Pedofilia: “Il caso Spotlight” è una ottima raffigurazione filmica della piaga dell’omertà clericale
PEDOFILIA: «IL CASO SPOTLIGHT» È UNA OTTIMA RAFFIGURAZIONE FILMICA DELLA PIAGA DELL’OMERTÀ CLERICALE
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“Il caso di Spotlight” è un film che merita apprezzamento per il modo in cui il regista e gli attori hanno rappresentato il cuore di questo doloroso problema, costituito da quell’omertà clericale che da sempre caratterizza e avvolge sia i peggiori casi di pedofilia sia i vari disordini sessuali manifestati da non pochi membri del nostro clero secolare e regolare. E adesso ve lo spiego io sulla mia vita vissuta e sulla mia pelle, che cosa comporta per un prete violare l’omertà clericale, visto che i prezzi li ho pagati tutti, uno per uno …
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Un lettore affezionato mi ha segnalato due articoli sulla Nuova Bussola Quotidiana, firmati uno da Massimo Introvigne [cf. QUI] e uno da Stefano Magni [cf. QUI]. L’oggetto di questi due articoli è la pellicola “Il caso di Spotlight”, premiato film-denuncia sui casi di pedofilia che scossero l’Arcidiocesi di Boston e la Chiesa Cattolica in più angoli del mondo [cf. trailer italiano, QUI].
I due autori che sulla Bussola Quotidiana hanno firmato i loro articoli, trattano il problema con quella correttezza giornalistica che alle volte può indurre a cadere nel parziale e nel superficiale. Né Massimo Introvigne, che illustra un problema molto complesso attraverso la sua nota preparazione sociologica; né Stefano Magni, che nel suo ottimo articolo avrebbe potuto a mio parere evitare di definire l’opera come «film ideologico», no sono neppure sfiorati da quella parziale e imperante superficialità che oggi pare farla da padrona.
Io che certi problemi li ho toccati con mano e che mi ci sono ritrovato invischiato pagandone infine un caro prezzo, affermo che questo film, lungi dall’essere “ideologico”, è privo anzitutto di qualsiasi “scena forte” tesa a toccare il sentimento degli spettatori per suscitare in essi sprezzo verso la Chiesa Cattolica; dei sentimenti diversamente suscitati da ben altri film, per esempio “Schegge di paura” [USA, 1996, QUI], “Angeli ribelli” [Irlanda, 2003, QUI], “Magdalene” [2002, UK, QUI], etc ..
“Il caso di Spotlight”, a parte alcune imprecisioni dovute alla vasta complessità e gravità di un tema non facile da trattare, merita apprezzamento per il modo in cui il regista e gli attori hanno rappresentato il cuore di questo doloroso problema, costituito da quell’omertà clericale che da sempre caratterizza e avvolge sia i peggiori casi di pedofilia sia i vari disordini sessuali manifestati da non pochi membri del nostro clero secolare e regolare.
E adesso ve lo spiego io sulla mia vita vissuta e sulla mia pelle, che cosa comporta per un prete violare l’omertà clericale, visto che appunto i prezzi li ho pagati tutti, uno per uno …
Il limite che da anni riscontro nei molti che “presumono” di poter parlare di certi temi che toccano e scuotono a volte il nostro intero sistema ecclesiastico, è dato dalla scarsa propensione spesso mostrata da esponenti più o meno autorevoli del mondo cattolico a prendere il toro per le corna, anche perché tutti sappiamo che si può correre il rischio di essere infilzati, quindi meglio rimanere sugli spalti dell’arena a urlare per il torero o per il toro. O per meglio dire: se ha la meglio il torero, si grida “Viva il torero!”, se ha la meglio il toro, si grida “Viva il toro!”.
Negli anni ho approfondito il complesso problema del gaysmo dentro la Chiesa e nel farlo non ho mai guardato in faccia nessuno, pagandone sino a oggi le conseguenze. Cosa che non hanno invece mai pagato certi laici cattolici impegnati e militanti, presi a gridare assecondo il vento che tira nell’arena per “il torero” o per “il toro”. Questi cattolici impegnati e militanti, seppure avvisati in modo dettagliato, ben se ne guardarono dal sollevare all’epoca mezza voce in mia difesa, quando all’interno della mia Chiesa venivo passato dentro il tritacarne dai peggiori ecclesiastici omertosi per avere osato proferire il vero e per avere denunciato all’Autorità Ecclesiastica certe situazioni intollerabili. N’è prova il fatto che per due anni, nella Diocesi del Vescovo di Roma — che non è governata dal Vescovo di Roma ma dal suo Vicario Generale — celebrai la Santa Messa nelle Catacombe di Priscilla [2011-2013], assistito dal mio prezioso allievo e collaboratore, unica persona presente. Nel mentre, coloro che avrebbero potuto spendere due parole in mia difesa, non dico fossero latitanti, erano semplicemente impegnati nel politicamente corretto, tutti presi a ossequiare i loro padroni per i quali erano impegnati a guidare come dei devoti padroncini i furgoni-merce messi a loro disposizione.
Su certi argomenti penso di poter parlare con sufficiente autorevolezza perché sospiro dietro sospiro, tutto ciò che ho detto e tutte le denunce che all’epoca presentai al Vicariato di Roma, alla Congregazione per il Clero e alla Segreteria di Stato, le ho pagate bastonata dietro bastonata, cattiveria dietro cattiverie, ostracismo dietro ostracismo.
Non so quanti laici cattolici che ogni sera rientrano a casa loro senza che alcuno li scalfisca, possano parlare con la mia cognizione di causa, che a fine giornata rimanevo invece nella mia casa, che è la Ecclesia intesa anche come mondo ecclesiastico, avvolto dalla cupezza di quella omertà clericale imperante i cui nefasti risultati sono ormai dettagliati nelle motivazioni di sentenza date da numerosi tribunali sparsi in giro per il mondo. Sentenze tutt’altro che inique e lungi dall’esser mosse da sentimenti anti-cattolici, basti considerare che sulle parole di quelle sentenze è stata poi celebrata la penosa liturgia dei mea culpa da parte di quegli stessi ecclesiastici che sino a poco prima avevano redarguito, minacciato e ostracizzato i pochi preti che con coraggio avevano segnalato fatti, situazioni e, soprattutto, quei soggetti ad alto rischio protetti da intere cordate di potenti prelati. E certe persone, nella fattispecie gli omosessuali ecclesiastici per un verso, i pedofili per altro verso, hanno sempre avuto, dentro il mondo ecclesiastico, eserciti di protettori, ma soprattutto di solerti e spesso potenti “copertori”.
E chiunque paghi il prezzo da me pagato, per quanto bastonato a sangue, è però libero, ed essendo libero non ho debiti da pagare, perché il “segreto” di quella cristologica libertà che se realmente conosciuta ci farà liberi [cf. Gv 8, 32] si fonda sulla mancanza di qualsiasi aspirazione di carriera e beneficio ecclesiastico; checché ne dicano certi carrieristi, che non potendomi definire “uomo libero”, mi hanno semmai definito … “uomo pericoloso”, oppure “mina vagante” (!?). Anche per questo motivo io non ho creditori vestiti di rosso che bussano alla mia porta per presentarmi le cambiali in scadenza da pagare, o che mi ricordano i prestiti ottenuti, o semmai le donazioni o le regalie a me elargite sotto forma di sistemazioni, prebende e privilegi ecclesiastici, visto che a me hanno donato solo copiose sberle; e le sberle — come ben sappiamo — sono sempre gratuite, ottengono la grazia all’anima che le riceve e conducono spesso verso l’Inferno quella di chi le elargisce con gratuita o calcolata cattiveria, in sommo sprezzo a quella evangelica verità che ci farà liberi.
Nel 2011, in un mio libro attualmente in ristampa, analizzai in profondità il problema della omosessualizzazione della Chiesa ed il numero di sacerdoti gay sempre più alto, indicandone le ragioni, le origini scatenanti ed anche i possibili rimedi, anche se con questi risultati: non un solo vescovo e cardinale, di quelli che in seguito mi avvicinarono, mi dette torto per ciò che avevo scritto e per il modo chiaro in cui lo avevo scritto. Tutt’altro, collezionai complimenti a volte persino imbarazzanti, dentro le chiuse stanze private dei vari sacri palazzi. E fatta unicamente eccezione per un anziano arcivescovo titolare, che mi accolse sul finire del 2011 prendendosi paterna cura della mia formazione permanente al sacerdozio, nessuno, di questi alti prelati laudatori in privato, mosse mezzo dito per me, mentre un esercito di mediocri monsignorini incattiviti cercava di aggredirmi come un branco di iene inferocite.
I fatti sono fatti e restano tali, ma soprattutto documentati. E l’Autorità Ecclesiastica, a partire da quella romana, lo sa bene, in che modo io sono aduso documentare i fatti; e anche in che modo non parli mai senza prove.
Predicando alle sabbie del deserto e alle canne mosse dal vento ho parlato inutilmente di un golpe omosessualista all’interno della Chiesa [vedere QUI]. Inutilmente ho spiegato che la lobby dei gay non si limita a puntare in alto, perché da tempo è ormai giunta in alto. Sono infatti anni che i gay ecclesiastici ed i loro gay friendly incidono sulle nomine episcopali di candidati più o meno appartenenti alla gaia “pia confraternita”, ed una volta divenuti vescovi cominciano per prima cosa a piazzare i propri fedeli amici nei posti chiave delle diocesi, in molte delle quali imperano gay più o meno palesi in tutte quante le cosiddette stanze dei bottoni, con accesso immediato ai bottoni di attivazione del lancio di missili terra-aria sui buoni preti, o sui pochi che sopravvivono in certe diocesi nelle quali, chi ha la sventura di partecipare in esse ad una assemblea del clero, potrebbe avere a volte l’impressione d’essere finito per sbaglio in una succursale del gay village.
Come mai è accaduto tutto questo? Il problema nasce a monte agli inizi degli anni Settanta, quando nella stagione del post-concilio si passò dal precedente rigore, forse eccessivo, al lassismo reattivo. E così, in una società in piena trasformazione e con la cosiddetta “liberazione sessuale” ormai imperante, i seminari si andarono svuotando, di più ancora i noviziati e gli studentati delle famiglie religiose e degli stessi ordini storici. Fu a quel punto che molti vescovi e superiori maggiori delle famiglie religiose spalancarono le porte e consentirono l’accesso alla formazione al sacerdozio e alla vita religiosa a soggetti che mai, in precedenza, sarebbero stati ammessi in un seminario o in un noviziato. E quando si creano dei covi di vipere, accade che le vipere si riproducano tra di loro e alla buona occorrenza tutte assieme mordano e tentino di avvelenare chiunque cerchi in qualche modo di colpirle.
Se quarant’anni fa era ragionevole dire che il problema nascesse a monte dalla formazione dei futuri nuovi presbiteri e religiosi, oggi, a degenerazione completamente avvenuta, è invece ragionevole dire — ma nessuno purtroppo lo dice — che il problema nasce tutto dall’episcopato. Come infatti spiegai in quel mio libro del 2011: «Coloro che negli anni Settanta capeggiavano all’interno dei seminari la gaia confraternita, oggi ce li ritroviamo vescovi, ed appena divenuti tali, per prima cosa hanno piazzato in tutti i ruoli di rilievo e portato avanti nella scala gerarchica o nella cosiddetta carriera ecclesiastica dei soggetti affini a loro». Questa è la drammatica radice di quel problema che indico ormai da anni, ma purtroppo inutilmente, perché nessuno dentro la Chiesa ha voluto prestare ancora ascolto alle mie parole, soprattutto quando l’evidenza dei fatti mi dava piena ragione.
Spiego anche, sempre in quella mia opera, che l’omosessualità fisica, quella concretamente praticata, è solo la punta estrema di una omosessualità ormai radicalizzata che in sé è molto peggiore e nociva: quella omosessualità psicologica andata ormai al potere ed in virtù della quale è stata infine omosessualizzata la Chiesa. E oggi ci ritroviamo non di rado dinanzi a preti, ma soprattutto dinanzi a vescovi e “uomini” in delicate posizioni di autorità che a volte ragionano con la stizza delle psicologie femminili affette da un loro tipico disturbo, che è l’isteria, parola il cui significato dice tutto, visto che l’etimo greco di questo lemma [ὕστερον, hysteron] vuol dire utero.
Ma veniamo ai fatti rigorosamente documentati, visto che certi documenti e relazioni le consegnai a mio rischio e pericolo alle seguenti Autorità Ecclesiastiche: all’allora Vescovo ausiliare del settore centro della Diocesi di Roma S.E. Mons. Ernesto Mandara, uomo di cui conservo il vivo e amabile ricordo; all’allora Prefetto della Congregazione per il clero, Cardinale Mauro Piacenza, per mano dell’allora mio Vescovo. E ancora: al Cardinale Giuseppe Bertello, ex Nunzio apostolico in Italia, carica all’epoca vacante, nominato Governatore della Città del Vaticano, al quale andai a consegnare il mio testo nel suo nuovo ufficio presso la Santa Sede con preghiera di far avere quella mia relazione all’allora Segretario di Stato Cardinale Tarcisio Bertone, perché in gioco era l’immagine della Diocesi di Roma, ossia la Chiesa particolare di quel Sommo Pontefice che su certi temi e problemi si era già espresso in modo deciso e severo attraverso più locuzioni e documenti, pertanto era opportuno evitare che proprio nella sua Diocesi, a sua insaputa ed a causa del mal governo altrui, scoppiassero certi scandali.
In due mie diverse relazioni stilate a inizio 2011 venivano indicati vari casi, a partire da quello del rettore di una antica e prestigiosa basilica romana che da anni manteneva un giro di giovani marchettari, cosa peraltro che da anni tutti sapevano: lo sapeva il Cardinale Agostino Vallini, lo sapeva il suo predecessore al Vicariato di Roma Cardinale Camillo Ruini, lo sapeva il Prelato segretario dell’epoca presso il Vicariato, Mons. Mauro Parmeggiani, promosso in seguito Vescovo di Tivoli; lo sapeva l’allora Arcivescovo castrense Angelo Bagnasco, in seguito promosso Arcivescovo di Genova e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, che per ragioni d’ufficio frequentò per diversi anni quella basilica durante il suo ministero apostolico presso le Forze Armate, per seguire con tanti altri silenziosi prelati, tutti variamente maestri di quella somma “prudenza” che porta talvolta a vedere e al tempo stesso a non agire. Quale fu, infatti, la reazione del Cardinale Mauro Piacenza, quando all’epoca l’allora mio vescovo gli consegnò a mano quella mia relazione? Ne prese atto e rispose che la situazione incresciosa di quella basilica era a loro da tempo nota. E poco dopo, il vescovo latore della mia relazione — che con tutti i suoi pregi e difetti è sempre stato però un vero credente e soprattutto un uomo dotato di morale senso etico e che nei limiti delle sue possibilità cercò di proteggermi da quella grave ingiustizia —, uscì dal palazzo della Congregazione per il clero dicendomi: «Andiamo bene, li abbiamo informati di ciò che già sapevano!». E aggiunse: «Ma ciò che è peggio è che non facciano niente».
In una di quelle due relazioni indicavo anche il delicato problema dei Carmelitani della Parrocchia di Santa Teresa, dai quali anni dopo scoppiò uno scandalo dai risvolti infernali [cf. QUI, QUI, QUI, QUI]. Appena però nominai i Carmelitani, il prelato mio interlocutore si rabbuiò e mi disse: «Molla sùbito la pezza! I Carmelitani sono nelle grazie del Cardinale Agostino Vallini che ha voluto promuoverne uno, suo notorio pupillo, anch’esso come lui canonista, prima alla carica di vescovo ausiliare di Napoli, poi a quella di Vescovo di Aquino-Sora-Pontecorvo. E ti dirò: sta cercando di portarselo al Vicariato come arcivescovo vicegerente». E così, in effetti, avvenne poco dopo nel 2012, quando il Carmelitano S.E. Mons. Filippo Iannone fu eletto a quell’incarico, affinché “l’organico dirigente” del Vicariato fosse completo nel suo quadro di timorosi e ossequiosi “segretarietti” e “subalterni“, non certo di confratelli nell’episcopato chiamati a collaborare in perfetta comunione per il bene della Diocesi del Vescovo di Roma con il suo Vicario Generale. È infatti noto che certi caporioni vogliono attorno a sé dei subalterni, non dei confratelli vescovi, tanto meno delle menti che ragionano; e li vogliono tali nella proporzione in cui sono inconsciamente consapevoli di essere dei clamorosi mediocri che devono proprio per questo cercare di brillare in ogni modo e con ogni mezzo di luce propria.
Dopo un colloquio tanto riservato quanto drammatico avuto con due alti funzionari della Digos di Roma agli inizi del 2012, fui messo a conoscenza della “vita spericolata” condotta dall’allora Arciabate di Montecassino, Dom Pietro Vittorelli, la cui palese gayezza l’avrebbe vista e percepita persino un cieco, fuorché la buona Autorità Ecclesiastica, caduta letteralmente dalle nuvole quando fu infine reso pubblico che questo indegno successore luciferino di San Benedetto da Norcia era un tossicodipendente impenitente ed altrettanto gay impenitente che manteneva la propria bella vita ed i servizi dei suoi costosi prostituti gay coi soldi sottratti alla Caritas della Diocesi a lui affidata. Inutile ricordare oggi — benché per dovere lo ricordi comunque — a che cosa hanno portato tutti questi casi da me segnalati con anni di anticipo, grazie al non agire delle informatissime Autorità Ecclesiastiche, che se messe dinanzi a certe loro responsabilità di azione, prima che certi fattacci si mutassero in scandali pubblici, non è raro che si irritino nei confronti di chi gli segnala certe cose, facendola semmai pagare a caro prezzo al malcapitato, proprio come accadde al sottoscritto.
A parte certe informazioni a me riferite in via del tutto riservata da vari esponenti delle Forze dell’Ordine che frequentavano la basilica romana nella quale all’epoca prestavo servizio, prima di procedere oltre devo per inciso chiarire in che modo sono venuto a conoscenza di certi fatti …
… a partire da poche settimane dopo la mia sacra ordinazione sacerdotale cominciai a essere confessore e direttore spirituale di un numero sempre più crescente di sacerdoti, religiosi, seminaristi secolari e religiosi in formazione, i quali più volte, in foro interno e in foro esterno, prostrati in condizioni di profonda sofferenza interiore o di vero e proprio choc mi riferirono le situazioni gravissime che si ritrovavano a vivere ed a subìre. Siccome non tutti si nasce leoni o aquile, diversi di questi confratelli e diversi seminaristi e religiosi, non sapendo come agire o semplicemente come rivolgersi ai propri superiori e rimanere illesi, mi liberarono dall’inviolabile sigillo sacramentale della confessione e dopo avermi svincolato mi fornirono dettagli, prove e documenti, autorizzando me a segnalare i casi ed a parlare con la competente Autorità Ecclesiastica. Pensate, tra i vari documenti da me consegnati figura persino una ludica raccolta fotografica completa nella quale, i seminaristi di un prestigioso collegio romano, non avevano trovato di meglio da fare che festeggiare il Natale proponendosi come “mignotte” a un baccanale di Bacco e Cerere, ideando poi un servizio fotografico nel quale si erano foto-montati su immagini di nudi e seminudi femminili in coppia con i loro formatori, su figure di donne coi seni prosperosi e via dicendo a seguire. Questa istituzione ha ovviamente un nome, peraltro pure prestigioso, si chiama Almo Collegio Capranica, fucina di molti vescovi e cardinali italiani, specie di diversi dei nostri attuali peggiori, i quali tutti assieme, come una sorta di “loggia segreta”, proteggono all’occorrenza questo almo collegio, all’interno del quale è avvenuto di tutto e di più, con sgomento della stessa Segreteria di Stato alla quale appartiene la sua giurisdizione e dalla quale, oltre allo sgomento per fatti da tempo conosciuti, ci si attenderebbero quei provvedimenti ancora lontani da venire; a meno che dall’organico della Segreteria di Stato non si proceda prima a licenziare gli affiliati alla seletta “loggia segreta” del Capranica [cf. Corrispondenza Romana, QUI].
Ecco dunque illustrato il motivo per il quale, chi di dovere, mi ha sempre trattato con cautela, sapendo che quando parlo od affermo certe cose, non lo faccio mai a vanvera, né per sentito dire né per quel devastante «pare … sembra … si dice …» che affiora invece puntuale sulla bocca di quei clericali che desiderano con tutto il cuore impallinare in ogni modo qualcuno. Io parlo per abitudine sempre e solo sulla base di prove provate e documentate.
A quanto sinora narrato unisco anche un precedente risalente alla fine del 2009, all’epoca che vivevo in una casa sacerdotale internazionale su Colle Aventino. In quel periodo accadde che da quel colle venni a conoscenza di ciò che avveniva “a valle”, cioè al Testaccio, dove un numero preoccupante di preti frequentavano in abiti borghesi i vari locali gay. Cosa del tutto comprensibile che questi preti gay passassero inosservati, perché pare che i monsignorini del Vicariato fossero troppo impegnati a fare battute su di me quando osai presentarmi in più occasioni nei loro uffici con la vesta talare indosso, recepita come se quel mio vestimento ecclesiastico rappresentasse chissà quale oltraggio alla altrui lesa maestà clericale; o meglio alla maestà di coloro che, anziché ridere sulla mia talare ― che di prassi io indosso e porto sempre tutti i giorni ―, forse avrebbero dovuto curarsi dei non pochi preti che in jeans e t-shirt andavano a “palpare l’uccello” in mezzo alle gambe ai cubisti che danzavano seminudi nei locali gay del Testaccio.
Quando segnalai l’andirivieni di preti in questi locali gay, in toni rasenti la minaccia mafiosa mi fu fatto chiaramente capire che se volevo vivere bene a Roma, dovevo imparare a farmi gli affari miei; e in tal senso fui invitato a fare mia ed a vivere quella perniciosa omertà clericale così ben raffigurata dal regista e dagli attori de “Il caso di Spotlight”. Trascorso meno di un anno, mentre nell’estate del 2010 mi trovavo in Germania per studi di approfondimento, fui raggiunto telefonicamente da un mio familiare che mi disse: «Puoi procurarti il settimanale Panorama?». E mi spiegò: «A partire dalla copertina in poi ci troverai scritto tutto quello che tu hai segnalato per tempo ma inutilmente all’Autorità Ecclesiastica». E il titolo sulla copertina era il seguente: «Le notti brave dei preti gay» [vedere QUI]. Cuore del servizio erano i resoconti, corredati di filmati dei festini gay nei locali del Testaccio ai quali partecipavano vari preti, uno dei quali osò persino celebrare al mattino la Santa Messa nel salotto dell’appartamento nel quale s’era dato ai baccanali sodomitici col suo amico occasionale, presente anch’esso alla sacra celebrazione [vedere filmati QUI].
Dinanzi a simili evidenze, pensate che l’Autorità Ecclesiastica mi abbia convocato e detto: “… prendiamo atto che avevi ragione e che con anticipo ci avevi indicato il vero, indicandoci persone e situazioni scabrose, ma purtroppo noi non abbiamo agito”? Giammai! Ed è stato proprio perché avevo ragione, in quanto ci avevo visto giusto, che sono stato sottoposto più volte ad angherie dai caporioni dell’esercito degli omertosi che mi hanno giudicato reo di negata omertà clericale. Perché come potete ben capire, l’importante è che la Chiesa domandi perdono agli ebrei, ai musulmani, ai luterani, ai pentecostali, agli indigeni … insomma: a tutti, meno che ai propri devoti sacerdoti, che a loro serio pericolo hanno rischiato all’occorrenza il tutto e per tutto, pur di cercare in qualche modo di difenderla.
Eppoi, parliamoci chiaramente, perché, specie in questo clima di soffocante mediocrità ecclesiastica, se io avessi accettato le regole omertose del gioco e tutto ciò ch’esso comporta, non solo sarei già diventato titolare di una cattedra in una università pontificia, non solo avrei avuto ben altro genere di sistemazione, non solo sarei stato immesso negli àmbiti della cosiddetta più prestigiosa carriera ecclesiastica … di più ancora: forse, dopo un breve periodo di anni, mi sarei persino ritrovano a “pavoneggiarmi” con la mitria in testa e il pastorale in mano in mezzo a un esercito di vescovi che vedono ma non vedono, che sanno ma che fingono di non sapere, che chinano il capo dinanzi ai prepotenti e che bastonano i deboli, che non di rado puniscono le vittime e difendono i carnefici. E la mia è stata — ritengo da sempre —, la scelta giusta, perché non ho mai puntato all’immediato presente, ma all’eterno, vale a dire alla salvezza della mia anima che aspira a raggiungere la visione beatifica nel mistero trinitario del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, al quale intendo guidare anche molti altri Christi fideles come pastore in cura d’anime. E per puntare all’Eterno bisogna scegliere di necessità la croce, senza la quale non c’è risurrezione.
Quando nel 2009 dissi a un membro della Congregazione per la dottrina della fede che il giovane Mons. Krzysztof Charamsa, persona amabile e bravo teologo dogmatico, era palesemente gay [cf. QUI]; quando spiegai che nei suoi studi sulla “teologia” della “sofferenza umana” [cf. QUI] avevo individuato celato dietro le righe il disagio proveniente a monte da un suo stato interiore umano-affettivo riconducibile sicuramente alla sua sessualità, ecco che per tutta risposta, questo autorevole membro, incontrando appresso l’allora mio Vescovo, lamentò che io vedevo omosessuali dovunque e che ero ossessionato dagli omosessuali nella Chiesa. Anche in quel caso, l’allora mio Vescovo, anziché rimproverarmi mi disse: «Il problema, non è che gli omosessuali li veda tu, il problema è che invece non li veda lui!».
Domanda a posteriori a dir poco lecita: dopo il pubblico coming-out di Mons. Charamsa, giunto in giovane età alla prestigiosa carica di segretario aggiunto della Commissione teologica internazionale, che cosa dovrebbe dirmi, oggi, questo allora membro della Congregazione per la dottrina della fede, promosso in seguito anche vescovo per la sua “lungimiranza” estrospettiva?
Trovo davvero impressionante che questi prelati e prelatoni, seppure consapevoli di avere sbagliato, di avere rimproverato in passato uno che aveva ragione solo perché diceva e indicava loro il vero; che sebbene consapevoli che di fatto io avevo visto giusto mentre loro di fatto no, per nessuna ragione al mondo ammetterebbero mai di essersi sbagliati, al costo di negare persino l’evidenza dei fatti. O forse perché sono troppo impegnati nella penosa “liturgia” delle scuse presentate e rivolte da Santa Madre Chiesa agli ebrei, ai musulmani, ai luterani, ai pentecostali, agli indigeni … insomma: a tutti ― come dicevo poc’anzi ― meno che ai propri devoti sacerdoti?
E chiudo questa lunga “litania” con l’ultima in ordine di serie: mesi fa, previa diretta conoscenza della persona, della situazione e dei fatti, informai un vescovo toscano che un giovane uomo andava tenuto prudentemente a distanza dal contatto con gli adolescenti negli ambiti parrocchiali, perché affetto da comprovati istinti efebofili. Indirizzai presso un rispettabile presbitero di quella diocesi, dotato di esperienza psicologica, un docente di mia conoscenza ad accompagnare presso di lui uno degli ex adolescenti palpeggiati in passato da questo personaggio, mosso da un rapporto tutto da definire con la fede e la Chiesa, entrambe vissute in una sorta di dimensione estetico-decadente dal sapore di “Morte a Venezia” di Thomas Mann. Ovviamente scrissi una dettagliata informativa a questo vescovo, il quale, quando nel maggio del 2015 lo incrociai presso la plenaria della Conferenza Episcopale Italiana ― dove mi ero recato per salutare alcuni prelati e incontrare altri che mi volevano parlare ―, in risposta alla mia lettera-relazione replicò che lui non era un magistrato e che se avevo qualche cosa da denunciare dovevo rivolgermi non a lui ma alla magistratura. E pochi mesi dopo, questo vescovo, non trovò di meglio da fare che dare prova della propria massima scelleratezza ammettendo questo efebofilo, cultore del bello e dell’estetica liturgico-musicale, nel proprio seminario.
Inutile a dirsi: se questo soggetto divenisse per nostra somma disgrazia prete, ed una volta prete palpeggiasse un adolescente, io prenderò immediatamente la mia relazione inviata a suo tempo, i testimoni mandati a rendere testimonianza privata a quel vescovo e, senza alcuna esitazione, mi rivolgerò alla magistratura, ma non per denunciare l’efebofilo colto sul fatto, ma il vescovo. E nel mio esposto preciserò che non solo costui non mi ha prestato ascolto quando lo avvisai per tempo con dovizia di prove, ma che dopo essere stato informato di tutto punto sul soggetto ad altissimo rischio, reputò cosa buona e giusta ammetterlo nel proprio seminario. E vedremo, specie con i tempi che corrono oggi, con che faccia questo vescovo dirà ai magistrati che non sapeva niente; o con quale spirito oserà sostenere dinanzi ai giudici che lui non è un magistrato e che quindi, non essendo tale, non aveva alcun dovere e obbligo di vigilare sulla diocesi a lui affidata, al punto tale da ammettere senza problema una volpe dentro il pollaio, sebbene di ciò fosse stato avvisato per anticipo e con tutti i dettagli del caso.
Che la Chiesa abbia emanato documenti in materia è fuori dubbio, come è fuori dubbio che il Venerabile Pontefice Benedetto XVI scrisse una memorabile Lettera pastorale ai cattolici dell’Irlanda [cf. QUI], da me considerata uno tra i più importanti atti del suo apostolico ministero pastorale e per questo più volte riportata nel mio saggio già precedentemente citato. Documento nel quale, il Sommo Pontefice allora regnante, spiegò come e in quale pericolosa misura molti vescovi non abbiano tenuto conto, ed in che modo seguitino a non tenere conto di quelle esortazioni, proseguendo imperterriti ad ammettere nei loro seminari sempre più vuoti dei veri e propri eserciti di asessuati — nell’ipotesi migliore —, se non peggio delle persone che palesano una evidente carenza di testosterone maschile e che ricercano nell’apparato estetico, ed in specie estetico-liturgico o estetico-ecclesiastico, il loro punto di rifugio, di sfogo e purtroppo anche di sicura carriera, che di prassi e di rigore fanno, perché se da una parte mirano a riscattarsi, dall’altra mirano all’esercizio del potere sugli altri attraverso ruoli di gran rilievo.
Nel corso degli ultimi anni non è mancata su certi gravi temi né la lungimiranza dei Sommi Pontefici né i documenti che danno precise direttive, come quello nel quale si esorta alla non ammissione nei seminari delle persone con tendenze omosessuali [cf. QUI]. Il problema è che quando un “sistema di governo” si trova a essere infettato proprio da queste persone ormai finite inserite nei ruoli chiave di comando, la conseguenza può essere questa: io finisco per due anni a celebrare la Santa Messa sine populo nelle Catacombe assistito dal mio allievo e collaboratore, mentre non pochi “vescovi-madama” che agiscono con l’umoralità tipica delle donne in menopausa, non trovano di meglio da fare che prendere uno dei propri prediletti gay e nominarlo direttamente rettore del seminario, altro che … non ammissione nei seminari delle persone con tendenze omosessuali! Purtroppo, in non pochi seminari e noviziati religiosi, i primi gay sono risultati essere proprio i formatori. E se non si vuol credere a me, che allora si creda alle sentenze date dai tribunali penali in vari paesi dell’Europa, inclusa l’Italia, sulla base di fatti e prove di una vergogna e di uno squallore tale da deturpare la povera Chiesa di Cristo col lancio delle peggiori sostanze organiche sul suo volto.
Quali soluzioni indicai, nelle pagine di quel mio studio? Anzitutto la soluzione ovvia: con autorità, severità e coraggio, alle vipere andava tagliata la testa. Questo scrivevo nel 2011, salvo vedere diverse di queste vipere diventare uno dietro l’altro vescovi nei successivi anni.
Come mai giudico non sbagliato ma devastante, che tutt’oggi vi siano ecclesiastici che seguitano a pensare che se uno ha tendenze omosessuali, ciò che conta è che non eserciti fisicamente la propria omosessualità? Giudico questo sbagliato perché, la morale cattolica, troppo a lungo si è incentrata solo sulla dimensione fisico-sessuale e poco su quella psicologica, dimenticando che il sesso e la sessualità è anzitutto una questione mentale, un abito mentale. E come ho affermato in passato, seguito tutt’oggi a ribadire che l’omosessuale represso, colui che non dà alcun genere di sfogo fisico ai propri impulsi sessuali, è da sempre più pericoloso di quello che perlomeno si sfoga in rapporti sessuali con altri uomini. Il represso, da me anche definito come “omosessuale psichico”, è più pericoloso perché vive in una dimensione di cattività e di sempre maggiore incattivimento che trova principalmente sfogo in tre cose: nel perverso piacere a lui derivante dal recare male agli altri, nella brama di potere e nello sfrenato carrierismo, nell’attaccamento ai soldi ed ai beni materiali. Queste persone sono inoltre ricattabili, facilmente manipolabili dai loro “benefattori”, pronti a tradire ed a violare la segretezza, se devono in tal modo rendere grazie o beneficiare i propri padrini, o più semplicemente proteggere uno dei membri della loro gaia confraternita. Per questo ribadisco: gli “omosessuali psichici” che si sono auto-repressi sono peggiori, perché in modo peggiore sfogano la propria repressione in danno della Chiesa e spesso dei preti buoni è sani, che da sempre sono le loro vittime preferite, sotto gli occhi sempre più impotenti dei vescovi e delle autorità ecclesiastiche.
Nella nostra società schizofrenica dove domina l’ideologia gender, la Chiesa sta mostrando una desolante debolezza e inadeguatezza. Per esempio: come mai, ogni volta che giornali, siti e blog della potente Lobby Gay ci sbattono in faccia gli immancabili “preti pedofili”, nessuno ha il coraggio di replicare che la maggior parte dei presunti preti pedofili, lungi dall’esser tali, in verità sono preti omosessuali, meritevoli come tali di tutte le migliori protezioni e tutele da parte di quella onnipotente madre socio-politico-economica nota come Lobby Gay?
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Quando si tratta di noi preti, accade infatti per incanto che i gay affetti da “puri” e “meravigliosi“ istinti omosessuali, meritevoli come tali di tutela e in caso contrario di accuse d’omofobia gridate verso chiunque osi dissentire, diventano putacaso dei pedofili. Un arcano, questo, che adesso vi spiegherò io, visto che la tremebonda autorità ecclesiastica non lo ha ancora spiegato, pur avendo a disposizione una caterva di riviste cattoliche, agenzie stampa e uffici per le comunicazioni sociali. Rasserenatevi comunque, cari cattolici, perché grazie a Dio c’è L’Isola di Patmos, giovanneo luogo dell’ultima rivelazione, con i suoi agguerriti Padri che non hanno padrini e padroni all’infuori di Nostro Signore Gesù Cristo.
La verità è che i preti si screditano in due principali modi, o meglio con le due famigerate “esse”: sesso e soldi. Beninteso: come clero, negli ultimi anni abbiamo dato il peggio di noi stessi in scandali patrimoniali ed a sfondo sessuale. Basti tornare al paradigma dell’Arciabate di Montecassino, che a quanto sino ad oggi appurato è arrivato a spendere in capricci, ed in specie in capricci di carattere sessuale, 36.000 euro in un solo mese. Prima di proseguire apro però la dolente parentesi che l’Autorità Ecclesiastica s’è guardata dall’aprire: quale genere di rapporto “malato” intercorreva tra il precedente Arciabate di Montecassino, Dom Bernardo D’Onorio [1983-2007], promosso in seguito Arcivescovo di Gaeta [2007], ed il suo successore Dom Pietro Vittorelli [2007-2013]? Perché a volere il Vittorelli prima responsabile della formazione dei monaci come maestro dei novizi e animatore vocazionale ― sempre per tornare al discorso delle volpi poste a guardia dei pollai ― appresso come suo segretario particolare, fu proprio l’allora Arciabate Bernando D’Onorio. Pertanto domando: è legittimo chiedersi dove mai avesse gli occhi e con essi la sapienza e la cristiana prudenza, quell’asessuato psichico dell’Arciabate Bernardo D’Onorio, nel porre in simili ruoli delicati una persona dalla evidente sessualità disordinata come Pietro Vittorelli? E mentre un asessuato passava il proprio pastorale ad un sessuato disordinato, in quali faccende erano affaccendate le Autorità della Santa Sede, alle quali spetta la accettazione e poi la conferma della nomina dell’Arciabate di Montecassino? Perché, come potete ben vedere, certi drammi nascono da una diabolica catena che nessuno s’è preso ancora cura di interrompere, perché per farlo sarebbe necessario andare contro intere cordate di amici degli amici degli amici … E chi ha elementi ragionevoli per smentirmi, che mi smentisca, all’occorrenza anche a colpi di querele, non vedo l’ora di riceverne almeno una! E qualora qualche Autorità Ecclesiastica sollevasse un sospiro su quanto sin qui da me affermato, semmai accusandomi di “irriverenza” e di “inopportunità”, a mia difesa chiamerò una squadra di periti urologi, andrologi e psicologi. E dopo ch’essi avranno periziato che il D’onorio, padre partoriente del mostro Vittorelli, sprizza in realtà virile testosterone maschile da tutti i pori della pelle, io mi genufletterò a chiedere pubblicamente perdono, mi ritirerò a vita privata e non scriverò più neppure un articolo, anzi non scriverò più manco il mio nome. E se proprio sarò obbligato a firmare lo farò con una “X” al fermo scopo di non scrivere, a riprova che un vero uomo e un vero prete — se proprio non vuole e non può essere omertoso — allora è bene che non scriva neppure, perché deve essere sordo, cieco, muto e anche analfabeta.
Sui giornali ultra laicisti, sui siti e sui blog della potente Lobby Gay, chiunque può leggere le parole di fuoco scritte sull’Arciabate di Montecassino Pietro Vittorelli, riguardo il quale, agli ultra liberisti, agli omosessualisti e agli ideologi del gender che lo hanno additato alla pubblica gogna, manca però un passaggio fondamentale che in malafede ignorano: il Vittorelli non era né un pedofilo né un pericoloso bancarottiere, ma semplicemente un omosessuale impenitente, che posto in un ruolo di governo, o se preferiamo di potere, ha usato mezzi e danaro per spassarsela in giro per il mondo con giovanotti pagati un tanto a centimetro, in base alla lunghezza ed alla circonferenza del loro membro virile. Esattamente come fanno da sempre buona parte dei gay che, avendo soldi a disposizione, possono permettersi capricci pagandoli all’occorrenza con viaggi, con vestiti firmati, con soggiorni in hotels a cinque stelle … il tutto un tanto a centimetro, calcolato sia per la lunghezza sia per la circonferenza del membro virile del loro ganzo di turno. Se poi alla fine gli gira, certi gay si prendono anche un utero in affitto, pagano una donna semmai bisognosa e si fabbricano un bimbo giocattolo ad uso e consumo del loro incontenibile egoismo satanico. E sinceramente, per me, fare questo e promuovere il tutto come “diritto”, è cosa molto peggiore del sottrarre ― come ha fatto il Vittorelli ― soldi alla Caritas per pagarsi i marchettari, con buona pace del neo-papà-gay Nichi Vendola appena ritornato alle porte dei sessant’anni da una fabbrica americana di bambini con il suo compagno che a sua volta potrebbe essere suo figlio. Perché dinanzi a questa gente, non dico sarei pronto a riabilitare l’ex Arciabate di Montecassino, ma sicuramente a considerare, in debita proporzione, quanto la sua colpa sia minore. Ben maggiore è infatti la colpa di una Gianna Nannini, di un Elton John e di un Nichi Vendola che si fabbricano bambini a proprio uso e consumo. Mentre infatti il marchettaro adulto è libero e consenziente nei propri mercimoni con prelati e preti altrettanto adulti e consenzienti, un bimbo o una bimba posti in simili disumane condizioni, non sono né liberi né consenzienti di scegliere simili aberrazioni destinate a segnare tutta la loro esistenza in modo negativo e profondamente traumatico.
Domanda: se questo e altro ancora è lecito a tutti i danarosi omosessuali che sulla toccante musica di Sir Elton John strepitano “gay è bello”, perché mai non dovrebbe essere altrettanto per l’ex Arciabate di Montecassino? Mi stupisco quindi che proprio le Lobby Gay non lo abbiano protetto, né che abbiano scritto che tutto sommato è stato un grande a spassarsela come ha potuto, esattamente come sono abituati a fare i ricchi lobbisti gay.
Anziché averli protetti come omosessuali sulla base del genderista “dogma” di “fede” che “gay è bello”, proprio i lobbisti gay hanno invece letteralmente massacrato nel tempo svariati ecclesiastici, usando spesso anche il braccio armato delle Iene di Italia Uno, che sono andate a scovarli e filmarli di nascosto uno per uno. E sono quelle stesse Iene che al tempo stesso proteggono la cultura del gender, i matrimoni tra coppie dello stesso sesso ed il loro “diritto” ad adottare o fabbricarsi e comprarsi dei bambini.
Ebbene io sfido chiunque a trovarmi un membro della comunità scientifica, nell’ambito specialistico della neurologia, della neuropsicologia, della psichiatria e della psicologia clinica, disposto a sostenere che un adulto che abbia oggi un rapporto sessuale con un ragazzo consenziente di 16/17 anni, che semmai si prostituisce già da tre o quattro anni e che a 10/11 anni aveva interi archivi di film porno collezionati nel suo computer e nel suo telefono cellulare, sia un pericoloso pedofilo. Credo infatti che nessun membro della comunità scientifica asserirà mai una cosa del genere, specie sapendo a quali livelli di conoscenza e di degenerazione sessuale sono già giunti molti nostri giovani all’età di 13/14 anni.
A Roma c’è un ospedale che cura malattie infettive anche legate all’apparato sessuale. Ora io invito chiunque a fare quattro chiacchiere con gli specialisti di questo ospedale, che è il San Gallicano, perché sarà loro premura spiegare quanti adolescenti di ambo i sessi in fascia d’età compresa tra i 14 ed i 16 anni giungono con gravi infezioni per avere praticato cosucce amene che, come noto e risaputo, sono proprio … “tipiche” della “prima adolescenza”, per esempio i rapporti cosiddetti anali, i rapporti cosiddetti orali, i rapporti cosiddetti di gruppo dove basta una sola persona infetta per trasmettere l’infezione a tutti, od il contatto della bocca e della lingua con la vagina e con l’orifizio anale … e via dicendo …
Per salvarmi dalla disapprovazione di quei pochi soggetti pronti a manifestare scandalo dinanzi a certi dettagli legati alla sfera sessuale forniti da un prete, chiarisco e preciso che volendo essere capito da tutti in certi miei scritti, indirizzati al grande pubblico e non solo ai teologi o agli specialisti, mettermi a sfoggiare latinismi clinici, che pure conosco, per indicare l’esistenza di precise realtà, sarebbe cosa non opportuna, se non rasente il ridicolo e soprattutto quello spirito pudibondo che non va mai confuso col valore umano, sociale e cristiano del pudore. Se infatti dei ragazzini e delle ragazzine di 14 anni finiscono con gravi infezioni al San Gallicano perché una ragazzina già navigata ha trasmesso una infezione alla bocca di un coetaneo che gli ha cacciato la lingua nella vagina e nell’orifizio anale, capite bene che è inutile usare eufemismi. E se questo accade, credo sia urgente porsi qualche serio quesito, specie poi se uno di questi adolescenti si lascia palpeggiare ben volentieri da un prete in cambio dell’Ipad nuovo, che volendo possiamo e dobbiamo anche chiamare perverso e pervertito, che dobbiamo isolare, condannare e sospendere dall’esercizio del sacro ministero, sempre però indicandolo col suo vero nome, che è quello di “omosessuale”, non quello di “pedofilo”, al massimo possiamo indicarlo come efebofilo. E come omosessuale, o come efebofilo, questo prete, secondo le tendenze contemporanee, andrebbe anche tutelato e se attaccato protetto con una levata di scudi da parte della Lobby Gay al grido di “omofobo, omofobo!” diretto verso chiunque osi mettere in discussione i suoi legittimi gusti sessuali.
Dal ludico discorso sugli orifizi e dalle malattie infettive dei minori più navigati di quanto non lo fossero i cinquantenni di mezzo secolo fa, vorrei concludere passando ad una risposta data dal Vicario Generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma, Cardinale Agostino Vallini, riguardo il quale rimando alle immagini video in cui egli risponde, nella propria veste di Presidente della Conferenza Episcopale del Lazio, riguardo le prodezze dell’ex Arciabate di Montecassino, che come tale fu per diversi anni membro della Conferenza Episcopale Italiana e quindi della locale Conferenza Episcopale del Lazio. Il Cardinale Vallini, noto anche come il più grande canonista del mondo, dinanzi alle gesta del Vittorelli, facendo uso di un linguaggio tipico dei politicanti e non dei pastori in cura d’anime, riferendosi unicamente a degli illeciti patrimoniali ha dichiarato che se la magistratura riscontrerà gli elementi per procedere con una condanna, in tal caso la Chiesa di Cassino si costituirà parte civile attraverso una azione risarcitoria (!?) [cf. filmato con intervista QUI]. Insomma: erano anni che il Vittorelli conduceva una vita non consona, che frequentava i più discussi salotti romani, che si assentava come e quando voleva dall’abbazia, che faceva vacanze lussuose; ma soprattutto era palese a chiunque che le sue pose ed il suo modo di porgersi erano più simili alle movenze di una principessa capricciosa anziché ad un uomo formatosi nel rigore del chiostro monastico, ma soprattutto ad un uomo. E nonostante tutto questo, qualcuno vuol farci credere che nessuno sapeva … che nessuno si era mai accorto di niente?
Avrei pure un’altra domanda da rivolgere a quanti oggi si stracciano le vesti perché a loro dire non sapevano niente. Questa la domanda: gli agenti della squadra anti-narcotici, quanto tempo prima dello scoppio dello scandalo, fecero trapelare in modo discreto alle Autorità Ecclesiastiche che questa principessa-prelato usava droghe? Perché in via del tutto informale e riservatissima, con me alcuni addetti della anti-narcotici, si consultarono agli inizi del 2012, trovandosi a trattare il delicatissimo caso di questo prelato alquanto in vista che tra l’altro acquistava illecitamente e deteneva altrettanto illecitamente sostanze stupefacenti quali ecstasy, cocaina e crack. E oltre a fare niente, cosa fece l’Autorità Ecclesiastica, seppure informata? Forse cominciò a preparare il rito dello straccio delle vesti e dell’addolorato “non sapevamo”, da usare nel giorno in cui sarebbe scoppiato l’inevitabile scandalo pubblico, come prova il video qui riprodotto dal quale sprizza tutta l’immane sofferenza del Presidente della Conferenza Episcopale del Lazio, primo in testa a tutti nel … non sapere niente? [cf. filmato con intervista QUI]
Sinceramente, sul piano della morale cattolica e del Diritto Canonico, l’appropriazione e lo sperpero dei soldi, nel caso di specie testé richiamato è solo la conseguenza di disordini molto più gravi e tutti quanti riassunti nella vita dissoluta del Vittorelli, che con atteggiamenti ed espressioni tali da nauseare persino il dissacrante Marchese de Sade, nelle telefonate e nei numerosi messaggi intercettati attraverso i quali comunicava con i marchettari gay suoi fornitori di servizi sessuali più o meno forti, soleva definire la droga, il sesso e il vizio come “Paradiso”. Naturalmente mai nessun tribunale italiano condannerà l’ex Arciabate di Montecassino per avere praticato in lungo e in largo l’omosessualità, né per l’uso personale di droghe, né per avere avuto attorno a sé una corte di giovanotti, né per avere ricercato nei siti gay giovanotti adulti e consenzienti che fossero particolarmente dotati in mezzo alle gambe, perché nulla di tutto questo è perseguito ed è perseguibile dal Codice di Diritto Penale.
Ecco quindi la mia domanda precisa e per nulla nebulosa rivolta al più grande canonista del mondo: non è che per caso, in attesa della sentenza del tribunale penale italiano, il tribunale ecclesiastico, nel foro delle sue competenze, avrebbe già dovuto agire e procedere da tempo attraverso severissime pene canoniche erogate a carico di questo indegno ecclesiastico finito per somma disgrazia dell’intera cattolicità a capo e guida della storica abbazia madre dell’Occidente? E una volta erogate queste pene canoniche, non sarebbe stato opportuno darne pubblica notizia, per chiarire in che modo e all’occorrenza con quale severità la Chiesa cala la misericordiosa scure su certi suoi figli indegni e forieri di immani scandali pubblici? Nulla di tutto questo è però avvenuto, perché il Cardinale Vallini, che a quanto pare sembra essere emblema dell’iper-garantismo giuridico e che forse s’è scoperto d’improvviso più liberale di Cavour, più garibaldino di Garibaldi e più repubblicano di Mazzini, del tutto dimentico di essere stato per anni anche Presidente del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, dichiara e precisa di essere in attesa del … giudizio del tribunale penale dello Stato affinché sia poi valutato come agire (!?).
Ecco, io spero che nessuno, nelle alte sfere politiche e amministrative della Repubblica Italiana, scopra che in casa nostra abbiamo un canonista di tal fatta, perché potrebbero “rubarcelo” per nominarlo prima Presidente della Suprema Corte di Cassazione e poi appresso senatore a vita.
Detto questo adesso capite, cari lettori e lettrici dell’Isola di Patmos, a chi siamo in mano da anni e anni? Siamo in mano a delle biciclette che si mettono sulla pista dell’autodromo di Monza nella sicura convinzione di poter correre come delle Ferrari. Siamo in mano a persone avviluppate dalla più desolante mediocrità ma al tempo stesso convinte che il Popolo di Dio sia composto da villici beoti del contado incapaci di capire e cogliere la immane gravità dei loro giri di parole, come appunto il più grande canonista del mondo che asserisce di attendere la sentenza di condanna dello Stato — riguardo reati a sfondo patrimoniale — per poi vedere eventualmente come procedere a carico di un prelato che ha gestito la propria vita come s’essa fosse stata un lupanare dell’antica Pompei; un vivere comprovato che però, se non sarà dichiarato tale dal tribunale dello Stato, nulla potest il tribunale ecclesiastico?
Poste queste premesse, io potrei tranquillamente prendere e mettere in atto la canzone di Lucio Battisti che motteggia «Dieci ragazze per me, posson bastare» [cf. QUI]. E nessuno potrebbe dirmi niente e meno che mai sanzionarmi canonicamente, perché se dinanzi al Vittorelli che s’è ripassato giovanotti in lungo e in largo, il Vicario Generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma, Presidente della Conferenza Episcopale del Lazio, oltre che più grande canonista del mondo e già Presidente del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, dichiara di attendere di sapere dalla sentenza del tribunale penale italiano se vi sono figure di reato di rilievo squisitamente patrimoniale per poi eventualmente agire, sorvolando su una vita improntata su una immoralità che ha veramente del satanico; ciò premesso capite bene che io posso spassarmela senza alcun problema morale con dieci ragazze, che come diceva il Battisti «posson bastare». Il tutto senza che alcuna legge ecclesiastica mi persegua canonicamente, a meno che il tribunale penale italiano non stabilisca che per un prete, spassarsela con dieci ragazze, è reato; ma non credo che lo stabilisca mai, semmai potrebbero darmi un diploma di benemerenza e forse la cittadinanza onoraria del luogo in cui il fattaccio s’è svolto, qualora dimostrassi di averle rette e rallegrate tutte quante.
Memore che a certi caporioni nessun Caso Spotlight insegna niente e che tutt’oggi pretendono di seguitare a stracciarsi le vesti al falso grido addolorato del “non sapevamo”, auguro nell’anno giubilare al più grande canonista del mondo di poter terminare quanto prima il proprio mandato come Vicario Generale di Sua Santità, dedicando il tempo di vita che la grazia di Dio deciderà di concedergli, a chiedere perdono a Cristo per i danni da lui recati alla Chiesa, in particolare alla Chiesa del Vescovo di Roma, al quale forse qualcuno, dalla sua efficiente Segreteria di Stato, farebbe bene a stampare e portare questo mio scritto, perché sin quando ai Vallini ed ai loro adulanti scagnozzi in carriera si permetterà di bastonare i preti come me, i danni che di conseguenza ne deriveranno alla Chiesa saranno sempre più incalcolabili e irreversibili.
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dall’Isola di Patmos, 3 marzo 2016
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Appendice postuma [7 marzo 2016]
SEGNALIAMO CON PIACERE UN ARTICOLO COMPARSO SU SIR (SERVIZIO INFORMAZIONE RELIGIOSA) ALCUNI GIORNI DOPO LA PUBBLICAZIONE DI QUESTO NOSTRO ARTICOLO DI ARIEL S. LEVI di GUALDO
per aprire cliccare QUI
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Appendice postuma [4 marzo 2016]
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SEGNALIAMO UNA NOTA MOLTO INTERESSANTE DEL 4 MARZO A CURA DI
FEDERICO LOMBARDI, S.J.
PORTAVOCE UFFICIALE DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE
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Per aprire cliccare QUI
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Cari Lettori.
Vi ringraziamo per averci offerto il vostro prezioso sostegno grazie al quale possiamo provvedere alle spese di gestione dell’Isola di Patmos per l’anno 2016. Di tanto in tanto vi preghiamo di ricordarvi di noi e del nostro lavoro scientifico e pastorale che, come avete in concreto dimostrato, merita il vostro sostegno economico..
E di ciò vi siamo profondamente grati.
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Purtroppo l’omertà clericale non si ferma solamente alle problematiche di origine sessuale… anche perché se tu segnali un problema all’autorità ecclesiastica, tu diventi il problema…
… nessuno, per adesso, dedito alla ingegneria meccanica…
le do un’informazione: Alan Turing, il padre dell’informatica (fisico, matematico, ingegnere elettronico), era omosessuale… suicidatosi per essere stato condannato per la sua omosessualità da un tribunale britannico alla castrazione chimica…
Vuole l’ultima parola? Se la prenda e se la tenga.
E se ha tempo si legga questo libro:
http://www.ilfoglio.it/cultura/2016/03/13/ecco-il-libro-per-smontare-chi-fa-sarcasmo-su-chiesa-e-cristianesimo___1-v-139323-rubriche_c253.htm
Reverendo Padre, potrebbe approfondire il gusto estetico liturgico, musicale ed ecclesiastico degli omosessuali?
A cosa è dovuto e che preferenze hanno?
Riguarda anche gli omosessuali casti?
Caro Riccardo.
Provi a fare un parallelo con la società secolare. E’ notoriamente risaputo che le personalità omosessuali abbondano in certi settori, per esempio tra gli stilisti nel mondo dell’alta moda, o tra i più bravi parrucchieri, tra gli specialisti in arredamenti e architettura d’interni, etc … molto più difficilmente li troveremo cimentati in altri generi di specialità. Per esempio: nel corso della mia vita ne ho conosciuti molti dediti, ed anche con gran successo, al designer, nessuno, per adesso, dedito alla ingegneria meccanica. Ne ho conosciuti altri che avevano le boutique di moda più belle ed esclusive, ma non ne ho conosciuto ancora uno dedito alla gestione di una macelleria industriale.
Ciò non vuol dire che certi “mestieri” siano per omosessuali e altri per cosiddetti maschiacci rudi, intendiamoci bene; diciamo solo che – di fatto – certe professioni o arti li attraggono da sempre e che da sempre, in esse, molti hanno risultati professionali e artistici eccellenti.
Articolo molto ben documentato e nella maggior parte dei passaggi abbastanza condivisibile. L’unica cosa sulla quale sono in disaccordo con lei, caro padre è la distinzione che lei fa tra preti omosessuali che praticano e preti omosessuali che sarebbero repressi perchè non praticano..Più che di repressione chiedo: può essere in taluni casi una sublimazione come avviene anche per gli eterosessuali? Dico questo perchè la tendenza omosessuale non costituisce un peccato ma solo un disordine, più o meno accentuato che tutti – omo ed etero- abbiamo a causa del peccato originale. Se un cristiano con tendenza omosessuale, non condivide la cultura gay e i suoi diktat ma vive la sua tendenza come una croce o come una prova, può essere un buon cristiano. Perchè questo discorso non può valere per un sacerdote?
Caro Gianfranco.
Anzitutto, il sacerdozio – che può essere spesso anche una croce da portare – non va vissuto però come una croce, anzi: proprio quando si è chiamati alla croce, noi sacerdoti dobbiamo cercare di “mutare il pianto in gioia” [Sal 30].
Lei mi conferma quanto io parli davvero inutilmente e quanto altrettanto inutilmente tenti da anni di spiegare la dimensione psicologica della sessualità, il fatto che la sessualità è anzitutto un movimento della psicologia che condiziona di conseguenza l’intera esistenza umana, ossia il fare, l’agire, l’essere, il divenire, le relazioni, i rapporti …
E immancabilmente mi ritrovo a interloquire con persone che, come lei, tirano il ballo la castità, la continenza … “si, però, se l’omosessuale non pratica sessualmente l’omosessualità e si mantiene casto”.
Scusi, ma nel mio articolo, che può essere naturalmente opinabile, non ho forse spiegato come e perché, a mio parere, l’omosessualità psichica dell’omosessuale che auto-reprimendosi non pratica l’omosessualità fisica, può essere molto peggiore rispetto all’omosessualità di colui che, perlomeno, si sfoga fisicamente e sessualmente? E ho anche spiegato che, l’omosessuale represso, colui che apparentemente è casto e continente, la propria radicale omosessualità psicologica la sfoga in altri modi e sempre e di rigore molto dannosi nei confronti della Chiesa.
Lei domanda: «Se un cristiano con tendenza omosessuale, non condivide la cultura gay e i suoi diktat ma vive la sua tendenza come una croce o come una prova, può essere un buon cristiano. Perché questo discorso non può valere per un sacerdote?».
Le rispondo: no. Ciò non può e non deve assolutamente valere per un sacerdote, perché un sacerdote è chiamato a essere anzitutto se stesso, a manifestarsi sempre per ciò che realmente è, non certo a vivere nel nascondimento e nella doppiezza.
Questo discorso non vale per il sacerdote che, per essere veramente tale, deve essere un vir probato, deve essere un maschio dotato di naturale attrazione e di naturali pulsioni sessuali verso le donne. Il sacerdote, attraverso il celibato e la castità, è chiamato a mutare questa naturale attrazione e pulsione “in altro”, in un atto di donazione totale, attraverso il quale egli non compie stoiche rinunce al sesso, non si auto-castra, tutt’altro: trasforma la propria sessualità ed i propri naturali impulsi sessuali in un altro modo di donare e di amare. Per questo il Signore Gesù, usa l’espressione di «eunuchi per il Regno dei Cieli» [cf Mt 19,12].
L’errata convinzione “ma se è casto e non pratica l’omosessualità” ci ha portati al punto in cui di fatto siamo: una Chiesa letteralmente invasa, oggi, da “omosessuali psicologici”, con tutto ciò che ne consegue, a prescindere dal fatto che pratichino e non pratichino l’omosessualità.
Ok ho compreso la sua posizione. Tuttavia ho conosciuto persone omosessuali che praticano con coraggio la continenza, vivendo appunto la loro condizione come una prova, vissuta nella gioia. (ognuno ha la sua croce quotidiana!) Le parlo di laici.
Di fatto rimangono nella chiesa molti sacerdoti con tendenza omosessuale che non condividono la cultura gay. Il documento della Congregazione per la dottrina che vieta alle persone omosessuali di entrare in seminario parla di tre categorie: 1) coloro che praticano; 2) coloro che presentano tendenze omosessuali profondamente radicate; 3)coloro che sostengono la cultura gay. Dunque c’è una distinzione tra persone con tendenze profondamente radicate e persone che la vivono come una condizione transitoria. Ho conosciuto personalmente religiosi evidentemente omosessuali, (le parlo di tendenza), ma di grande dedizione alla vita religiosa. Ovvio le parlo di foro esterno. Ma lei conoscerà meglio di me la situazione dal punto di vista del foro interno. Grazie per il chiarimento.
Caro Gianfranco.
Proverò a chiarirmi con tre diversi esempi legati entrambi al foro esterno.
1. Un giovane ultra ventenne, che anni prima aveva avuto varie esperienze sessuali, sia con donne sia per sfizio o come qualsivoglia trasgressione anche con giovani dello stesso sesso, dopo un radicale cambiamento di vita, si rivolse a me dicendomi che sentiva di essere chiamato alla vita sacerdotale e voleva in tal senso essere aiutato a capire se ciò era una sua illusione o se era veramente una vocazione. Mi aprì quindi la sua vita e la sua coscienza, preoccupato – a mio parere eccessivo, come gli dissi – per avere avuto nel complesso anche quelle specifiche esperienze sessuali. In lui riscontrai una vera e autentica vocazione al sacerdozio e in coscienza lo indirizzai verso una famiglia religiosa di vita contemplativa, ritenendo che quella fosse la sua vera vocazione. Sono trascorsi da allora tre anni e pare proprio che la scelta sia stata ottimale.
2. Un giovane trentenne, anch’esso desideroso di intraprendere il cammino vocazionale verso il sacerdozio, mi disse che da quando era adolescente era attratto da soggetti dello stesso sesso, ma che mai aveva avuto rapporti sessuali con essi. Cosa questa che lo rendeva particolarmente sicuro nel poter intraprendere la strada del sacerdozio senza problemi. Lo sconsigliai vivamente ed in modo molto deciso di avviarsi verso il sacerdozio. Il mio consiglio gli parve però troppo improntato sul “rigore radicale” e si rivolse a un altro direttore spirituale, che gli dette parere totalmente contrario al mio. Fu ammesso in un seminario, dal quale fu dimesso dopo un anno in modo molto discreto, visto che fu sorpreso sul fatto assieme al vice-rettore del seminario stesso, suo coetaneo, voluto in giovane età in quel ruolo dal vescovo di quella diocesi, malgrado il parere negativo dei presbiteri anziani.
3. Un altro giovane 23 anni, mentre era al primo anno di seminario mi spiegò che lui non aveva mai provato alcun genere di attrazione verso le donne e che proprio per questo aveva capito quale fosse la sua strada: il sacerdozio. In coscienza gli detti questo suggerimento: “Se come tu dici, nella tua vita, a partire dalla prima adolescenza a seguire, non hai mai provato attrazione verso le donne, in tal caso ti suggerisco una accurata e approfondita visita con un neurologo e poi con un urologo”. Lui riferì il tutto al rettore del seminario, il quale rispose: “quel prete” – cioè il sottoscritto – “è ossessionato dal sesso” (!?). E colse l’occasione per proibire anche ad altri due seminaristi che ogni tanto mi facevano visita, di avere contatti con me e soprattutto di chiedermi confessioni.
a 28 anni è ordinato sacerdote.
Un anno dopo la sua ordinazione è fuggito all’estero con un uomo di 42 anni dicendo in pratica “gay è bello” e “la Chiesa è antiquata sulla morale sessuale“. L’uomo navigato, però, dopo essersi preso il gusto di traviare un giovane prete debole e fragile, trascorso un mese e avuto il piacere dello scandalo, lo mollò su due piedi, dopo avere collezionato un capriccio in più da aggiungere alla sua lunga sequela di capricci da uomo ricco.
Il suo vescovo, non potendolo riaccogliere in diocesi dopo quello scandalo pubblico, si mise allora d’accordo con il vescovo di una diocesi collocata al capo opposto dell’Italia per farlo imboscare discretamente nella sua diocesi. Perché è così che si continuano a risolvere le cose.
la mia esperienza mi insegna che le persone con tendenze omosessuali, che nel mondo riescono a mantenersi anche caste, non si mantengono però tali nella vita sacerdotale, visto che il Demonio fa leva, da sempre, sulle nostre più segrete debolezze, geniale com’è a tirare fuori gli scheletri nascosti nelle parti più profonde degli armadi dei preti.
Tenga poi conto che quando il documento da lei citato dice «coloro che presentano tendenze omosessuali profondamente radicate», questo radicamento, a mio parere, va inteso soprattutto come un radicamento psicologico.
Detta fuori dai denti: un uomo traboccante testosterone, con la fede e la grazia di Dio può tenere a bada le proprie erezioni. Non altrettanto facile è invece per un omosessuale tenere a bada i propri istinti, che nascendo da un disordine – spesso del tutto incolpevole – sono in sé e di per sé non facili da controllare.
Questa è la parola che più mi sento ripetere da anni come confessore da numerosi omosessuali che si sono avvicinati alla grata del mio confessionale: « … è più forte di me, non riesco a controllarmi!».
Diverso il discorso quando si sono invece avvicinati degli adulteri impenitenti, i quali mi hanno detto l’esatto contrario: «Non mi sono voluto controllare». Mentre nel primo caso, viene lamentata la capacità di controllo su se stessi perché l’impulso pare quasi superiore alla propria stessa volontà, nel secondo caso, viene invece lamentato quasi di prassi di non essersi voluti controllare, ammettendo implicitamente di possedere, anche a fronte di una vera e propria seduzione, delle capacità di controllo.
Gentile Gianfranco.
Sono un sacerdote di 78 anni e 35 anni fa fui nominato per mia disgrazia rettore del seminario della mia diocesi, a inizio anni ’80, dopo che nel precedente decennio ( i “terribili” anni ’70) i seminari si erano andati svuotando.
Il problema di cui parla in modo sapiente padre Ariel, io l’ho vissuto, e mi sono occorsi anni per superare strazianti sensi di colpa, perché a lungo, per anni,mi sono chiesto: si può ubbidire a un vescovo, quando il vescovo pretende e comanda cose sbagliate?
In seminario ho assistito a scene di gelosia tra seminaristi che si … rubavano il “fidanzato” a vicenda, e qui mi fermo perchè non desidero incedere oltre. E dinanzi a questi casi, io partivo per conferire con il vescovo, chiedendo la dimissione dei seminaristi, ma niente da fare, il vescovo aveva bisogno di preti, e per questo aveva deciso di soprassedere su quello sconcio, al quale io, nascosto in buonafede dietro l’obbedienza, ho contribuito.
Dal decennio 1980/1990 sono usciti da quel seminario preti scandalosi, che più volte, io, durante il rito di ordinazione, presentai al vescovo davanti al presbiterio e ai fedeli, ed alla domanda del vescovo “sei certo che ne sia degno”, ho risposto: “Dalle informazioni raccolte presso il popolo cristiano e secondo il giudizio dato da coloro che ne hanno curato la formazione, posso attestare ne siano degni”.
Due di questi soggetti in particolare, diventati preti anche grazie a me, sono stati veicoli di scandali orrendi, mentre il vescovo, ammantato di stupore, rispondeva a giornalisti, avvocati, magistrati, cadendo dalle nuvole, spiegando che purtroppo, un vescovo, non può essere informato di tutto.
A causa di uno di questi preti (che quando era seminarista pregai tre volte il vescovo di non ordinarlo), io fui chiamato in causa, e mentre il vescovo che lo aveva voluto ordinare a tutti i costi non sapeva niente, su di me, che invece lo avevo pregato di non ordinarlo, cadeva la responsabilità della … non vigilanza, e fui così esposto alla pubblica gogna, come il rettore irresponsabile del seminario.
Prima mi sono esaurito di nervi, poi sono invecchiato di vent’anni in un paio d’anni … e poi … poi nel 2010 conobbi padre Ariel, che divenne mio confessore, e che dalla prima confessione disse queste parole: “ti sia chiara una cosa, Dio non vuole i nostri sensi di colpa, vuole il nostro pentimento, e dopo il pentimento, vuole la nostra rinascita”.
Quando gli dissi: “tu, in tre confessioni, hai fatto per me quello che la psicoterapeuta non ha fatto in tre anni”, mi rispose: “per trattare l’anima di un prete ci vuole un altro prete, non una psicoterapeuta … chi ti ha mandato dalla psicoterapeuta? “. E io: “il mio nuovo vescovo”. Rispose padre Ariel (se posso riportare la risposta) “devi dire a quel demente del tuo nuovo vescovo di andare a farsi fot …. e digli anche che se invece di fare la primadonna, Eccellenza di sopra … Eccellenza di sotto …. stesse in mezzo ai suoi preti e facesse il loro padre, non avrebbe bisogno di lavarsi le mani come Pilato con l’acqua degli psicoterapeuti, mandando per giunta un sacerdote anziano da una psicoterapeuta che potrebbe essere tua figlia, e che c….!”.
Vivo da diversi anni in una casa di riposo per preti anziani, e, dopo tanti anni, ormai nella vecchiaia, ho riacquistato serenità. Dietro le quinte collaboro ogni tanto anche con l’Isola di Patmos, quando c’è da controllare l’impaginazione di articoli lunghi, perché me la cavo bene con la tecnologia, e segnalo notizie interessanti, quando le trovo, visto che ho tempo di farlo.
Ho imparato a convivere con la paura, ma almeno, non ho più sensi di colpa, specie per le colpe altrui.
troppa gente, parla di cose delicate che purtroppo non conosce, ma lei creda almeno, gentile Gianfranco, a chi certi errori li ha pagati ad elevatissimo prezzo, e ciò grazie a un vescovo che voleva credere alla pericolosa leggenda dell’ … “omosessuale casto”, pur di avere comunque preti.
Venerabile Fratello.
Ti ringrazio per avere comunicato tra le righe ai nostri lettori che in privato, quando parlo con i preti, non è raro che dica parolacce.
Hai fatto bene a chiarire il tutto perché altrimenti, leggendo tutta l’altra parte del testo, potrebbero essere indotti in errore e scambiarmi per un santo confessore e portarmi già vivente a San Pietro tra Leopoldo Mandic e Pio da Pietrelcina, esposto con loro alla pubblica venerazione.
I vostri chiarimenti mi hanno aiutato maggiormente a comprendere la ragionevolezza del vostro sentire. Ed è per questo che vi ringrazio molto. Mi permetto però di obiettare che nel secolo ci sono tanti omosessuali che vivono con disagio la loro condizione ( frammentarietà dei rapporti affettivi o sessuali – disagio per la cultura LGBT che non tollera chi non la pensa secondo il mainstream politically correct ) e cercano di vivere la loro condizione con grande dignità. La castità è una virtù che si raggiunge a caro prezzo, ma soprattutto è dono di Dio…e non mi sembra in giro di scorgere tanti eterosessuali casti. E’ scandaloso appurare gli scandali dei preti gay ma francamente rimango altrettanto scandalizzato dall’appurare gli scandali di preti che lasciano figli a destra e manca oppure hanno relazioni con le perpetue di turno.
La volontà si educa con pazienza e anche dopo tante cadute. Conosco ad esempio gruppi come Courage che si impegnano per una seria pastorale per le persone omosessuali secondo i documenti ufficiali del Magistero.
vedo che mi è stato tolto il diritto di replica… per la verità, c’era da aspettrselo
Caro Beppe.
Ma lei, per caso, è convinto che un prete, per di più in un “tempo forte” come la Quaresima, non abbia di meglio da fare che stare a rispondere ad un soggetto che, come lei, non vuole affatto dialogare, ma solo accapigliarsi? Qui non è in gioco il diritto di replica ma il fatto che io le ho risposto più volte e per più volte lei ha tirato diritto a occhi bendati sostenendo cose ecclesialmente, storicamente e teologicamente sbagliate, che lei ritiene però verità inconfutabili.
E allora si tenga le sue verità inconfutabili dalla prima all’ultima.
Io ho da celebrare i sacri riti, ho da confessare, da ascoltare e rispondere alla gente desiderosa di ragionare, ho da predicare e da servire variamente il Popolo di Dio. E non ho proprio tempo, mi creda, per gli internauti che hanno tempo da perdere. Per me, internet e questa rivista telematica, sono un mezzo di apostolato, non una perdita di tempo con chi rivendica il diritto a non ragionare, replicando in modo più sbagliato ancora quando gli viene mostrato e documentato il suo errore.
Internet è pieno di siti e blog dove i cattolici, od i presunti tali, si lanciano insulti gli uni con gli altri, che discutono su ciò che non conoscono e che replicano e dissertano su ciò che non hanno mai letto. Quindi, non ha che l’imbarazzo della scelta.
Caro Confratello.
Credo che la risposta a questo ce l’abbia data il beato apostolo Paolo: «Uno crede di poter mangiare di tutto; l’altro, che invece è debole, mangia solo legumi. Colui che mangia, non disprezzi chi non mangia; colui che non mangia, non giudichi chi mangia: infatti Dio ha accolto anche lui». [Rm 14, 2-3].
Ammesso che io abbia buoni denti per mangiare, a maggior ragione mai, criticherei o disprezzerei chi mangia solo legumi, perché non è per questo che la grazia di Dio mi ha dato i denti.
Ciascuno di noi sacerdoti ha una propria utilità nell’economia della salvezza, tu forse potresti averne una molto maggiore della mia.
Perché, tu si e io no? Sai, ogni tanto me lo chiedo.
Perché padre Ariel è capace a correre questi rischi mentre io di fronte a certe ingiustizie mi sono limitato a soffrire silenziosamente?
Non credo neppure sia questione di coraggio ma di carattere, anche se tutti e due siamo stati segnati dal carattere sacerdotale …
grazie per questo articolo nel quale, ancora una volta, paghi tu per tutti!
Lei dice: “se io mi sposo, e metto poi al mondo due o tre figli, mi spieghi lei: la moglie ed i figli, chi me li mantiene?” … un metalmeccanico con 1.200 Euro al mese mantiene la famiglia; magari sua moglie lavora e contribuisce… anche la moglie del curato potrebbe lavorare, e contribuire… il clero anglicano – ho vissuto molti anni in Inghilterra, e di questo posso parlare con cognizione di causa, dato che un paio li ho anche frequentati – ha famiglia, eppure svolge (in genere) egregiamente il lavoro parrocchiale (e – sempre in genere – quello di padre e di marito), e possono pure diventare vescovi, o addirittura primati della Chiesa d’Inghilterra… ma poi ci sono i preti ortodossi (questi, purché non abbiano ambizioni), i pastori luterani, calvinisti … tutti sposati… sono solo i preti cattolici (e solo quelli di rito latino) che non possono sposarsi; e mi sembra che questo ponga qualche problema… nel film Il caso Spotlight ad un certo punto si dice che il celibato non è rispettato dal 50% del clero cattolico… A proposito, gli apostoli erano sposati, e impegnati mi pare più di un semplice parroco (e l’amministrazione imperiale non passava loro la congrua)…
Carissimo.
Parlare anche con le persone che non ragionano è un dovere pastorale, almeno fino a quando la “non ragione” si spinge a livelli tali da indurre ad applicare la prudente e sapiente massima del Vangelo: ” … e allora scuotete la polvere dai vostri sandali” e procedete verso un’altra città, dove vi ascolteranno.
Lei ha ricevuto più risposte da diversi sacerdoti, pur malgrado insiste nella pretesa di conoscere il sacerdozio e le dinamiche della vita sacerdotale meglio di noi; e questa,in linguaggio spiccio, si chiama mancanza di ragione, se non forse presunzione.
Lei parte da un esempio assurdo, quello del metalmeccanico sposato … Sappia allora che il metalmeccanico sposato, finite le sue sei ore e quaranta di lavoro, beneficiando di una mezza giornata libera a settimana e con un giorno di festa settimanale, torna a casa libero dal lavoro e può dedicarsi alla sua famiglia, mentre per il prete non è così, essendo padre di una famiglia che non ha orari di lavoro e tabelle sindacali. Lo prova il fatto che il sottoscritto non ha potuto visitare la propria anziana madre – che non vedo già da diversi mesi – quando ha compiuto 76 anni, perché impegnato in attività pastorali che, di necessità, passano avanti anche al compleanno della anziana madre. Forse, il metalmeccanico, per andare al compleanno della madre prende mezza giornata o una giornata di ferie, io invece non posso farlo.
Lei porta degli esempi assurdi citando dei ministri di culto di altre confessioni, mostrando così di non conoscere in modo approfondito anche le problematiche dei ministri di culto di altre confessioni e le lamentele dei loro fedeli, che nulla sono a confronto delle lamentele dei nostri fedeli cattolici, cosa che le spiego subito:
1. da anni, la comunità anglicana o episcopaliana è in caduta libera e soffre una emorragia spaventosa di fedeli, provi a verificare il perché molti anglicani sono entrati in massa nella Chiesa Cattolica …
2. luterani, calvinisti e via dicendo, hanno eserciti di fedeli che lamentano di vedere i propri ministri di culto solo per il servizio domenicale e di non trovarli mai disponibili al di fuori delle funzioni meramente cultuali.
3. gli ortodossi hanno da sempre enormi problemi col clero sposato, me lo spiegarono tre eminenti metropoliti nel 2011, quando durante un incontro ortodosso-cattolico così esordirono a porte chiuse: “Voi che avete il celibato sacerdotale, tenetevelo stretto”. E spiegarono: “il 50% dei problemi di un vescovo ortodosso sono costituiti dai litigi spesso furibondi tra le moglie dei preti o dei preti che litigano tra di loro a causa degli attriti creati dalle loro mogli tra i preti e tra i fedeli delle comunità”.
Lei parla di ciò che non conosce, senza alcuna cognizione di causa, con la pretesa, sinceramente non accettabile, di spiegare a noi, che il sacerdozio lo viviamo, cosa è giusto e cosa non è giusto, cosa è possibile e cosa non è possibile.
Ebbene: ciò che non è possibile, o che in sé e di per sé è fallimentare, noi preti lo sappiamo da sempre e soprattutto meglio di lei.
Per quanto riguarda gli Apostoli, le ripeto quello che le ho detto nella precedente risposta che lei elude in questa sua replica: torno allora a ribadirle che gli Apostoli, per seguire il Signore, lasciarono le loro famiglie e quelli che non erano sposati non si sposarono mai e non ebbero mai figli.
Questo le ho detto. Inutile quindi che lei risponda con una battuta sulla “congrua”. Piuttosto provi a smentire, se ritiene di avere argomenti in materia, che gli Apostoli che erano sposati scelsero di fatto il celibato lasciando le loro famiglie, quelli che non erano sposati, scelsero il celibato e non si sposarono mai.
Il celibato, le piaccia o no, affonda le proprie origini e ragioni sin dalla prima epoca apostolica.
Non lo dico io, lo dice il Vangelo: “E lasciate le famiglie lo seguirono” …
… se il metalmeccanico si ammala, entra in malattia e torna a lavorare quando è guarito.
Lo scorso anno, quando io non mi curai un’influenza alle porte della Pasqua, e feci parte del rito della Domenica delle Palma fuori dalla chiesa, e poco dopo feci il triduo pasquale febbricitante … alla fine delle celebrazioni mi beccai una polmonite che mi sono trascinato dietro sino alle porte di questa Pasqua 2016.
Però, se avessi avuto moglie e figli, potevo starmene a letto a curarmi e mandare mia moglie ed i miei figli a celebrare i riti della Settimana santa al posto mio, visto che in certe situazioni non è facile entrare in malattia, ma, soprattutto, non è facile, anzi in certe zone è quasi impossibile, trovare un sacerdote che possa sostituirti per certe celebrazioni.
Nel 2005, mentre mi trovavo missionario in Africa mio padre (67 anni), fu aggredito da una grave forma di leucemia. Mi trovavo in quel tempo in una delle zone dell’Angola nel quale accade durante l’anno che le piogge isolino le strade e le varie reti di comunicazione, sarebbe stato necessario far venire un elicottero a prendermi per portarmi al più vicino aeroporto. In quella situazione, però, ci domandammo, perché, dare l’impressione che un religioso, il cui ministero è la cura degli ammalati, poteva godere all’occorrenza di certi “privilegi”? Mio padre morì e fu sepolto un mese dopo senza che io potessi fargli l’ultima visita.
Sono certo, però, che … se fossi stato sposato, con una moglie e con dei figli, le cose sarebbero state certamente diverse. E se invece di mio padre, si fosse gravemente ammalata mia moglie, o un mio figlio, avrei potuto comportarmi esattamente nel modo in cui mi comportai, non recandomi neppure a visitarli …
Eh, quando certi soggetti “esperti” parlano e danno soluzioni “magiche” tanto per dare fiato alla bocca …
Non sarebbe forse meglio che fosse consentito ai sacerdoti di avere una normale vita sessuale? avremo una percentuale certamente elevata di preti eterosessuali sposati, una certa percentuale (certamente inferiore) di preti omosessuali che però potrebbero avere una normale vita di coppia con il loro partner (magari sposandolo) e infine – come nella società civile fra i laici – un certo numero (certamente molto limitato) di scapoli per scelta e vocazione, e non per costrizione … lo stesso naturalmente per la parte femminile…
Caro Beppe.
Lei appartiene – e ce ne ha già data ampia prova in passato – a quella categoria di persone che parlano senza sapere di che cosa parlano, ma che pur malgrado pretendono di dibattere su argomenti veramente molto complessi, che però di rigore non conoscono.
Detto questo gliela butto sul piano squisitamente economico: se io mi sposo e metto poi al mondo due o tre figli, mi spieghi lei: la moglie ed i figli, chi me li mantiene?
Ma a parte il mantenimento materiale di una famiglia con tutto ciò che questo comporta, mi spiega – posto che il sacerdozio implica un atto totale di donazione alla Chiesa ed al servizio dei Christi fideles -, come potrei io occuparmi, in spirito di totalità, della Chiesa e del suo Popolo, avendo una moglie e soprattutto dei figli da crescere, accudire, mantenere e sistemare, con tutti i comprensibili problemi che dai figli possono derivare? Come potrei non occuparmi delle esigenze e delle necessità dei figli miei, per occuparmi pastoralmente dei figli dei altri?
Vede, il problema è che troppi vogliono dare mogli e figli ai preti, pretendendo semmai al tempo stesso i preti disponibili ventiquattro ore su ventiquattro, ma nessuno, putacaso, spiega mai in che modo e soprattutto chi, a questi preti che dovrebbero appunto dedicarsi al ministero pastorale a tempo pieno, dovrebbe provvedere a mantenere le mogli ed i figli.
E ripeto, mi sono solo limitato ad un discorso puramente economico, senza scendere su quello ben più complesso che è il discorso di carattere teologico, posto che gli Apostoli stessi scelti da Gesù, per seguirlo, abbandonarono le loro famiglie; e quelli che famiglie non ne avevano, non si sposarono mai e non ebbero mai figli.
E questa scelta di Nostro Signore Gesù Cristo, non le dice proprio niente, visto che … «lasciate le proprie famiglie lo seguirono»?
Bravissimo, mai risposta fu più giusta! E se vuoi aggiungo il mio carico a quanto hai detto.
E’ un anno che celebro la Messa in una ex sala da cinema di proprietà del comune, perché il tetto della chiesa parrocchiale prima aveva infiltrazioni di acqua, poi prese a piovere dentro, poi è diventato pericoloso, e così abbiamo chiuso la chiesa, in attesa di avere 250.000 euro per rifare tutto quanto il tetto.
Però, se il Sig. Beppe vuole dare ai parroci anche mogli e figli, faccia pure, ma come hai detto tu: e poi, chi ce li mantiene, forse … il cuore generoso di quei soggetti che tanto bramano vederci ammogliati?
Si, si! Avete ragione … “tutti” vogliono darci le mogli e i figli ma nessuno sarebbe disposto a mantenerceli.
A me, sinceramente, più ancora della moglie, spaventerebbe da morire una suocera.
Ve lo immaginate un povero prete con una suocera napoletana? Roba da riformulare certe pagine di teologia morale ed elevare il “suicidio” ad … “atto eroico” !
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Nota della Redazione
Per chi non l’avesse capito, questo sacerdote è un presbitero napoletano, ed evitiamo di narrare gli show che riuscivano a fare a Roma lui e Padre Ariel quando erano assieme. Una volta si misero a raccontare barzellette irriverenti sui tedeschi alle guardie svizzere all’ingresso di Porta Sant’Anna. Un’altra volta, presso lo Studium della Congregazione per le cause dei santi dove i due facevano la formazione per postulatori delle cause dei santi, Don Ciro si mise a osservare la catena di ferro che un paio di Araldi del Vangelo portavano attorno alla vita, e poi gli chiese: “oeh, diciteme ‘nu poco, che siete, una congregazione sadomaso?”. E la volta successiva si domandava anche perché questi due religiosi non lo salutassero più. E non andiamo oltre … non andiamo oltre, visto che chi è stato una sera a cena con questi due assieme, se lo ricorda per tutta la vita …
Eppure, quando i fedeli incontrano questo genere di preti, non se ne andrebbero più via dalle chiese, mentre invece, quando incontrano i seriosi se non peggio gli stizzosi, non vedono l’ora di sentire la liberante frase “la messa è finita, andate in pace”, per andarsene via prima possibile.
L’articolo è tutto da leggere !!
Ci metto il carico da dodici, anche se noto … Sia mai che si nasconda una qualche ragionevole spiegazione dietro certe botte di c…o.
PER INCISO:
i locali situati al Testaccio e di cui parla Ariel Levi di Gualdo sono di proprietà della Cirinnà e del consorte. Si ricorderà Inoltre che la Monica Cirinnà è stata chiamata in causa «per una casa di 100 mq, su due livelli, in via dell’Orso, a due passi da piazza Navona, presa in affitto da Propaganda Fide (la Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli) a soli 360 euro al mese». (Il Corriere della Sera).
La Cirinnà, ovviamente, gridò “al complotto”.
Caro George.
Dopo che fui “dimesso” dalla basilica dove prestavo servizio e dove abitavo, non avendo alcun incarico e non potendo di fatto prestare servizio nelle strutture parrocchiali della Diocesi di Roma, se non nelle catacombe – il tutto grazie ai perfidi servizi di certi monsignorini del Vicariato – presi in affitto un appartamento di due stanze (40 mq) in Via Nemorense, che versava in stato di quasi-fatiscenza, perché dalla fine degli anni Trenta non era mai stato ristrutturato, ed aveva le tubature dell’impianto idrico, i fili dell’impianto elettrico e tutto quanto il resto risalente agli anni Cinquanta. Pagavo 800 euro al mese di affitto, più le spese di fornitura varie.
All’epoca prendevo dall’Ente Sostentamento Clero 750 euro al mese di stipendio.
Mi fu possibile sopravvivere in quella situazione perché mia madre e mio fratello mi sostennero dandomi tutti i necessari aiuti economici.
Lei pensa che a me, l’economato di Propaganda Fide, avrebbe dato un appartamento in affitto di 100 mq vicino Piazza Navona a 360 euro al mese, come invece fu dato a Monica Cirinnà, paladina della cultura omosessualista e del gender?
Ma, appunto come ho scritto, l’importante è che la Chiesa chieda perdono agli ebrei, ai musulmani, ai luterani, ai pentecostali, agli indigeni … non certo ai suoi devoti sacerdoti.
O lei pensa forse che l’accidia, tra i sette peccati capitali, ci sia stata messa per caso? E io credo di saperlo abbastanza bene, che cos’è l’accidia clericale.
Queste, purtroppo, sono le cose per le quali nessuno, a partire dal “numero uno”, è disposto ad affermare … «Viene la parola vergogna: è una vergogna!»
http://www.ilmessaggero.it/primopiano/vaticano/lampedusa_papa_twitter_preghiamo_dio_vittime-204761.html
E allora, poco che valga, lo dico io: quello che ti hanno fatto è una vergogna!
E’ giunto il momento di non lasciarti solo, e non ti ci lasceremo.
Grazie di tutto caro confratello.
Caro padre Ariel, ora io non so se lei mi passerà la battuta in pubblico, comunque le giunga in ogni caso in privato. Volevo farle, da vecchio medico cattolico, questa considerazione: se in certuni, il testosterone, è sicuramente carente (e lo è), per strana “legge” di compenso, a lei è stato dato proprio in abbondante eccesso!
Carissimo Padre.
Due settimane fa mio marito e io abbiamo riaccompagnato il nostro arcivescovo in arcivescovado al termine della visita pastorale in parrocchia. Il segretario autista durante la giornata è stato colto da malessere influenzale ed è rincasato, e la sera abbiamo avuto noi il grande onore di riportare il nostro arcivescovo a casa. Delicatamente, mio marito, durante il viaggio gli ha detto che è sempre più difficile leggere scritti interessanti e edificanti di autori cattolici, molti dei quali, su internet, rischiano di confondere le idee, anziché chiarirle. L’arcivescovo è stato un po’ silenzioso, e poi ha risposto … “io vi consiglierei di leggere l’Isola di Patmos, perchè forse i due sacerdoti che la portano avanti potrebbero chiarirvi ciò che altri vi confondono”.
Nei giorni seguenti ci siamo divorati in lettura tutto il vostro archivio, e oggi, anche se da due settimane appena, siamo vostri affezionati lettori.
Io e mio marito pensiamo che gli amici, anche “in alto”, sicuramente non vi mancano.
E credo (ma forse io sarò romantica?) che proprio davanti a articoli come questo, gli amici “in alto” non vi mancheranno … quanti, dentro se stessi, la pensano come voi, e semmai vi appoggiano?
Grazie a lei e grazie anche al grande Padre domenicano.
Scioccante. Chiediamo l’intervento di San Michele Arcangelo per una provvidente e totale pulizia. Come può la Sposa di Cristo continuare ad essere sporcata in tale vile maniera? Grazie caro Padre Ariel per il suo coraggio unico.
Dio la protegga e benedica.
Riaprite la raccolta fondi perché potrei darvi tutti i miei averi dopo questa perla!!
Scherzi a parte, posso solo immaginare il suo dolore e la sua frustrazione, caro padre Ariel, nel vedere il corpo mistico di nostro Signore Gesù Cristo umiliato ed offeso in tale maniera, e nel vedere anche i suoi sforzi per salvarLo resi vani non dai Suoi nemici, ma dai Suoi apostoli. È inutile che cerchi di incoraggiarla perché certamente un uomo saldo nella Verità come lei il coraggio lo trova nella sua buona coscienza, indivisa e limpida; cosa che sembra proprio mancare a certi nostri pastori, che sembra amino solo la parte della verità che porta benefici, più che altro terreni, per questo sono vili….ma un pastore senza coraggio né polso a cosa serve?
Sembra, padre, che ormai non si sappia più cos’è la fede e di conseguenza non si sappia più riconoscerla…non so darmi altra spiegazione per questi fatti e per il perdurare di questa situazione aberrante, per la corruzione inimmaginabile ha evidenzato in tutta la sua portata.
Ad ogni modo grazie per il vostro servizio qui sull’isola.
«Irreversibile» finché “… alla fine il vecchio Padreterno si secca, sposta di un decimo di millimetro l’ultima falange del mignolo della mano sinistra e tutto il mondo va all’aria”.
Mina vagante, senza peli sulla lingua.
Oggi arriva una giustificazione solo estrospettiva,
http://it.radiovaticana.va/news/2016/03/04/proteggere_i_minori_nota_di_padre_lombardi/1213010
Purtroppo, le stesse famiglie, tutta la società, tutte le chiese, tutte le religioni, non solo quella cattolica, dagli asili alla scuole, dalle società sportive agli eserciti, tutto il mondo non solo quello occidentale, sono infettati dalla ricorrente, diabolica “cancrena omo-pedo-efebo sessuale”.
Come narrato più volte nella Bibbia, come profetato da San Paolo, ciò avviene ogni qualvolta l’uomo accantona Dio e i principi etici naturali, correndo incontro alla catastrofe. Superbia e lussuria portano dissoluzione, desolazione.