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Il sito di questa Rivista e le Edizioni prendono nome dall’isola dell’Egeo nella quale il Beato Apostolo Giovanni scrisse il Libro dell’Apocalisse, isola anche nota come «il luogo dell’ultima rivelazione»
«ALTIUS CÆTERIS DEI PATEFECIT ARCANA»
(in modo più alto degli altri, Giovanni ha trasmesso alla Chiesa, gli arcani misteri di Dio)
La lunetta usata come copertina della nostra home-page è un affresco del Correggio del XVI sec. conservato nella Chiesa di San Giovanni Evangelista a Parma
Creatrice e curatrice del sito di questa rivista:
MANUELA LUZZARDI
Giovanni Paolo II e Benedetto XVI… come avete potuto permettere questo sfacelo?
Naturalmente, per ritornare alla questione specifica affrontata nell’articolo, bisogna anche stare attenti a non cadere, per reazione, nel feticismo estetico di certo gelide e irrespirabili liturgie tradizionaliste, che forse sono anche peggio dei balletti assiri-babilonesi alla romagnola di cui sopra.
Sig Zamax l’espressione “feticismo estetico di certe gelide e irrespirabili liturgie tradizionaliste” non mi sembra accettabile sia perché tali liturgie sono pienamente valide secondo le leggi della Chiesa sia perché l’elemento estetico è del tutto secondario rispetto alla ricchezza simbolica che quella liturgia rappresenta. Molti ne vedono la bellezza estetica prima della ricchezza simbolica ma è un problema loro non certamente della liturgia in sé.
Tuttavia, accostarle alle danze assiro-babilonesi mi sembra assurdo sia perché tali danze non sono in alcun modo permesse ma soprattutto perché mi chiedo come si stia manifestando l’ adorazione di Dio.
Sul tema P Ariel centra il segno perchè è portato a riaffermare l’aspetto sacrificale della Messa, aspetto che secondo Giuseppe Pulcinelli di Famiglia Cristiana, dovrebbe essere ridimensionato in quanto “nei testi neotestamentari dell’istituzione dell’Eucaristia non ricorre mai il lessico tecnico cultuale-sacrificale”. Proporrei, a giovamento di tutti, P Ariel come teologo di Famiglia Cristiana 🙂
Sgombriamo subito il campo da possibili equivoci. Parlando di “feticismo estetico” intendevo appunto parlare di un’atmosfera “gelida e irrespirabile” che trasuda da certe liturgie: è ovvio che ciò non dipende dalle liturgie, ma dal modo in cui sono vissute in un certo ambiente di malinteso “tradizionalismo”. Ecco: quest’atmosfera può essere anche peggiore di quella che si vive nelle pagliacciate di segno opposto, a mio vedere.
E la carenza di conoscenza non fa altro che alimentare una certa “frigidità”, che con la prima va d’amore e d’accordo. Uso questo termine, frigidità, per significare un’incapacità, un rifiuto, una paura di cogliere l’essenza di una cosa e di gioirne. Insomma, una perversione. Vale per il sacro, ma vale anche per il profano. Quel riempire affannoso di vanità ogni aspetto della vita, i disordini, gli eccessi, le distorsioni, le bizzarrie, le volgarità che rovinano i piaceri onesti, quelli intellettuali e quelli fisici, a ben vedere sono un modo di “buttare in vacca” ciò che di bello c’è nella vita, e di surrogare con montagne di falso la preziosità del vero, e quindi sottendono una paura riposta del bello e del vero, e indirettamente di Dio. E non basta la forza del branco a trasformarla in vera felicità e in vero piacere, che per essere tali devono essere onesti.
(Parlo da peccatore, s’intende.)