Gli eretici lefebvriani e le vergini vilipese
GLI ERETICI LEFEBVRIANI E LE VERGINI VILIPESE
Il lefebvrismo è una malattia, un cancro dal quale il corpo della Chiesa va sanato, ed all’occorrenza andrebbe bombardato con la chemioterapia. Ai lefebvriani non è chiaro che il Pontefice Regnante è depositario di una autorità che gli perviene direttamente da Cristo Dio, mentre loro si sono auto-investiti di una autorità che gli perviene solo dalla loro superbia, per questo è difficile il dialogo e la ricerca di punti comune con soggetti che vivono in modo così chiuso, fiero e deciso nel proprio errore.
«La vera teologia non pretende di attribuire a Dio
quello che non ha detto, ma si limita a spiegare
quello che veramente ha detto»
[Antonio Livi, aforismi]
Nel mio precedente articolo [vedere qui] ho affrontato il tema del mondo dei lefebvriani incentrandomi su alcuni quesiti e ponendo delle domande che sono rimaste tutte senza risposta. Il mio saggio confratello anziano Antonio Livi ha sollevato alcune ragionevoli perplessità incentrate sul concetto di metodo da me adottato e che io stesso condivido, trattandosi di uno di quei dibattiti nei quali ciascuno può avere ragione o torto, a seconda l’angolatura dalla quale viene esaminato il tema trattato. Siccome nell’Isola di Patmos si dibatte amabilmente, rimanendo uniti nella comune causa di servizio alla Chiesa e alla sana dottrina cattolica — anche quando l’approccio a certi temi può essere diverso e per questo variare in base alla nostre soggettive sensibilità — abbiamo deciso di rendere partecipi i lettori dei nostri scambi di vedute, nei quali solo persone in mala fede possono leggere “divisioni” o “lotte” inesistenti tra noi tre; anche perché ciascuno di noi risponde di ciò che scrive e firma, non di ciò che scrivono e firmano gli altri.
In seguito alla valanga d’insulti che mi è caduta addosso attraverso decine di commenti posti alla fine di uno dei nostri articoli e che hanno amareggiato Antonio Livi per primo [vedere qui], ho avuto conferma di quanto sia elevata la permalosità di certi personaggi che da una parte pretendono di beneficiare del diritto di contestare tutto, dal Concilio Vaticano II al Magistero della Chiesa sino al Pontefice Regnante, dall’altra vantano però la prerogativa di non essere ad alcun titolo contestati nel merito delle loro opinioni dottrinarie che personalmente posso anche reputare peregrine. Nel mio vocabolario tutto questo si chiama superbia e chiusura all’ascolto ed alle azioni della grazia di Dio, che per operare deve appunto incontrare il nostro ascolto, la nostra libertà, quindi la nostra accettazione; solo a quel punto la grazia ci forma e ci trasforma nella nostra sostanza.
I quesiti sollevati nel mio precedente articolo sono stati rivolti a dei soggetti verso i quali ritengo dunque legittimo di poter sollevare perplessità, purché sia implicito ed esplicito da parte mia tutto il rispetto ad essi dovuto. Ho anche sollevato questioni pratiche, esprimendo che certe fondazioni, agenzie stampa, lussuose riviste che costano solo di impaginazione, grafica e qualità della carta un occhio della testa — senza che vendite e abbonamenti coprano neppure la metà della metà delle sole spese vive — possano essere portate avanti con la manna caduta dal cielo. Non parliamo poi di siti e riviste telematiche, tutti quanti formato lusso, non in sempiterna bolletta come la nostra povera Isola di Patmos, che pure è bellissima sia per grafica sia per i nostri scritti a dir poco eccezionali, per non parlare della straordinaria bellezza dei padri, tre autentici bronzi di Riace, tanto per esercitare la grande virtù cristiana dell’umiltà e stemperare un po’ il tutto con altrettanta grande virtù: l’umorismo ironico.
Dinanzi a queste evidenze, nel mio precedente scritto, non ho chiesto da dove tirassero fuori i soldi, ho solo domandato per i fedeli cattolici ed i nostri lettori rassicurazione che i sostegni finanziari non provenissero «dall’estrema destra americana, né da certi ricchi imprenditori brasiliani, o da europei che si sono arricchiti per incanto in Brasile». Chiedere simile rassicurazione, non penso sia un attentato di lesa maestà alle singole persone, specie poi se Numerio Negidio è presidente di una fondazione e Aulo Agerio direttore di una rivista, vale a dire persone pubbliche e giuridicamente responsabili alle quali come tali si può pure chiedere conto all’occorrenza; né penso che ciò sia neppure un trascendere al di fuori della teologia per la quale questa rivista è nata ed alla quale si deve attenere e sempre si atterrà.
Credo che certe domande siano non solo pertinenti ma dovute, soprattutto verso chi esige dalle proprie colonne giornalistiche, dai propri libri e dalle proprie pubbliche conferenze, leale trasparenza e coerenza da parte di tutte le autorità pubbliche e private, civili e religiose di questo mondo, vantando quindi implicitamente una purezza virginale e d’intenti non indifferente; e questo non può certo consentirgli di farsi poi scoprire con qualche crosta addosso. O forse qualcuno pensa che tutti questi costosi apparati fatti di fondazioni, mensili formato lusso, agenzie stampa, riviste telematiche e siti, siano portati avanti con l’obolo della povera vedova innamorata della Messa di San Pio V e della tradizione pre-conciliare perduta? Ho capito: il tutto viene tenuto in piedi con i centrini che la vecchia nonnina di Calitri ricama recitando rosari in latino maccheronico e che poi vende per devolverne il ricavato a strutture che per vivere, sopravvivere ed organizzare tutto ciò che organizzano devono avere fondi nell’ordine delle molte centinaia di migliaia di euro, perché giocare ai cosiddetti “tradizionalisti” è un “gioco” sempre e di per sé parecchio costoso; e questo per me, potrebbe essere un serio problema di ordine pastorale.
Senza entrare nel merito di ciò che ho detto e affermato, alcuni hanno scritto commenti furenti intrisi di insulti inauditi, tentando di gettarla sul personale e domandandomi chi ero io per sollevare certe questioni non pertinenti. Ritengo che lamentare questo sia incoerente, perché nei grandi concili dove si sono giocate le sorti dei principali dogmi cristologici, spesso i dibattiti si sono articolati attorno a questioni di carattere politico, sociale ed economico, non a caso era l’imperatore in persona – anche se solo formalmente – a presiedere i concili, il settimo dei quali presieduto da una donna, l’imperatrice Irene. Applicando dunque certi criteri di “pertinenza” o “non pertinenza” teologica, si potrebbe giungere a invalidare l’intera dottrina sociale della Chiesa, per esempio affermando che il «non pagare la giusta mercede all’operaio, ritenuto peccato che grida vendetta al cospetto di Dio», è una affermazione priva di supporti teologici-logico-speculativi-metafisici, riguardante come tale la sociologia politica o il diritto del lavoro, ma non i teologi, compito dei quali è quello di occuparsi solo ed esclusivamente di altre faccende e speculazioni.
A queste persone io ho sollevato domande e posto quesiti ai quali non avendo argomenti di replica hanno lasciato che ad agire fossero le loro tifoserie con urla da stadio e attacchi infami e infamanti a me diretti. Né mi si dica che i miei non sono argomenti teologici, ecclesiologici e pastorali, perché usare il giornale di un ateo dichiarato legato sin dagli anni Novanta alle destre americane ed al Movimento Sionista Internazionale, per portare avanti una campagna di incessante critica verso il Santo Padre, per me è una questione ecclesiologica seria e non poco inquietante, perché se da una parte abbiamo i modernisti, dall’altra abbiamo certi fanatici lefebvriani foraggiati dalle ultra destre americane e da ambiti tutt’altro che favorevoli al cattolicesimo e al papato. Ecco perché desidero capire come mai, da una parte, questi soggetti tutti traditio e latinorum accusano San Giovanni XXIII di avere epurato dal Triduo Pasquale la preghiera sui “perfidi giudei” — posto che il termine perfido, per chi conosce il latino e non il latinetto ecclesiastico tardo ottocentesco, va letto secondo l’etimo di senza fede, sottinteso, in Cristo — dall’altra ecco gli stessi trafficare con ambiti legati al Movimento Sionista Internazionale. Ditemi: mi sono perso qualche cosa? Sono io l’incoerente, o invece lo sono certi intoccabili e non criticabili galantuomini che tutto questo fingono di non vederlo per chissà quale “buona” e “giusta” causa, tanto da essersi messi in sodalizio con Giuliano Ferrara ed il suo ormai becero e insolente giornale “anti-bergogliano”?
A chi mi ha rimproverato di avere attaccato singole persone, ho risposto che sarebbe sufficiente leggere alcuni miei articoli per scoprire che non molto tempo fa espressi perplessità e critiche rispettose verso il Santo Padre che in una delle sue esternazioni estemporanee aveva parlato dei Sacramenti e delle offerte ai preti [vedere qui]. In quel mio articolo fui severo e dissi che non solo il Santo Padre parlava di ciò che non conosceva ma che con simili affermazioni aveva creato disorientamento tra i fedeli e imbarazzo nel clero. Nessuno degli appartenenti sia all’area cosiddetta lefebvriana sia a quanti simpatizzano con i modernisti sollevò questioni per ciò che avevo scritto. Ecco perché oggi mi sorge un dubbio del tutto legittimo: si può forse criticare, all’occorrenza persino severamente, espressioni non opportune del Santo Padre, non però certi circoli di lefebvriani ed i loro maggiorenti?
Nella lunga sequela di improperi che mi sono piovuti addosso sono stato accusato di essere una emerita nullità che osa criticare un eminente teologo come Brunero Gherardini. Che questo presbitero anziano sia un eminente teologo è vero nella stessa misura in cui è vero che io sono una nullità, cosa però che non mi impedisce di rivolgere pacate critiche a questo anziano pratese teologo della scuola romana citato da anni dai lefebvriani, dai sedevacantisti e da abusatori vari del termine di Traditio. Affermazione, questa mia, dinanzi alla quale si potrebbe obiettare: cosa c’entra Gheradini? Io credo — forse sbagliando — che per porre in essere una cooperatio ad malum non basta pubblicare a scopo pedagogico le vignette infami della rivista Charlie Hebdo, per far capire, ai lettori che non le avevano mai viste, la gravità di ciò che molti non avevano afferrato, quindi procacciandomi giuste critiche, con tutte le sacrosante ragioni di Antonio Livi che mi disse: «Le tue intenzioni erano indubbiamente buone e le hai pure spiegate in una nota a fine articolo, però potevi evitare il loro inserimento nell’articolo di Giovanni Cavalcoli». Forse la stessa logica può essere applicata attraverso identico criterio a Gherardini che permette a certi soggetti di usare la sua persona, i suoi studi ed i suoi scritti come strumento per rivolgere critiche all’autorità di un concilio ecumenico ed a tutti i pontefici succedutisi dal 1958 a oggi. Sia chiaro, a fare questo non è certo Gherardini, fedele presbitero e teologo indefesso alla dottrina cattolica ed al Sommo Pontefice, che in quanto tale si limita solo a permettere che suoi studi e scritti siano usati a tale scopo, senza mai avere smentito od essersi dissociato da certi circoli lefebvriani che seguitano a strumentalizzarlo senza essersi procacciati sino ad oggi un suo pubblico dissenso.
Quando questi stessi circoli cercarono di fare uso di alcuni miei scritti, si vada a vedere come — pur nella legittima critica da me rivolta a certe derive ecclesiali o scelte pastorali forse non particolarmente felici del Sommo Pontefice — ho reagito difendendo a spada tratta il Magistero della Chiesa, il Concilio Vaticano II ed il Santo Padre. Per non parlare delle opere del Gherardini concesse in pubblicazione francese alle edizioni della Fraternità Sacerdotale di San Pio X, con tutto ciò che questo può implicare a livello di strumentalizzazione della persona da una parte, di legittimo e di legittimante dall’altra. Detto questo resta pacifico che Gherardini può fare ciò che vuole e lasciare libero chi vuole di usare le sue opere per campagne anti-conciliariste che lui non approva ma che di fatto non disapprova. Dal canto mio sono libero di criticarlo per questo suo agire, con tutto il garbo del caso e con la stima dovuta ad un venerabile confratello anziano e ad un grande teologo. E anche questa è una questione tutta teologica e pastorale, basata su una sostanza a fronte della quale non si può rimproverarmi più di tanto per difetto di forma, che pure ha la sua grande importanza per esprimere in modo corretto le migliori essenze della sostanza stessa.
Perché sarebbe insolente contestare certi lefebvriani che partendo da criteri storici finiscono per giocare sul teologico, battendo sull’autorità di Pietro e sui criteri della sua infallibilità, paralizzati in schermi fossilizzati al Concilio Vaticano I? Mi si potrebbe dire e rimproverare: ma costoro sono tutti studiosi … gente colta … persone di gran signorilità …
E allora?
Forse che il Demonio, il maestro insuperabile della semina di confusione, di dubbi e di divisioni, si presenta come un caprone puzzolente o come un contadino illetterato? A me risulta che dietro la patina di “tradizione” e di “sana dottrina”, dietro a certi insigni studiosi ci sono imprenditori, liberi professionisti, politici, associazioni internazionali che spesso non hanno nulla di cattolico, talora manco di cristiano. E di questo è eloquente paradigma proprio quell’uomo di grande competenza e intelletto tal è Giuliano Ferrara, che ho citato a ragion veduta al di là della persona in sé — vale a dire appunto come paradigma — domandando nel mio articolo precedente se per caso esisteva un ateismo buono e uno cattivo, visto che taluni si sono stracciati le vesti per settimane dinanzi al Santo Padre colpevole a loro dire di avere accettato di farsi intervistare dall’ateo Eugenio Scalfari su un giornale di sinistra, mentre proprio i più critici verso il Santo Padre si sentono invece del tutto legittimati a pubblicare articoli di dissenso verso il Sommo Pontefice sul giornale dell’ateo Giuliano Ferrara, che però dirige un giornale di destra. In che cosa consisterebbe, pertanto, la non pertinenza della mia domanda?
La mia era quindi una domanda pertinente rivolta a Roberto de Mattei e dinanzi alla quale sono sempre in attesa di risposta; perché per adesso l’unica risposta ricevuta sono stati gli insulti della manovalanza lefebvriana, che non è affatto, come vorrebbero far credere taluni, una minoranza di sparuti infiltrati. I soggetti che mi hanno aggredito in forme nelle quali neppure il più peccatore dei sacerdoti dell’orbe dovrebbe essere infamato, costituiscono la maggioranza di questo ambiente idilliaco che difende la vera Traditio catholica; ad essere minoranza sono i gentiluomini e le gentildonne di grande educazione, cultura, spessore accademico e via dicendo, usati come faccia pubblica presentabile, vale a dire poco più che quattro gatti.
O per dirla in modo triste e facile da documentare: si vada in giro per l’Italia e si verifichi quanto alto è il numero di sacerdoti che accolto con grande favore e fervore il Motu Proprio di Benedetto XVI sul Messale di San Pio V, hanno cessato di celebrare la Santa Messa col vetus ordo e non vogliono più sentirne parlare. Manco a dirsi: le tifoserie lefevbriane si difendono accusando questi presbiteri e diffondendo su di loro emerite falsità, parlano di complotti e boicottaggi, affermano che i preti «Sono stati irretiti da vescovi modernisti e iper conciliaristi … li hanno minacciati di tagliargli le gambe … di sbatterli in qualche parrocchia di campagna …». Siccome io stesso ho fatto tristi esperienze di ciò, spiegherò adesso come mai molti sacerdoti hanno fatto atto di diniego; e lo spiegherò non a nome mio, ma a nome di numerosi miei confratelli. Molti sacerdoti — e ribadisco molti — hanno cessato con dispiacere queste celebrazioni perché si sono ritrovati con le chiese colme di queste tifoserie fanatiche, incluso un mio confratello che fu persino spintonato perché non voleva che un nutrito gruppo di giovinastri entrassero in chiesa con le bandiere ed i simboli di Forza Nuova. Dunque non solo, i miei confratelli, non sono stati irretiti, ma quando diversi dei loro vescovi li hanno pregati di seguitare a garantire quella celebrazione almeno una volta alla settimana, loro hanno risposto: «Se me lo impone per obbedienza non mi posso rifiutare». E difficilmente, un vescovo, impone ad un presbitero di celebrare contro voglia per assemblee “originali” formate da persone che vanno a dissertare prima e dopo la Santa Messa sui pontefici che sono tutti anti papi eretici a partire dal 1958 a seguire, sul Vaticano II concilio apostatico, sul Messale di Paolo VI messo a punto su modello luterano dal massone Annibale Bugnini e via dicendo. Ma forse, studiosi di alto lignaggio e gente rispettabilissima come coloro che ho osato citare nel mio precedente articolo, pur non essendo preti ne sanno più di me. Per questo si ritengano sin d’ora liberi di smentirmi, ma la risposta a quel punto non sarà più la mia, bensì una raccolta messa a disposizione da questa nostra rivista telematica di tutte le nutrite testimonianze di numerosi miei confratelli disseminati da Cefalù fino a Bolzano, affinché siano i preti che celebrano e che per motivi di opportunità pastorale hanno cessato di celebrare col vetus ordo missae, a spiegare cos’è loro accaduto con certi fedeli, con buona pace di quei laici che pur non celebrando i sacri misteri non esitano comunque a smentire col palese falso le concrete e dolorose esperienze pastorali di noi preti, quando le nostre esperienze reali non corrispondono ai loro sogni ideologici.
Il lefebvrismo è una malattia, un cancro dal quale il corpo della Chiesa va sanato, ed all’occorrenza andrebbe bombardato con la chemioterapia. Ai lefebvriani non è chiaro che il Pontefice Regnante è depositario di una autorità che gli perviene direttamente da Cristo Dio, mentre loro si sono auto-investiti di una autorità che gli perviene solo dalla loro superbia. Per questo è difficile il dialogo e la ricerca di punti comune con soggetti che vivono in modo così chiuso, fiero e deciso nel proprio errore. Ecco perché ritengo intollerabile che l’improvvido e insolente vescovo della Fraternità Sacerdotale di San Pio X, Bernard Fellay, abbia osato rivolgersi pubblicamente al Santo Padre Francesco epitetandolo come un «autentico modernista» [vedere qui], perfettamente consapevole che Pio X, attraverso la sua Enciclica Pascendi Domici Gregis, definì il modernismo come la sintesi di tutte le eresie. Il Santo Padre Francesco non è il mite Benedetto XVI che ha aperto le braccia in tutti i modi agli eretici lefebvriani, pur procacciandosi in cambio due sonore sberle, dato che costoro pretendono davvero l’impossibile: che la Chiesa sconfessi un intero concilio ecumenico. Il Pontefice Regnante non pare predisposto ad essere schiaffeggiato più di tanto e ciò che farà al momento opportuno sarà ben fatto e mai meritato a sufficienza da parte di queste irragionevoli persone, con tutto il nostro appoggio e tutto il nostro plauso. Perché la Chiesa, come affermò il Padre Divo Barsotti predicando gli esercizi spirituali alla Curia Romana nel 1971 su invito del Beato Paolo VI: «… è depositaria di un potere coercitivo perché Dio glielo ha affidato, allora deve usarlo».
Non avendo ancora acquisito la scienza e la sapienza di due teologi anziani come Antonio Livi e Giovanni Cavalcoli — sempre ammesso riesca ad acquisirla un giorno —, il mio attuale temperamento, forse pastoralmente grezzo, forse persino sbagliato, mi porta ad avvertire che questi nostri sono tempi nei quali è richiesta la forza e il coraggio di un certo radicalismo paolino scevro da qualsiasi forma di fondamentalismo. Ma soprattutto bisogna cominciare a familiarizzare con un’idea dolorosa per quanto non facile da accettare: forse i lefebvriani sono ancor peggiori dei modernisti. Affermazione quest’ultima sulla quale so che non è d’accordo Giovanni Cavalcoli, che proprio per questo non mancherà di spiegare il suo punto di vista che rispetto al mio è di certo più saggio e pertinente. A mio opinabile parere, mentre i modernisti vorrebbero riformulare il papato alla pretestuosa luce delle loro errate idee di collegialità, cadendo nel dissipante relativismo; i lefebvriani, il papato, stanno mostrando di attaccarlo in tutto e per tutto nei modi peggiori in nome della “vera” tradizione, dell’ “autentico” amore per la Chiesa e del metodo storico usato per giungere alla semina di dubbi teologici sulla legittimità dei Pietro che si sono susseguiti negli ultimi sessant’anni e sulla loro infallibilità in materia di dottrina e di fede. Se quindi da una parte si arriva al relativismo, dall’altra si giunge ad un nichilismo di matrice gnostico-pelagiana. Inutile dire che tutto questo si traduce presto — ed in modo di rigore subdolo — in gravi errori dottrinari presi purtroppo per buoni perché … come potrebbero certi educati, colti e altolocati signori, cattolici così devoti e ligi alla Tradizione, dire cose sbagliate? No, certe cose le dicono perché soffrono per la Chiesa, perché la amano, perché vogliono difenderla … e allora, se proprio sbagliano, non condanniamoli, cerchiamo di dialogare con loro e di trovare tutti i possibili punti comune …
… in questo gioco subdolo non intendo cascarci e ritengo di avere preso quella strada che mi rende in tutto e per tutto solidale con lo spirito e la saggezza dei due padri anziani dell’Isola di Patmos: con la Chiesa, nella Chiesa e sotto la Chiesa, che non è la nostra idea soggettiva di Chiesa, ma la Chiesa di Cristo governata da Pietro di cui noi siamo strumenti e devoti servitori. E se il nostro essere sacerdotale e teologico si basa su questi presupposti, qualsiasi opinione divergente o diverso modo di sentire finisce col lasciare il tempo che trova, proprio come stiamo dimostrando con questi nostri scritti.
Non parliamo delle accuse di caduta di stile o persino di blasfemia che mi sono piovute addosso per avere ironicamente affermato che era meglio leggere Play Boy anziché certi libri fuorvianti di Cristina Siccardi, che falsa in modo pedestre fatti e situazioni storiche per giungere ad una dottrina adulterata, quindi ideologica. I suoi tentativi di strumentalizzare le figure di San Pio X e del Beato Paolo VI per legittimare i gravi errori di Marcel Lefebvre, se non fossero comici sarebbero tragici. Prendiamo una tra le tante perle di questa scrittrice, ovviamente pubbliche e documentate, quindi udibili dalla sua viva voce da parte di tutti i nostri lettori:
«Monsignor Lefebvre è stato un cavaliere senza macchia e senza paura con una forza che non è stata sicuramente umana, lui ha agito come avrebbe potuto agire un Sant’Atanasio durante l’arianesimo, ha agito come una Santa Caterina da Siena che da sola ha affrontato i Pontefici […] ecco allora che Monsignor Lefebvre diventa paladino delle cose più importanti, delle realtà più essenziali, cioè paladino della fede, nel senso che difendendo la Santa Messa si difende la fede stessa […] Monsignor Lefebvre ha agito così per tanto amore verso Gesù Cristo e poi per la Chiesa e anche per il Papa […] Ecône è stato un luogo dove è stato veramente possibile difendersi dai bombardamenti liberali, modernisti, relativisti e dove è stato possibile mantenere la Tradizione».
È stato di fronte a questi deliri fanta-cattolici che ho affermato esser cosa meno grave e fuorviante leggere Play Boy anziché i libri di certa gente presi purtroppo per buoni da molti Christi fideles, anche se ovviamente, poche righe dopo, chiarendo l’evidente paradosso — che come tale si esplicitava già in sé e di per sé nella mia affermazione — invitavo a non leggere questa rivista nella quale non v’è nulla di edificante, ma ciò non è bastato a placare certi animi.
Dinanzi a tutto questo la mia logica e il mio modo di agire può essere contestabile. Credo però che queste persone che si prendono sempre terribilmente sul serio, che dietro la loro aura di formale educazione e galanteria seminano siffatti errori, vadano prese proprio in giro per una sorta di dovere cattolico. Perché quando mi si paragona seriamente e con “valide” argomentazioni un Lefebvre a Sant’Atanasio di Alessandria che lotta contro l’arianesimo, come ha fatto la Siccardi pontificando presso la Fraternità Sacerdotale di San Pio X, quindi paragonando in modo subliminale il Vaticano II all’eresia ariana ed i Padri della Chiesa che vi hanno partecipato ai vescovi ariani; o quando altri ben più furenti dichiarano eretico un Pontefice ed apostatica una intera Chiesa a partire da un Concilio ecumenico; quando un eminente teologo eletto da questa gente a propria colonna portante nonché generoso dispensatore di varie prefazioni ai loro libri, gioca sul concetto di concilio pastorale in modo ambiguo, pur animato da tutte quelle migliori intenzioni di cui però certi ideologi lefebvriani non tengono conto, si finisce inevitabilmente col dare strumenti a questi personaggi per giungere infine a dire che l’ultimo Concilio della Chiesa non è dogmatico, ma solo pastorale, quindi destituirlo di autorità, dopo avere fatto uso e abuso di Brunero Gherardini, che non ha mai affermato di simile cose, essendo un gran teologo e soprattutto un autentico uomo di Dio.
E dinanzi a questo io posso solo reagire invitando il Popolo di Dio a non prendere nulla di ciò in considerazione ed a ridere di gusto su simili spropositi presentati di prassi in modo serio come fossero delle autentiche verità di fede. Certo, il tutto va fatto con stile e intelligenza, specie quando si criticano suscettibili signori, studiosi, nobiluomini e nobildonne prostrati ai lefebvriani e con un occhio segreto strizzato ai sedevacantisti; che su Corrispondenza Romana, Riscossa Cristiana, Chiesa&Post-concilio, Messa in Latino, od Il Foglio dell’ateo devoto Giuliano Ferrara, ecc… insolentiscono il Romano Pontefice tutti i giorni. E di fronte a questi fatti mi ritengo libero di affermare che a scadere sono queste persone, non io che reagisco ai loro gravi errori dottrinari destituendoli di fondamento col sacrosanto sberleffo, come a mio parere bisognerebbe fare con tutti coloro che ammantano i propri spropositi di quella serietà che degli spropositi non possono di per sé avere.
Un ultimo esempio dinanzi al quale vorrei che sacerdoti ben più maturi e saggi di me, assieme a teologi dotati di scienza molto maggiore della mia, mi spiegassero a quale titolo si potrebbe e si dovrebbe prendere sul serio una affermazione ereticale di questo genere, riconoscendo a chi l’ha proferita l’aura di studioso serio, tanto intrisa è di per sé d’ignoranza e d’arroganza:
«Che Bergoglio stia demolendo con energia persino ammirevole la Chiesa cattolica, e sottolineo “cattolica”, è nei fatti e non nelle opinioni. Però non sono d’accordo con chi sostiene che lo faccia in nome di un Concilio Vaticano Terzo non dichiarato e che, dunque, il rimedio consisterebbe nell’applicare correttamente il Vaticano Secondo. Le sciagure che hanno portato la Chiesa sull’orlo del precipizio e tanti cattolici a perdere la fede vengono proprio dalla corretta applicazione del Vaticano Secondo: non del suo spirito, ma della sua lettera. L’ho già detto molte altre volte e non mi stancherò di ripeterlo: questa Chiesa merita questo Papa. Anzi, questo Papa è perfetta espressione di questa Chiesa che di cattolico ha sempre meno» [testo integrale qui].
Affermazioni come questa di Alessandro Gnocchi sono di per se grottesche da un punto di vista teologico, ecclesiale e storico. Grottesca è quindi divenuta in questo e solo per questo la rivista telematica Riscossa Cristiana — facente parte della Fondazione Lepanto — genuflessa ormai come ancella devota alle peggiori eresie di matrice lefebvriana, cosa provata da Gnocchi ed altri articolisti attraverso loro scritti che rappresentano una palese e dolorosa negazione della comunione cattolica. Poco o nulla v’è quindi da dialogare o da cercare punti comune con seminatori e seminatrici di siffatti veleni che esigono esprimere severi e inaccettabili giudizi invalidanti su un intero concilio ecumenico, sul Magistero della Chiesa e sui Romani Pontefici dell’ultimo mezzo secolo. Non escludo però di essere io in errore per avere scelto di agire con quello spirito che ho definito poc’anzi come sano radicalismo paolino.
Pertanto, se la buon’anima di Massimo Troisi diceva: «Non ci resta che piangere», io mi sento di affermare che dinanzi a questi errori grossolani, frutto di autentiche chiusure all’ascolto ed alle azioni della grazia di Dio, non ci resta che ridere. Il riso è infatti quella sana ed efficace medicina che può aiutarci a sostenere i nostri buoni fedeli sempre più smarriti e confusi, invitandoli a non cercare risposte ai loro dubbi nei libri, negli articoli e nelle conferenze di queste anime confuse che si sono elette a maestri di pensiero e di corretta opinione cattolica, ed infine prendendoli per ciò che realmente sono: dei comici straordinari per quanto di ciò inconsapevoli, quindi resi particolarmente comici dal fatto che più grandi sono i loro errori più loro si prendono terribilmente sul serio. Perché la superbia, vista per altro verso, ha dei risvolti comici che spesso sono davvero esilaranti, l’unica cosa è che il superbo, questo, purtroppo non lo sa, perché la superbia chiude, acceca e toglie ogni sana e cristiana voglia di ridere ed ogni salutare auto-ironia.
Per Don Ariel
Che Lei sia “focoso”, non è un male….. anzi! ….sono i tipi come Lei che prima o poi, sanno scegliere in tutto il Dio dei Martiri e il Suo Martirio, per cui rinnovandole la mia stima circa la Sua autentica Vocazione e la Sua bella Vocazione, ho la speranza , che con un po di più rflessione, ripenserà il “tutto”. Questo lo affermo lodando Dio e non certo strappandomi le vesti, cercando di alludere al Suo passato di “amatore”di agostiniana imitazione quando parlo di “focoso”, perché: meglio un puttaniere congedato che un frustrato ricco di buone intenzioni
Io, le spiegazioni avevo cercato di darle, se solo fosse stato, per intero, pubblicato il mio post!!!
Citare però cosi, in maniera “uniltaterale” i documenti che hanno scomunicato Mons. Lefebvure, senza che si parli di cosa sia un vero scisma senza dire ad es. che esso (che non ha che fare per nulla col c.d. “attoscismatico”) non è tale perché Mons.Lefebure ha consacrato i 4 vescovi non perché non voleva considerare il ruolo del romano Pontefice o sostituirsi a Lui perché non credeva nei Dogmi che riguardano il Successore di Pietro ( e che formerebbero la causa teologica -ossia l’unica…
Carissimo.
Io ho pubblicato esattamente ciò che lei ha mandato, nessuno taglia i post.
Se pertanto ci sono stati problemi di trasmissione, ci invii pure il testo mancante e lo inseriamo, ma come le ripeto: noi abbiamo pubblicato quello che ci è arrivato.
A meno che lei non abbia seguitato a scrivere dopo avere superato il limite di caratteri consentiti, che mi sembra, se non ricordo male, sono 1600, dovrei chiederlo alla webmaster.
Reverendissimo Don Ariel, apprezzando la Sua “focosa pastorale” volta alla Giustizia cristiana atta a non far tirare per la giacchetta la Chiesa, sia da sinistra come anche da destra, mi occorre farla riflettere che quanto afferma a favore dell’Autorità del Concilio Vaticano II non è per niente fondata!
Intanto, La pregherei di informarsi bene sulle dichiarazioni di Mons. Lefebvre circa questo problema e non su quello che, con strumentalizzazione, hanno fatto i Media ma anche, le destre politiche conservatrici di matrice diabolico-capitalista, che vanno sicuramente separate dalla Carita Apostolica di Sua Eccellenza di v.m., che infine è stato -nel santo Timor di Dio-:LL’UNICO FINE DI QUESTE POSIZIONI, DELLE SUE POSIZIONI.
E’ chiaro che Mons.Lefebvre non ha prodotto niente di personale in materia di Dottrina, si è solo: limitato per ragioni di Prudenza e Fedeltà, sia personale sia apostolica, a quanto aveva definito INFALLIBILMENTE gia la Chiesa DI PRIMA, e che il Vat.II -con il suo stile ambiguo- ha cercato di contraddire; pertanto, non si puo dire che esista un “Lefebrismo”! e che il Vat.II sia davvero un autorevole Concilio. Basti pensare anche allo stile del…
Carissimo,
più che focoso, io vivo nell’ossequio alla verità ed all’autorità della Chiesa, pertanto, se vogliamo essere sinceri, non sono io che devo dare spiegazioni a lei, bensì lei che deve dare spiegazioni corrette ai nostri lettori. Pertanto se lei non è bene informato, allora la informo io attraverso i documenti, che per me sono gli atti della Chiesa, non il gossip od il sentito dire dei circolini cosiddetti “anti-conciliaristi”; e gli atti sono i seguenti, anzitutto l’atto nel quale si spiegano le motivazione della scomunica a Marcel Lefebvre ed ai sacerdoti da lui illecitamente consacrati vescovi:
[…] tale atto è stato una disobbedienza al Romano Pontefice in materia gravissima e di capitale importanza per l’unità della Chiesa, quale è l’ordinazione dei vescovi mediante la quale si attua sacramentalmente la successione apostolica. Perciò, tale disobbedienza – che porta con sé un rifiuto pratico del Primato romano – costituisce un atto scismatico(3). Compiendo tale atto, nonostante il formale monitum inviato loro dal Cardinale Prefetto della Congregazione per i Vescovi lo scorso 17 giugno, Mons. Lefebvre ed i sacerdoti Bernard Fellay, Bernard Tissier de Mallerais, Richard Williamson e Alfonso de Galarreta, sono incorsi nella grave pena della scomunica prevista dalla disciplina ecclesiastica
Il testo originale integrale lo trova qua:
http://www.vatican.va//roman_curia/pontifical_commissions/ecclsdei/documents/hf_jp-ii_motu-proprio_02071988_ecclesia-dei_it.html
se dopo vent’anni viene da una parte rimessa la scomunica dal buon cuore pastorale di Benedetto XVI e per tentare un proficuo dialogo che riporti questi scismatici nel seno della Chiesa, al tempo stesso, nel documento di remissione, si precisa senza pena di fraintendimento alcuno quanto segue:
Lo scioglimento dalla scomunica ha liberato i quattro Vescovi da una pena canonica gravissima, ma non ha cambiato la situazione giuridica della Fraternità San Pio X, che, al momento attuale, non gode di alcun riconoscimento canonico nella Chiesa Cattolica. Anche i quattro Vescovi, benché sciolti dalla scomunica, non hanno una funzione canonica nella Chiesa e non esercitano lecitamente un ministero in essa
Il testo originale integrale lo trova qua:
http://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2009/02/04/0087/00216.pdf
Per lei cosa vuol dire “non esercitano lecitamente un ministero in essa“? Glielo domando io che non sono vescovo, ma solo un semplice sacerdote che come tale esercita però non solo validamente, ma anche lecitamente e con tutti i crismi il sacro ministero in comunione col proprio vescovo in perfetta comunione con il Vescovo di Roma.
Per quanto riguarda le sue dissertazioni sul Vaticano II, il fatto che la autorevolezza di questo concilio non sia a suo dire fondata e via dicendo, può andare a dirlo in qualcuno di quella miriade di ghetti auto-referenziali che saranno ben lieti di ospitare tutte le sue “dotte” dissertazioni “teologiche” anti-conciliariste, perché noi facciamo ecclesiologia e teologia cattolica e costruttiva, non facciamo teologia ed ecclesiologia anti-cattolica e distruttiva.
Grazie davvero per questo articolo! Condivido pure le istanze di AndreaL. e mi piacerebbe leggere un suo pensiero (o, perchè no?, un articolo) circa la differenza tra il Vescovo e alcuni dei suoi “figli spirituali” (scismatici o meno). Manca infatti, in rete, un articolo serio che affronti il fenomeno dei vari epigoni ideologici di Monsignore (e dei vari discendenti più o meno scissionisti) in maniera “filomotuproprista” ma non “siccardiana”, cioè una riflessione articolata che faccia capire ai non addetti ai lavori che cosa stia veramente accadendo nel mondo tradizionale in questi ultimi anni.
Cio’ detto, ho molto apprezzato anche il commento di Don Luigi Begani, e mi chiedo se davvero tanti coetus debbano rimanere “ostaggio” di certi soggetti “intristiti e incattiviti”, che sono l’arma più potente a disposizione degli oppositori al motu proprio. Questo problema, credo tipicamente italiano, non potrebbe essere risolto?
Aspetto un suo spunto di riflessione, ringraziandola le offro un caffè
Comprendo le motivazioni che spingono don Ariel ad esaminare, come sempre con sincerità e acume, il fenomeno Lefebvriano nel suo complesso e nella sua veste attuale. Nondimeno ritengo che una riflessione la meriti anche la singolare figura del defunto arcivescovo. Mi chiedo, tra l’altro, quanto la fisionomia “ideologica” attuale della Fraternità rispecchi le reali intenzioni del suo fondatore. Certo egli ebbe quei torti che individuò lucidamente s. Giovanni Paolo II nel documento Ecclesia Dei Afflicta. Tuttavia resta sempre colui che il card. Siri defini’ “grande vescovo e grande missionario” e di cui Ratzinger disse che non aveva ragione, ma aveva delle ragioni. Scisma ci fu, ma mons. Lefebvre fu veramente eretico?
Scisma infatti è l’atto di divisione con cui più membri di una comunità cessano di essere tali. Penso che talvolta uno scisma possa scaturire anche da semplici motivi disciplinari, anche se il più delle volte ha riguardato motivazioni dottrinali.
L’eresia invece riguarda la dottrina e le sue applicazioni.
Un semplice Grazie don Ariel per la sana franchezza e la doverosa puntualità con cui ci aiuta a discernere. Noi christi fideles siamo sempre più disorientati da tante divisioni, anche nello stesso orbe cattolico. Tante volte penso che nella settimana in cui si prega per l’unità dei cristiani, si debba pregare prima di tutto per l’unità della stessa Chiesa Cattolica, così lacerata al suo interno, da queste due fazioni che ormai dal Concilio in poi si fronteggiano in modo così virulento e disorientante per noi poveri fedeli, che abbiamo a che fare già con le difficoltà del prendere ogni giorno la nostra croce e seguire Lui, Sto leggendo il suo libro ” e satana si fece trino”; anche li una lucida analisi della situazione ecclesiale generale, ma sempre nell’alveo della fedeltà al Magistero, senza velleità scismatiche! Se vede padre Cavalcoli, me lo saluti, mi ha seguito per il baccellierato in filosofia a Bologna.
Caro Gianfranco,
presto uscirà in questa nostra rivista telematica un mio articolo che cerca di ovviare alla tua più che giusta istanza: cosa fare per favorire trattative di pace tra modernisti e lefevriani. Si intitola “Per la pace nella Chiesa”.
Caro padre, lo attendo con ansia e lo leggerò con somma attenzione.
Don Ariel, ci sono a mio avviso un po’ di pro e di contro. Certe posizioni “tradizionali” trasudano un odio e una superbia dilagante. E’ da tempo che scrivo in rete che in una società diseguale com’è la Chiesa, composta da superiori e sudditi, l’obbedienza dei sudditi innanzi a richieste dei superiori, che non ledono i diritti divini o naturali, è un obbligo assoluto anche se fossero ordini ingiusti…in quella che a noi sembra ingiustizia il Signore lavora per i suoi piani e la nostra ribellione potrebbe essere proprio un intralcio ai Suoi disegni , e anche se siamo noi i suoi attori nel mondo spesso prevale la nostra superbia conclamata a rovinare tutto. Le scuse accampate per sottrarsi all’obbedienza, sono generalmente assurde e sono sempre legate, in ultima analisi, alle proprie opinioni personali anteposte con estrema non chalance al Magistero della Chiesa, cosa che un cattolico non dovrebbe fare mai e poi mai, alla faccia dei paladini della purezza dottrinale…Ho dovuto impormi per sostenere l’errore della FSSPX che non aveva motivi di rifiutare l’accordo di regolarizzazione canonica, visto che affermano la sottomissione al Papa(!)…. mi sono beccato anch’ io la…
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Gentile Lettore,
il suo messaggio ci è giunto incompleto e noi lo abbiamo pubblicato così come lei lo ha inviato.
La Redazione
Caro Padre, non so se si ricorda di me, ci siamo visti una volta alle catacombe di Priscilla a Roma dove lei celebrava in modo ordinario e dove il sabato celebrava però con il vecchio rito. Era novembre, non ricordo il giorno esatto (anno 2012). Alla Messa erano presenti due monache, una delle quali sulla sedia a rotelle, io e mio marito, e il suo giovane assistente.
In quella cappella, durante la celebrazione, mi sono sentita alle porte del paradiso, solo questo desideravo dirle, ringraziarla ancora, dispiaciuta che molte persone (ed è vero che sono molte!), stiano trasformando l’antico rito in un campo di battaglia tra fazione nemiche.
E’ bene sottolineare quanto Gnocchi dice apertamente:”Ci fossero stati dieci, non dico cento, ma solo dieci monsignor Lefebvre invece che uno solo, probabilmente oggi non saremmo ridotti così.” Ora diventa un indovinello di chi sia il sismatico o eretico!
Parole sante, ma che dico … santissime! Anch’io mi sono chiesto in che mondo di fiabe vivono gli opinionisti di siti tipoMessainlatino, Chiesa e postconcilio ecc., i quali parlano spesso di complotti, messe rifiutate, boicottaggi da parte di preti e vescovi …
Io imparai a celebrare con il vetus ordo a Roma presso i francescani dell’Immacolata che avevano una chiesetta vicino san Pietro, e tornato in diocesi, il vescovo (un autentico progressista), mi pregò di insegnare il corretto rito ad altri due, così che si potesse garantire in diocesi l’applicazione del motu proprio … e tutti e quattro ci siamo ritrovati in situazioni, come tu giustamente scrivi, grottesche. Gente intristita e incattivita che aveva spostato i propri disagi interiori e psicologici sulle battaglie contro il concilio, contro i papi che da dopo Pio XII erano tutti eretici.
Parlo per esperienza personale, ovviamente, e ti dico che su un media di 40/60 fedeli se ne salvavano forse 10, e quasi tutti giovani di età inferiore a 30 anni. Gente che squadrava il celebrante con la lente di ingrandimento, misurando inchini, genuflessioni, aperture di braccia, insomma non ti dico.
Questa è stata l’esperienza mia e, identica, degli altri due miei confratelli, e tutti e tre abbiamo cessato le celebrazioni. Uno di noi ha accettato di celebrare, a porte chiuse, in una cappella, per il piccolo e ristretto gruppo di “normali” ai quali non era giusto negare la celebrazione per causa degli altri, che erano, ripeto, la assoluta maggioranza. Il vescovo, per non venire meno, ha affidato incarico di celebrare ad un anziano frate di 85 anni.
Se hai bisogni di testimonianze, noi tre siamo tutti a tua disposizioni fin da ora, che vengano poi a dirci che ciò che testimoniamo per esperienza pastorale vissuta non è vero, perché se lo fanno, poi si ride.
Sinceri complimenti a te e agli altri due padri per questa rivista straordinaria.
Una questione che per me passa spesso inosservata riguarda il fatto che il vetus ordo risulti assolutamente indigesto per un buon numero di cattolici. Mi sembra l’atteggiamento speculare a quello di chi squadra “il celebrante con la lente di ingrandimento, misurando inchini, genuflessioni, aperture di braccia”.
Eppure i primi sono considerati fedeli normali ed il loro rifiuto giustificabile. I secondi invece forse non si fidano più dei sacerdoti. Io personalmente ne ho viste fare di cotte e di crude e certe celebrazioni sono assolutamente intollerabili, gli abusi non si contano più.
Evidentemente si è perso un equilibrato rapporto con la liturgia, utilizzata spesso come strumento “pastorale”, plasmabile dai sacerdoti secondo i propri vezzi.
Tornando all’intervento di don Begani, trovo incomprensibile che dei sacerdoti rinuncino a celebrare delle messe per colpa di fedeli troppo puntigliosi. Hanno perso l’occasione per spiegare l’essenza della messa sia a questi ultimi sia a quelli che del vetus ordo non vogliono nemmeno sentire parlare. E’ come se dei medici si rifiutassero di curare i pazienti antipatici.
Reverendo e carissimo Padre Ariel (sono Dorotea) condivido l’essenza del suo articolo perchè, come purtroppo abbiamo riscontrato, l’incoerenza tra il volersi dire cattolici dentro la Chiesa e poi il rapporto pubblico con la gerarchia – i superiori – e il Papa, è tanta e da di scandalo! Vorrei per altro vedere come reagirebbero i vescovi della FSSPX se ricevessero gli stessi trattamenti che vengono riservati al Pontefice!
Detto ciò, mi permetta di sottolineare alcuni aspetti dal punto di vista di una laica – terziaria domenicana e catechista da 26 anni – che si trova spesso tra un rito ed un altro, tra un modo di intendere la catechesi ed un altro….
Ieri era la festa di Santa Dorotea e per la prima volta sono riuscita a prendere una Messa degna di questo nome. Nel rito antico, con un giovane che cantava – senza musica – tutte le Antifone con la melodia gregoriana, Insomma un pezzo di Paradiso e mi creda, in certi ambienti si è davvero poveri di tutto anche nel cuore. Condividendo ciò le assicuro che non si può fare di tutt’erba un fascio e questo va detto chiaramente, è necessario che si dica che la FSSP (san Pietro) è l’applicazione del SP come lo intendeva Benedetto…
Carissima Dorotea.
Posso essere perdonato per non averti fatto gli auguri ieri per il tuo onomastico? Te li faccio oggi, accettali lo stesso, te ne prego.
Avrai sicuramente notato che io parlo in modo preciso e specifico dei lefebvriani e delle loro correnti, perché come dice il Padre Giovanni Cavalcoli nel suo articolo citando San Pio X, ogni cattolico dovrebbe essere un fedele tradizionalista, se alla parola tradizione si dà il suo significato vero, ed a tal proposito porta come esempio di equilibrio in venerabile Tomas Tyn, che speriamo presto di poter vedere beato.
Quando faccio riferimento in certi discorsi ai tradizionalisti, metto sempre il tutto tra virgolette, proprio perché non voglio che un termine nobile come tradizione possa essere stravolto e assumere connotati negativi.
Ho anche usato un termine molto pesante, che mi è capitato di usare molto raramente: eresia. Perché purtroppo così di fatto è: siamo di fronte ad un vero e proprio movimento ereticale che nega l’autorità di un concilio ecumenico e il magistero della Chiesa dell’ultimo mezzo secolo ed i cui maggiorenti si sono permessi di dare del modernista, ossia dell’eretico, al Sommo Pontefice.
Tu sai, perché ne abbiamo parlato più volte, che io sono molto affezionato al Messale di San Pio V sul quale fu fatta nel 1962 una mirabile opera di “restauro” e che quando posso lo uso con grande piacere. Ritengo però importante, a questo punto, che la suprema Autorità della Chiesa cerchi in qualche modo di separare grano e gramigna, anche se non è facile a farsi; proprio per evitare che degli autentici fanatici usino a scopi ideologici un “rito antico” ed un messale per dare sfogo – come ha scritto sopra un mio confratello – a dei loro disagi interiori, con il rischio di recare danni anche ad altri fedeli che non possono e non devono essere in alcun modo danneggiati e che devono poter beneficiare in modo sereno di questo “antico rito” per la edificazione delle loro anime.
DI nuovo tanti auguri.
caro Padre Ariel,
solo da pochi giorni ho scoperto questo blog e trovo molto interessanti e condivisibili i tuoi articoli. Mi sembra che in questi ultimi anni si sia raggiunto un livello intollerabile di livore tra fratelli cattolici, con insulti indegni della fede che professiamo. E ancora più intollerabili sono i continui feroci attacchi al Papa.
Credo sia più che mai urgente una pacificazione all’interno della Chiesa, che deve partire dal riconoscimento dell’autorità del Papa e proseguire col rispetto della varie sensibilità che animano la Chiesa e che sono comunque una ricchezza per tutti.
Sogno il tempo in cui smetteremo di giudicarci e di “classificarci” a vicenda con aggettivi, posti dopo “cattolici” che nascono come dispregiativi e finiscono per essere divisivi (modernisti, tradizionalisti, adulti, medi, oltranzisti, comunisti,…).
Credo che dovremmo tutti fare un po’ più di silenzio e un sano “bagno di umiltà”.
E soprattutto smettere di leggere certi blog o pagine facebook che seminano zizzania.
Un caro saluto
Ovviamente non frequentiamo le stesse messe, don Ariel, ma quella (summorum pontificum) che frequento io da anni non ha tutti questi problemi: mai visto ad esempio forzanovisti con labari e bandiere. “Missionari” lefebvriani e anche “brazileiri” si sono manifestati, è vero, ed è logico che si aspettino di trovare qualche adepto a una messa in latino che non a una dei neocatecumenali, ma sono presto spariti credo senza avere operato conversioni. Il grosso dei partecipanti appartiene alla categoria dei delusi dalle messe dove ci si tiene per mano, si svitano le lampadine, si canta lo zecchino d’oro e durante l’offertorio si portano all’altare, magari ballando, palloni e scarpe da tennis. La Chiesa nei decenni scorsi non si è molto preoccupata dell’esistenza di questo tipo di fedele, che forse è una minoranza ma non dello 0,0001%. E’ sempre in tempo a farlo, prima che altri buoi scappino dalla stalla verso gli ovili dei fanatici. E il processo, torno a ripetere, lo ha accelerato la stessa Chiesa con quel controverso editto di tolleranza nei confronti della messa tradizionale.