«Dove c’è Dio c’è casa!» L’Epifania fa del mondo una casa dove il Dio Bambino attende ciascuno di noi

L’angolo dell’omiletica dei Padri de L’Isola di Patmos

«DOVE C’È DIO, C’È CASA!» L’EPIFANIA FA DEL MONDO UNA CASA DOVE IL DIO BAMBINO ATTENDE CIASCUNO DI NOI 

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Ma chi erano veramente i Magi? «Erano sapienti, rappresentavano la dinamica dell’andare al di là di sé, intrinseca alle religioni – una dinamica di ricerca della verità, ricerca del vero Dio e quindi anche filosofia nel senso originario della parola. Così la sapienza risana anche il messaggio della scienza: la razionalità di questo messaggio non si ferma al solo sapere, ma cercava la comprensione del tutto, portando così la ragione alle sue possibilità più elevate» [cf. Benedetto XVI, L’Infanzia di Gesù]

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Autore
Ivano Liguori, Ofm. Capp.

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Epifania del Signore Gesù

Le festività di Natale hanno il grande pregio di invitare l’uomo ad abbandonare le proprie comodità e a verificare l’opera di Dio che si realizza nel mondo.

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Spesso i verbi ricorrenti nei Vangeli del tempo di Natale, risuonano come imperativi e invitano con forza il lettore a guarire dalla propria indifferenza e a prendere parte attiva nell’agire di Dio. L’evento dell’incarnazione del Verbo, ci risana dalla paralisi del cuore che si esprime nell’incapacità — o forse nel timore — di incontrare Dio, inducendoci a muovere i primi passi incerti verso una casa sicura.

         

Questa dimora è Betlemme — dall’ebraico בֵּיִת לֶחֶם alla lettera: Casa del Pane — luogo dove il Verbo di Dio si rende conoscibile e che nella sua glorificazione si renderà vero cibo di salvezza e farmaco per i peccati dell’umanità. 

       

Mi piace ora accostare al tempo di Natale, le parole di Gesù dette al paralitico nel momento in cui viene guarito: «Àlzati, prendi il tuo letto e va’ a casa tua» [cf. Mt 9,6]. L’invito di Gesù a questo povero infermo rattrappito, ci rende possibile capire come l’uomo è risanato nel momento in cui ha la capacità di accettare da Gesù la forza per risollevarsi dalle sue infermità e tornare ad essere un familiare di Dio.

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«Àlzati!» gli viene detto, cioè partecipa alla mia volontà di sanarti; ma poi aggiunge «va’ a casa tua», cioè datti una mossa, torna al luogo dove c’è la tua vera identità [cf. Lc 15,18].

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L’immobilismo che stringe il cuore dell’uomo moderno, spesso ci spinge fuori da Dio, ma Gesù con la sua nascita ci porta dentro verso una casa accogliente in cui egli stesso si rende nutrimento e sostentamento. Allora, come per il paralitico, siamo chiamati a dare ascolto a Gesù. Sapendo che nel raccogliere le nostre deboli forze e alzarci dal nostro lettuccio, si nasconde il segno di una promessa ad andare che non delude:

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«Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia» [cf. Lc 2,12].

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Certamente i viandanti più famosi del tempo di Natale — dopo i pastori — sono i Magi. Ma chi erano veramente i Magi?

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«Erano sapienti, rappresentavano la dinamica dell’andare al di là di sé, intrinseca alle religioni – una dinamica di ricerca della verità, ricerca del vero Dio e quindi anche filosofia nel senso originario della parola. Così la sapienza risana anche il messaggio della scienza: la razionalità di questo messaggio non si ferma al solo sapere, ma cercava la comprensione del tutto, portando così la ragione alle sue possibilità più elevate» [cf. Benedetto XVI, L’Infanzia di Gesù, Rizzoli, 2012, pp 111-112].

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I Magi con la loro vita dedita alla ricerca e alla conoscenza della verità, ci aiutano a comprendere il pericolo di una paralisi che rende Dio un lontano reperto vintage. Essi si spingono oltre le loro possibilità, perché la Verità va cercata con passione, fatica e costanza. Desiderano compiere il santo viaggio [cf. Sal 84,6], allontanandosi dal loro paese, per arrivare finalmente ad adorare il Signore [cf Sal 72,11; Mt 2,2].

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Di questi sapienti orientali possiamo apprezzare la spiccata sensibilità a scrutare le tracce che Dio dissemina nella vita degli uomini e — così come il saggio Daniele [cf. Dn 2,22] — cercano di interpretarne il mistero nella quotidianità della loro esistenza e del loro lavoro. In loro si realizzano gli oracoli messianici che annunciavano l’omaggio delle nazioni al Dio di Israele [cf. Nm 24,17; Is 49,23; 60,5s; Sal 72,10-15]. Ma è soprattutto nei passi dei Magi che possiamo scorgere il sobrio sentimento della gioia [cf Mt 2,9-11] che è il filo conduttore del loro desiderio più profondo: vedere Dio e adorarlo devotamente presso la sua casa [cf. Sal 5,8].

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Ritornare a casa dopo tanto tempo — specie dopo un viaggio lungo e faticoso — è senza dubbio motivo di gioia ma nello stesso tempo di ringraziamento. Per ciò, l’uomo che è capace di ringraziare, è il vero devoto, il vero adoratore, colui che intende dedicarsi prontamente al servizio di Dio.

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In questo atteggiamento è sottolineato, ancora una volta, l’invito ad andare, ad agire. Purtroppo, al giorno d’oggi, si vedono pochi devoti, pochi adoratori ma molti devozionisti. Il devozionismo è la contraffazione della devozione e dell’autentica adorazione. È uno stile del cuore che si attende tutto da Dio senza la capacità di una possibile collaborazione con lui. Si aspetta il miracolo servito su un piatto d’argento in virtù della sola esecuzione asettica di alcune pratiche religiose. Al contrario, i Magi esprimono la loro adorante devozione attraverso il ringraziamento, presentando la totale disponibilità della loro persona a Gesù, insieme al riconoscimento di trovarsi al cospetto del divino sovrano redentore del mondo [cf Mt 2,2].

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L’oro, l’incenso e la mirra, non sono solo i segni che simboleggiano la regalità, la divinità e la passione del Cristo ma anche offerte di ringraziamento — eucaristiche — per la teofania di Dio in Gesù. A Betlemme, i Magi vengono rivestiti di una missione: essere — nella casa dove Dio si rende bambino — apostoli per i lontani da casa. Sono loro i primi annunciatori che rivelano alle genti la luce splendida della presenza di Dio nel mondo. Con la gioia con cui fanno ritorno al loro paese, testimoniano la veridicità della profezia di Natan a Davide: «Il Signore ti annuncia che farà a te una casa» [cf. II Sam 7,11].

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L’Epifania, fa del mondo una casa dove il Dio bambino attende ciascuno di noi. Quindi: diamoci una mossa e accogliamo il Signore con vera devozione e inni di ringraziamento, per poterci prostrare davanti a lui e cantare:

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«Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra».

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Cagliari, 6 gennaio 2019

Epifania del Signore Gesù

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