Il cento, il sessanta, il trenta nel seme di Dio

Padre Gabriele

Omiletica dei Padri de  L’Isola di Patmos

IL CENTO, IL SESSANTA, IL TRENTA NEL SEME SACRO DI DIO

La fede infatti «è un atto personale: è la libera risposta dell’uomo all’iniziativa di Dio che si rivela». Dunque è una risposta che diamo a Dio e che certi giorni può essere più certa ed altri più insicura.

 

Autore:
Gabriele Giordano M. Scardocci, O.P.

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Cari lettori de L’Isola di Patmos,

il tempo estivo è tempo in cui spesso molti di noi vanno in vacanza, specialmente nelle mete di mare. Inconsapevolmente stiamo facendo una scelta evangelica. Infatti, il mare è descritto nel brano evangelico di questa XV Domenica del tempo ordinario quale luogo in cui Gesù espone e spiega la parabola del seminatore. Una parabola che è una piccola mappa per tutti noi: una piccola chiave di lettura della vita di fede. Il mare, dunque, è il luogo dove Gesù offre chiarezza per il nostro cammino di credenti. Potremmo dire con il poeta Rainer Maria Rilke:

«Quando i miei pensieri sono ansiosi, inquieti e cattivi, vado in riva al mare, e il mare li annega e li manda via con i suoi grandi suoni larghi, li purifica con il suo rumore, e impone un ritmo su tutto ciò che in me è disorientato e confuso».

Il brano del Vangelo di oggi è composto per lo più da una parabola, una delle poche che Gesù decide di spiegare direttamente ai discepoli mentre invece rimane in forma di narrazione per tutti gli altri che lo ascoltano in riva al mare. Gesù usa le parabole. I discepoli gli domandano perché, Lui risponde:

«Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. […] Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono».

Sembra una risposta sibillina. Invece il Signore vuole far capire l’importanza della parabola.

Vorrei soffermarmi un momento sul perché. In effetti, la finalità delle parabole consiste nell’illuminare circa la natura del regno e di aprire alla comprensione di cose nuove, ad esempio su come agisce Dio. La parabola è un racconto basato sull’avvicinamento e la comparazione di due realtà, una reale e una fittizia che si richiamano ma non coincidono. Essa contiene metafore che fanno riferimento a una situazione “diversa” rispetto a quella narrata. In tal modo le parabole spingono gli uditori a un esercizio che richiede intelligenza, fantasia, elasticità mentale e capacità riflessiva. Insomma: richiede a tutti di trasferirsi idealmente nel racconto fittizio per tornare al reale con un’acquisizione nuova. Dunque le parabole selezionano realtà quotidiane come elemento di comparazione, e allo stesso tempo manifestando il loro limite per far emergere la “sporgenza” o “eccedenza” della realtà a cui rimandano. In tal modo esse operano un passaggio verso ciò che supera la mente umana e permettono agli uditori di esporsi personalmente a ”l’inedito” e “all’inaudito” di Dio. Diventano così rivelazioni “dell’atmosfera” amorevole e tenera di Dio e lo rendono in qualche modo più accessibile, conoscibile e attraente per chiunque le ascolti[1]

Ecco perché nella parabola del seminatore troviamo in controluce tutta la nostra vita di fede. Gesù spiega bene nei dettagli e offre una fenomenologia dei diversi credenti. Il seme seminato lungo la strada, potremmo dire che è il credente non praticante. Il seme seminato sul terreno sassoso è il credente che facilmente è preda dei facili entusiasmi, incostante nel tempo che spesso va in crisi, senza una scelta definitiva nella fede. Il seme seminato tra i rovi è il credente distratto tra le mille voci del mondo e della cultura attuale, mosso da buoni sentimenti e da una buona pratica di fede, ma che non riconosce poi facilmente i peccati e i vizi del tempo e così li asseconda. Infine, il seme seminato sul terreno buono che produce cento, sessanta e trenta è il credente che crede con convinzione forte e si sforza di essere coerente nella pratica della fede, ma date le sue fragilità non sempre riesce a dare il massimo. Gesù accetta però anche quei piccoli gesti di fede e carità attuati con tenerezza ed amore.

Tutti noi possiamo essere uno di questi credenti, dal meno fervoroso al più fervoroso. Direi anche che ciascuno di noi può avere delle fasi in cui passa dall’essere seme infecondo sulla strada a seme piantato sul terreno buono. Questi quattro semi descritti da Gesù possono rappresentare anche un momento della nostra vita di fede, in cui siamo più aridi o più convinti.

La fede infatti «è un atto personale: è la libera risposta dell’uomo all’iniziativa di Dio che si rivela» [cfr. CCC 166] Dunque è una risposta che diamo a Dio e che certi giorni può essere più certa ed altri più insicura. A noi di essere sempre pronti a ricevere la grazia per un atto di fede sempre più fermo.

Chiediamo al Signore di crescere nella fede, per diventare un seme di vita eterna, un fermento sacro per tutto il mondo, affinché possiamo donare il nostro trenta, sessanta, cento al mondo sempre più orfano di Dio.

Così sia!

Santa Maria Novella in Firenze, 16 luglio 2023

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NOTE

[1] Cfr R. Manes Vangelo secondo Matteo, Ancora, 2019, 197 – 198.

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