«Vieni Spirito Santo anima dell’anima mia». Il ricorso allo Spirito Santo nella Chiesa deve essere quotidiano, filiale e fiducioso

«VIENI SPIRITO SANTO ANIMA DELL’ANIMA MIA». IL RICORSO ALLO SPIRITO SANTO NELLA CHIESA DEVE ESSERE QUOTIDIANO, FILIALE E FIDUCIOSO

Ogni giorno abbiamo bisogno della dolce presenza dello Spirito Santo, in ogni circostanza della vita, non solo in particolari momenti scelti. Con tristezza bisogna riconoscere che anche nella Chiesa spesso lo si invoca in modo folcloristico, facendo di lui un “fluido” che livella e sistema le storture dell’uomo, anche e soprattutto di quell’uomo che non desidera sottomettersi alla sua azione. En bref, un vero e proprio “Spirito Santo magico … esoterico” al limite della concezione gnostica.

— Attualità pastorale —

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Auteur
Ivano Liguori, ofm. Cap.

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Tra tutte le preghiere allo Spirito Santo che la Chiesa conosce, alcune delle quali famosissime e recitate puntualmente e solennemente nei momenti particolari della vita ecclesiale come ad esempio come il Veni Creator, c’è la preghiera del cardinale Désiré Joseph Mercier (1851-1926).

Questa preghiera dice così:

«O Spirito Santo, anima della mia anima, Io ti adoro! Illuminami, guidami, fortificami, consolami, dimmi quello che devo fare, dammi i tuoi ordini. Ti prometto di sottomettermi in tutto al tuo desiderio ed accettare quanto vuoi inviarmi! Insegnami solamente la tua volontà. Amen".

Il saggio cardinale belga esortava continuamente i fedeli alla recita fiduciosa di questa preghiera, spronando i cattolici alla familiarità e alla devozione verso lo Spirito Santo, spesso considerato da noi occidentali come “il grande sconosciuto”, egli diceva:

«Voglio rivelarvi il segreto della santità e della gioia, se tutti i giorni, per cinque minuti, sapete imporre il silenzio alla vostra immaginazione e chiudete gli occhi a tutte le cose esterne e gli orecchi a tutti i rumori della terra per entrare dentro voi stessi, e lì, nel santuario della vostra anima battezzata, che è il tempio dello Spirito Santo, parlate a questo divino ospite e gli dite [...] Se fate questo, je répète, la vostra vita scorrerà via felice, serena e consolata, pur se nelle tribolazioni, perché la grazia sarà proporzionata alla prova e vi darà la forza per sopportarla e arriverete al cielo carichi di meriti. Questa sottomissione allo Spirito Santo è il segreto della santità».

La particolarità di questa preghiera sta nel fatto di esprimere una grande verità, quella di considerare lo Spirito Santo come «l’anima dell’anima mia», cioè come la parte più intima e sacra dell’anima dell’uomo. Le Saint-Esprit, donc, non parla solo all’anima ma parla dell’anima, ci dice chi ne è l’autore e l’interlocutore privilegiato, per poi donarle quella forma divina in cui Dio si rende presente, quel sigillo che segna indelebilmente l’appartenenza al Signore (σφραγίς) e lo configura più perfettamente a Cristo dandogli la grazia di spandere tra gli uomini il suo buon profumo (cf. 2 Cor2,15).

La fatica dell’uomo credente consiste proprio nel conoscere e custodire la propria anima in amicizia e comunione con Dio attraverso quella docilità allo Spirito Santo che non può che essere diuturna. Ogni giorno abbiamo bisogno della dolce presenza dello Spirito Santo, in ogni circostanza della vita, non solo in particolari momenti scelti. Con tristezza bisogna riconoscere che anche nella Chiesa spesso lo si invoca in modo folcloristico, facendo di lui un “fluido” che livella e sistema le storture dell’uomo, anche e soprattutto di quell’uomo che non desidera sottomettersi alla sua azione. En bref, un vero e proprio “Spirito Santo magico … esoterico” al limite della concezione gnostica.

Invocare lo Spirito Santo all’inizio di un incontro, di un Capitolo, di un sinodo, di un concilio o di un conclave significa alzare le mani davanti all’opera di Dio e alla sua volontà, che quasi sempre contrasta con quella dell’uomo e i suoi progetti. Significa dire a Dio con il suo Spirito: «agisci tu!» ma spesso dobbiamo riconoscere che usiamo chiamare in causa lo Spirito Santo per ratificare decisioni già prese, quando l’uomo ha già agito con orientamenti programmati in precedenza e cammini già pensati.

Così facendo lo Spirito Santo – ospite dolce e discreto dell’anima – non parla più all’anima dell’uomo e non è più capace di animarla come ci insegna il buon cardinale Désiré Joseph Mercier. Dire questo oggi, même au sein de l'Église, potrebbe sembrare al limite della scorrettezza, potrebbe voler dire apparire come un negazionista di alcune “realtà ispirate”. Ci potrebbe anche essere il rischio di venire etichettati come personalità problematica e facili al brontolio e alla scontentezza. Ma tutto sommato potrebbe anche valerne la pena, se tutto questo è fatto per ritornare a lasciarsi guidare dallo Spirito del Signore e a correre il serio rischio di essere messi in crisi laddove abbiamo la presunzione di avere già capito tutto.

Nei miei venticinque anni di vita religiosa e quindici di vita sacerdotale ho sempre tenuto a mente questi due passi della Sacra Scrittura come bussola personale nel mio rapporto con Dio e quindi come metodologia di discernimento davanti all’opera dello Spirito Santo:

«Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, vos voies ne sont pas mes voies – oracle du Seigneur. Car comme les cieux sont au-dessus de la terre, autant mes voies sont plus que vos moyens, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri». (cf.. Est 55, 8 – 9).

«Se il Signore non costruisce la casa, en vain que son travail des constructeurs;. À moins que le Seigneur ne garde la ville, invano veglia il custode». (cf.. Doit 127, 1)

Porto questa mia esperienza personale per condividere con i lettori e i confratelli il desiderio di sapere che, sebbene sacerdoti e consacrati, la nostra guida quotidiana non è rappresentata dai titoli accademici conseguiti nella scienza teologica, nemmeno dagli addentellati e dalle entrature in strutture di potere e prestigio. Men che meno i nostri desideri di bene o il voler operare cose grandi, spesso umane, troppo umane. Tutto in noi si deve muovere nell’armonia dello Spirito Santo, è lui il direttore d’orchestra, la partitura e la musica.

Riguardo lo Spirito Santo potrei citare molti passi biblici, fra i tanti mi sovviene questo del Vangelo secondo Giovanni: «E io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, l'Esprit de vérité, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi» (Gv 14, 16-17) .

Gesù promette il dono dello Spirito/Paraclito che rimane non solo con noi ma, dice espressamente il Signore: «Sarà in voi». È il tema dell’inabitazione dello Spirito Santo, come Ospite divino, nell’anima del giusto, di cui parlava già il cardinale più sopra citato. Lo ricorda anche l’apostolo Paolo nella sua prima lettera ai Corinzi: «Non sapete che . . . lo Spirito di Dio abita in voi?» (1 Cor 3, 16). Lo Spirito Santo che è presente e opera in tutta la Chiesa, mostra l’attuazione concreta della sua presenza e azione nel rapporto con la persona umana, con l’anima del battezzato in cui Egli stabilisce la sua dimora ed effonde il dono ottenuto da Cristo con la Redenzione. L’azione dello Spirito Santo penetra nell’intimo dell’uomo, nel cuore dei fedeli, e vi riversa la luce e la grazia che dà vita. È ciò che chiediamo nella Sequenza della Messa di Pentecoste: «O luce beatissima, invadi nell’intimo il cuore dei tuoi fedeli».

Dio è presente in mezzo agli uomini nel Figlio, mediante l’umanità da Lui assunta in unità di persona con la sua natura divina. Con questa visibile presenza in Cristo, Dio prepara per mezzo di Lui una nuova presenza, Invisible, che si attua con la venuta dello Spirito Santo. La presenza di Cristo «in mezzo» agli uomini apre la strada alla presenza dello Spirito Santo, che è una presenza interiore, una presenza nei cuori umani. Così si compie la profezia di Ezechiele: «Vi darò un cuore nuovo, Je mettrai un nouvel esprit en toi . . . Porrò il mio spirito dentro di voi» (Ce 36, 26-27).

Grazie a questa inabitazione gli uomini diventano «tempio di Dio», del Dio Trinità, perché «lo spirito di Dio abita in voi», come abbiamo ricordato nelle parole di San Paolo. Lo stesso Apostolo specifica poco dopo: «O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio?» (1 Cor 6, 19). Alors, l’inabitazione dello Spirito Santo comporta una particolare consacrazione dell’intera persona umana, anche la dimensione corporea è coinvolta, a somiglianza del tempio. Questa consacrazione è santificatrice. Essa costituisce l’essenza stessa della grazia salvifica, mediante la quale l’uomo accede alla partecipazione della vita trinitaria di Dio. Si apre così nell’uomo una fonte interiore di santità, dalla quale deriva la vita «secondo lo Spirito». Gesù Signore è questa fonte da cui scaturisce il dono dell’acqua viva dello Spirito. A tal proposito sempre San Giovanni ricorda il grido di Gesù: «Il grande giorno della festa, Jésus, debout, il a pleuré: "Si quelqu'un a soif, venez à moi, et laisse boire celui qui croit en moi. Comme le dit l'Ecriture: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva». E l’evangelista commenta: «Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: en fait il n'y avait pas encore l'Esprit, parce que Jésus n'avait pas encore été glorifié" (Gv 7, 37-39). Giovanni ci prepara così all’ultima aspirazione del Signore che dalla croce disse: «Sur le plateau». Sete di donare alla Chiesa quell’acqua dello Spirito che poco dopo la sua morte defluisce dal costato e che l’anima credente contempla: «E, chinato il capo, consegnò lo Spirito» (Gv 19,30).

Invocare lo Spirito Santo ça veut dire, dunque ritornare dentro quell’eremo che è l’anima nostra, in quel territorio delicato e segreto in cui non possiamo entrarci se non con il vivo desiderio mistico di fare esperienza di Dio, di essere da Lui tratti e poterlo godere in pienezza. E per questo dobbiamo chiamare lo Spirito di Dio che tutto conosce anche le profondità stesse di Dio (cf.. 1 Cor 2,10 – 16).

Settembre è il mese in cui si ricominciano le attività nelle parrocchie e nelle comunità cristiane più diverse. Sarebbe bello ripartire dallo Spirito Santo per farci insegnare il cammino da prendere e renderci consapevoli dei tanti errori fatti passare per suoi ma che sono nostri. Un cammino condiviso, oggi si direbbe sinodale, in cui volere fortemente la presenza di Dio…e solo quella.

Tra le tante “cose” spirituali che ci possiamo inventare e fare dentro la Chiesa di Dio, sarebbe anche ora di capire che l’aggiunta dell’aggettivo “spirituale” è indicativo di un orientamento ben preciso che ci dice che siamo in attesa del soffio dello Spirito Santo, dell’irrompere di Dio nella storia dell’uomo, nella storia di ciascuno di noi, nella mia storia personale.

Quanto sarebbe bello indire un sinodo perenne sullo Spirito Santo, sulla Pentecoste! Partire da quel vivo pneuma che tutto trasforma e tutto riempie in un movimento di grazia che salva: dal tempo dell’uomo confuso e caotico [χρόνος (chronos)] si passa al tempo di Dio, ordinato e soave [météo (kairos)] per sperimentare quel tempo di grazia dello Spirito[χάρις (cháris)] che si traduce in quell’amore di cui la Chiesa ha disperatamente bisogno e che come diceva il sommo poeta «move il sole e l’altre stelle (cf.. Paradiso, XXXII, v. 145)».

Sanluri, 2 octobre 2024

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