Il mistero della gioia: «Et ascéndit in caelum, sedet ad déxteram Patris»

L’angolo dell’omiletica dei Padri de L’Isola di Patmos

IL MISTERO DELLA GIOIA: «ET ASCÉNDIT IN CÆLUM, SEDET AD DÉXTERAM PATRIS »

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L’Ascensione è dunque la festa liturgica di chi sceglie la speranza come faro della propria vita. Contrariamente ad un pessimismo di fondo, tipico del nostro tempo, dopo che le grandi ideologie sono cadute, la speranza dell’Ascensione ci aiuta a vivere giorno dopo giorno la fede. E l’effetto più evidente di chi è speranzoso nel nome di Gesù, è la gioia. Non una falsa maschera di felicità, posta in viso per sembrare felici quando il cuore è invece nelle tenebre. No, la speranza è la gioia vera di chi ha incontrato il Gesù risorto e poi asceso.

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Autore:
Gabriele Giordano M. Scardocci, O.P..

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Cari fratelli e sorelle,

Salvador Dalì: Ascensione del Cristo [1958]

Con la proclamazione del Vangelo del Beato Evangelista Luca [cf. 24, 46-53] Celebriamo oggi l’ascensione al cielo del Cristo Risorto [vedere Liturgia della Parola, QUI].

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Nell’omiletica, per illustrare i quadri delle Sacre Scritture a volte mi richiamo a opere cinematografiche interessanti …

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… Qualche anno fa uscì al cinema un bel film intitolato La Teoria del Tutto. Il film narrava la vita del fisico Stephen Hawking, scienziato tetraplegico e delle sue teorie sull’origine dell’universo. Nonostante le sue condizioni fisiche terribilmente debilitate, Hawking non perse mai la voglia di vivere e di ricercare. Alla fine del film, lo stesso scienziato afferma:

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«Per quanto possa sembrare brutta la vita c’è sempre qualcosa che uno può fare e con successo. Perché finché c’è vita, c’è speranza». 

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Questo esempio introduce il tema delle letture della Santa Messa di Ascensione che oggi celebriamo insieme. L’Ascensione è il momento del ritorno di Gesù, Figlio di Dio, all’Eterno Padre, anch’Egli Dio. Nel momento stesso in cui Gesù ascende ed è elevato in alto, lascia un messaggio importante ai suoi discepoli. Negli Atti degli Apostoli: 

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«Riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra» [At 1,8].

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Questo è il nucleo centrale dell’Ascensione: la chiamata di Dio a diventare suoi testimoni, dal greco μᾰρτῠρος [marturos: martire, testimone]. È una chiamata a testimoniare Gesù e la sua persona fino ai confini della terra. Il tutto, rapportandolo a noi, costituisce la chiamata a testimoniare Gesù in ogni luogo che frequentiamo, in famiglia, sul posto di lavoro, con gli amici, o anche durante i momenti di relax.

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La lettera agli ebrei chiarifica cosa significa essere testimoni:

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«Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza» [Eb 10, 23].

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L’Ascensione è dunque il momento in cui Gesù lascia il mandato di proseguire la sua missione visibile agli apostoli e ai discepoli, dunque alla Chiesa. In questo mandato rientriamo anche noi. La nostra speranza non è solo umana, ma anzitutto speranza ultraterrena: è nutrire un sentimento di attesa fiduciosa di essere per l’Eternità con il Signore in Paradiso. Questa attesa risponde alle domande di senso più profonde e offre dunque una risposta esistenziale. Infatti, è un’attesa costruita a partire proprio dall’essere testimoni attivi del grande amore che potremo vivere alla fine dei secoli.

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Su questo essere testimoni di speranza di vita eterna, Gesù ne parla anche nel Vangelo quando ribadisce

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«Il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno. […] Di questo voi siete testimoni”» [Lc 24, 46]

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L’Ascensione è dunque la festa liturgica di chi sceglie la speranza come faro della propria vita. Contrariamente ad un pessimismo di fondo, tipico del nostro tempo, dopo che le grandi ideologie sono cadute, la speranza dell’Ascensione ci aiuta a vivere giorno dopo giorno la fede. E l’effetto più evidente di chi è speranzoso nel nome di Gesù, è la gioia. Non una falsa maschera di felicità, posta in viso per sembrare felici quando il cuore è invece nelle tenebre. No, la speranza è la gioia vera di chi ha incontrato il Gesù risorto e poi asceso.

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La gioia di un incontro che è avvenuto per noi, ogni volta che incontriamo Gesù nei sacramenti. In questa Eucarestia, Gesù verrà incontro a noi, abitando la nostra anima. il suo abitare in noi ha come scopo permetterci già adesso di elevarci con Lui, tramite lo sguardo della fede. Con quello sguardo dall’alto, è possibile gustare ogni giorno della nostra vita in Cristo, vivendo in pienezza e bontà.

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Chiediamo al Signore il dono di essere testimoni della speranza, alimentando quel sentimento di elevazione al cielo e raggiungere colui che è Sposo Eterno della nostra anima.

Così sia.

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Roma, 2 giugno 2019

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2 commenti
  1. Raffaele Vargetto
    Raffaele Vargetto dice:

    Domenica scorsa, nella parrocchia da me abitualmente frequentata, il sacerdote celebrante, che è parroco, ripetendosi rispetto agli ultimi anni, incurante dei testi sacri degli Atti degli Apostoli e del Vangelo di Luca che presentano il fatto dell’Ascensione del Signore Gesù così come è stato attestato dai testimoni oculari, Apostoli e Discepoli – cioè che essi hanno avuto chiara la percezione sensibile del movimento ascensionale di tutta la figura del Redentore che saliva verso il cielo – ha negato questa esperienza e l’ha presentata dicendo che Gesù non si è staccato da terra, ma è semplicemente scomparso dalla loro vista, così come – aggiungo io – possiamo leggere nell’episodio dei discepoli di Emmaus. Io ho dato al parroco il testo di una catechesi di Giovanni Paolo II sull’Ascensione, tenuta nel 1989, in cui viene ribadita la verità dei testi sacri, cioè che i testimoni oculari hanno trasmesso quel che hanno visto: lo stacco da terra di Gesù che ascende verso il cielo, segno di un altro Cielo, quello della glorificazione in Dio Padre.

  2. Attilio Sacco
    Attilio Sacco dice:

    La sua riflessione mi fa pensare a quella ragazza olandese di 17 anni che ha perso ogni speranza e ha scelto di morire praticando il suicidio assistito. Disillusa, depressa, vittima di un mondo che non le dato le risposte esistenziali di cui ogni anima sofferente ha disperato bisogno. La speranza cristiana è proprio ciò che ho pensato leggendo la sua storia. Portare Cristo ovunque deve essere la nostra missione di vita perché solo lui salva le nostre anime e solo lui ogni dolore ha un senso

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