Dalla preghiera al terribile quesito: «Quando il figlio dell’uomo tornerà, troverà la fede sulla terra?»

Omiletica dei Padri de L’Isola di Patmos

DALLA PREGHIERA AL TERRIBILE QUESITO: «QUANDO IL FIGLIO DELL’UOMO TORNERÀ, TROVERÀ LA FEDE SULLA TERRA?»

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Nella vita ognuno di noi ha avuto od ha amicizie profonde, ed a seconda di quanto tempo abbiamo trascorso col nostro amico, di quello che abbiamo condiviso con lui, il nostro amore per lui o per lei accresce. Scriveva il filosofo Aristotele: «L’amicizia è un’anima che abita in due corpi, un cuore che abita in due anime».

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Autore:
Gabriele Giordano M. Scardocci, O.P.

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Cari fratelli e sorelle,

Salvador Dalì: Ragazza alla finestra

in questa XXIX domenica del tempo ordinario la Liturgia ci offre notevoli spunti di riflessione [vedere Liturgia della Parola, QUI]. Nella vita ognuno di noi ha avuto, od ha, amicizie profonde e, a seconda di quanto tempo abbiamo trascorso col nostro amico, di quello che abbiamo condiviso con lui, il nostro amore per lui o per lei accresce. Scriveva il filosofo Aristotele:

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«L’amicizia è un’anima che abita in due corpi, un cuore che abita in due anime».

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Questo essere stati come una cosa sola è dunque reso possibile da un dialogo aperto e sincero che per noi credenti diviene possibile rendendoci una cosa sola con il Signore tramite il dialogo più vivo e fecondo: la preghiera. Proprio di questo ci parlano i brani di oggi. Partiamo quindi dalla prima lettura vetero-testamentaria:

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«Mosè disse a Giosuè: “Scegli per noi alcuni uomini ed esci in battaglia contro Amalèk. Domani io starò ritto sulla cima del colle, con in mano il bastone di Dio”» [Es 17,1]

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Il Popolo Ebraico è sostenuto da Mosè mentre combatte gli amaleciti, uno degli eserciti tra i più agguerriti e per questo parecchio duri da sconfiggere. Mosè è unito all’esercito giudaico, per il quale invoca Dio a loro sostegno.

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Per noi la preghiera indica dunque una unione con chi è nel combattimento spirituale, ma volendo anche in una fase di prova. Pregare può significare invocare continuamente la forza e il sostengo di Dio verso chi soffre e può essere una stanchezza morale, fisica, spirituale. La preghiera è dunque innanzitutto invocare Dio come sostegno per chi amiamo. È l’intercessione come quasi un mettersi in mezzo tra Dio e il popolo. Per questo Gesù stesso chiede ai suoi discepoli di non smettere mai di pregare, come di spiega il brano evangelico:

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«In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai» [Lc 18, 1].

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Nella parabola il Signore fa quindi vedere in che modo la vedova si rivolge di continuo al giudice che si stufa di sentirla recalcitrare, ed alla fine la esaudisce. Con questa immagine la provocazione di Gesù rivolta ai discepoli diviene evidente: il giudice che non ha rapporto con la vedova, non sa resistere alle continue lamentele. Il Signore che invece ha un rapporto intimo con noi, se chiediamo la cosa giusta mediante la preghiera, ci esaudirà. La preghiera incessante, ad un tempo ci insegna a chiedere al Signore, ma al tempo stesso ad imparare chiedere ciò che è necessario per noi.

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Quella domanda finale di Gesù: «Quando il figlio dell’uomo tornerà, troverà fede sulla terra» [Lc 18,1] mostra anche un legame fra fede e preghiera. La fede alimenta la preghiera e al tempo stesso la preghiera è alimentata dalla fede. Anche una fede morente o poco attiva tramite la preghiera ritrova vita, perché tutta la nostra vita di fede trova linfa nella preghiera e nei sacramenti.

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A questo punto vediamo allora in che modo pregare incessantemente. Lo dice San Paolo rivolgendosi a Timoteo: si prega incessantemente se preghiamo con la parola di Dio:

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«Tu però rimani saldo in quello che hai imparato e di cui sei convinto, sapendo da chi l’hai appreso e che fin dall’infanzia conosci le sacre Scritture: queste possono istruirti per la salvezza, che si ottiene per mezzo della fede in Cristo Gesù. Tutta la Scrittura infatti è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona» [2 Tm 3, 14-16]

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La parola di Dio è ispirata da Dio e aiuta fare opere buone, in particolare le opere di carità che ci aiutano a diventare santi. Se noi preghiamo con la Parola di Dio, diviene un modo continuo di pregare. Esistono vari modi per pregare dunque con la parola di Dio, come ad esempio leggere un piccolo brano del Vangelo al giorno, prima di andare al lavoro. Oppure per fare una preghiera più lunga c’è la lectio divina, come lettura, meditazione, orazione e contemplazione della parola di Dio.

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Il teologo luterano tedesco Dietrich Bonhoeffer scriveva: «Pregare è prendere fiato presso Dio; pregare è affidarsi a Dio».

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Chiediamo al Signore di aiutarci a far sì la preghiera divenga giorno dopo giorno il nostro ossigeno vitale, e unita ai sacramenti, sia il polmone con cui respirare una vita di fede piena di gioia, soddisfazione e pienezza di sé.

Così sia.

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Roma, 19 ottobre 2019

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3 commenti
  1. Domenico Sasso
    Domenico Sasso dice:

    Se il povero Cristo dovesse mai scendere sulla Terra, parafrasando Dostoevskij, troverebbe il paludato inquisitore Ariel di Gualdo che lo affronterebbe con le parole:” Perchè sei venuto a disturbarci?”. Il Cristo, muto, gli sorriderebbe, lo bacerebbe sulla fronte e se ne andrebbe disgustato, senza profferire verbo.

    • Ariel S. Levi di Gualdo
      Ariel S. Levi di Gualdo dice:

      … e siccome, Cristo, un giorno tornerà nella gloria per giudicare i vivi e i morti, lei sa anche chi giudicherà e come li giudicherà?
      Lei si rende conto che affermare che cosa Cristo farà e come lo farà, è una vera e propria blasfemia? Nessuno può sapere Cristo cosa farà e come lo farà, salvo essere un dio più dio di Lui.

      Cosa dirle, sicuramente alla destra e alla sinistra di Cristo, che darà avvio alla parusia presso la neocatecumenale Domus Galiaeae, ci saranno Kiko e Carmen a dirgli: “Questo sì, questo no!”
      In fondo, al suo Vicario in terra, la diva Carmen lo interruppe pubblicamente per due volte al fine di correggere delle cose a suo dire sbagliate che il Sommo Pontefice aveva detto.

      E si ricordi: Cristo, dei suoi sacerdoti, non è mai disgustato, neppure di quelli che si dannano l’anima e finiscono nell’Inferno, perché comunque, persino all’Inferno i sacerdoti di Cristo ci finiscono con tutta quella loro eterna dignità sacerdotale da voi non riconosciuta in nome di un solo, unico ed eretico sacerdozio, dato che a dire di Kiko “tutti siamo sacerdoti”.

      E si ricordi: “gli inquisitori”, nel senso spregiativo in cui lei intende questo ufficio, sono i vostri mega-catechisti. Lo prova il fatto che io, come confessore, mai e poi mai mi permetterei di rivolgere quelle delicate e invasive domande che dei laici praticoni come i vostri ignorantissimi mega-catechisti osano rivolgere ai poveri settaristi durante quelle confessioni pubbliche chiamate scrutini.

      E si provi a dire che non è vero.

    • orenzo
      orenzo dice:

      Se io dico al malvagio: Tu morirai! e tu non lo avverti e non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta perversa e viva, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te.
      Ma se tu ammonisci il malvagio ed egli non si allontana dalla sua malvagità e dalla sua perversa condotta , egli morirà per il suo peccato, ma tu ti sarai salvato.
      Così, se il giusto si allontana dalla sua giustizia e commette l’iniquità, io porrò un ostacolo davanti a lui ed egli morirà; poiché tu non l’avrai avvertito, morirà per il suo peccato e le opere giuste da lui compiute non saranno più ricordate; ma della morte di lui domanderò conto a te.
      Se tu invece avrai avvertito il giusto di non peccare ed egli non peccherà, egli vivrà, perché è stato avvertito e tu ti sarai salvato ». (Ez 3. 18-24)

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