirra, che ci aiutano a meditare in anticipo sulla regalità, sulla divinità e perfino sulla futura sofferenza di Gesù. Anche la presenza dei Magi nel presepio sottolinea l’universalità del messaggio cristiano, che abbraccia ogni popolo e cultura. Gli angeli poi, che sovrastano la scena della Natività, annunciano la buona novella della nascita del Signore. Essi cantano: «Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini amati dal Signore», portando un messaggio di gioia e speranza. La stella infine, che guida i Magi fino alla mangiatoia, simbolo della luce divina e della grazia che illumina il cammino dell’umanità verso la salvezza. Perfino gli animali presenti nel presepio hanno una loro rilevanza spirituale. Il bue e l’asinello, spesso raffigurati accanto alla mangiatoia, rappresentano la pazienza e la laboriosità. Secondo la tradizione riscaldarono con il loro fiato il Bambino Gesù, indicando così la semplicità e la generosità della natura.

Il presepe e ogni aspetto legato al santo Natale, per banale che sia, ha un suo senso a cui possiamo dare il giusto valore col fine di aiutarci a comprendere il Natale oggi, nonostante siano passati circa 2024 anni da quell’Evento. Anche le cose della tradizione possono sposarsi con le innovazioni della modernità e ciò che è apparentemente antico in verità ha una validità che non tramonta. Così il Natale non appare come una festa di solo consumo o di luci, ma veicola un messaggio profondo e bello, carico di speranza per gli uomini e per il creato intero, che non tramonta mai e che non scade col passare del tempo. Dio ci ama e rimane con noi, per questo ha mandato il Suo Figlio Gesù, nato per noi.

 

santa maria novela em Florença, 25 dezembro 2024

Dies Natalis Domini

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