E se dalla filmografia catastrofista americana provassimo a riflettere sulla vera Apocalisse delle Sacre Scritture?

Omiletica dei Padri de L’Isola di Patmos

E SE DALLA FILMOGRAFIA CATASTROFISTICA AMERICANA PROVASSIMO A RIFLETTERE SULLA VERA APOCALISSE DELLE SACRE SCRITTURE?

«Il vero martire è colui che è diventato lo strumento di Dio, che ha perduto la sua volontà nella volontà di Dio, e che non desidera più niente per sé stesso, neppure la gloria di essere un martire».

 

Autore:
Gabriele Giordano M. Scardocci, O.P.

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Cari lettori de L’Isola di Patmos,

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questa XXXIII domenica del Tempo Ordinario ci pone dinanzi a un tema che riguarda i segni e i tempi apocalittici. Nel lessico corrente il termine Apocalisse ci fa paura perché evoca qualcosa di terribile, sembra una parola che dice che noi moriremo tutti alla fine del mondo. Se però evitiamo un po’ le americanate filmiche che hanno giocato tantissimo su questo termine, specialmente nel periodo di fine primo millennio (1997–2000) – a cui hanno contribuito vari film tipo Deep Impact, Armageddon ecc… – possiamo finalmente capire sul serio che cosa indica questa parola, senza minimizzare la sua importanza, ma senza neanche aver paura di scenari che profetizzano grandi disastri e grandi tragedie.

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Apocalisse è parola greca (ἀποκάλυψις) composta da ἀπό (apo) e καλύπτω (calupto) che potremmo tradurre con “rivelato”. Dunque, l’Apocalisse è la rivelazione definitiva. Già la traduzione dovrebbe tranquillizzarci, poiché non significa nulla che evoca morte, dolore e distruzione. Da questo capiamo una cosa importante: Gesù nel brano di oggi è venuto a offrire una rivelazione definitiva e risolutiva per tutti coloro che saranno suoi testimoni. Gesù descrive dunque il percorso che ogni discepolo e apostolo è chiamato a fare fino al compimento. Fino al nostro approdo in Paradiso. A tal fine trae spunto da una circostanza quotidiana:

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«Mentre alcuni parlavano del tempio e delle belle pietre e dei doni votivi che lo adornavano, disse: «Verranno giorni in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta». 

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L’annuncio della fine del Tempio e delle belle pietre è davvero fortissimo per chi lo ascolta. Infatti Gesù ha davanti il Tempio splendido iniziato dal Re Erode da dieci anni, che ha impiegato centomila operai e mille sacerdoti che furono appositamente addestrati come muratori. La fabbrica del Tempio fu iniziata nel 20 a.C. e continuò molto a lungo a causa delle numerose decorazioni. Verrà concluso con pietre bianche di calcare bianco solo nel 64 dopo Cristo, e fu distrutto nel 70 dall’imperatore Tito Vespasiano durante la prima guerra giudaica e fu funzionale solo per sei anni. Gesù dunque, in questo momento, sta descrivendo un Tempio pieno di doni votivi a Dio. Quel «non rimarrà pietra su pietra» ha un valore che supera la distruzione dell’opera monumentale che si erge davanti agli interlocutori.

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Questa distruzione preannuncia un grande evento: il primo Tempio che sarà distrutto sarà proprio il corpo di Cristo, nei giorni della sua passione. Quell’evento apocalittico rivelerà davvero l’amore di Dio per il prossimo. Le pietre del Tempio, che pure erano luogo di incontro con Dio, saranno ridimensionate rispetto al luogo di incontro post-pasquale, che sarà appunto Cristo stesso. A questa distruzione del Tempio, a questa offerta di sé nelle proprie croci quotidiane ognuno di noi che è discepolo e seguace di Gesù è chiamato. Ecco qual è l’Apocalisse dei suoi testimoni, cioè la rivelazione più importante che Gesù offre a noi oggi:

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«Sarete odiati da tutti per causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo perirà. Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime».

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Gesù ci preannuncia che la sua sequela ci porterà antipatia e odio. Ma al contempo ci rassicura che non dobbiamo temere nulla. Infatti, la nostra testimonianza di veri credenti genera scompiglio e contrasto da parte di tutti coloro che non riconoscono la verità. Li scuote nella coscienza assieme a quelli che non vogliono uscire dalla loro zona comfort sino a fare di tutto per farci tacere. Saremo dunque coloro che sono gli apocalittici, i rivelatori di una verità più grande. Il Signore ci chiede di perseverare nonostante le difficoltà e il contrasto del mondo, perché questa testimonianza di verità fino al martirio bianco, salverà innanzitutto noi stessi. Ecco dunque il nucleo centrale dell’insegnamento di oggi, evitando riletture catastrofistiche.

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A proposito di martirio bianco e testimonianza della sequela a Cristo, scrive Thomas Sterne Elliott:

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«Il vero martire è colui che è diventato lo strumento di Dio, che ha perduto la sua volontà nella volontà di Dio, e che non desidera più niente per sé stesso, neppure la gloria di essere un martire».

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Chiediamo al Signore di diventare autentici testimoni del suo amore, diventare strumenti della Trinità, per testimoniare al mondo intero che la fine è il vero inizio di ogni uomo, ma che a quella fine bisogna arrivare dopo una vita di amore e dedizione per Dio e per il prossimo.

Così sia.

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Santa Maria Novella in Firenze, 12 novembre 2022

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