La frase più manipolata di questo pontificato: «Chi sono io per giudicare un gay?»

Padre Ivano

LA FRASE PIÙ MANIPOLATA DI QUESTO PONTIFICATO: «CHI SONO IO PER GIUDICARE UN GAY?»

A distanza di anni, a partire da certi pseudo-cattolici avvelenati, dobbiamo seguitare a leggere queste asserzioni scandalizzate: «… il Papa ha affermato: chi sono io per giudicare un gay?». Per poi accusarlo di seguito d’aver sdoganato quello che per la morale cattolica rimane un disordine morale. È infatti proprio il Catechismo al quale il Santo Padre ha fatto richiamo che al n. 2357 chiarisce: «Gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati».

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Autore
Ivano Liguori, Ofm. Capp.

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Il «chi sono io per giudicare un gay» è una frase che ha una premessa alla quale segue una precisazione, poi un’espressione in linea con la dottrina cattolica e una ulteriore precisazione conclusiva con richiamo al Catechismo della Chiesa Cattolica.

Anche se abbiamo a disposizione Internet e tutti possono andare a cercare e leggere i discorsi ufficiali corredati quasi sempre anche di documenti video, disponibili e accessibili sul sito della Santa Sede, l’esercito di analfabeti funzionali o digitali si limita con ostinata caparbietà a basarsi sul sentito dire e sulle mezze frasi riportate di blog in blog.

Consapevole che a ben poco varrà chiarirlo, lo faccio ugualmente: il Santo Padre ha premesso: «… le lobby, tutte, non sono buone». E come premessa non è cosa di poco conto, perché si sta riferendo alle potenti e ideologizzate lobby LGBT, anche se non le nomina, ma lo lascia chiaramente capire.

Dopo questa premessa passa a una precisazione inequivocabile: «… se uno è gay e cerca il Signore …». Non si parla, quindi, di un fantomatico gay in quanto tale, ma di un gay «…che cerca il Signore…». Dopo la premessa e la precisazione un ulteriore chiarimento «… e ha buona volontà…». A questo punto il Santo Padre fa un’affermazione che sul piano della dottrina della fede cattolica è un’ovvietà: «… chi sono io per giudicare?».

Dico ovvia perché Dio solo può leggere e giudicare la coscienza di un uomo, nessuno di noi può, perché anche volendo non sarebbe in grado di farlo. Espresso il tutto il Santo Padre conclude: «Il Catechismo della Chiesa Cattolica spiega in modo tanto bello questo, ma dice: “Non si devono emarginare queste persone per questo, devono essere integrate in società”». 

Adesso leggiamo la frase intera con la quale il 28 luglio 2013 il Santo Padre rispose alla giornalista brasiliana Ilze Scamparini, corrispondente dall’Italia e dal Vaticano per Rede Globo, scatenando le tifoserie LGBT e facendo gridare allo scandalo quei cattolici ottusi ai quali il non capire sembrava far comodo più che mai:

«[…] Lei parlava della lobby gay. Mah! Si scrive tanto della lobby gay. Io ancora non ho trovato chi mi dia la carta d’identità in Vaticano con “gay”. Dicono che ce ne sono. Credo che quando uno si trova con una persona così, deve distinguere il fatto di essere una persona gay, dal fatto di fare una lobby, perché le lobby, tutte non sono buone. Quello è cattivo. Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla? Il Catechismo della Chiesa Cattolica spiega in modo tanto bello questo, ma dice: “Non si devono emarginare queste persone per questo, devono essere integrate in società” […]». (testo ufficiale, QUI).

Il n. 2358 del Catechismo della Chiesa Cattolica, al quale il Santo Padre si richiama, recita:

«Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali profondamente radicate. Questa inclinazione, oggettivamente disordinata, costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Tali persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione».

A distanza di anni, a partire da certi pseudo-cattolici avvelenati, dobbiamo seguitare a leggere queste asserzioni scandalizzate: «… il Papa ha affermato: chi sono io per giudicare un gay?». Per poi accusarlo di seguito d’aver sdoganato quello che per la morale cattolica rimane un disordine morale. È infatti proprio il Catechismo al quale il Santo Padre ha fatto richiamo che al n. 2357 chiarisce: «Gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati». Cosa questa che implica, nell’intero contesto dei numeri 2357-2358, una netta distinzione tra il peccato, da respingere sempre e comunque, ed il peccatore, da accogliere sempre e comunque.

Bisognerebbe sempre evitare di prendere per buone le cose riportate di blog in blog. Eppure, coloro che se ne guardano bene dall’andare a leggere i discorsi e i documenti ufficiali, quasi sempre con allegati filmati, disponibili e alla portata di tutti, costituiscono un penoso e pietoso esercito sempre più fitto, col quale spesso, noi sacerdoti e teologi, dobbiamo sperimentare il grande fallimento dell’impotenza, dinanzi a chi, in modo ostinato, non vuole ascoltare ragioni, perché … «ma sui social ho letto che …».

 

Sanluri 29 maggio 2024

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