Equipaggiamoci contro gli assalti demoniaci: l’armatura di Dio (terza parte)
EQUIPAGGIAMOCI CONTRO GLI ASSALTI DEMONIACI: L’ARMATURA DI DIO
(terza parte)
Ora la possessione diabolica, di cui fu accusato perfino il Signore Gesù è un’azione straordinaria, rarissima, di cui la Chiesa per la sua certificazione segue un procedimento e delle norme severe. Ma l’azione ordinaria, quotidiana, del Demonio è la tentazione che arriva a colpire l’uomo sia nel corpo che nella psiche.
– Catechesi –
Siamo entrati ormai da più di un mese in Autunno, il tempo è cambiato, l’estate è un ricordo e da poco abbiamo lasciato l’ora legale. Le giornate più corte e le piogge arrivate ci costringono a un abbigliamento più consono per proteggerci dal freddo o dalle intemperie.
È questo anche il periodo nel quale per le comunità cristiane ricomincia l’anno pastorale, si fanno progetti e si portano avanti iniziative collaudate o se ne inventano di nuove che coinvolgono tutti gli operatori. Fra questi annovero anche gli operatori digitali della pastorale che utilizzando le piattaforme social si impegnano nell’annuncio del Vangelo ai nostri contemporanei. A dispetto del tempo contrassegnato dalle foglie che cadono e dalla terra che chiede riposo, nella Chiesa in questo periodo è tutto un fermento di attività. Ricordo anche che si celebrerà il Giubileo e nel 2025 ricorderemo i 1700 anni dalla prima approvazione del Simbolo Niceno-Costantinopolitano (Concilio di Nicea, anno 325).
In tutto questo non dobbiamo dimenticare il bene della nostra vita spirituale e riconoscere che essa può essere insidiata, se non addirittura messa a repentaglio da molti avversari, in particolare dagli assalti del Demonio e delle forze spirituali che lo servono. A tal proposito ricordo che ho già dedicato due articoli a questo tema (QUI e QUI), i quali vorrei adesso ampliare trattando di come si possa affrontare questo combattimento spirituale. Se, come dicevo all’inizio, per sopperire alle rigidità del periodo più freddo ci vestiamo adeguatamente, in che modo dobbiamo coprirci per difenderci dagli assalti demoniaci, dalle tentazioni e trappole che ci parano davanti?
Nel mio primo articolo sul tema (cfr. QUI) presi spunto da un passo della Lettera agli Efesini, nel capitolo sesto, che qui vorrei riprendere per capire come dobbiamo corazzarci per far fronte agli assalti di cui si diceva. Il brano è questo:
«Indossate l’armatura di Dio per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro la carne e il sangue, ma contro i Principati e le Potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti. Prendete dunque l’armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno cattivo e restare saldi dopo aver superato tutte le prove. State saldi, dunque: attorno ai fianchi, la verità; indosso, la corazza della giustizia; i piedi, calzati e pronti a propagare il vangelo della pace. Afferrate sempre lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutte le frecce infuocate del Maligno; prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, che è la parola di Dio» (Ef 6, 11-17).
L’autore della Lettera agli Efesini dice chiaramente che la nostra battaglia non sarà contro le persone, anche se sperimentiamo quasi quotidianamente che la vita è un combattimento, bensì si concentrerà contro le potenze del male che si scatenano minacciose e subdole, fuori e anche dentro di noi. In Efesini 6,12, in particolare, si parla di un triplice combattimento: contro i Principati e le Potenze; contro i dominatori di questo mondo tenebroso; contro gli spiriti del male che abitano nelle «regioni celesti». Si tratta di avversari molto potenti, forze malvagie che sorprendentemente abitano in cielo ma sono al servizio di Satana. Una struttura diabolica di dimensioni cosmiche, in un sofisticatissimo sistema di potere del Male altamente organizzato. In questa prospettiva la vita dei credenti diventa una battaglia sostenuta solo con l’armatura di Dio che consente di «resistere alle insidie del diavolo» (Ef 6,11), il quale si adopera con ogni astuzia per separare l’uomo da Dio. Egli è un esperto tentatore e seduttore, una belva che «come leone ruggente va in giro cercando chi divorare». (1 Pt 5,8). A questo punto l’invito è resistere. Ma come? Non è sufficiente la nostra intelligenza e neppure le nostre povere forze. Occorre equipaggiarsi, dunque, dell’armatura che ci viene offerta da Dio. Efesini parla di un’armatura completa, in sei pezzi, ciascuno con un significato metaforico collegato ad una virtù e ad un dono dello Spirito.
La corazza, nell’antichità, era un’importante armatura militare che i soldati indossavano per proteggere le parti vitali del corpo, in particolare, il cuore, i polmoni, il fegato. Essa era una sorta di rivestimento solido di metallo e cuoio che dava un doppio strato di protezione, perché si indossava sopra ciò di cui si era già vestiti. Già nell’Antico Testamento la corazza è ricordata come arma militare (1 Re 22,34; 2 Cr 18,33; 1 Mac 3,3; Ger 51,3), come simbolo di forza animalesca, difficile da abbattere (Gb 41,5). Un riferimento biblico molto conosciuto è quello che riguarda il giovane Davide quando va ad affrontare il forte Golia. Costui
«Aveva in testa un elmo di bronzo ed era rivestito di una corazza a piastre, il cui peso era di cinquemila sicli di bronzo» (1Sam 17, 5).
Davide, invece, gli va incontro dopo essersi liberato dell’elmo di bronzo posto sul capo e della corazza con cui Saul l’aveva rivestito.
«Davide disse a Saul: “Non posso camminare con tutto questo, perché non sono abituato”. E Davide se ne liberò» (1 Sam 17,38).
La corazza di Golia è simbolo di forza bruta e violenta; quella che Saul cede a Davide è uno strumento umano di difesa della propria vita dinanzi al nemico. Questa medesima corazza indossata da Davide gli impedisce però il movimento, simbolo com’è della fiducia nelle sole proprie capacità umane anziché in Dio, l’unico che può salvare il suo popolo. Davide senza «corazza» è simbolicamente rivestito dalla fiducia che lo protegge più di una armatura di stampo militare e permette al Signore di donare la vittoria al suo popolo. Lo stesso Dio fra l’altro, si legge nell’A.T., è rivestito con corazza potente ed efficace che abbatte il male (Sal 35,2; Sap 5,17- 18) e con essa riveste i suoi fedeli (Sal 91,4).
L’autore della Lettera agli Efesini, nel Nuovo Testamento, usa questa metafora militare per ricordare che il cristiano mentre lotta contro le forze malvagie che sorgono nella storia, non deve avere paura, né temere. Nel Battesimo egli è stato rivestito da una speciale corazza che protegge la sua persona. Essa, diversamente, da quella che impediva a Davide di camminare, essendo dono di Dio che fa aderire a Lui, permette di camminare speditamente nelle sue vie. Il profeta Isaia aveva affermato: «Egli si è rivestito di giustizia come di una corazza, e sul suo capo ha posto l’elmo della salvezza» (Is 59,17); così anche i battezzati in Cristo Gesù sono «rivestiti con la corazza della giustizia» (Ef 6,14) che però esclude, come dicevo, ogni forma di violenza verso il proprio prossimo. La corazza della giustizia, infatti, è l’adesione convinta alla volontà di Dio. Essa coincide con la fede e la carità perché «noi che apparteniamo al giorno, siamo sobri, vestiti con la corazza della fede e della carità, e avendo come elmo la speranza della salvezza» (1Ts 5,8). Secondo San Paolo la giustizia e la fede unite alla carità proteggono nella lotta contro il male.
Venendo specificatamente ai sei elementi che compongono l’armatura, usati metaforicamente da Efesini, vediamo innanzitutto la cintura, che corrisponde alla verità. Bisogna cingere i fianchi per intraprendere il cammino. Anche Gesù «sapendo che era giunta l’ora di passare da questo mondo al Padre» (Gv 13,1) si cinse i fianchi di un asciugatoio per lavare i piedi dei suoi discepoli. Nel nostro brano più che cingere i fianchi per servire i fratelli e farsi umili, occorre farlo per combattere. E il cristiano si riveste della verità, che nel senso biblico più originale e profondo corrisponde alla fedeltà di Dio.
Il pezzo forte dell’armatura è però la corazza, ossia la giustizia che rappresenta oltre che l’adesione alla volontà divina anche l’appassionata volontà di bene verso ogni essere vivente. Poi a seguire i calzari, necessari per intraprendere una lunga marcia per annunciare a tutti il vangelo. A questo punto occorre impugnare un’arma difensiva: lo scudo che per il cristiano è la fede, intesa come fiducia incondizionata nel Signore Gesù e nel Padre suo e nostro. Solo con questo scudo potremo contrastare tutte le «frecce infuocate del Maligno» e resistere a quel leone ruggente. Ma in questa lotta, come possiamo difendere la testa? Occorre indossare l’elmo, quello della salvezza. Il cristiano è chiamato a fare suo l’elmo stesso di Dio per mettere a riparo la propria testa dai pensieri funesti e negativi, contrastando ogni tentazione di scoraggiamento. Infine occorre prendere la spada: l’unica arma utile ad attaccare. È la Parola di Dio che uccide l’empio. Come Gesù impugna la «Parola di Dio» nel suo combattimento contro il diavolo che lo tenta nel deserto, non diversamente dobbiamo fare noi. Proprio le tentazioni vengono a provare se la decisione di seguire Dio e servire i fratelli è veramente consistente e la Parola ha il potere di smascherare anzitutto il nemico che è dentro di noi. Ci prepariamo dunque al combattimento contro il Male e le sue propaggini rivestendoci di fedeltà, giustizia, fede, sicurezza in Dio e della Sua Parola che, come dice la Scrittura è: «efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio» (Eb 4,12).
Prima del nostro brano, l’autore della Lettera agli Efesini aveva invitato i cristiani
«ad abbandonare […] l’uomo vecchio che si corrompe seguendo le passioni ingannevoli […] e a rivestire l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità» (Ef 4,22.24).
A questo uomo che ha rivestito l’abito nuovo nel Battesimo, per lo Spirito Santo che ha ricevuto, l’Apostolo Paolo presenta tutto un elenco di difetti da evitare e alcuni consigli positivi molto importanti. Poco prima San Paolo aveva anche detto di pregare Dio affinché conceda ai cristiani:
«di essere potentemente rafforzati nell’uomo interiore mediante il suo Spirito» (Ef 3,16).
Infine, nel passo che abbiamo preso in esame, l’Apostolo, usando la metafora dell’equipaggiamento militare dell’epoca, esorta il cristiano ad essere pronto alla battaglia contro le potenze del Maligno, quando esse tenteranno di farlo desistere dal cammino intrapreso. Egli, come il giovane Davide prima ricordato, il quale vinse fidandosi più dell’aiuto di Dio che delle sue forze, potrà resistere, respingendo gli assalti delle potenze contrarie e, insieme al Cristo, alla fine sconfiggerle.
In un prossimo articolo vorrei ancora riflettere sugli elementi che compongono il nostro armamento spirituale, in particolare quelli che ci permettono di controbattere le cariche del maligno e di offenderle: «l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, che è la parola di Dio».
Santa Maria Novella in Firenze, 4 novembre 2024
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